martedì 31 dicembre 2024

Firenze. Guglielmo Mossuto, Federico Bussolin e Barbara Nannucci della Lega, il Centro Popolare Autogestito Firenze sud e i figli delle catastrofi

Nel novembre 2024 il segretario della Lega Matteo Salvini continuava a essere un sovrappeso divorziato che non è stato capace di laurearsi nemmeno in quindici anni; un curriculum che nelle società normali non apre nemmeno la strada a un posto di lavascale a chiamata, ma che negli ambienti governativi dello stato che occupa la penisola italiana vale invece -per non dire ovviamente- l'affidamento di responsabilità vitali.
Di come abbia inveito contro i centri sociali ricorrendo a un registro linguistico meno tollerabile del solito abbiamo già detto.
Abbiamo anche già rilevato di come la comunicazione politica della Lega a Firenze abbia avuto il Centro Popolare Autogestito Firenze Sud come argomento a tratti monografico, e di come questa linea abbia probabilmente contribuito a portare il partito di questo milanese a un eloquente ridimensionamento in termini di suffragi e di rappresentanti eletti.
C'era solo da mantenere la parola riguardo a un certo libro, di ci eravamo ripromessi di occuparci e che abbiamo recensito come facciamo in simili casi ogni volta che ci è possibile. La presentazione di Figli delle catastrofi presso il CPAFiSud aveva contrariato più di altre iniziative il forense Guglielmo Mossuto e i ben vestiti Barbara Nannucci e Federico Bussolin, il che ha reso l'occuparsene nel dettaglio un piacevole dovere di quelli da assolvere con lieta coscienza e brio primaverile.
Al di là di questo, il libro merita un approfondimento perché presenta un contenuto specifico di quelli che più contrariano i fautori della repressione e gli esponenti di un democratismo rappresentativo ridotto a non sapere letteralmente più che cosa sanzionare.
Negli anni Ottanta -con la Lega abbarbata alle valli della bergamasca- la propaganda politica dello stato che occupa la penisola italiana magnificava uno stato di cose che consentiva di fregiarsi dell'alloro di sesta, quinta o addirittura quarta potenza economica mondiale. Meno di quarant'anni dopo, con la Lega da decenni protagonista della vita politica, la stessa propaganda è ridotta a magnificare come tutto risultato la costruzione di qualche campo di concentramento.
In questa ristrettezza di orizzonti e con traguardi tanto miserabili, è comprensibile che la propaganda governativa non ami certe disconferme.
In Figli delle catastrofi Giorgio Panizzari descrive con buona ricchezza di particolari una realtà che i frequentatori di ristoranti degli ambienti governativi non avrebbero avuto problemi a presentare con orgoglio nella propria agenda, quella dell'Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Aversa.
Già detenuto ad Alghero, Panizzari sarebbe finito allo OPG di Aversa in seguito a un trasferimento meramente punitivo. Qui si sarebbe immediatamente reso conto del fatto che
l'istituzione non sentiva nemmeno più il bisogno di darsi una veste di "medicalizzazione"; la repressione presentava sfacciatamente il suo volto più autentico e brutale.
Deciso a denunciare quanto succedeva, Panizzari sarebbe riuscito a procurarsi un piccolo registratore e una macchina fotografica Polaroid e a raccogliere numerose prove e testimonianze dai prigionieri. Nonostante un'evasione fallita e il fermo intento dell'allora direttore Domenico Ragozzino di evitare che arrivassero al pubblico -la cui coscienza politica non era neppure paragonabile a quella di oggi- informazioni per lo meno problematiche, il dossier di Panizzari avrebbe trovato una certa eco nei mass media dell'epoca e sarebbe poi servito come prova a carico, in un processo celebrato nel 1978.
Insieme a Domenico Ragozzino, prestigiosa figura nel panorama psichiatrico di questo paese ed ex sindaco democristiano di Melito (NA), ricordo il comandante degli Agenti di Custodia maresciallo Focone. L'inchiesta che li riguardò condusse alla riesumazione di decine di cadaveri di persone la cui causa di morte era stranamente, per tutti, attribuita a un "collasso cardiocircolatorio". L'autopsia rivelò invece che avevano chi il cranio sfondato, chi varie ossa rotte nel costato, chi ancora organi interni spappolati, vertebre frantumate, ecc. Una condanna era d'obbligo... ma fu assai mite!
In Sbatti il matto in prima pagina (Roma, 2016) un saggio dedicato alla presentazione mediatica della questione psichiatrica negli anni Settanta, Pier Maria Furlan riferisce che alla gestione di Domenico Ragozzino -descritta nei suoi particolari più abietti- sarebbero state attribuite una quarantina di morti sospette fra i prigionieri. Domenico Ragozzino avrebbe comunque fregato il giudice, impiccandosi nel proprio alloggio all'interno del'OPG.
Difficile pensare che Mossuto, Nannucci e Bussolin abbiano letto il libro.
Ancora più difficile pensare che il contenuto gli sarebbe piaciuto.


sabato 28 dicembre 2024

Alastair Crooke - Coloro che assegnano le corone tolgono di nuovo il velo dalla Siria. E inizia una tragedia greca

Traduzione da Strategic Culture, 23 dicembre 2024.

James Jeffrey, ex ambasciatore degli Stati Uniti in Iraq e in Turchia, in una intervista del marzo 2021 col canale televisivo pubblico statunitense Frontline, ha descritto con molta chiarezza le linee di quanto è successo in Siria in questo dicembre 2024.
La Siria, date le sue dimensioni, la sua posizione strategica, la sua importanza storica, è fondamentale per capire se [può esistere] nella regione un sistema di sicurezza gestito dagli statunitensi... E quindi esiste questa ampia alleanza, legata con noi a doppio filo. Ma. .. in Siria i motivi di tensione hanno ripercussioni di vastissima portata.
Jeffrey ha spiegato -in questa intervista del 2021- perché gli Stati Uniti si sono messi a sostenere Jolani e lo Hayat Tahrir al-Sham (HTS):
Abbiamo ottenuto da Mike Pompeo una deroga che ci consentisse di fornire aiuti allo HTS; io stesso ho ricevuto e inviato messaggi allo HTS. I messaggi con cui lo HTS rispondeva erano del tipo "Noi [HTS] vogliamo essere vostri amici. Non siamo terroristi. Stiamo solo combattendo contro Assad".
L' intervistatore di Frontline chiede: Gli Stati Uniti stavano "sostenendo indirettamente l'opposizione armata"? Al che Jeffrey risponde:
Per noi era importante che lo HTS non si disgregasse... la nostra politica era... di lasciarlo in pace... E in effetti non lo abbiamo mai preso di mira e non abbiamo mai alzato la voce con i turchi riguardo alle loro brighe con lo HTS. In effetti, ho proprio citato questo esempio l'ultima volta che ho parlato con personalità turche di alto livello quando hanno iniziato a lamentarsi dei rapporti che noi [gli Stati Uniti] abbiamo con le SDF [in Siria orientale].
Ho detto loro: "Sentite, la Turchia ha sempre sostenuto che volete che restiamo nel nord-est della Siria, e ancora lo sostiene. Ma voi non capite. Non possiamo essere nel nord-est della Siria senza una base sicura, perché lì i nostri soldati sono solo poche centinaia... è come per voi a Idlib," ho detto. "Noi vogliamo che rimaniate a Idlib, ma non potete restarci senza una base sicura. E questa base sicura è in gran parte costituita dallo HTS. Ora, a differenza delle SDF, lo HTS è un'organizzazione terroristica ufficialmente definita come tale dalle Nazioni Unite. Ci siamo mai lamentati con voi, io o qualche altro funzionario statunitense, di quello che state facendo con lo HTS? Non mi pare...".
David Miller, un accademico britannico, ha notato che nel 2015 l'eminente studioso musulmano sunnita siriano Shaykh al-Yaqoubi (che è contro Assad), non si fidava degli sforzi di Jolani per ribattezzare AlQaeda come Jabhat an Nusra. Jolani, nell'intervista rilasciata ad Al Jazeera nel 2013, aveva ribadito per due volte la sua fedeltà ad AlQaeda affermando di aver ricevuto ordini dal suo capo, il dottor Ayman [al-Zawahiri]... ordini che imponevano di non prendere di mira l'Occidente. Confermò il suo atteggiamento, che era improntato a una inflessibile intolleranza nei confronti di coloro che praticano un Islam "eretico".
Miller commenta:
Mentre lo Stato Islamico in Iraq e nel Levante si mette il vestito buono, permette che la Siria venga fatta a pezzi dagli Stati Uniti, predica la pace con lo stato sionista, vuole il libero mercato e fa accordi sul gas con i suoi protettori regionali, i suoi "veri credenti"... nella diaspora identitaria sunnita non si sono ancora accorti di essere stati venduti come era nei piani.
Quando non li vede nessuno, quelli che nei paesi della NATO hanno messo in piedi questa guerra si prendono gioco di questa giovane carne da cannone salafita che da tutto il mondo si va a cacciare nel tritacarne. Gli stipendi da duemila dollari sono bruscolini rispetto alle ricchezze in termini di opere edilizie e di gas che dovrebbero tornare nelle casse di Turchia, Qatar, stato sionista e Stati Uniti. Hanno ucciso la Palestina per questo, e passeranno i prossimi trent'anni a giustificarsi sulla base di qualsiasi linea di condotta che le costosissime società di pubbliche relazioni ingaggiate dalla NATO e dagli Stati del Golfo gli propineranno... L'operazione di rovesciamento del governo in Siria è stata il colpo gobbo del secolo.
Naturalmente, James Jeffrey non ha raccontato propriamente qualche cosa di inedito. Tra il 1979 e il 1992 la CIA ha speso miliardi di dollari per finanziare, armare e addestrare le milizie dei mujahiddin afghani -come Osama bin Laden- nel tentativo di dissanguare l'URSS trascinandola in un pantano. Ed è dai ranghi dei mujahiddin che è emersa AlQaeda.
"Eppure negli anni 2010 gli Stati Uniti, nonostante fossero a quanto pareva in guerra con AlQaeda in Iraq e in Afghanistan, stavano segretamente collaborando con essa in Siria per rovesciare Assad. La CIA spendeva circa un miliardo di dollari all'anno per addestrare e armare un'ampia rete di gruppi ribelli a questo scopo. Come scriveva Jake Sullivan al Segretario di Stato Hillary Clinton in una email il cui contenuto è stato rivelato nel 2012, “AQ [al-Qaeda] in Siria è dalla nostra parte", osserva Alan Macleod su Consortium News.
I resoconti della stampa turca confermano ampiamente che lo scenario ritratto da Jeffrey corrisponde al piano messo in atto oggi: Ömer Önhon, una lunga carriera come ambasciatore e vice-segretario responsabile per il Medio Oriente e l'Asia presso il Ministero degli Affari Esteri turco, scrive che
l'operazione per rovesciare il governo di Assad in Siria è stata meticolosamente pianificata per oltre un anno, con il coinvolgimento coordinato di Turchia, Stati Uniti e diversi altri Paesi. Attraverso varie dichiarazioni è emerso chiaramente che la cacciata di Assad è stata il risultato di un'intricata rete di accordi tra quasi tutte le parti interessate. Sebbene lo HTS stia lavorando attivamente per rendersi presentabile, che sia diventato presentabile sul serio è una cosa ancora tutta da dimostrare.
La vicenda dello HTS ha un precedente. Nell'estate successiva alla guerra (persa) dello stato sionista contro Hezbollah nel 2006, Dick Cheney si sedette nel suo ufficio lamentando ad alta voce il fatto che Hezbollah fosse ancora forte e, cosa ancora peggiore, che gli sembrava che l'Iran fosse stato il principale beneficiario della guerra in Iraq condotta dagli Stati Uniti del 2003.
L'ospite di Cheney -l'allora capo dei servizi sauditi principe Bandar- concordò vigorosamente (come riferito da John Hannah, che era presente all'incontro) e, nella sorpresa generale, affermò che l'Iran poteva ancora essere ridimensionato: la Siria era l'anello debole, e si poteva romperlo ricorrendo a un'insurrezione islamista. Lo scetticismo iniziale di Cheney si trasformò in euforia quando Bandar disse che il coinvolgimento degli Stati Uniti avrebbe potuto rivelarsi non necessario. Lui -Bandar- avrebbe messo in piedi e diretto l'operazione: "Lasciate fare a me", disse. Bandar disse poi a tu per tu con John Hannah: "Il Re sa che -a parte il crollo della Repubblica Islamica stessa- nulla indebolirebbe l'Iran più della perdita della Siria".
Bene... quel primo sforzo non ha avuto successo. Ha portato a una sanguinosa guerra civile, ma alla fine il governo del presidente Assad aveva retto. Insomma, Jeffrey nel 2024 non ha fatto altro che riprendere il seguito del piano: il "colpo di mano" wahabita ordito in Siria da parte dei Paesi del Golfo doveva semplicemente essere sostituito in un analogo colpo perpetrato dallo HTS, ad opera di un aggregato dotato di un nuovo nome ma formato da varie milizie, per lo più costituite da ex combattenti (molti non siriani) di AlQaeda/an Nusra e dello Stato Islamico, in questo secondo tentativo diretti dai servizi turchi e finanziati dal Qatar.
La Siria è stata così disintegrata e messa a sacco col pretesto di "liberare" i siriani dalla minaccia dello stesso Stato Islamico che Washington prima ha creato e poi ha usato per giustificare l'occupazione del nord-est della Siria da parte delle forze statunitensi. Allo stesso modo, la parte del piano che passa sotto silenzio è quella che consiste nel trasformare la Siria da laica -il suo sistema giuridico è ispirato a quello francese- a islamica ("...implementeremo la legge islamica..."), per giustificare gli attacchi dello stato sionista e l'occupazione di ulteriori territori, iniziative presentate come "misure difensive contro gli jihadisti".
Naturalmente, è fondato ritenere che da tutto questo qualcuno trarrà anche profitto. Non si sono mai raggiunte prove certe, ma le prospezioni sismiche effettuate nel 2011 prima dell'inizio della prima guerra in Siria sembravano indicare la possibile presenza di giacimenti di petrolio o di gas nel sottosuolo, al di là dei relativamente piccoli giacimenti del nord-est. E sì, la ricostruzione sarà una manna dal cielo per lo stagnante settore edilizio turco.
L'esercito siriano allo sbando non rappresentava di per sé una minaccia militare diretta per lo stato sionista. Ci si può quindi chiedere perché lo stato sionista ne stia facendo piazza pulita. "L'obiettivo dello stato sionista è sostanzialmente quello di distruggere la Siria", sostiene il professor Mearsheimer. "Lo stato sionista oltretutto c'entra fino a un certo punto. Credo che nella distruzione della Siria gli statunitensi e i turchi abbiano avuto un ruolo molto più importante dello stato sionista". "Il Paese è distrutto e non conosco nessuno che pensi che i ribelli che ora controllano Damasco saranno in grado di ristabilirvi l'ordine... Dal punto di vista dello stato sionista, meglio di così non potrebbe andare", aggiunge Mearsheimer.
I falchi antirussi negli USA speravano anche che la Russia abboccasse all'esca di una Siria in pezzi e che si facesse coinvolgere in un pantano mediorientale sempre più vasto.
Tutto ciò ci riporta direttamente alla dichiarazione di Jeffrey: "La Siria, date le sue dimensioni, la sua posizione strategica, la sua importanza storica, è fondamentale per capire se [può esistere] nella regione un sistema di sicurezza gestito dagli statunitensi".
La Siria è stata fin dall'inizio, fin dal 1949, il contrappeso regionale dello stato sionista. Adesso questo contrappeso non esiste più ed è rimasto solo l'Iran a bilanciare la pulsione dello stato sionista verso una "Grande Israele". Non sorprende quindi che lo stato sionista stia chiedendo agli USA di prendere parte insieme a un'altra orgia di distruzione, questa volta a spese dell'Iran.
La Russia era a conoscenza di ciò che stava accadendo a Idlib e del fatto che si stava mettendo in piedi il sovvertimento del potere? Certamente! I servizi russi, molto efficienti, dovevano saperlo, dato che è dalla metà degli anni Settanta che esistevano piani del genere per la Siria (tramite lo Hudson Institute e il senatore Scoop Jackson).
Negli ultimi quattro anni Assad ha disperatamente brigato con Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti ed Egitto per passare a una posizione più filosionista e più filooccidentale, nella speranza di normalizzare i rapporti con Washington e ottenere così una riduzione delle sanzioni.
Lo stratagemma di Assad è fallito e in Siria probabilmente si avrà l'equivalente di una tragedia greca, di quelle in cui il punto di svolta è rappresentato dal momento in cui gli attori mettono in scena la propria natura. È probabile che si riaccendano tensioni etniche e settarie sopite e che la situazione deflagri. Il vaso di Pandora è stato aperto. Ma la Russia non avrebbe mai abboccato all'esca tuffandocisi dentro.
USA e stato sionista volevano la Siria da tempo. E ora l'hanno ottenuta. Il conseguente caos è colpa loro. E sì, gli Stati Uniti -in teoria- possono congratularsi con se stessi per aver costruito un "un sistema di sicurezza [e di controllo dei flussi dell'energia] gestito dagli statunitensi".
Solo che le classi dirigenti negli USA non avrebbero mai permesso all'Europa di essere indipendente dal punto di vista energetico. Gli Stati Uniti hanno bisogno delle risorse energetiche dell'Asia occidentale per se stessi, per garantire il debito di cui sono sovraccarichi. Gli Stati europei rimangono a piedi proprio mentre la crisi fiscale morde e la crescita in Europa si allontana.
Qualcun altro potrebbe considerare un effetto collaterale, quello di un Medio Oriente in conflitto e probabilmente di nuovo caratterizzato da un orientamento radicale, pronto a infliggere ulteriori grattacapi a un'Europa dove le tensioni sociali sono già accesissime.
Lo stato sionista comunque si gode la sua vittoria. E cosa ha vinto? L'ex capo di Stato maggiore delle forze armate sioniste e ministro della Difesa "Bogie" Ya'alon la mette così:
L'orientamento dell'attuale governo dello stato sionista è quello di conquistare, annettere, fare pulizia etnica... e fondare insediamenti ebraici. I sondaggi mostrano che circa il 70% dei cittadini dello stato sionista, e in qualche caso anche qualche cosa di più, sostiene tanto questa politica quanto l'idea che lo stato sionista sia una democrazia liberale. Questa [contraddittoria] linea ci porterà alla distruzione",
conclude.
Quale altro può essere l'esito definitivo di questo progetto sionista? Ci sono più di sette milioni di palestinesi "tra il fiume e il mare". Dovranno scomparire tutti dalla carta geografica?

sabato 21 dicembre 2024

GKN Driveline a Campi Bisenzio. Situazione a dicembre 2024 con un sincero ringraziamento a Elena Meini, consigliere della Lega

Un presidio d'urgenza convocato dagli attivisti vicini al Consiglio di Fabbrica della GKN ha avvertito dell'utilità di presenziare sotto la sede del Consiglio della Toscana, una sera di dicembre che era una sera di dicembre, di quelle che il cambiamento climatico non sarebbe dispiaciuto si fosse fatto sentire con un pizzico di decisione in più.
A che punto fossero la sostituzione etnica, le scie chimiche, i vaccini col grafene (o era la grafite?) e il resto della rumenta del noncelodicono non si sa.
Il Consiglio aveva in programma la discussione di una legge sui consorzi industriali alla cui proposta aveva partecipato proprio il Consiglio di Fabbrica e la cui approvazione era indispensabile perché la reindustrializzazione potesse prendere concretamente il via.
A tardissima notte la legge è stata approvata nonostante le centinaia di emendamenti presentati dalla Lega.
Il 20 dicembre è stata una giornata non da poco, per quel "partito".
A Palermo è arrivato a sentenza un processo in cui il segretario "nazionale" Matteo Salvini era accusato di sequestro di persona.
Matteo Salvini è sovrappeso, divorziato, pubblico peccatore e non è stato buono di prendere uno straccio di triennale. Ma almeno non è un sequestratore, stando al potere giudiziario dello stato che occupa la penisola italiana.
A Firenze invece la Lega era chiamata a salvaguardare posti di lavoro e tessuto produttivo. Roba, forse, minimamente un po' più seria.
E lo ha fatto mettendo i bastoni tra le ruote con impegno perfettamente degno della causa a gente che chiede sostanzialmente di tornare a lavorare.
La nottata all'addiaccio -con eventuali infreddature vin rosso nonostante- pare si debba per intero o quasi alla signora o signorina Elena Meini, in quota Lega nell'organo governativo di cui sopra.
Le conclusioni sul conto di chicchessia cui si può arrivare avendo a disposizione Google, un computer da due spiccioli e un po' di dente avvelenato sono spesso piuttosto stimolanti.
Nel caso di Elena Meini, che non è propriamente una ragazzina, abbiamo un curriculum che ne attesta il vivere di democratismo rappresentativo dal 2016 e un "laurea non conseguita" che ha senz'altro il pregio della sincerità. Il pezzo migliore è comunque elenameini.it, in cui non si è degnata nemmeno di togliere i testi campione presenti sul template di WordPress.
L'interessata non si scomponga troppo per rimediare: archive.org difficilmente perdona.
Una personalità titanica, anche questa.

mercoledì 18 dicembre 2024

Alastair Crooke - La fine della Siria (e della Palestina, per il momento) nella nuova mappa geopolitica in corso di definizione




Traduzione da Strategic Culture, 16 dicembre 2024.

La Siria è finita nell'abisso. I demoni di alQaeda, dello Stato Islamico in Iraq e nel Levante e degli elementi più intransigenti dei Fratelli Musulmani si librano in cielo. Caos, saccheggi, paura, una terribile frenesia di vendetta che fa scorrere il sangue. Le esecuzioni sommarie si stanno moltiplicando.
Forse Hayat Tahrir al Sham (HTS) e il suo leader Al-Joulani, che sono agli ordini della Turchia, pensavano di tenere la situazione sotto controllo. Solo che quella di HTS è un'etichetta ombrello proprio come quelle di AlQaeda, di ISIS e di An-Nusra, e le sue fazioni hanno già iniziato a scontrarsi fra loro. Lo "Stato" siriano si è dissolto in una notte; la polizia e l'esercito hanno disertato in blocco lasciando i depositi di armi aperti al saccheggio degli Shebab. Le porte delle carceri sono state spalancate (o forzate). Alcuni detenuti erano senza dubbio prigionieri politici, ma molti non lo erano. Alcuni fra i detenuti più feroci ora sono a piede libero.
Lo stato sionista ha completamente distrutto in pochi giorni le difese dello Stato, lanciando oltre quattrocentocinquanta attacchi aerei. La contraerea, gli elicotteri e gli aerei dell'aeronautica siriana, la marina e i depositi di armi sono stati tutti distrutti nella "più grande operazione aerea nella storia dello stato sionista".
La Siria non esiste più come entità geopolitica. A est le forze curde -con il sostegno militare degli Stati Uniti- si stanno impadronendo delle risorse petrolifere e agricole dell'ex Stato. Le forze di Erdogan e i corpi armati sotto il loro controllo sono impegnati nel tentativo di schiacciare completamente l'enclave curda, sebbene gli Stati Uniti abbiano ora mediato una sorta di cessate il fuoco. Nel sud-ovest, i carri armati dello stato sionista si sono impadroniti del Golan e delle terre al di là di esso fino a 20 km da Damasco. Nel 2015 la rivista The Economist aveva scritto: "Oro nero sotto il Golan: i geologi dello stato sionista pensano di aver trovato petrolio in un territorio molto insidioso". I petrolieri dello stato sionista e quelli statunitensi sono convinti di aver trovato un tesoro, in quella landa disagevole.
E la Siria, che era un grande ostacolo per le ambizioni energetiche dell'Occidente, si è appena dissolta.
Dal 1948 la Siria era un contrappeso strategico allo stato sionista. Adesso non esiste più. E all'allentamento delle tensioni che ea in atto tra la sfera sunnita e l'Iran è stata posta brusca fine dal rude intervento dei ribelli dell'ISIS e dal revanscismo ottomano che collabora con lo stato sionista tramite intermediari statunitensi e britannici. I turchi non si sono mai veramente rassegnati agli effetti del trattato del 1923 che aveva concluso la Prima Guerra Mondiale, e con il quale avevano ceduto al nuovo Stato della Siria quelli che erano i suoi territori settentrionali.
In pochi giorni la Siria è stata smembrata, spartita e balcanizzata. Allora perché lo stato sionista e la Turchia continuano a bombardare? I bombardamenti sono iniziati nel momento in cui Bashar Al Assad ha lasciato il paese perché la Turchia e lo stato sionista temono che i conquistatori di oggi possano rivelarsi effimeri e che presto possano essere a loro volta spodestati. Non è necessario possedere qualche cosa per esercitarvi un controllo. In quanto potenze regionali, stato sionista e Turchia vorranno esercitare il controllo non solo sulle risorse, ma anche su quel vitale crocevia che era la Siria.
Probabilmente è inevitabile che prima o poi la "Grande Israele" si scontri con il revanscismo ottomano di Erdogan. Allo stesso modo, il fronte costituito da Arabia Saudita, Egitto ed Emirati Arabi Uniti non vedrà di buon occhio la rinascita dello Stato Islamico in Iraq e nel Levante sia pure sotto altre spoglie, né di una versione ottomanizzata dei Fratelli Musulmani di ispirazione turca. Quest'ultima rappresenta una minaccia immediata per la Giordania, ora confinante con una nuova entità rivoluzionaria.
Tali preoccupazioni potrebbero spingere questi Stati del Golfo ad avvicinarsi all'Iran. Il Qatar, in quanto fornitore di armi e finanziamenti al cartello dello Hayat Tahrir al Sham, potrebbe subire nuovamente l'ostracismo degli altri leader del Golfo.
La nuova mappa geopolitica pone molti interrogativi diretti su Iran, Russia, Cina e BRICS. La Russia ha ordito un gioco complicato in Medio Oriente, da un lato portando avanti una escalation difensiva contro le potenze della NATO e gestendo interessi energetici chiave, e dall'altro cercando di moderare le operazioni di resistenza verso lo stato sionista per evitare che le relazioni con gli Stati Uniti si deteriorassero del tutto. Mosca spera -senza grande convinzione- che in futuro si possa arrivare a dialogare con il prossimo Presidente degli Stati Uniti.
Mosca probabilmente arriverà a concludere che "accordi" di cessate il fuoco del tipo di quello di Astana che avrebbe contemplato la permanenza degli jihadisti entro i confini della zona autonoma di Idlib in Siria non valgono nemmeno la carta su cui sono stati scritti. La Turchia era garante degli accordi di Astana e ha pugnalato Mosca alle spalle. Probabilmente questo renderà la leadership russa più dura nei confronti dell'Ucraina e di qualsiasi discorso occidentale su un cessate il fuoco.
La Guida Suprema della Repubblica Islamica dell'Iran così ha parlato l'11 dicembre: "Non ci dovrebbero essere dubbi sul fatto che ciò che è accaduto in Siria è frutto delle trame ordite nelle sale di comando degli Stati Uniti e dello stato sionista. Ne abbiamo le prove. Anche uno dei Paesi confinanti con la Siria ha avuto un ruolo, ma i pianificatori principali sono gli Stati Uniti e il regime sionista". In questo contesto, l'ayatollah Khamenei ha respinto le speculazioni su un eventuale indebolimento della determinazione alla resistenza.
La vittoria per procura conseguita dalla Turchia in Siria potrebbe tuttavia rivelarsi anche una vittoria di Pirro. Il ministro degli Esteri di Erdogan Hakan Fidan ha mentito alla Russia, agli Stati del Golfo e all'Iran sulla natura di ciò che si stava preparando in Siria. Ma è Erdogan ad essere rimasto col cerino in mano. Chi ha subito questo doppio gioco prima o poi si vendicherà.
L'Iran, a quanto pare, tornerà a dedicarsi come prima al ricollegare i vari fili della resistenza regionale per combattere la reincarnazione di AlQaeda. Non volterà le spalle alla Cina, né al progetto BRICS. L'Iraq -ricordando le atrocità dell'ISIS nella guerra civile- si unirà all'Iran, così come lo Yemen. In Iran sanno che le compagini superstiti del vecchio esercito siriano a un certo punto potrebbero prendere le armi contro il cartello dello Hayat Tahrir al Sham: la notte in cui Bashar al Assad ha lasciato la Siria, Maher al Assad ha portato con sé in esilio in Iraq una intera divisione corazzata.
La Cina non sarà certo soddisfatta per quanto successo in Siria. Gli uiguri hanno avuto un ruolo di primo piano nella rivolta siriana e secondo certe stime ci sarebbero stati trentamila uiguri a Idlib, addestrati da una Turchia che considera gli uiguri come una componente originaria della nazione turca. Anche la Cina probabilmente vedrà il sovvertimento della Siria come una minaccia occidentale alla sicurezza delle proprie linee di approvvigionamento energetico che passano attraverso Iran, Arabia Saudita e Iraq.
Infine, gli interessi occidentali hanno combattuto per secoli per le risorse mediorientali; in ultima analisi, questo è quello che sta alla base della guerra di oggi.
Ci si chiede se Trump sia o meno a favore della guerra, dal momento che ha già indicato che il predominio energetico sarà una strategia chiave sotto la sua amministrazione.
Ora, i Paesi occidentali sono indebitati, i loro margini di manovra in campo fiscale si stanno riducendo rapidamente e i detentori di obbligazioni cominciano a spazientirsi. C'è la corsa a trovare un nuovo collaterale per le valute fiat. Una volta era l'oro; dagli anni Settanta era diventato il petrolio, ma ormai il petrodollaro vacilla. Gli anglosassoni vorrebbero rimettere le mani sul petrolio iraniano -dove le avevano avute fino agli anni '70- per mettere in piedi e per garantire un nuovo sistema monetario legato al valore reale delle materie prime.
Ma Trump dice di voler "porre fine alle guerre" e non di volerne iniziare. Il ridisegno della mappa geopolitica rende più o meno probabile un'intesa globale tra Est e Ovest?
Per quanto si parli di possibili "accordi" di Trump con l'Iran e la Russia, è probabilmente troppo presto per dire se si concretizzeranno o se potranno concretizzarsi.
A quanto pare, Trump dovrà prima "accordarsi" sul fronte interno, prima di sapere se avrà la possibilità di concludere accordi in politica estera. Sembra che le strutture di governo -in particolare la corrente senatoria del movimento Never Trump- lasceranno a Trump una notevole libertà di manovra sulle nomine chiave per i ministeri e le agenzie nazionali che gestiscono gli affari politici ed economici degli Stati Uniti -che sono la preoccupazione principale di Trump- e gli lasceranno anche una certa discrezionalità negli ambienti -diciamo così- più riottosi. Quelli che hanno preso di mira Trump negli ultimi anni, come lo FBI o il Ministero della Giustizia.
Secondo questo presunto "accordo" pare che le nomine di Trump dovranno comunque essere confermate dal Senato e che dovranno essere ampiamente "in linea" con la politica estera delle agenzie governative, in particolare per quanto riguarda la politica nei confronti dello stato sionista. I massimi livelli delle agenzie governative tuttavia, secondo quanto riferito, insistono sul loro veto per le nomine che riguardano le strutture più profonde della politica estera. E qui sta il nocciolo della questione.
Nello stato sionista in generale si fa festa per le "vittorie" conseguite. Questa euforia farà sentire il suo peso sulle élite economiche statunitensi? Hezbollah è stato arginato, la Siria è smilitarizzata e l'Iran non è più ai confini dello stato sionista. Lo stato sionista oggi è soggetto a minacce qualitativamente inferiori. Di per sé basterà questo a consentire un allentamento delle tensioni o a far emergere alcune intese più ampie? Molto dipenderà dalla situazione politica di Netanyahu. Se il premier dovesse uscire relativamente indenne dal processo penale, avrà davvero bisogno della grande scommessa di un'azione militare contro l'Iran, con una mappa geopolitica che si è trasformata in modo tanto improvviso?

venerdì 13 dicembre 2024

In morte di Enrico Bosi



Enrico Bosi, un ben vestito "occidentalista" di cabotaggio intercomunale i cui scritti sono sempre stati trattati in questa sede con aperta sufficienza, è morto il 12 dicembre 2024.
Gli concediamo con sbrigativo brio l'onore delle armi riportando un suo comunicato stampa del 15 settembre 2006, arricchito di alcune stimolanti annotazioni.
Il testo riportato contiene il nome dello stato che occupa la penisola italiana; ce ne scusiamo come nostro uso con i lettori, specie con quanti avessero appena finito di pranzare.

La morte di Oriana Fallaci, Bosi (FI): «Una giornalista che ha sempre lottato per la libertà»

Questo il testo dell'intervento del consigliere di Forza Italia Enrico Bosi:
«Firenze ha oggi perduto una delle sue figlie più illustri, Oriana Fallaci, alla quale il nostro Sindaco ha recato offesa gravissima definendoLa "una donna seminatrice di odio" e preferendoLe, nell'assegnazione del Fiorino d'oro, da me a suo tempo richiesto, un personaggio di scarso valore culturale e che non reca nessun prestigio alla nostra città[1].L'impegno civile di Oriana Fallaci non ha nulla a che vedere con quello, poco disinteressato, della miriade di giornalisti, scrittori ed opinionisti "servi del regime"[2].Le sue prese di posizione, le sue affermazioni, il suo sincero amore per la libertà, contro tutti i totalitarismi, ed in primo luogo contro il nemico giurato dell'Occidente, ossia l'estremismo islamico[3], che tanti lutti ha arrecato agli Stati Uniti, sua patria adottiva, con l'11 settembre, l'hanno esposta alle calunnie ed alle inusitate azioni legali di estremisti che hanno trovato accoglienza nel nostro ed in altri paesi europei, con la benevolenza del sinistrismo pacifista e dei nemici giurati di Israele.
Ho conosciuto Oriana quando Lei era già una grande inviata dell'Europeo, dove aveva raffinato il suo stile sotto la guida di un altro grande giornalista, Renzo Trionfera, che mi ha onorato della sua amicizia e con il quale ho condiviso le esperienze di viaggio alla scoperta del continente asiatico. Ricordo con piacere, agli inizi della mia carriera di giornalista, di averLa "scarrozzata" con la Topolino in giro per Firenze[4] dove Lei stava seguendo una troupe cinematografica. Poi le nostre strade si sono inevitabilmente separate, non solo perché non ho mai più raccolto i suoi inviti a Milano e negli Stati Uniti[5], ma anche perché non condividevo i suoi atteggiamenti antiamericani, all'epoca della guerra del Vietnam, ed altre scomode prese di posizione sulla vita politica e sulla storia del tempo. Ma proprio in questa sua costante e ferma coerenza sta la grandezza e la "scomodità"del personaggio che solo una città meschina ha rifiutato e dileggiato a cominciare dal suo Sindaco, che spero avrà il buon gusto di astenersi da qualunque commento, dopo quello che ha affermato al momento del rifiuto del Fiorino d'oro».(fn)

[1] Dopo le spregiudicate operazioni urbanistiche sul suolo statunitense dell'11 settembre 2001 il "Corriere della Sera" assecondò per motivi di cassetta Oriana Fallaci, superando in più di un caso i limiti suggeriti non solo dalla dignità ma anche dall'igiene. La Firenze che non conta apprezzò oltremodo uno "scritto" pubblicato il 6 novembre 2002 in cui Oriana Fallaci diceva quello che pensava di Firenze e del Social Forum che vi si sarebbe tenuto di lì a qualche giorno. Proprio riferendosi all'onorificenza fiorentina, Oriana Fallaci si rivolgeva all'allora borgomastro assicurandogli che in caso di conferimento glielo avrebbe ficcato in gola. A fronte di una reazione tanto decisa nessuno si sentì di provocarle un dispiacere che nelle sue già precarie condizioni di salute avrebbe potuto rivelarsi devastante.
[2] Notoriamente le pagine della "libera informazione" sono occupate da penne animate da un totale disinteresse. I legami tra mass media e democratismo rappresentativo? Inesistenti.
[3] Su come l'"Occidente" si sia servito dello wahabismo e dell'estemismo sunnita in genere per perseguire i propri interessi sono state scritte intere biblioteche. La guerra per procura contro la presenza sovietica in Afghanistan e la guerriglia per rovesciare il governo della Repubblica Araba di Siria sono solo due tra gli esempi più noti.
[4] Secondo una solida aneddotica Oriana Fallaci era solita considerare gesti del genere come null'altro che atti dovuti. Da certe disposizioni stabili della sua personalità si potrebbe anche concludere che più che per una non meglio definita libertà quella donna abbia lottato (ovvero fatto i capricci, in buona sostanza) esclusivamente per se stessa.
[5] Probabile che ci fosse un valido motivo. E infatti Enrico Bosi specifica immediatamente di non aver gradito gli "atteggiamenti antiameriKKKani" di Oriana Fallaci. Atteggiamenti che non le hanno impedito di risiedere più che agiatamente negli USA per decenni. Da ligio "occidentalista" Bosi considera una simile condotta un esempio di "costante e ferma coerenza" che aprirebbe addirittura la via alla grandezza. Va tutto benissimo, ci mancherebbe; anche asserire che è giusto il bianco perché è nero, secondo la prassi abituale dell'"occidentalismo" gazzettiero. Basta non avanzare pretese irricevibili, prima fra tutte quella di essere presi sul serio.

mercoledì 11 dicembre 2024

Andrea Nicastro nella panetteria più buona di Damasco



Sembra che suscitare infastidita repulsione nelle persone serie occupi una parte sempre crescente nella mission della "libera informazione".
Non che ci sia qualcosa di nuovo. La novità, forse, sta nella totale perdita di ogni freno a questa tendenza.
Il giorno dopo il rovesciamento del governo Assad il Corriere della Sera ha inviato un gazzettiere dei suoi ad assicurare una degna copertura mediatica alle prime ore di statuita libertà.
Non troppi anni fa avremmo potuto aspettarci, a celebrare la ritrovata prosperità di una nazione finalmente unita e felice, un lungo e documentato servizio su una sfilata di giovani donne poco vestite nella Moschea degli Omayyadi.
Solo che la situazione è un po' cambiata e la perdurante contrazione dei redditi, l'ascensore sociale in caduta libera e il potere d'acquisto a galline hanno influito anche sull'agenda del gazzettificio più stolido, per cui in via Solferino hanno pensato a qualcosa di diverso.
I dati ADS indicano da anni una realtà praticamente agonizzante. D'altra parte i discreti ma evidenti cambiamenti di agenda imposti da uno stato di cose cui sarebbe controproducente anche solo accennare hanno fatto sì che a prevalere siano contenuti che fanno riferimento a realtà apparentemente più abbordabili. Ai lettori superstiti delle gazzette più diffuse vengono serviti ogni giorno lunghi brani su mangioteche costose, interviste a ben vestiti che cuociono roba e la vendono a venti volte quello che vale (non sempre riuscendoci, e allora la colpa è sempre di qualcun altro a cominciare dagli sguatteri retribuiti a pacche sulle spalle per dieci ore di lavoro) e di quando in quando anche la celebrazione di comportamenti per lo meno criticabili, come l'abitudine di bere alcolici al mattino.
Tutta questa roba arriva a volte a riempire la metà degli spazi lasciati liberi dalle pubblicità.
Meglio lasciar perdere le ragazze poco vestite, e concentrarsi con la stessa serietà su qualcosa di più facile da metabolizzare per una linea editoriale del genere.
Intendiamoci, solo un problema di costo ha impedito al glamour di conquistare Damasco. Organizzare e retribuire un corpo armato che tutelasse per il tempo necessario il personale impiegato non avrebbe certo presentato problemi etici, per certi ambienti e certi individui.
Chiunque si sia recato nella sovvertita Repubblica Araba di Siria ha avuto senz'altro modo di notare come il pane correntemente disponibile fosse pressoché identico ovunque. Un gazzettiere del Corriere della Sera invece è riuscito a trovare la panetteria più buona di Damasco. Impossibile fare paragoni, ma è verosimile attendersi che nel mezzo di qualsiasi sciagura colpisse una città della penisola italiana in molte redazioni riterrebbero fondamentale gioire perché un ristorante di lusso ha incrementato la clientela.
Ad Aleppo Beit Sissi (nella foto, da Wikipedia) è probabilmente ancora un cumulo di macerie; gli è toccato quindi arrangiarsi con quello che c'era, soprattutto senza allontanarsi troppo. Se lungo la strada Andrea Nicastro avesse incontrato anche Amina -la famosa (e inesistente) lesbica di Damasco- la giornata sarebbe stata davvero eccezionale.
Tredici anni di guerra, un paese distrutto e lo stato sionista che fa quello che gli pare come e più del solito.
Ma vedere contento un gazzettiere "occidentale" è una cosa che non ha prezzo.


Non si mettono link alle fonti, stavolta. Di pubblicità, questa roba ne ha fin troppa.

lunedì 9 dicembre 2024

Finis Syriae



Dicembre 2024. Il qui spessissimo tradotto Alastair Crooke difficilmente si esprime in modo avventato o privo di solidi argomenti. Sta di fatto che un aggregato armato e mantenuto dalla Repubblica di Turchia che una delle fonti di Crooke aveva appena definito "un calderone non molto efficace in termini di capacità militari ma molto avido" ha tolto di mezzo i vertici della Repubblica Araba di Siria.
Con una passeggiata militare o poco più, a quanto pare.
Dall'aggressione statunitense all'Iraq del 2003 -motivata dalla necessità di neutralizzare arsenali di armi chimiche mai trovati- in Medio Oriente tutti i leader laici sono stati sostituiti a seconda delle contingenze da copie mediaticamente più accettabili, da esecutivi sanguinari ma nel senso giusto, o più spesso dal caos puro e semplice che segue al fallimento di uno Stato. Ogni volta c'è qualche scena di giubilo, raccolta, diffusa e soprattutto amplificata da liberali da gazzettina che per il resto del tempo fanno i deregulator coi diritti degli altri e i liberisti coi fondi pubblici per l'editoria, e da sionisti di complemento variamente ringhiosi e variamente ben vestiti. Più o meno gli stessi che amano insegnare che nessun pasto è gratis con la briosa noncuranza di chi sa benissimo che metterà il ristorante in nota spese.
Lo stato sionista e l'Occidente in generale si concedono ogni giorno qualsiasi arbitrio in termini di iniziativa militare, come è logico attendersi da chi uccide per primo e va anche a dirlo tranquillamente in giro, salvo accusare gli avversari di fare più o meno lo stesso. Ma almeno non hanno grosse preferenze, su come si comporta chi viene lasciato a portar via le macerie: basta che il flusso del denaro non venga intollerabilmente disturbato da elementi sgraditi.
Se non altro, in Siria la situazione si è evoluta in modo talmente rapido da aver risparmiato alle persone serie mesi e mesi di ulteriori piagnistei sulle lesbiche di Damasco.
Riportiamo invece ancora una volta le assai più serie considerazioni che William Dalrymple espresse a metà anni Novanta nel suo Dalla montagna sacra.
Il periodo di incertezza per i Cristiani della Siria si concluse con il colpo di stato di Assad nel 1970. Assad era un alawita, membro di una minoranza musulmana considerata dai Sunniti ortodossi come eretica, e denominata in tono denigratorio Nusayri (o Piccoli Cristiani). Assad si è insediato al potere formando quella che in effetti era una coalizione delle molte minoranze religiose della Siria — Sciiti, Drusi, Yazidi, Cristiani e Alawiti — grazie alla quale fu in grado di controbilanciare il peso della maggioranza sunnita.[...] L’unico problema in tutto ciò, per quanto riguarda i Cristiani, è l’insinuarsi della consapevolezza che quasi sicuramente li aspetta un altro rovesciamento della sorte, forse molto più selvaggio, quando Assad morirà o quando il suo regime dovesse crollare. I Cristiani della Siria hanno osservato con preoccupazione i movimenti islamici che stanno acquistando forza in tutto il Medio Oriente, e i Cristiani più ricchi hanno investito tutto in due passaporti (o almeno così dicono le voci), giusto nel caso che la Siria diventi pericolosa in una qualche fase futura. "Il fondamentalismo si sta rafforzando tra i Musulmani" disse un uomo d’affari armeno pessimista che incontrai mentre gironzolavo nei bazar di Aleppo. "Basta guardare le ragazze: ora indossano tutte lo hijab: solo cinque anni fa erano tutte scoperte. Dopo la morte di Assad, o le sue dimissioni, nessuno sa quello che accadrà. Finché la bottiglia è chiusa con un tappo saldo, va tutto bene. Ma il tappo finirà per esplodere: e allora nessuno sa cosa ci accadrà."

sabato 7 dicembre 2024

Alastair Crooke - A Idlib Erdogan rovescia il tavolo. Come gli ucraini a Kursk



[Solitamente molto equilibrato nelle previsioni, stavolta Alastair Crooke è stato clamorosamente smentito dai fatti. La Repubblica Araba di Siria è crollata in poche ore, con l'avanzata dei corpi armati da Idlib che è stata praticamente una passeggiata militare.]

Traduzione da
Strategic Culture, 7 dicembre 2024.

A volte in russo vengono detti catastrofisti i commentatori che vedono solo il il lato negativo delle cose: in epoca sovietica era un vizio assai diffuso. Marat Khairullin, stimato analista militare russo, afferma:

Oggi, una rete di blogger di guerra mercenari ha iniziato un altro giro di piagnistei stavolta centrato sulla Siria, dove a quanto pare tutto è perduto per la Russia. Molti guardano agli eventi in Siria -e qualcuno infila nel calderone anche la Georgia- come tentativi di aprire altri fronti contro il nostro Paese. Forse è vero. Ma in questo caso è più appropriato fare un parallelo diretto con lo sconsiderato attacco a Kursk, che ha lasciato le forze armate ucraine in una posizione quasi senza speranza.
Khairullin considera l'attivazione dell'insurrezione jihadista in Siria come un gesto altrettanto disperato. La coalizione formata da Siria, Russia e Iran attraverso i negoziati di Astana

aveva confinato i terroristi siriani superstiti in una enclave di seimila chilometri quadrati. Senza entrare nei dettagli, è stato un processo che ricorda gli accordi di Minsk con l'Ucraina. Entrambe le parti erano completamente esauste e quindi hanno accettato un cessate il fuoco. È importante notare che a tutti era ben chiaro che si trattava solo di una tregua temporanea; le contraddizioni erano così profonde che nessuno si aspettava la fine del conflitto.
Aleppo è caduta rapidamente nei giorni scorsi perché "una divisione dell'Esercito nazionale siriano ha disertato in blocco passando agli islamisti (leggi: statunitensi)". La defezione era una messinscena. La regione a nord era già occupata dall'Esercito Nazionale Siriano, che è completamente controllato, armato e finanziato dalla stessa Turchia che domina il nord di Aleppo.
Il primo dato essenziale secondo Khairullin è questo: il territorio è piatto e attraversato da poche strade:
...Chi controlla lo spazio aereo controlla il Paese. L'anno scorso, la Russia ha formato una nuova unità chiamata Corpo Aereo Speciale. Secondo quanto riferito è stata creata su misura per le operazioni all'estero. Si compone di quattro reggimenti, tra cui un reggimento di Su-35. Attualmente ci sono solo due Su-35 a sorvegliare l'intero territorio siriano. Immaginate l'impatto di un dispiegamento di ventiquattro velivoli di questo tipo, che la Russia è assolutamente in grado di mettere in atto.
Il secondo dato essenziale è che "Iran e Russia si sono avvicinati. All'inizio della guerra in Siria le relazioni tra i due Paesi erano decisamente tra il neutro e l'ostile. Alla fine del 2024, tuttavia, siamo in presenza di un'alleanza molto forte. Lo stato sionista e gli Stati Uniti, violando gli accordi di pace per mezzo dell'insurrezione manovrata dai turchi, hanno provocato un nuovo aumento della presenza iraniana in Siria: l'Iran ha iniziato a espandersi oltre le sue basi, dislocando ulteriori forze nel Paese. Questo dà ad Assad e ai suoi alleati un pretesto diretto per espellere i combattenti manovrati dagli USA e dalla Turchia da Aleppo e da Idlib. Non si tratta di speculazione ma di semplice aritmetica".
La Siria, tuttavia, è una componente chiave del piano statunitense e sionista per riplasmare il Medio Oriente. Dalla Siria passano le linee di rifornimento per Hezbollah, e la Siria è un centro di resistenza al "Progetto Grande Israele" dello stato sionista. Ora che lo Stato di Sicurezza anglosassone in servizio permanente appoggia senza riserve l'ambizione dello stato sionista di affermare una propria egemonia regionale, l'Occidente ha approvato l'insurrezione jihadista di Erdogan contro il presidente Assad. L'obiettivo è dividere l'Iran dai suoi alleati, indebolire Assad e preparare il prospettato sovvertimento dell'Iran. Secondo quanto riferito l'iniziativa turca è stata anticipata in fretta e furia, per adattarsi al piano di cessate il fuoco dello stato sionista.
Khairullin sostiene che questo "stratagemma" in atto in Siria sia simile allo "sconsiderato attacco a Kursk" dell'Ucraina, che ha distolto le forze d'élite ucraine da una linea di contatto assediata per poi abbandonarle in una posizione quasi senza speranza a Kursk. Invece di indebolire Mosca (come previsto), l'iniziativa di Kursk ha mandato all'aria gli originali obiettivi della NATO ed è diventata l'occasione per sradicare una parte sostanziale delle forze d'élite ucraine.
A Idlib gli islamisti (HTS) -scrive Khairullin- "hanno conquistato il predominio imponendo un rigido regime wahhabita e infiltrando l'Esercito nazionale siriano sostenuto dalla Turchia. Entrambi i gruppi sono organizzazioni frammentate, in cui varie fazioni sono in lotta per il denaro, il controllo dei passaggi di frontiera, del traffico di droga e del contrabbando. In sostanza si tratta di un calderone, non molto efficace in termini di capacità militari ma molto avido".
"Le nostre forze aerospaziali hanno distrutto tutti i centri di comando (bunker) di Tahrir al-Sham... ed è molto probabile che l'intera leadership del gruppo sia stata decapitata", osserva Khairullin.
Le forze principali dell'esercito siriano stanno avanzando verso Aleppo; nel frattempo, l'aviazione russa sta bombardando senza sosta; la Marina russa ha tenuto una grande esercitazione al largo della costa siriana il 3 dicembre con lanci di prova di missili da crociera ipersonici e Kalibr; la Wagner e le forze irachene di Hash'ad (forze della polizia militare irachena, adesso parte dell'esercito iracheno) si stanno raggruppando sul terreno a sostegno dell'esercito siriano.
I capi dei servizi segreti dello stato sionista hanno cominciato a intrasentire che questa intelligente iniziativa, che pure si inserisce esattamente nella pausa dei combattimenti in Libano e potrebber portare al taglio delle vie di rifornimento consentendo in teoria allo stato sionista di mettere mano alla seconda parte del suo tentativo di annientare Hezbollah, potrebbe portare a dei problemi.
Ma un momento... Dallo stato sionista, Channel 12 riferisce che c'è la possibilità che gli eventi in Siria stiano portando a costituire minacce contro cui "lo stato sionista sarebbe costretto a passare all'azione".
Ecco che viene da pensare a Kursk: invece che essere Hezbollah a rimetterci, tocca allo stato sionista impegnarsi ancora di più? Anche Erdogan potrebbe essersi sbagliato, ad azzardare una scommessa come questa. Ha fatto infuriare Mosca e Tehran, e in patria è stato criticato per essersi schierato con gli Stati Uniti e lo stato sionista contro i palestinesi. Inoltre, non ha ottenuto alcun sostegno da parte dei Paesi arabi, con l'eccezione del Qatar che sta tenendo un atteggiamento studiatamente ambivalente.
Certo, con Putin Erdogan ha delle carte da giocare: il controllo dell'accesso navale al Mar Nero, il turismo e l'energia. Solo che la Russia è una grande potenza in ascesa e può permettersi un po' di gioco duro quando negozia con un Erdogan indebolito. Anche l'Iran ha delle carte da giocare: "Tu, Erdogan, hai equipaggiato i jihadisti con dei droni ucraini; noi possiamo fare la stessa cosa con il Partito dei Lavoratori del Curdistan".
Sullo sfondo c'è il linguaggio bellicoso che emerge dalla squadra di governo di Trump, in cui c'è qualcuno che assume posizioni duramente aggressive e intransigenti. Si tratta di personalità orientate verso lo stato sionista e con posizioni da falco che probabilmente profferiscono spacconate più per proiettare un'immagine forte in stile trumpiano in favore della propria opinione pubblica che non per realizzare qualcosa di concreto.
Il modo di fare di Trump è noto: per cominciare tira fuori un grosso randello, e dopo averlo agitato per un po' sgattaiola sul retro per arrivare a un accordo.
Ecco cosa abbiamo sentito dire (da Trump): "Se gli ostaggi non saranno rilasciati prima del 20 gennaio 2025, data in cui assumerò con orgoglio la carica di Presidente degli Stati Uniti, in Medio Oriente la pagheranno carissima".
In Medio Oriente? A chi è rivolto esattamente questo messaggio? E cosa suggerisce? Nessuna menzione delle migliaia di detenuti e prigionieri palestinesi detenuti dallo stato sionista? Sembra piuttosto che Trump abbia fatto proprio il folle punto di vista ammannitogli dallo stato sionista: "La colpa di ogni problema è dell'Iran". Ah, lo stato sionista? Un innocente alla deriva in un mare di malevolenza grande quanto l'intera regione...
I discepoli di Trump credono che egli si imporrà affinché si arrivi alla "tranquillità" in Medio Oriente e che costringerà Putin a mettere fine alla guerra in Ucraina. Sono convinti che Trump possa "arrivare ad un accordo" presentando a Putin un'offerta impossibile da rifiutare. In effetti, "gli attuali ‘padroni del mondo’ non permetteranno mai alla Cina o alla Russia di farsi un giro di danza, fondare i BRICS e conseguire l'egemonia mondiale".
Significa tornare alla vecchia formula di Zbig Brzezenski: Promettere a Putin la normalizzazione dei rapporti con gli Stati Uniti (e con l'Europa) e la completa fine delle sanzioni, riportare la Russia nella sfera occidentale e separarla da una Cina e da un Iran assediati, con i BRICS dispersi al vento dalla minaccia di sanzioni.
Tuttavia, tutto questo non tiene conto di quanto il mondo sia cambiato negli anni successivi alla prima presidenza Trump. I toni roboanti non funzionano più come una volta: l'AmeriKKKa non è più quella, né viene obbedita come un tempo. Chissà se Trump ha capito che il mondo sta cambiando sempre più velocemente (come dice Will Schryver), e che "l'unico accordo da fare con la Russia è quello di accettare i termini che la Russia impone",
Questo è ciò che accade nel mondo reale quando si vince una guerra importante. E non fraintendetemi, in questa guerra gli ucraini sono stati massacrati, gli Stati Uniti e la NATO sono stati umiliati, e i russi ne stanno uscendo indiscutibilmente trionfanti e più potenti sulla scena mondiale di quanto non lo siano stati dall'apice della potenza sovietica decine di anni or sono.
In altre parole, l'accoppiata "grosso randello e accordo veloce" potrebbe non essere adatta al mondo di oggi.
Putin, rispondendo a una domanda ad Astana il 29 novembre, ha ripetuto un avviso già noto: "Permettetemi di sottolineare il punto fondamentale. L'essenza della nostra proposta [sull'Ucraina, presentata dal Ministero degli Esteri russo] non è quella di una tregua temporanea o di un cessate il fuoco, come potrebbe preferire l'Occidente perché permetterebbe a Kiev di riprendersi, di riarmarsi e di prepararsi per una nuova offensiva. Ripeto: non stiamo discutendo di congelare il conflitto, ma della sua risoluzione definitiva".
Quello che con molta compostezza Putin sta dicendo all'Occidente è: ancora non capite. Cercare un accordo sull'Ucraina significa trattare il sintomo e ignorare la malattia. In altre parole, l'Occidente si trova con le carte in tavola. Putin è chiaro: una soluzione definitiva consisterebbe nel definire una frontiera tra gli interessi della sicurezza atlantista e gli interessi della sicurezza del blocco continentale, per dirla con Mackinder; ossia nel definire l'architettura della sicurezza tra lo Heartland e il Rimland. Una volta fatto questo, l'Ucraina troverà naturalmente il proprio posto. Che è in fondo all'agenda, non in cima.
Un assai considerato esperto di politica estera, il professor Sergei Karaganov, spiega (l'originale è solo in russo):
Il nostro obiettivo è quello di agevolare l'imminente ritiro degli Stati Uniti dalla posizione di egemone globale (che non possono più permettersi) a quella di normale grande potenza, e di fare in modo che avvenga nel modo più pacifico possibile. Poi, di impedire all'Europa di assumere un qualsiasi ruolo di attore internazionale. Lasciarla a cuocere nel proprio brodo... La conclusione è ovvia. Dobbiamo porre fine all'attuale fase di conflitto militare diretto con l'Occidente, ma non al più ampio confronto con esso. Trump si offrirà di allentare la pressione sulla Russia (cosa che non può garantire) in cambio dell'astensione della Russia da una stretta alleanza con la Cina. L'amministrazione Trump proporrà un accordo, alternando minacce a promesse... ma gli Stati Uniti sanno già che non possono vincere. Gli Stati Uniti rimarranno un partner inaffidabile nel prossimo futuro. Una normalizzazione sostanziale delle nostre relazioni con gli Stati Uniti non dovrebbe essere prevista per il prossimo decennio. Le mani di Trump sono legate dalla russofobia che i liberali hanno fomentato per anni. L'inerzia della Guerra Fredda è ancora piuttosto forte, così come i sentimenti anti-russi tra la maggior parte dei sostenitori di Trump.
"L'obiettivo principale della guerra in corso dovrebbe essere la definitiva sconfitta in Ucraina del crescente revanscismo europeo. Questa è una guerra per scongiurare la Terza Guerra Mondiale e per impedire la restaurazione del giogo occidentale. La posizione negoziale da tenere al principio è ovvia, è stata dichiarata e non dovrebbe cambiare: il ritorno della NATO ai confini del 1997. Oltre a ciò, sono possibili diverse opzioni. Naturalmente Trump cercherà di alzare la posta. Quindi, dovremmo agire preventivamente", consiglia il professor Karaganov. Ricordiamo anche che Trump è, in fondo, un seguace convinto del culto del primato ameriKKKano, della grandezza ameriKKKana, e "si comporterà di conseguenza... I russi detteranno i termini della resa in questa guerra [in Ucraina] perché la forza gli accorda questo privilegio, e non c'è nulla che gli Stati Uniti e i loro impotenti vassalli europei possano fare per cambiare questo dato di fatto. Detto questo, una sconfitta strategica decisiva sarà un boccone molto amaro da ingoiare per questa seconda amministrazione Trump. Speriamo che non scelgano di dare fuoco al mondo, in un impeto di quella follia che viene dall'umiliazione".

lunedì 2 dicembre 2024

Alastair Crooke - La lunga guerra per ribadire la supremazia dell'Occidente e dello stato sionista sta cambiando forma



Traduzione da Strategic Culture, 2 dicembre 2024. 


 La lunga guerra per ribadire la supremazia dell'Occidente e dello stato sionista sta cambiando forma. Su uno dei fronti è cambiato il peso assegnato alla Russia e alla guerra in Ucraina.In Medio Oriente, teatro e forma delle ostilità stanno cambiando in maniera apprezzabile.
La famosa dottrina di Georges Kennan sull'Unione Sovietica ha costituito per lungo tempo la base della politica statunitense, un tempo diretta contro l'URSS e poi contro la Russia. La tesi sostenuta da Kennan nel 1946 era che gli Stati Uniti dovevano lavorare con pazienza e determinazione per contrastare la minaccia sovietica e per rafforzare e aggravare le fratture interne del sistema sovietico, fino a quando le sue contraddizioni non ne avrebbero provocato il collasso. Più recentemente, lo Atlantic Council ha attinto alla dottrina Kennan per suggerire l'idea che le sue linee generali dovrebbero servire come base della politica statunitense nei confronti dell'Iran. “La minaccia che l'Iran rappresenta per gli Stati Uniti assomiglia a quella costituita dall'Unione Sovietica dopo la Seconda Guerra Mondiale. A questo proposito, la politica delineata da George Kennan per affrontare l'Unione Sovietica può essere in qualche modo applicata anche all'Iran”, si legge nel rapporto dello Atlantic.
Nel corso degli anni questa dottrina si è sclerotizzata in un'intera rete di intese sulla sicurezza, basata sulla convinzione archetipica che l'AmeriKKKa sia forte e che la Russia sia debole. Di questa debolezza la Russia era tenuta ad essere consapevole, si diceva; gli strateghi russi quindi non potevano secondo logica permettersi di pensare a qualcosa che non fosse il sottomettersi alla potenza rappresentata dalla forza militare della NATO nel suo insieme, destinata a soverchiare una debole Russia. E se gli strateghi russi avessero imperterriti e incauti sfidato l'Occidente, si diceva, le contraddizioni interne non avrebbero fatto altro che causare la polverizzazione della Russia.
I neocon statunitensi e l'intelligence occidentale non hanno mai prestato orecchio a quanti dissentivano perché erano (e in gran parte sono ancora) convinti della fondatezza della dottrina Kennan. Negli Stati Uniti gli ambienti della politica estera semplicemente non potevano accettare la possibilità che una tesi così fondamentale fosse sbagliata. L'intero approccio rifletteva più una cultura radicata che un'analisi razionale, anche a fronte di dati di fatto che indicavano una realtà differente.
Così, gli USA hanno aumentato la pressione sulla Russia consegnando quantitativi sempre maggiori di sistemi d'arma all'Ucraina, collocando missili a gittata intermedia con capacità nucleare sempre più vicini ai confini russi e, più recentemente, lanciando ATACMS nel cuore del territorio russo.
L'obiettivo era quello di spingere la Russia in una situazione in cui non avrebbe potuto esimersi dal fare concessioni all'Ucraina, come ad esempio accettare un congelamento del conflitto, ed essere costretta a sedersi per il negoziato a un tavolo dove sarebbe stata l'Ucraina a dettare le regole per giungere a una soluzione accettabile per gli Stati Uniti. L'alternativa era quella di mettere la Russia nell'angolo rappresentato dal ricorso al nucleare.
La strategia statunitense si basa, in ultima analisi, sulla convinzione che gli Stati Uniti possano ingaggiare una guerra nucleare con la Russia e avervi la meglio e che la Russia dovrebbe capire che avrebbe tutto da perdere se dovesse ricorrere al nucleare. Oppure, sull'idea che sotto la pressione della NATO la rabbia dei russi caccerebbe Putin dal suo incarico se facesse concessioni significative all'Ucraina. Dal punto di vista degli USA si tratterebbe di un risultato "vantaggioso per tutti".
Inaspettatamente, però, è apparsa sulla scena una nuova arma che libera il Presidente Putin dal tertium non datur di dover porgere la mano dei negoziati all'Ucraina o di ricorrere alla deterrenza nucleare. Possono essere gli avvenimenti sul campo a decidere le sorti della guerra. In effetti, la "trappola" di George Kennan è collassata.
Il missile Oreshnik (utilizzato per attaccare il complesso Yuzhmash a Dnietropetrovsk) fornisce alla Russia un'arma mai vista prima: un sistema missilistico a medio raggio che mette efficacemente in scacco la minaccia nucleare occidentale.
La Russia adesso può affrontare l'escalation occidentale minacciando credibilmente ritorsioni estremamente distruttive ma di tipo convenzionale al tempo stesso. La Russia ha inveretito il paradigma: adesso è l'Occidente che deve pensare a una escalation nucleare, oppure limitarsi a fornire all'Ucraina armi come l'ATACMS o lo Storm Shadow che non modificheranno il corso del conflitto. Se la NATO dovesse intensificare ulteriormente l'escalation, rischierebbe un attacco di rappresaglia con i missili Oreshnik in Ucraina o su qualche obiettivo in Europa, che lo lascerebbe con il dilemma di come reagire.
Putin lo ha detto: "Se colpirete ancora in Russia, risponderemo attaccando con gli Oreshnik una struttura militare in un'altra nazione. Daremo un preavviso, in modo che i civili possano evacuare. Non c'è nulla che possiate fare per impedirlo; non avete un sistema antimissile che possa fermare un attacco che arriva a Mach 10".
Le carte in tavola sono cambiate.
Naturalmente, ci sono altre ragioni che vanno oltre il desiderio degli addetti alla sicurezza in servizio permanente di convincere Trump a continuare la guerra in Ucraina, al fine di addossargli la responsabilità di un conflitto cui aveva promesso di porre fine immediatamente.
Sono i britannici in particolare, e anche altri paesi in Europa, a volere che la guerra continui perché sono particolarmente coinvolti nella situazione dal punto di vista finanziario: detengono circa venti miliardi di dollari di obbligazioni ucraine ormai al default, oppure hanno fatto da garanti presso il Fondo Monetario internazionale per i prestiti contratti dall'Ucraina. L'Europa non può permettersi i costi di un default completo. Né l'Europa può permettersi di assumersi tutti gli oneri nel casol'amministrazione Trump dovesse rinunciare a sostenere finanziariamente l'Ucraina. Per questo motivo essi operano in accordo con la struttura interagenzie degli Stati Uniti perché la guerra continui anche se Trump dovesse intraprendere una politica di tutt'altro segno. All'Europa interessa che la guerra continui per motivi finanziari. Al "deep state" negli USA, perché il proseguire della guerra disturberebbe Trump e la sua agenda interna.
L'altro teatro della "guerra globale" riflette un paradosso speculare: "lo stato sionista è forte e l'Iran è debole". Il punto centrale non è solo il suo fondamento culturale, ma il fatto che l'intero mondo politico sionista e statunitense condividono la narrazione secondo cui l'Iran è un Paese debole e tecnicamente arretrato.
L'aspetto più significativo è dato dai pluriennali fallimenti in cose come la capacità di comprendere le strategie e di riconoscere i cambiamenti nelle capacità, nei punti di vista e nella consapevolezza della parte avveersa.
La Russia sembra aver risolto alcuni dei problemi fisici generali degli oggetti che volano a velocità ipersonica. L'uso di nuovi materiali compositi ha permesso allo stadio di crociera planante di effettuare un volo guidato a lunga distanza praticamente in condizioni di formazione di plasma. Questo stadio si dirige verso il bersaglio come un meteorite, come una palla di fuoco. La temperatura sulla sua superficie arriva a duemila gradi, ma lo stadio di crociera può essere guidato in modo affidabile.
L'Iran sembra aver risolto i problemi che comporta un avversario che gode della supremazia aerea. L'Iran ha creato una deterrenza basata sull'evoluzione degli sciami di droni a basso costo abbinati a missili balistici con testate ipersoniche di precisione. Contrappone droni da mille dollari e missili di precisione a basso costo contro costosissimi velivoli pilotati; ci sono voluti vent'anni per questo rovesciamento.
La guerra dello stato sionista, tuttavia, sta cambiando forma in altri modi. La guerra a Gaza e in Libano ha messo a dura prova le disponibilità di effettivi nello stato sionista; le forze armate hanno subito pesanti perdite; le truppe sono esauste; i riservisti stanno perdendo coinvolgimento e non si presentano in servizio.
Lo stato sionista è arrivato al limite della sua capacità di schierare uomini sul terreno; ci sarebbero ancora da arruolare gli studenti ortodossi, gli Haredim Yeshiva; un atto che potrebbe far cadere la coalizione di governo.
In breve, il numero di effettivi nell'esercito sionista è sceso sotto i livelli necessari ad assolvere ai compiti ordinati dal comando supremo. L'economia sta implodendo e le divisioni sul fronte interno sono aspre e laceranti. Questo è dovuto soprattutto al fatto, ingiusto, che sono i cittadini sionisti laici ad andare a morire mentre altri rimangono esenti dal servizio militare: un destino riservato ad alcuni ma non ad altri.
Questa tensione ha avuto un ruolo importante nella decisione di Netanyahu di accettare il cessate il fuoco in Libano. Il crescente astio nei confronti dell'esenzione di cui godono gli Haredim ortodossi ha rischiato di far cadere la sua coalizione.
Adesso esistono -metaforicamente parlando- due realtà diverse: Il Regno di Giuda da una parte e lo stato sionista dall'altra. Alla luce di questi profondi antagonismi sono in molti nello stato sionista a considerare la guerra con l'Iran come la catarsi che condurrà di nuovo all'unità un popolo diviso e che, in caso di vittoria, porrà fine a tutte le guerre dello stato sionista.
Fuori dai confini la guerra si allarga e cambia forma: per adesso in Libano prosegue a bassa intensità, ma la Turchia ha scatenato un'importante operazione militare (si parla di circa quindicimila uomini) all'assalto ad Aleppo, in cui sono coinvolti jihadisti e miliziani di Idlib addestrati dagli Stati Uniti e dalla Turchia. L'intelligence turca ha senza dubbio i suoi obiettivi, ma gli Stati Uniti e lo stato sionista sono interessati in modo particolare a interrompere le rotte di rifornimento di armi a Hezbollah in Libano.
La selvaggia aggressività dello stato sionista nei confronti di non combattenti, donne e bambini e la pulizia etnica bella e buona messa in atto contro la popolazione palestinese hanno radicalizzato una regione e un sud del mondo incolleriti. Con le sue iniziative lo stato sionista sta distruggendo il vecchio ethos. Il Medio Oriente non è più "conservatore". Si sta preparando anzi qualcosa di molto diverso.