martedì 31 dicembre 2024

Firenze. Guglielmo Mossuto, Federico Bussolin e Barbara Nannucci della Lega, il Centro Popolare Autogestito Firenze sud e i figli delle catastrofi

Nel novembre 2024 il segretario della Lega Matteo Salvini continuava a essere un sovrappeso divorziato che non è stato capace di laurearsi nemmeno in quindici anni; un curriculum che nelle società normali non apre nemmeno la strada a un posto di lavascale a chiamata, ma che negli ambienti governativi dello stato che occupa la penisola italiana vale invece -per non dire ovviamente- l'affidamento di responsabilità vitali.
Di come abbia inveito contro i centri sociali ricorrendo a un registro linguistico meno tollerabile del solito abbiamo già detto.
Abbiamo anche già rilevato di come la comunicazione politica della Lega a Firenze abbia avuto il Centro Popolare Autogestito Firenze Sud come argomento a tratti monografico, e di come questa linea abbia probabilmente contribuito a portare il partito di questo milanese a un eloquente ridimensionamento in termini di suffragi e di rappresentanti eletti.
C'era solo da mantenere la parola riguardo a un certo libro, di ci eravamo ripromessi di occuparci e che abbiamo recensito come facciamo in simili casi ogni volta che ci è possibile. La presentazione di Figli delle catastrofi presso il CPAFiSud aveva contrariato più di altre iniziative il forense Guglielmo Mossuto e i ben vestiti Barbara Nannucci e Federico Bussolin, il che ha reso l'occuparsene nel dettaglio un piacevole dovere di quelli da assolvere con lieta coscienza e brio primaverile.
Al di là di questo, il libro merita un approfondimento perché presenta un contenuto specifico di quelli che più contrariano i fautori della repressione e gli esponenti di un democratismo rappresentativo ridotto a non sapere letteralmente più che cosa sanzionare.
Negli anni Ottanta -con la Lega abbarbata alle valli della bergamasca- la propaganda politica dello stato che occupa la penisola italiana magnificava uno stato di cose che consentiva di fregiarsi dell'alloro di sesta, quinta o addirittura quarta potenza economica mondiale. Meno di quarant'anni dopo, con la Lega da decenni protagonista della vita politica, la stessa propaganda è ridotta a magnificare come tutto risultato la costruzione di qualche campo di concentramento.
In questa ristrettezza di orizzonti e con traguardi tanto miserabili, è comprensibile che la propaganda governativa non ami certe disconferme.
In Figli delle catastrofi Giorgio Panizzari descrive con buona ricchezza di particolari una realtà che i frequentatori di ristoranti degli ambienti governativi non avrebbero avuto problemi a presentare con orgoglio nella propria agenda, quella dell'Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Aversa.
Già detenuto ad Alghero, Panizzari sarebbe finito allo OPG di Aversa in seguito a un trasferimento meramente punitivo. Qui si sarebbe immediatamente reso conto del fatto che
l'istituzione non sentiva nemmeno più il bisogno di darsi una veste di "medicalizzazione"; la repressione presentava sfacciatamente il suo volto più autentico e brutale.
Deciso a denunciare quanto succedeva, Panizzari sarebbe riuscito a procurarsi un piccolo registratore e una macchina fotografica Polaroid e a raccogliere numerose prove e testimonianze dai prigionieri. Nonostante un'evasione fallita e il fermo intento dell'allora direttore Domenico Ragozzino di evitare che arrivassero al pubblico -la cui coscienza politica non era neppure paragonabile a quella di oggi- informazioni per lo meno problematiche, il dossier di Panizzari avrebbe trovato una certa eco nei mass media dell'epoca e sarebbe poi servito come prova a carico, in un processo celebrato nel 1978.
Insieme a Domenico Ragozzino, prestigiosa figura nel panorama psichiatrico di questo paese ed ex sindaco democristiano di Melito (NA), ricordo il comandante degli Agenti di Custodia maresciallo Focone. L'inchiesta che li riguardò condusse alla riesumazione di decine di cadaveri di persone la cui causa di morte era stranamente, per tutti, attribuita a un "collasso cardiocircolatorio". L'autopsia rivelò invece che avevano chi il cranio sfondato, chi varie ossa rotte nel costato, chi ancora organi interni spappolati, vertebre frantumate, ecc. Una condanna era d'obbligo... ma fu assai mite!
In Sbatti il matto in prima pagina (Roma, 2016) un saggio dedicato alla presentazione mediatica della questione psichiatrica negli anni Settanta, Pier Maria Furlan riferisce che alla gestione di Domenico Ragozzino -descritta nei suoi particolari più abietti- sarebbero state attribuite una quarantina di morti sospette fra i prigionieri. Domenico Ragozzino avrebbe comunque fregato il giudice, impiccandosi nel proprio alloggio all'interno del'OPG.
Difficile pensare che Mossuto, Nannucci e Bussolin abbiano letto il libro.
Ancora più difficile pensare che il contenuto gli sarebbe piaciuto.


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