giovedì 28 luglio 2022

Werner Rügemer - Ucraina: "I nostri valori europei..." come la paga minima a un euro e ventun centesimi

 


La copertura mediatica dell'invasione russa dell'Ucraina è stata peggio che mediocre ma in compenso pervasa da una malafede ancora maggiore di quanta non sia solito riscontrarne in simili casi nel gazzettaio "occidentale".
Questa foto del ricco Volodymyr Zelensky -autentico
virtuoso del pianoforte- e della moglie è comparsa su un coso che reclamizza roba costosa e donne poco vestite; pagine che accordano liceità "occidentale" a persone e contenuti. Comparirvi dovrebbe mettere i soggetti ritratti al sicuro dalla consegna di non richieste partite di democrazia da esportazione, ma neanche questo è sempre detto. Dopo l'inizio delle sommosse nella Repubblica Araba di Siria, per esempio, le stesse pagine tolsero dalla circolazione un agiografico articolo sulla moglie di Bashar al Assad pubblicato appena qualche settimana prima.
La "libera informazione", i custodi del democratismo rappresentativo e i ben vestiti abituati a zittire chi ride loro in faccia accusandolo come minimo di coltivare nostalgie inconfessabili hanno presentato gli avvenimenti intendendo la Repubblica Ucraina un paradiso di valori democratici e di giustizia sociale aggredito e oppresso da un'orda di orchi tagliagole i cui missili cadono sempre sugli asili nido.
Difficile abbiano molto interesse per scritti come quello qui presentato.
Motivo più che sufficiente perché esso diventi senz'altro interessante agli occhi delle persone serie.



Da Strategic Culture, 27 maggio 2022.

Ecco l'Ucraina, paese con la popolazione più povera e malata d'Europa, centro del contrabbando di sigarette e leader mondiale nella tratta di corpi femminili.

Quando il salario minimo legale è stato introdotto per la prima volta in Ucraina nel 2015, esso era di 0,34 euro, 34 centesimi all'ora. In seguito è stato aumentato: nel 2017 era di 68 centesimi, nel 2019 di 10 centesimi in più, ovvero 78 centesimi, e dal 2021 è di 1,21 euro. Ne avete mai sentito parlare?

Retribuzioni bassissime e non sempre corrisposte
Naturalmente questo non significa che questo salario minimo sia davvero e debitamente corrisposto, in questo Stato. Nel 2017 per una settimana lavorativa completa il salario minimo mensile era di 96 euro. Ma nell'industria tessile e del cuoio, ad esempio, questo salario minimo che riguardava un terzo della forza lavoro, prevalentemente femminile, raramente è stato corrisposto con puntualità. Era diffuso anche il cottimo: in un'ora si doveva cucire un certo numero di camicie. Se non ci si riusciva, si lavorava gratis per quello che rimaneva. In assenza di ordinativi si stabilivano permessi non retribuiti. In molti casi le ferie annuali dovute per legge non sono state concesse o non sono state retribuite. La direzione impediva l'elezione di rappresentanti dei lavoratori. Con questo salario minimo le persone si trovavano molto al di sotto del livello di sussistenza indicato in via ufficiale, che nell'anno in questione ammontava a 166 euro.

La catena delle paghe da fame dall'Ucraina ai Paesi UE confinanti
Esistono circa 2.800 aziende tessili ufficialmente registrate, ma anche un numero presumibilmente altrettanto elevato di piccole imprese non registrate. Per decenni esse hanno costituito una normale economia sommersa, spesso in cittadine e paesi.
La maggior parte di queste aziende tuttavia è solo un fornitore di seconda classe per i produttori a basso costo meglio connessi a livello internazionale nei vicini paesi dell'Unione Europea, soprattutto in Polonia ma anche in Romania e in Ungheria.
Così il 41% delle scarpe passa dall'Ucraina, dove costituisce un semilavorato a salari da fame, alle fabbriche a basso costo di Romania, Ungheria e stato che occupa la penisola italiana, dove viene apposta l'innocente e accattivante etichetta "Made in EU".

Chi lavora nel tessile può permettersi solo capi di seconda mano importati dalla Germania
La maggior parte dei circa duecentoventimila lavoratori del settore tessile è costituita da donne anziane. Si mantengono solo con un'agricoltura di sussistenza, ad esempio con un orto e un pollaio. Le malattie dovute alla malnutrizione sono comuni.
I lavoratori del settore tessile acquistano per lo più gli abiti che indossano da importazioni di capi di seconda mano provenienti soprattutto da Germania, Polonia, Belgio, Svizzera e Stati Uniti. L'Ucraina importa molti più prodotti tessili di quanti ne esporti.
I costosi capi Boss ed Esprit importati dal ricco Occidente dell'Unione Europea, che vengono pre-prodotti in Ucraina, sono destinati alla élite ricca e alla bolla delle ONG di Kiev. La maggior parte delle importazioni è comunque costituita da prodotti tessili di seconda mano dal costo più basso possibile. I lavoratori del settore tessile, e di fatto la maggior parte della popolazione, possono permettersi solo i prodotti tessili da buttare e quasi gratuiti che arrivano dagli stati ricchi, come ha riferito Clean Clothes Campaign.
I sindacati occidentali e gli "attivisti per i diritti umani" continuano a guardare all'Asia e al Bangladesh, quando si tratta di salari nell'industria tessile tanto bassi da costituire violazione dei diritti umani. Questo, anche se i salari in Ucraina sono molto più bassi. Anche nelle dibattito in corso nell'Unione Europea e al Bundestag tedesco su una regolamentazione per la catena di approvvigionamento si guarda lontano, a livello globale, verso l'Asia, mentre si nega che esista una catena dei salari da fame che lega Unione Europea e Ucraina.
Ed è qui che si annida la corruzione: C&A, Hugo Boss, Adidas, Marks&Spencer, New Balance, Esprit, Zara, Mexx sono quelli che alla fine ne traggono profitto. Vivono dello sfruttamento, che è contrario ai diritti umani. I protagonisti della corruzione sono nei paesi ricchi dell'Unione Europea: in segreto sono ben contenti del fatto che l'ispettorato del lavoro in Ucraina sia inesistente o complice, e anche l'Unione Europea copre le ingiustizie intrinseche nel sistema del lavoro con rituali ipocriti e ammonimenti sulla corruzione in Ucraina che restano lettera morta.

Fornitori per l'industria dell'auto, prodotti farmaceutici, macchinari
Qualcosa di simile a quanto accaduto per l'industria tessile e del cuoio sta succedendo anche in altri settori.
In Unione Sovietica l'Ucraina era un centro di produzione industriale. Dopo l'indipendenza nel 1991 gli oligarchi hanno preso il controllo delle aziende, si sono intascati i profitti e non hanno investito nulla nell'innovazione. Per le aziende occidentali erano disponibili milioni di dipendenti ben qualificati e a bassi salari.
Migliaia di aziende, soprattutto dagli Stati Uniti e dai Paesi dell'Unione Europea -circa duemila dalla Germania soltanto- hanno piazzato ordini in subappalto per componentistica piuttosto semplice: Porsche, VW, BMW, Schaeffler, Bosch e Leoni, ad esempio, per i cablaggi delle auto; gruppi farmaceutici come Bayer, BASF, Henkel, Ratiopharm e Wella per imbottigliamento e confezionamento dei loro prodotti; Arcelor Mittal, Siemens, Demag, Vaillant, Viessmann hanno aperto filiali per l'assemblaggio e la vendita. In questi settori vengono corrisposti salari da due a tre euro, cioè più del salario minimo ma comunque inferiori a quelli dei Paesi UE vicini come Ungheria, Polonia e Romania.
Per questo motivo le sedi ucraine sono strettamente collegate con sedi delle stesse aziende in paesi confinanti appartenenti all'Unione Europea, dove i salari minimi legali sono superiori a tre euro e inferiori a quattro euro. Tuttavia questa rete di collegamenti funziona altrettanto bene con gli stati limitrofi e ancora più poveri di Moldavia, Georgia e Armenia, che non sono membri dell'Unione Europea. Anche qui esistono delle filiali. Nel contesto delle politiche di "Vicinato orientale" organizzate dall'Unione Europea vengono sfruttate tutte le differenze di qualifica e il fatto che le retribuzioni siano ancora più basse, con l'Ucraina come porta girevole.

La migrazione di manodopera si conta in milioni di persone
Questo selettivo sfruttamento dei vantaggi presentati dal contesto locale da parte dei capitalisti occidentali non ha portato allo sviluppo economico nazionale. Al contrario, l'Ucraina si è impoverita economicamente. La maggioranza della popolazione è diventata più povera ed è meno in salute. La migrazione della forza lavoro ha assunto caratteri di reazione di massa. Ed è iniziata presto. Alla fine degli anni '90, diverse centinaia di migliaia di ucraini erano già emigrati in Russia. I salari non erano molto più alti, ma in Russia l'eccessiva occidentalizzazione degli stili di vita e l'aumento del costo della vita per i generi alimentari, l'affitto, la sanità e le tasse non hanno preso piede.
Dagli anni Duemila, e con l'accelerazione imposta dal colpo di Stato di Maidan nel 2014, circa cinque milioni di ucraini sono diventati manodopera emigrata. Circa due milioni vivono in modo più o meno permanente all'estero, circa tre milioni fanno i pendolari con gli stati vicini. In particolare lo stato polacco, che in ogni caso rivendica le parti occidentali dell'Ucraina, incoraggia la migrazione di manodopera dall'Ucraina. Circa due milioni di ucraini sono impiegati in Polonia, soprattutto in lavori poco qualificati come addetti alle pulizie, collaboratori domestici, camerieri, assistenti agli anziani e camionisti. In Polonia è fiorente anche l'attività delle agenzie di collocamento, che dichiarano che gli ucraini sono cittadini polacchi e li collocano come assistenti domiciliari in Germania e in Svizzera ad esempio: lì pagano il salario minimo per una settimana di 40 ore, ma in realtà quanti lavorano come assistenti domiciliari devono essere reperibili 24 ore su 24, secondo il contratto stipulato con l'agenzia polacca.
Centinaia di migliaia di ucraini sono inoltre impiegati in modo permanente, temporaneo o come pendolari in Romania, Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca, con salari minimi compresi tra 3,10 euro e 3,76 euro. Gli ucraini di questo sono contenti, anche se le retribuzioni vengono spinte un po' al di sotto di questi salari minimi: è comunque molto meglio che nel loro Paese, l'ispettorato del lavoro non dice nulla e nemmeno l'Unione Europea (Werner Rügemer: Imperium EU - Labour Injustice, Crisis, New Resistances, tredition 2021).
Agli studenti ucraini piace fare i lavoratori stagionali nell'agricoltura dell'Unione Europea. Solo in Bassa Sassonia arrivano circa settemila studenti all'anno che non necessariamente lo sono per davvero ma entrano con documenti di immatricolazione falsificati. Né in Ucraina né in Germania ci sono controlli, come ha rilevato uno studio della Fondazione Friedrich Ebert.
Salario minimo in Lituania: nel 2015 era di 1,82 euro, cinque volte superiore a quello ucraino nello stesso anno; nel 2020 era di 3,72 euro. L'UE sta promuovendo lo sviluppo della Lituania come centro europeo per lo smistamento delle merci: con l'aiuto dell'intelligenza artificiale camionisti volenterosi e a basso costo provenienti da Paesi terzi come l'Ucraina e la Moldavia -ma anche da Paesi più lontani come le Filippine- vengono guidati attraverso l'Europa. Non hanno bisogno di imparare alcuna lingua: ricevono le istruzioni tramite smartphone e navigatore. Ad esempio, con l'inizio della guerra le aziende di autotrasporti in Lituania e Polonia si sono trovate improvvisamente con una carenza di oltre centomila camionisti provenienti dall'Ucraina, che non potevano più partire a causa del servizio militare.

Povertà femminile I: il prosperare della prostituzione proibita per legge
Lo stato patriarcale oligarchico dell'Ucraina ha approfondito enormemente la disuguaglianza tra uomini e donne. Con un divario retributivo del 32%, le donne ucraine sono agli ultimi posti in Europa: in media, ricevono una retribuzione inferiore di un terzo rispetto ai loro colleghi maschi, e nel campo della finanza e delle assicurazioni la cifra raggiunge il 40% per lo stesso lavoro laddove media europea è del 14%. A causa degli stereotipi patriarcali le donne sono con particolare frequenza spinte a svolgere lavori precari a tempo parziale, ancora di più che nella Germania di Angela Merkel che è al penultimo posto tra i Paesi dell'UE in termini di discriminazione contro le donne.
Questa povertà di ascendenza patriarcale a carico delle donne comprende il divieto di prostituzione, che in simili condizioni prospera. Anche le insegnanti di scuola elementare, che non riescono a tirare avanti con i loro 120 euro al mese, sono tra le circa centottantamila donne che si prostituiscono in Ucraina: donne sole, divorziate con figli o disoccupate.
Poiché la prostituzione è vietata i gestori dei bordelli ci guadagnano, così come gli agenti di polizia e i tassisti, perché hanno un buon reddito grazie all'omertà. Vengono utilizzati anche appartamenti privati al pari di bordelli in posizioni privilegiate nella capitale Kiev. Si attirano i turisti, che con ottanta euro sono già nel giro. Non è raro che si arrivi a otto prestazioni a notte. Poco meno della metà del guadagno rimane alle donne. Alcune sperano che si tratti di una condizione passeggera -uno, due o anche tre anni- spesso invano. Un terzo di esse diventa tossicodipendente, un terzo si può considerare sieropositivo.
Dopo la "liberalizzazione" dei servizi sessuali da parte del governo federale di Schröder/SPD e Fischer/Verdi all'inizio del secolo, la Germania è diventata il "bordello d'Europa". L'agenzia federale per lo sviluppo GTZ fece sapere alle donne ucraine nella sua "Germania - Guida turistica per le donne" che adesso esistevano buone prospettive nel settore del sesso: ne arrivarono molte.
La Germania della Merkel è diventata il centro europeo della prostituzione commerciale, per lo più illegale e tollerata dalle autorità; condizioni favorevoli per donne che non provengono da uno Stato membro dell'Unione Europea. Ovvio quindi che i protettori cerchino adesso di reclutare alla frontiera le donne ucraine in fuga nel 2022.

Povertà femminile II: il corpo femminile, materiale da sfruttare
L'Ucraina è un luogo in cui le aziende occidentali possono piacevolmente impegnarsi in pratiche altrimenti proibite: un sito mille volte prezioso per la globalizzazione guidata dagli Stati Uniti. Questo vale anche per lo sfruttamento commerciale del corpo femminile, che va ben oltre la prostituzione illegale.
L'Ucraina è la capitale mondiale dell'industria della maternità surrogata, con una "liberalizzazione" più estesa che in altri casi. La diffusa povertà femminile costituisce un serbatoio inesauribile.
Vittoria Vita, La Vita Nova, Delivering Dreams o più prosaicamente BioTex: questi sono i nomi con cui le agenzie di maternità surrogata di Kiev e Kharkiv pubblicizzano i loro servizi e le loro donne. Donne ucraine belle e sane vengono offerte in cataloghi destinati a stranieri facoltosi.
I prezzi per un bambino nato sano vanno dai trentanovemilanovecento ai sessantaquattromilanovecento euro. I turisti in cerca di un figlio provengono da Stati Uniti, Canada, Europa occidentale e Cina. I genitori interessati consegnano l'ovulo e lo sperma a una delle decine di cliniche specializzate. Si procede alla fecondazione in vitro, poi l'embrione straniero viene impiantato nella madre surrogata. La madre surrogata porta in grembo un bambino geneticamente a lei estraneo. Questo metodo è stato sviluppato negli Stati Uniti, ma lì è molto più costoso: tra i centodiecimila e i duecentoquarantamila euro. In Ucraina è meno regolamentato. La donna che lo porta in grembo non deve avere nulla a che fare geneticamente con il bambino, è solo un attrezzo estraneo che deve essere dimenticato subito dopo l'uso; cessa di esistere ed è pronto per l'uso successivo in favore di una coppia straniera completamente diversa.
I prezzi variano a seconda che i genitori desiderino o meno un sesso specifico per il bambino che ordinano: senza scelta del sesso, alla BioTex costa trentanovemilanovecento euro; con due tentativi per il sesso desiderato costa quarantamilanovecento euro, con tentativi illimitati costa sessantaquattromilanovecento euro. Queste offerte includono l'alloggio in albergo, il rilascio del certificato di nascita e quello del passaporto presso il consolato tedesco. Finora sono stati partoriti più di diecimila bambini di questo genere in tutto il mondo.
Una madre surrogata -una società di maternità surrogata porta il nome appropriato: Surrogacy Ukraine- riceve un bonus mensile fra i trecento e i quattrocento euro durante la gravidanza; dopo un parto avvenuto con successo [in inglese "delivery" significa sia parto che consegna, di qui il doppio senso con cui l'A. utilizza l'espressione "delivery of the product", n.d.t.] la gratifica viene portata a 15.000 euro. Se c'è un aborto spontaneo, se il bambino risulta disabile o se l'adozione viene rifiutata, le madri surrogate non ricevono nulla. Le loro condizioni psicologiche non vengono prese in considerazione e non esiste alcuna prestazione di sicurezza sociale contro i danni per la loro salute. Non esistono studi sulle conseguenze a lungo termine.

Contratti a zero ore e distruzione dei sindacati
Il governo Zelensky ha aumentato il salario minimo a 1,21 euro, ma allo stesso tempo indebolisce e distrugge i sindacati, sempre più deboli dopo l'indipendenza. La legge sul lavoro del dicembre 2019 rappresenta a tutt'oggi il culmine delle ingiustizie nel lavoro.
- Vengono consentiti contratti di lavoro a zero ore, il lavoro a chiamata. Quando l'imprenditore ha del lavoro da assegnare, convoca il dipendente con un minimo preavviso. Il numero di ore lavorate e il reddito da lavoro possono essere pari a zero.
- I licenziamenti non devono più essere giustificati.
- Viene incoraggiata la negoziazione individuale dei contratti di lavoro; "negoziazione" è, ovviamente, un termine eufemistico per indicare offerte senza alternative, il che non è un problema dato l'alto tasso di disoccupazione. La contrattazione collettiva può essere sospesa nelle aziende con meno di 250 dipendenti, ovvero in oltre il 95% delle aziende. Le aziende che ne beneficiano sono soprattutto quelle statali, poi l'agroalimentare e le multinazionali del tabacco come Nestlè e Philip Morris.
Inoltre, i sindacati devono essere espropriati e i loro beni confiscati. Anche se sono indeboliti, possiedono ancora dei terreni e in alcuni casi grandi edifici dell'epoca sovietica, che si trovano in centro città. Per Zelensky si tratta di "avanzi russi" e quindi da espropriare.
Centinaia di migliaia di ucraini hanno protestato contro la nuova legge senza che nessun notiziario occidentale ne desse notizia. In una lettera congiunta del 9 settembre 2021, la Federazione Internazionale dei Sindacati e la Federazione Europea dei Sindacati -ITUC, CSI, ETUC- hanno fatto notare al governo ucraino e al comitato dell'Unione Europea incaricato dell'integrazione dell'Ucraina che la nuova legge sul lavoro in Ucraina viola non solo tutti i diritti dei lavoratori tutelati dall'ONU e dall'Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), ma anche i pur bassi standard dell'Unione Europea. Non c'è stata alcuna risposta.

Espropriazione e impoverimento dei contadini
Dopo l'indipendenza, ai circa sette milioni di contadini reduci dalle fattorie collettive è stata assegnata mediamente la proprietà di circa quattro ettari di terra: troppo poco per gestire un'attività agricola indipendente. Pertanto, i contadini hanno finora affittato i loro piccoli appezzamenti a oligarchi nazionali e stranieri a fronte di un basso canone di affitto, che attualmente è in media di centocinquanta dollari all'anno rispetto agli ottanta dollari del 2008.
Ad esempio, l'oligarca Andry Verevsky e il suo Kernel Group hanno acquisito 570000 ettari di terra in affitto, l'oligarca Oleg Bakhmatyuk e la UkrLandFarming hanno acquisito 500000 ettari, l'investitore speculativo statunitense NCH Capital di New York ha acquisito 400.000 ettari, l'oligarca Yuriy Kosyuk per MHP 370.000 ettari, l'oligarca Rinat Akhmetov per la sua Agro-Holding 220.000 ettari, mentre il Continental Farmers Group dall'Arabia Saudita affitta "solo" 195.000 ettari. Nell'affare sono coinvolti anche i fondi pensione svedesi e olandesi. Dalla Baviera provengono piccoli oligarchi come Dietrich Treis e Hans Wenzel, che possiedono 60 ettari in patria ma coltivano 4.500 ettari in Ucraina con contratti di affitto a prezzi incomparabilmente bassi.
Alexander Wolters, della Sassonia, ha affittato 4.200 ettari fra tutti, a 60 euro all'anno per ettaro.
Tutti sono pienamente integrati nella Unione Europea e nel mercato mondiale occidentale:
- Le sedi legali e fiscali delle aziende agricole si trovano di preferenza nei paradisi finanziari standard dell'Unione Europea: Cipro, Lussemburgo e Svizzera; i governi ucraini hanno contribuito con esenzioni fiscali e sussidi.
- Ricevono costantemente ingenti prestiti dalla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS) e dalla Banca europea per gli investimenti (BEI).
- Sementi, fertilizzanti, pesticidi e tecnologia agricola sono principalmente nelle mani di società statunitensi e tedesche come Cargill, Archer Daniels, John Deere, Corteva, Bayer e BASF.
Dirigenti altamente pagati gestiscono le aziende. Pochi fra tutti i contadini possono svolgere lavori non qualificati al minimo salariale in questo settore agroalimentare su larga scala. Un po' di terra sfuggita agli affitti permette loro una magra sopravvivenza.
Il governo Zelensky però ha posto fine alla pratica degli affitti: a partire dal 1° luglio 2021 gli agricoltori potranno vendere i loro terreni, inizialmente solo ad acquirenti con cittadinanza ucraina. A questo scopo il governo sta creando un portale di aste dove le offerte possono essere fatte anche in forma anonima. Lo sblocco della vendita della fertilissima terra nera ucraina è stato richiesto non solo dagli accaparratori oligarchici, ma anche dal Fondo Monetario Internazionale (FMI), che ha imposto questa condizione a un'Ucraina fortemente indebitata per erogare un nuovo prestito di 5 miliardi. Si possono vendere i terreni, e questo porta alla ripresa economica... Un successivo referendum previsto per il 2024 dovrebbe dare il via al passo successivo: la vendita dei terreni anche agli stranieri. Una delle conseguenze che si verificheranno in queste condizioni sarà un ulteriore impoverimento delle famiglie contadine. Per questo motivo molti contadini hanno protestato contro questa "riforma agraria". Senza alcun effetto.

Ucraina: al centro del contrabbando di sigarette da trent'anni
A partire dal 1992 le grandi aziende del tabacco Philip Morris, R.J. Reynolds, British American Tobacco e Japan Tobacco hanno acquistato fabbriche di sigarette in Ucraina. In alcuni casi lo stato è rimasto per alcuni anni come azionista di minoranza.
La produzione conta su lavoratori qualificati di buon livello ma adesso ancora meno pagati e si è concentrata in misura minima sul mercato ucraino. La vasta gamma dei marchi di lusso come Marlboro e Chesterfield e via via fino ai marchi più economici veniva prodotta per l'esportazione. In cambio il governo complice abbassò le tasse sul tabacco a un livello senza pari a livello internazionale, meno della metà di quanto sarebbe stato altrimenti in Europa. Allo stesso tempo i controlli doganali sono rimasti a livelli bassissimi.
Alla fine degli anni '90, la Commissione Europea si rese conto che più del novanta per cento di quello che Philip Morris e le altre producevano in Ucraina era destinato all'esportazione, anche le sigarette a basso costo destinate al contrabbando globale verso gli stati poveri ma anche verso i ricchi stati dell'Unione Europea. Il contrabbando comporterebbe per gli stati dell'Unione Europea danni per quattro miliardi di euro all'anno. L'Unione Europea ha citato Philip Morris e Reynolds per danni. Il tribunale di New York ha respinto la causa nel 2001. Tre anni dopo, Philip Morris ha accettato di pagare all'Unione Europea un miliardo e trecento milioni di dollari per contribuire alla lotta contro il contrabbando e le contraffazioni.
Tuttavia, al momento Philip Morris non ha pagato e l'accordo è stato rinnovato nel 2010. Philip Morris ha accettato di pagare la somma, suddivisa in dodici versamenti annuali, a Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, stato che occupa la penisola italiana, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo e Spagna. Questi stati hanno firmato l'accordo, ma tutti i paesi UE dell'Europa orientale non l'hanno fatto. Allo stesso tempo, la complicità ha prosperato sottobanco: Michel Petite, direttore generale del servizio giuridico della Commissione europea dal 2001 al 2007, nel 2008 si è trasferito presso lo studio legale statunitense Clifford Chance, dove ha curato gli interessi del cliente Philip Morris, ed è diventato anche presidente del "Comitato etico" dell'Unione Europea.
In Ucraina un pacchetto di sigarette Marlboro costa due euro e mezzo e in Kosovo un euro e sessantacinque (a partire dal 2021), nonostante l'imposta sul tabacco sia nel frattempo leggermente aumentata. Lo stesso pacchetto costa sette euro in Germania, sei e venti in Belgio, dieci in Francia, sei nello stato che occupa la penisola italiana e così via. Pertanto è ovvio che l'esportazione e il contrabbando dall'Ucraina continuano. Ecco perché i negoziati rappresentano dei rituali inconcludenti; lo sono stati anche in occasione del 21° vertice UE-Ucraina del 2022. "L'Ucraina è diventata un centro di smistamento globale per la consegna di sigarette illegali in Europa", ha ammesso il vice capo dell'Ufficio del Presidente ucraino, Alexei Honcharuk. Il Presidente Zelensky, naturalmente, ha nuovamente promesso che l'Ucraina combatterà il contrabbando di tabacco ancora più alacremente di prima...

La spesa militare più alta d'Europa
Il colpo di stato di Maidan del 2014, organizzato da agenti occidentali -dipartimento di comunicazione della NATO, Horizon Capital, Swedbank, National Endowment for Democracy, Black See Trust, Fondazione Soros- ha portato il banchiere di second'ordine Arseniy Yazeniuk alla carica di primo ministro ucraino. I boicottaggi contro la Russia hanno portato alla perdita di diverse centinaia di migliaia di posti di lavoro in Ucraina, circa quarantamila solo per le aziende tedesche come il fornitore di componentistica per l'auto Leoni.
Il governo ucraino ha preso spunto dall'Unione Europea e nel 2015 ha introdotto un salario minimo legale: 34 centesimi per ora lavorata. Questo è stato un chiaro indice del livello verso cui stavano andando i redditi da lavoro. I lavoratori, come quelli dell'industria tessile e dell'agroalimentare, già si accontentano quando viene effettivamente corrisposto il salario minimo. Altri si accontentano di una paga oraria vicina ai tre euro. La migrazione di manodopera verso l'estero si è intensificata, è stata ed è di buon grado utilizzata dai vicini Paesi dell'Europa orientale che non si sono impoveriti fino a questo punto.
Lo Stato più povero d'Europa in termini di reddito della maggioranza della popolazione con l'aiuto della NATO -in particolare degli Stati Uniti e del Regno Unito- si è riarmato ancora più velocemente a partire dal 2016, passando dal 2,9% del PIL stanziato per le forze armate a metà decennio a una cifra doppia nel 2020, anche prima della guerra: il 5,9%. Una percentuale elevata, che sbandiera l'ottemperare alla richiesta del presidente statunitense Obama di aumentare le spese militari al 2% del PIL. Questo pone l'Ucraina al secondo posto nel mondo dopo l'Arabia Saudita, davanti al secondo miglior studente modello degli Stati Uniti che è l'armatissimo stato sionista.
L'Ucraina non è membro della NATO; con i suoi 41 milioni di abitanti ha, con i suoi 292.000 soldati, più militari degli altri membri della NATO (Stati Uniti esclusi, ovviamente), cioè più soldati di Germania, Francia, Regno Unito, stato che occupa la penisola italiana, Grecia, Spagna, Polonia e Romania. Lo Stato con la popolazione più povera d'Europa si è concesso, e ha concesso al tempo stesso ai suoi padroni e padrone a Washington, Bruxelles, Londra, Parigi e Berlino spese militari senz'altro altissime. Forse per la preparazione di una guerra, o per quale altro motivo?

La popolazione più povera e malata d'Europa
Il Fondo Monetario Internazionale ha concesso prestiti allo "stato più corrotto d'Europa" (Transparency International) a condizione che esso operi tagli al sociale e alle pensioni e che aumenti le tariffe delle municipalizzate (acqua, fognature, rifiuti), dell'energia erogata dallo stato e che operi ulteriori privatizzazioni. Anche il FMI ha soffiato sul fuoco della guerra: la perdita del Donbass avrebbe avuto un impatto negativo sull'ammontare dei prestiti dall'Occidente, ha fatto sapere.
Nel 2020, il debito è stato ridotto a un 60% che a prima vista sembra anche attraente, ottimo per l'adesione all'Unione Europea. La conseguenza che ne è derivata è che la maggior parte della popolazione è ancora più povera: il costo della vita, l'alimentazione, le tasse comunali, gli affitti, l'assistenza sanitaria e i costi dell'energia sono aumentati; tutti questi beni e servizi ora sono solo parzialmente accessibili o non lo sono affatto. La pensione media nel 2013, prima del colpo di Stato di Maidan, era ancora di 140 euro, il picco nella storia dell'Ucraina indipendente.
Dal 2017, la pensione media era di 55 euro. Sempre più pensionati devono continuare a lavorare, sempre che riescano a trovare lavoro.
Dai tempi dell'indipendenza con il riorientamento verso Occidente la popolazione ucraina si è ridotta da cinquantuno a quarantuno milioni di persone. Già prima dell'attuale guerra l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) prevedeva un'ulteriore contrazione per il 2050: trentadue milioni di abitanti, che in media sarebbero ancora più vecchi di adesso.
La popolazione più povera d'Europa è anche la più malata: L'Ucraina è al primo posto in Europa per decessi dovuti alla malnutrizione, come ha documentato l'European Journal for Epidemiology nel 2019.
Secondo le parole di elogio del Presidente della Commissione europea, signora von der Leyen "l'Ucraina sta difendendo con un impegno impressionante i nostri valori europei!". Ecco perché l'Ucraina dovrebbe diventare membro dell'Unione Europea. Il Presidente ha aggiunto: "L'Ucraina merita questo status perché è pronta a morire per il sogno europeo".
Quella politica travestita da cristiano ha più ragione di quanto pensi.



giovedì 21 luglio 2022

Alastair Crooke - Un'interpretazione delle rune di guerra

 


Traduzione da Strategic Culture, 18 maggio 2022.

L'esito del conflitto [in Ucraina] è ovviamente sicuro da ogni punto di vista anche se la guerra è lungi dal finire. È chiaro che la Russia prevarrà sul piano militare e anche su quello politico; il che significa che qualsiasi cosa si affermerà in Ucraina al termine delle azioni militari sarà dettata da Mosca, alle sue condizioni.
È evidente da questo punto di vista che la forma di governo in vigore a Kiev crollerebbe se fosse Mosca a dettare condizioni. E da un'altra prospettiva sarebbe l'intera agenda occidentale successiva al colpo di Stato di Maidan del 2014 a collassare. Ecco perché è praticamente impossibile una via d'uscita, a meno di una disfatta ucraina.
Questo momento segna quindi un punto di inflessione cruciale. Gli ameriKKKani potrebbero scegliere di porre fine al conflitto -e ci sono molte voci che chiedono un accordo o un cessate il fuoco, con l'intento umanamente comprensibile di porre fine all'inutile massacro di giovani ucraini inviati al "fronte" per difendere posizioni indifendibili per poi finire cinicamente uccisi senza alcun vantaggio militare, solo per mantenere la guerra in corso.
Per quanto razionali, gli argomenti a favore di un'uscita dal conflitto non colgono l'aspetto geopolitico più importante: l'Occidente ha investito in modo così pesante nella propria fantasiosa narrazione di un imminente e umiliante crollo russo da ritrovarsi impelagato. Non può impegnarsi maggiormente per il timore che la NATO non sia all'altezza di affrontare le forze russe (Putin ha sottolineato che la Russia non ha nemmeno iniziato a dispiegarle pienamente), e neppure arrivare a patti o arretrare, perché significherebbe perdere la faccia.
E "perdere la faccia" significa grosso modo perdere l'Occidente liberale.
L'Occidente è così finito ostaggio del proprio sfrenato trionfalismo, presentato come guerra dell'informazione.
Questo sciovinismo sfrenato è stato una sua scelta. I consiglieri di Biden tuttavia, interpretando le rune di guerra degli inarrestabili guadagni territoriali russi hanno iniziato a intrasentire che un'altra débacle in politica estera gli sta velocemente piombando addosso.
Si rendono conto che gli eventi, lungi dal riaffermare l'ordine basato sulla supremazia degli USA, mettono invece in evidenza agli occhi del mondo i limiti del potere statunitense, concedendo la ribalta non solo a una Russia che risorge, ma anche a un messaggio che per il resto del mondo ha una portata rivoluzionaria, anche se l'Occidente non ne ha ancora preso consapevolezza.
L'alleanza occidentale inoltre si sta disintegrando a causa della stanchezza per la guerra e del fatto che le economie europee devono fronteggiare la recessione. L'istintiva inclinazione contemporanea a prendere prima le decisioni e poi a pensarci su, come nel caso delle sanzioni europee, ha condotto l'Europa a una crisi esistenziale.
Il Regno Unito è il caso esemplare di un rompicapo europeo di più ampia portata. La classe politica britannica, spaventata e in disordine, ha dapprima "deciso" di far fuori il proprio leader; poi si è resa conto di non avere a disposizione un successore con la gravitas necessaria a gestire la nuova normalità e di non avere idea di come sfuggire alla trappola in cui si ritrova.
Non osano perdere la faccia per l'Ucraina e non hanno soluzioni per affrontare la recessione in arrivo che non siano un ritorno al thatcherismo. Lo stesso si può dire per la classe politica europea: è come un cervo abbagliato da una macchina che gli si avvicina velocemente.
Biden, e con lui e una certa rete che abbraccia Washington, Londra, Bruxelles, Varsavia e i Paesi baltici, vedono la Russia da un'altezza di trentamila piedi superiore a quella del conflitto ucraino. Secondo quanto riferito, Biden ritiene di trovarsi in una posizione equidistante tra due tendenze pericolose e minacciose che stanno travolgendo gli Stati Uniti e l'Occidente: Il trumpismo in patria e il putinismo all'estero. Entrambi, a suo avviso, rappresentano pericoli evidenti e concreti per l'ordine liberale basato sulla supremazia statunitense in cui (la squadra di governo di) Biden crede appassionatamente.
Altre voci -principalmente povenienti dal settore realista della politica statunitense- non sono così infatuate dalla Russia; per queste, i "veri uomini" devono affrontare la Cina. Vogliono mantenere il conflitto ucraino in una situazione di stallo, se possibile, per salvare la faccia inviando più armi, mentre si procede a rivolgere energie contro la Cina.
In un discorso allo Hudson Institute, Mike Pompeo ha fatto una dichiarazione di politica estera che guardava chiaramente al 2024 e alla sua candidatura a vicepresidente. Al centro del discorso c'era la Cina, ma è interessante ciò che ha detto sull'Ucraina: L'importanza di Zelensky per gli Stati Uniti dipendeva dal fatto che egli continuasse la guerra, cioè che salvasse la faccia dell'Occidente. Non ha parlato esplicitamente di inviare truppe sul terreno ma era chiaro che non era a favore di un tale passo.
Il suo messaggio è stato: armi, armi, armi per l'Ucraina, e "guardare avanti" fin da adesso, concentrandosi sulla Cina. Pompeo ha insistito sul fatto che gli Stati Uniti riconoscano subito Taiwan dal punto di vista diplomatico, a prescindere da ciò che accadrà. E ha inserito la Russia nel discorso dicendo semplicemente che Russia e Cina dovrebbero essere trattate come un'unica entità.
Biden, tuttavia, sembra intenzionato a lasciar passare il momento e a proseguire con l'attuale linea. Questo è anche ciò che vogliono i molti che sono rimasti con le mani in pasta. Il punto è che le opinioni dello Stato profondo sono contrastanti e gli influenti banchieri di Wall Street non sono certo entusiasti delle idee di Pompeo. Preferirebbero una de-escalation con la Cina. Continuare sulla stessa linea è quindi l'opzione più facile, mentre l'attenzione del fronte interno degli Stati Uniti si concentra sui problemi economici.
Il punto è che l'Occidente è completamente bloccato: non può andare avanti, né tornare indietro.
Le sue strutture politiche ed economiche glielo impediscono. Biden è fissato sull'Ucraina; l'Europa è fissata sull'Ucraina e sulla sua bellicosità contro Putin; il Regno Unito, idem; e l'Occidente è bloccato nei rapporti con la Russia e con la Cina. Ma soprattutto, nessuno è in grado di prendere in considerazione le insistenti richieste di Russia e Cina per una ristrutturazione dell'architettura della sicurezza globale.
Se non possono muoversi sul piano della sicurezza -per paura di perdere la faccia- non saranno in grado di interiorizzare il fatto (o anche solo di stare a sentire, dato il radicato cinismo che accoglie ogni parola pronunciata dal Presidente Putin) che l'agenda della Russia va ben oltre l'architettura della sicurezza. Ad esempio, l'esperto diplomatico e commentatore indiano MK Badrakhumar scrive:
"Dopo Sakhalin-2, [su un'isola dell'Estremo Oriente russo] Mosca intende nazionalizzare anche il progetto di sviluppo di petrolio e gas Sakhalin-1, estromettendo gli azionisti statunitensi e giapponesi. La capacità di Sakhalin-1 è impressionante. Un tempo, prima che l'OPEC ponesse dei limiti ai quantitativi della produzione, la Russia estraeva fino a quattrocentomila barili al giorno: il livello di produzione recente è di circa duecentoventimila.
La tendenza generale a nazionalizzare le partecipazioni del capitale ameriKKKano, britannico, giapponese ed europeo nei settori strategici dell'economia russa sta prendendo solidità come nuova pratica politica. Le operazioni di pulizia dell'economia russa per liberarla dal capitale occidentale dovrebbero accelerare nel prossimo periodo.
Mosca era ben consapevole del carattere predatorio del capitale occidentale nel settore petrolifero russo -un'eredità dell'era di Boris Eltsin- ma ha dovuto convivere con questo sfruttamento per non inimicarsi altri potenziali investitori occidentali. Solo che tutto questo è ormai storia. L'inasprimento delle relazioni con l'Occidente, quasi al limite della rottura, ha liberato Mosca da questo retaggio di antiche inibizioni. Dopo essere salito al potere nel 1999, il presidente Vladimir Putin si è cimentato nell'immane compito di ripulire le stalle di Augia della collaborazione straniera in Russia nel settore petrolifero. Il processo di "decolonizzazione" è stato estremamente difficile, ma Putin è riuscito a portarlo a termine".
E questo è solo la metà del tutto. Putin continua a ripetere nei suoi discorsi che l'Occidente è l'artefice del proprio debito e della propria crisi inflazionistica, e non la Russia; il che fa sorgere in Occidente dei grossi grattacapi. Lasciamo però che il professor Hudson spieghi perché gran parte del resto del mondo ritiene che l'Occidente abbia preso una piega sbagliata dal punto di vista economico. In breve sarebbero state le scelte sbagliate dell'Occidente a condurlo in un vicolo cieco, come sostiene Putin.
Il professor Hudson sostiene (qui una parafrasi e una riformulazione del suo pensiero) che esistono essenzialmente due grandi modelli economici che si sono succeduti nella storia: "Da un lato, vediamo le società del Vicino Oriente e dell'Asia organizzate per mantenere l'equilibrio e la coesione sociale, subordinando il debito e la ricchezza mercantile al benessere generale della comunità nel suo complesso".
Tutte le società antiche diffidavano della ricchezza, perché tendeva all'accumulazione a spese della società in generale e portava alla polarizzazione sociale e a gravi disuguaglianze.
Guardando alla storia antica, possiamo notare -afferma Hudson- che l'obiettivo principale dei governanti, da Babilonia all'Asia meridionale e orientale, era quello di impedire che si affermasse un'oligarchia mercantile e creditrice che concentrasse la proprietà della terra nelle proprie mani. Questo è un modello storico.
Il grande problema che il Vicino Oriente dell'Età del Bronzo aveva risolto - al contrario dell'antichità classica e della civiltà occidentale- era come gestire l'aumento dei debiti (tramite periodici giubilei) senza polarizzare la società e, in ultima analisi, impoverire l'economia riducendo la maggior parte della popolazione a dipendere dal debito.
Uno dei punti fermi in Hudson è il modo in cui la Cina ha strutturato la propria economia come un'economia "a basso costo": alloggi a basso costo, istruzione, cure mediche e trasporti sovvenzionati. Questo significa che i consumatori hanno un po' di reddito libero a disposizione e che la Cina nel suo complesso ne guadagna in competitività. Il modello occidentale finanziato dal debito invece è ad alto costo, con fasce di popolazione sempre più impoverite e prive di reddito da utilizzare a propria discrezione una volta pagati dopo aver pagato costi su cui grava il debito.
La periferia dell'Occidente invece, non avendo la tradizione del Vicino Oriente, si è "convertita" al consentire a una ricca oligarchia di creditori di prendere il potere e di concentrare nelle proprie mani la proprietà della terra e dei beni. Per motivi di pubbliche relazioni ha affermato di essere una "democrazia" e ha denunciato qualsiasi protezione regolamentata dai governi come autocratica per definizione. Questo è il secondo grande modello, ma il suo eccesso di debito lo ha spinto in una spirale inflazionistica ed è bloccato anch'esso, senza i mezzi per fare un passo avanti.
A Roma si verificò qualcosa del genere. E ne stiamo ancora vivendo le conseguenze. Far dipendere i debitori dai ricchi creditori è ciò che gli economisti di oggi chiamano "libero mercato". È un mercato privo di controlli e contrappesi pubblici contro la disuguaglianza, la frode o la privatizzazione della cosa pubblica.
Questa etica neoliberista a favore dei creditori, sostiene il professor Hudson, è alla base dell'attuale nuova guerra fredda. Quando il presidente Biden descrive questo grande conflitto mondiale volto a isolare Cina, Russia, India, Iran e i loro partner commerciali euroasiatici, lo definisce nei termini di una lotta per l'esistenza tra "democrazia" e "autocrazia".
Per democrazia intende l'oligarchia. E per "autocrazia" intende qualsiasi governo abbastanza forte da impedire a un'oligarchia finanziaria di prendere il controllo del governo e della società e di imporre le regole neoliberali. Anche con la forza, come ha fatto Putin. L'ideale "democratico" è quello di far assomigliare il resto del mondo alla Russia di Boris Eltsin, dove i neoliberisti ameriKKKani hanno avuto mano libera nella spoliazione dell'intera proprietà pubblica della terra, dei diritti minerari e dei servizi pubblici di base.
Oggi tuttavia abbiamo a che fare con varie sfumature di grigio: negli Stati Uniti non esiste un vero e proprio mercato libero, mentre la Cina e la Russia sono economie miste, anche se tendono a dare la priorità alla responsabilità per il benessere della comunità nel suo complesso piuttosto che pensare che gli individui lasciati al proprio egoismo possano in qualche modo massimizzare il benessere del paese.
Ecco il punto: L'economia di Adam Smith e l'individualismo sono radicati nello spirito occidentale, e questo non cambierà. Tuttavia, la nuova politica del Presidente Putin di ripulire le stalle di Augia dal "capitale occidentale predatorio" e l'esempio dato dalla Russia della sua metamofosi verso un'economia ampiamente autosufficiente e immune dall'egemonia del dollaro è musica alle orecchie del Sud del mondo, e anche per gran parte del resto del pianeta.
Russia e Cina sono al primo posto nel contestare il "diritto" dell'Occidente di stabilire regole e di detenere il monopolio del dollaro come mezzo con cui si regge il commercio internazionale; con i BRICS e l'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai che acquisiscono sempre maggior peso, i discorsi di Putin si rivelano un programma rivoluzionario.
Rimane un problema: come realizzare una metamorfosi "rivoluzionaria" senza incorrere in una guerra con l'Occidente. Gli Stati Uniti e l'Europa sono bloccati. Non sono in grado di rinnovarsi, perché le contraddizioni politiche ed economiche strutturali hanno bloccato il loro paradigma. Come fare allora per "sbloccare" la situazione senza una guerra?
La chiave, paradossalmente, potrebbe risiedere nella profonda comprensione da parte di Russia e Cina dei difetti del modello economico occidentale. L'Occidente ha bisogno di una catarsi per "liberarsi". La catarsi può essere definita come un processo di liberazione e quindi di sollievo da emozioni forti o represse legate a delle credenze.
Per evitare la catarsi militare, sembra che la leadership russa e cinese -avendo presenti le storture del modello economico occidentale- debba imporre all'attenzione dell'Occidente una catarsi economica. Sarà senza dubbio dolorosa, ma meglio della catarsi nucleare. Possiamo ricordare il finale della poesia di Kostas Kavafis Aspettando i barbari,
Perché è scesa la notte e i barbari non sono venuti.
E alcuni dei nostri uomini appena arrivati dal confine dicono
che non ci sono più barbari.
Che ne sarà di noi senza barbari?
Quella gente, bene o male, era una soluzione.