martedì 30 maggio 2023

Alastair Crooke - Credere a qualcosa di impossibile

L'aspra e illimitata ostilità nei confronti di Putin e della Russia
ha permesso a una realtà immaginaria prima di dispiegarsi e poi di rivelarsi deludente.


Traduzione da Strategic Culture, 29 maggio 2023.

Il recente vertice del G7 dovrebbe essere visto innanzitutto come la definizione di un campo di battaglia in una "guerra delle narrazioni" il cui principale "fronte" è oggi rappresentato dall'insistenza dell'amministrazione Biden sul fatto che è oggi ammissibile il predominio della "realtà" rappresentata dall'ordine internazionale dominato dagli Stati Uniti e di essa soltanto. In secondo luogo, esso va considerato come una sede in cui si è ribadito con forza che l'Occidente "non sta perdendo" in questa guerra contro l'altra "realtà". Un'altra realtà che è la polivalente "alterità" che secondo ogni evidenza sta attirando sempre più consensi in tutto il mondo. Molti in Occidente semplicemente non sono consapevoli della velocità con cui le placche tettoniche della geopolitica si stanno spostando: La faglia originaria tra le placche (la guerra finanziaria dichiarata alla Russia, con esiti fallimentari), ha già portato a un'ondata di pressione crescente. La rabbia sta montando. Le persone sentono che non sono più sole nel loro rifiuto dell'egemonia occidentale: "non gliene frega più niente".
Nella settimana che ha preceduto il vertice del G7, la Lega Araba è letteralmente "diventata multipolare"; ha abbandonato l'atteggiamento meccanicamente filostatunitense. L'abbraccio al Presidente Assad e al governo siriano è stato la logica conseguenza del mutamento nella placca tettonica secondaria avviato dalla Cina, con la sua inziativa diplomatica con Arabia Saudita e Repubblica Islamica dell'Iran: una rivoluzione che Mohammad bin Salman (MbS) ha poi logicamente esteso all'intera sfera del mondo arabo.
MbS ha suggellato questa "liberazione" dal controllo statunitense invitando il Presidente al-Assad al Vertice, a simboleggiare l'atto di generale iconoclastia messo in atto dalla Lega.
Per l'Occidente è ontologicamente impossibile tollerare che la propria realtà venga smontata e vedere la propria società e il mondo dividersi in due. Questa visione della realtà è talmente radicata grazie ai messaggi che arrivano dagli USA che i politici si sono intorpiditi. Non hanno bisogno di argomentare le proprie ragioni e non hanno nemmeno alcun incentivo a trattenersi dal sostenere il falso.
Ne deriva una dinamica inesorabile in cui una "realtà monolitica" troppo pubblicizzata diventa una lotta manichea all'ultimo sangue. Qualsiasi passo indietro da parte dei "mandanti" potrebbe far crollare il "castello di carte" della narrazione mediatica. Questa nozione di realtà monolitica non è condivisa dalla maggior parte delle altre società, che vedono la realtà come ricca di sfumature.
Negare l'evidenza diventa la norma. Assistiamo così a un G7 dominato dai falchi, che distoglie l'attenzione dalla battuta d'arresto nella narrativa (la caduta di Bakhmut) abbracciando con disinvoltura i progetti per la fornitura di F-16 all'Ucraina; bacchetta la Cina per non aver fatto "indietreggiare" il Presidente Putin in Ucraina e approfitta dell'incontro per definire un quadro narrativo per il prossimo confronto con la Cina sulle questioni commerciali e su Taiwan.
Una commentatrice (durante il vertice) si è chiesta "Sono ancora in Europa, o in Giappone?" a fronte di toni retorici che sembravano venire dal precedente discorso della Von Der Leyen all'Unione Europea. La Von der Leyen aveva elaborato la definizione di "de-risking" con la Cina per mascherare agli occhi della Commissione Europea il latente divario tra Unione Europea e Cina in materia di produzione industriale. Questa osservazione serve comunque a sottolineare come la Von der Leyen sia diventata di fatto un membro dell'amministrazione Biden.
La Cina ha risposto con rabbia alle accusa del vertice del G7, accusandolo di essere diventato un laboratorio per "infangare" e calunniare la Repubblica Popolare Cinese.
Il G7 ritiene necessario il dispiego di una narrazione di vasta portata per fronteggiare la Cina, poiché il resto del mondo non vede la Cina come una vera e propria "minaccia" per gli Stati Uniti. Anzi, gli altri paesi sentono che le vere "minacce" agli Stati Uniti derivano dalle loro divisioni interne e non da un qualche attore esterno.
L'importanza del G7 non risiede tanto nelle narrazioni ostili alla Cina che ha ribadito ma, a ben vedere, nel fatto che l'intera occasione è servita ad esprimere un arrogante diniego occidentale che fa presagire come estremamente pericolosa la situazione dell'Ucraina. Quanto successo indica che l'Occidente, nell'atteggiamento che ha assunto oggi, non sarà in grado di proporre alcuna iniziativa politica credibile per porre fine al conflitto ucraino. Va ricordato che Mosca è rimasta molto sfavorevolmente impressionata dal precedente episodio di Minsk.
Il linguaggio del G7 rinuncia ad ogni serio intento diplomatico e indica che l'imperativo rimane quello di conservare il mantra del "non perdere": la caduta di Bakhmut non è una sconfitta per Kiev, ma una vittoria di Pirro per Putin; l'Ucraina sta vincendo e Putin sta perdendo, ecco il messaggio del G7.
A essere arrogante è il sempiterno atteggiamento di sufficienza con cui l'Occidente tratta il Presidente Putin e la Russia. Washington (e Londra) non riescono a togliersi dalla testa la convinzione che la Russia sia fragile, che le sue forze armate siano a malapena operative sempre che lo siano, che la sua economia sia al collasso e che quindi Putin coglierebbe probabilmente al volo qualsiasi "ramoscello d'ulivo" che gli USA si degnerebbero di offrirgli.
Pensare che il Presidente Xi possa -o voglia- fare pressione su Putin affinché "faccia marcia indietro" in Ucraina e accetti un cessate il fuoco alle condizioni dell'Unione Europea, che poi ono le condizioni di Zelensky, è delirante. Eppure alcuni importanti leader dell'UE sembrano davvero pensare che Putin possa essere convinto da Xi o da Modi ad abbandonare l'Ucraina a condizioni favorevoli alla sola Kiev. Questi leader europei sono semplicemente pericolosamente ostaggio dei processi psicologici che alimentano il loro negare la realtà.
La Russia sta vincendo sul fronte della guerra finanziaria e sul fronte diplomatico globale. Sul campo ha un vantaggio schiacciante in termini numerici; è in vantaggio in termini di armamenti; domina nei cieli e nell'elettromagnetico. L'Ucraina invece è allo sbando, le sue forze sono decimate e l'entità statuale di Kiev si sta rapidamente sgretolando.
Non arrivano a capirlo? No. L'aspra e illimitata ostilità nei confronti di Putin e della Russia ha permesso l'affermarsi di uno stato di cose immaginario che va allontanandosi sempre di più da qualsiasi legame con la realtà e destinato quindi a suscitare delusione dato che poggia comunque su un aggregato di cheerleader che lo rinforzano e ne radicalizzano i toni in misura sempre maggiore.
Si tratta di una psicosi grave. Perché invece di affrontare il conflitto in modo razionale, l'Occidente se ne esce sempre con qualche iniziativa sterile come l'idea di congelare il conflitto. Qualcuno è davvero convinto che la Russia "se ne starà a guardare" mentre l'Occidente "edifica" nell'ovest dell'Ucraina un vassallo della NATO "armato fino ai denti"? Un vassallo destinato a essere una piaga incancrenita nel fianco della Russia e a drenare per lungo tempo energie alla Russia? Qualcuno è davvero convinto che l'Alto Comando russo non abbia fatto tesoro dell'esperienza in Afghanistan? Posso dire che non è così: in quella tragedia io ho avuto un ruolo attivo. Quale sarà il prossimo passo? La Russia probabilmente aspetterà di vedere se Kiev sarà in grado di organizzare un'offensiva oppure no. Se Kiev dovesse lanciare un'offensiva, sarebbe sensato per la Russia lasciare che le forze ucraine si buttino sulle linee difensive russe e che sottopongano le loro forze a un ulteriore salasso in un altro tritacarne. Mosca verificherà a quel punto se i sostenitori di Kiev sono pronti a riconoscere la situazione sul campo invece che una realtà immaginaria, accettando le condizioni di Mosca. In caso contrario l'opera di logoramento da parte dei russi potrebbe proseguire e arrivare fino al confine polacco. Non esistono alternative, fosse questa l'ultima cosa scelta da Mosca.
Il diversivo degli F-16 non cambierà l'equilibrio strategico della guerra ma ovviamente la prolungherà. I leader europei al G7 hanno comunque accettato la proposta.
Il tenente colonnello Daniel Davis, esperto di questioni di difesa a Washington, ha lanciato questo ammonimento:
Non c'è motivo di aspettarsi un cambiamento sostanziale nelle fortune di Kiev in guerra grazie a questo [agli F-16]. Anche i quaranta o cinquanta aerei che l'Ucraina starebbe richiedendo non modificheranno in modo sostanziale il corso della guerra". La domanda più importante che "gli statunitensi dovrebbero porre a Biden, tuttavia, è la seguente: a quale scopo? Cosa si aspetta l'amministrazione dalla consegna degli F-16? Cosa speriamo di ottenere conccretamente? Quale esito prevede il Presidente per questa guerra e in che modo la presenza degli F-16 aumenterebbe le probabilità di un successo? Per quanto mi risulta simili interrogativi non sono stati neanche posti e tanto meno hanno avuto una risposta da parte di qualche funzionario dell'amministrazione o del Pentagono... Washington dovrebbe cominciare a concentrarsi molto di più su qualcosa di concreto per salvaguardare i propri interessi e per mettere fine alla guerra, e meno su consegne di armi dall'esito irrilevante e che non sembrano far parte di una strategia coerente.
La stessa domanda dovrebbe essere posta all'Unione Europea: "A quale scopo?". La domanda è stata almeno posta, e lasciamo perdere se le è stata data una risposta?
Bene, allora rispondiamo noi: a cosa serviranno cinquanta F-16? I leader europei dicono di voler porre fine quanto prima al conflitto, ma questa iniziativa otterrà l'effetto esattamente contrario. Rappresenterà l'ennesima pietra miliare nell'escalation verso la guerra di durata indefinita contro la Russia che qualcuno desidera fervidamente. La Russia probabilmente vedrà poche alternative se non quella di passare a una guerra totale contro la NATO. Gli europei sembrano incapaci di dire "no" agli USA. Tuttavia, il colonnello Davis dice chiaramente che l'intenzione degli Stati Uniti è quella di "spostare l'onere del sostegno materiale all'Ucraina ai nostri partner europei". Implicitamente, questo fa pensare che in Europa ci sarà una guerra di lunga durata. Come siamo arrivati a questo punto, per l'amor del cielo? Ci siamo arrivati per non aver pensato a fondo fin dall'inizio, quando invece l'Europa ha abbracciato con entusiasmo e senza riflettere l'idea di una guerra finanziaria alla Russia.
Recentemente, il Financial Times ha scritto che l'Ucraina ha cinque mesi di tempo per dimostrare alcuni "progressi" agli Stati Uniti e agli altri finanziatori occidentali, per convincerli della validità dei suoi piani per il conflitto con la Russia. "Se arriveremo a settembre e l'Ucraina non avrà fatto progressi significativi, allora la pressione internazionale [sull'Occidente] per portarla ai negoziati sarà enorme".
Ora, il colonnello Davis afferma che "è poco probabile che i caccia [F-16] arrivino quest'anno a combattere nei cieli ucraini". Quindi, Biden ha appena previsto che la guerra durerà ben oltre settembre, guarda caso. Se l'Europa vuole che la fine della guerra arrivi il prima possibile, deve sperare che il "progetto" di Kiev imploda presto. Cosa che potrebbe anche succedere, F-16 nonostante.


mercoledì 24 maggio 2023

Alastair Crooke - L'Unione Europea ha investito troppo sulla guerra in Ucraina

 

Traduzione da Strategic Culture, 22 maggio 2023.


Secondo ogni parametro l'Unione Europea ha investito troppo nella guerra in Ucraina. E anche nel suo idillio con Zelensky. All'inizio di quest'anno la narrativa occidentale (e della Unione Europea) era che l'imminente offensiva ucraina di fine inverno avrebbe "spezzato" la Russia e dato il "colpo di grazia" alla guerra. I titoli dei media erano ineccepiblimente accordati nel raffigurare una Russia allo stremo. Adesso invece i toni dello establishment hanno fatto una virata completa... e la Russia allo stremo non è affatto.
Due media anglo-ameriKKKani molto vicini allo establishment nel Regno Unito (un ambiente in cui spesso emergono messaggi dello establishment statunitense) hanno finalmente -e amaramente- ammesso: "Le sanzioni alla Russia sono fallite". Il Telegraph lamenta che sono "una barzelletta"; "la Russia sarebbe dovuta essere già crollata". Sia pure con ritardo, anche in Europa si sta facendo strada la consapevolezza che le offensive ucraine non saranno decisive, come invece ci si aspettava solo poche settimane fa.
Foreign Affairs in un articolo di Kofman e Lee sostiene che, dato che l'offensiva ucraina non approderebbe a nulla, l'unico modo per andare avanti senza subire una sconfitta che comporterebbe una umiliazione di portata storica è quello di "tirarla in lungo il più possibile" e di concentrarsi sulla costruzione di una coalizione favorevole al proseguimento della guerra che possa sperare di eguagliare il potenziale economico-militare con cui la Russia la sostiene a lungo termine.
"Kofman e Lee spiegano per gradi perché non ci si deve aspettare alcun successo clamoroso o decisivo da nessun punto di vista, e perché invece la narrazione deve spostarsi verso la costruzione di un'infrastruttura di sostegno a lungo termine per l'Ucraina, in modo che essa sia in grado di combattere quello che ormai sarà probabilmente un conflitto molto lungo e prolungato", osserva il commentatore indipendente Simplicus.
In parole povere i leader europei si sono cacciati in un pantano profondo. Gli stati europei hanno ripulito i loro arsenali di quanto rimaneva dei vecchi armamenti per passarli a Kiev, avevano cupamente sperato che l'imminente offensiva di primavera/estate avrebbe risolto tutto e che non avrebbero più dovuto occuparsi del problema della guerra in Ucraina. Speranza fallace: sono stati invitati a impantanarsi ancora di più. Se (per la NATO e per gli Stati Uniti) valga la pena affrontare un "conflitto prolungato" pur di evitare di uscirne umiliati, Kofman e Lee non lo dicono. Gli Stati Uniti dopotutto sono sopravvissuti, al loro ritiro da Kabul.
I leader europei non sembrano comunque rendersi conto che i prossimi mesi in Ucraina rappresentano un punto di svolta fondamentale; se l'UE non rifiuta con fermezza di incrementare il proprio impegno già adesso, ne deriverà una serie di conseguenze economiche negative. L'Ucraina non è una questione di politica estera a sé stante, ma piuttosto il perno attorno al quale ruoteranno le prospettive economiche europee. Il veloce giro in Europa con cui Zelensky ha chiesto gli F-16 la scorsa settimana è indicativo del fatto che, mentre alcuni leader europei vogliono che Zelensky ponga fine alla guerra, lui -al contrario- vuole (letteralmente) portare la guerra in Russia e probabilmente in tutta Europa.
"Finora", ha riferito Seymour Hersh citando un funzionario statunitense, "Zelensky ha rifiutato i consigli [sul porre fine alla guerra] e ha ignorato le offerte di ingenti somme di denaro volte ad agevolare il suo ritiro in una tenuta di sua proprietà nella penisola italiana. Nell'amministrazione Biden non trova alcun sostegno un accordo che preveda l'uscita di scena di Zelensky, e i vertici di Francia e Inghilterra "sono troppo legati" a Biden per contemplare una simile eventualità".
"E Zelensky vuole ancora di più", ha detto il citato funzionario. "Zelensky ci sta dicendo: se volete vincere la guerra dovete darmi più soldi e più materiali: 'I generali devo pagarli' ci sta dicendo", sostiene il funzionario: se sarà costretto a lasciare la sua carica, questa "andrà dal miglior offerente. Farebbe meglio a trasferirsi nella penisola italiana piuttosto che restare e magari farsi uccidere dal suo stesso popolo". Incidentalmente i leader europei ricevono da Kofman e Lee un messaggio che fa eco a quello di Zelensky: l'Europa deve fare fronte alle esigenze di un sostegno a lungo termine per l'Ucraina riconfigurando la propria industria per produrre le armi necessarie a sostenere lo sforzo bellico ben oltre il 2023, per eguagliare la formidabile capacità logistica di produzione di armi della Russia ed evitare di riporre le proprie speranze in una singola offensiva.
Adesso la guerra viene prospettata come una scelta binaria: "Porre fine alla guerra" o "Vincere la guerra". L'Europa sta tergiversando al bivio; inizia esitante a percorrere una strada, poi torna indietro e fa qualche cauto passo nell'altra direzione. L'UE addestrerà gli ucraini a pilotare gli F-16, ma non si esprime sulla fornitura degli aerei. Sembra un gesto simbolico, ma spesso un maggiore coinvolgimento muove proprio da un gesto simbolico.
Dopo essersi schierata con l'amministrazione Biden, una leadership europea poco riflessiva ha aderito con entusiasmo alla guerra finanziaria alla Russia. Ha anche preso parte senza riflettere a una guerra della NATO contro la Russia. Adesso, gli stessi leader europei potrebbero trovarsi costretti a prendere parte a un affannoso incrementare la catena dei rifornimenti per tenere testa alla logistica russa. In altre parole, Bruxelles viene sollecitata a impegnarsi nuovamente a "vincere la guerra", piuttosto che a "porvi fine" come desiderano alcuni stati.
Stati dell'Unione Europea, che stanno cercando disperatamente una via d'uscita dal pantano in cui si sono cacciati. E se gli Stati Uniti tagliassero i fondi all'Ucraina? E se il Team Biden si orientasse rapidamente verso la Cina? Politico ha intitolato: La fine degli aiuti all'Ucraina si avvicina rapidamente. Rimediare non sarà facile. L'UE potrebbe trovarsi a dover finanziare un conflitto senza sbocco e a dover fronteggiare l'incubo di un'ulteriore ondata di rifugiati che prosciugherebbe le risorse della UE e aggraverebbe la crisi dell'immigrazione che già sta facendo vacillare gli elettori europei.
Gli Stati membri sembrano ancora indugiare in pii desideri, credendo a metà alle storie di disaccordi in atto a Mosca, prestando fede alle esche di Prigozhin, credendo che la cottura a fuoco lento di Bakhmut da parte dei russi sia un segno di esaurimento delle loro forze e non un caso specifico del metodico e crescente lavoro di logoramento delle capacità ucraine cui i russi hanno dato corso a tutto campo.
Questi Stati scettici nei confronti della guerra fanno la loro parte di "filo-ucrainismo" per evitare di essere castigati dalla nomenclatura di Bruxelles e scommettono sull'improbabile idea che la Russia accetterà una soluzione negoziata e soprattutto un accordo favorevole all'Ucraina. Ma perché dovrebbero crederci?
"Il problema dell'Europa", dice la fonte di Seymour Hersh a proposito di una rapida soluzione della guerra, "è che la Casa Bianca vuole che Zelensky sopravviva"; e sì, Zelensky ha una sua claque di sostenitori fanatici anche a Bruxelles.
I due autori di Foreign Affairs prevedono che una corsa agli armamenti sarebbe "una passeggiata", ancora una volta:

La Russia non sembra nelle migliori condizioni per sostenere una guerra di durata indefinita. La capacità della Russia di riparare armamenti e di rimetterne in servizio dagli arsenali sembra così limitata che il paese si affida sempre più agli equipaggiamenti sovietici degli anni '50 e '60 per completare la dotazione dei reggimenti mobilitati. Mentre l'Ucraina acquisisce migliori equipaggiamenti occidentali, le forze armate russe assomigliano sempre più a un museo dei primi decenni della guerra fredda.
Davvero? Questi giornalisti statunitensi fanno mai un controllo incrociato o una verifica controfattuale? Sembra di no. Nel primo trimestre del 2023 sono stati prodotti più carri armati in Russia che nell'intero 2022. Se facciamo una estrapolazione notiamo che in precedenza la Russia produceva circa 150-250 carri armati all'anno, mentre Medvedev ha promesso di aumentarne la produzione ad oltre 1600. Sebbene questo numero includa i carri armati revisionati e aggiornati (che in realtà costituiscono la maggior parte), è comunque indicativo di una grossa produzione industriale.
L'UE non dibatte pubblicamente su decisioni cruciali come queste, che riguardano il ruolo dell'Europa nella guerra. Tutte le questioni sensibili vengono affrontate a porte chiuse, nella UE. Il problema di questo deficit di democrazia è che le conseguenze di quanto attiene la Russia toccano quasi tutti gli aspetti della vita economica e sociale europea. Intanto che crescono gli interrogativi, la discussione è scarsa o nulla.
Dove e quali sono i limiti che l'Unione Europea considera invalicabili? I leader della UE "credono" davvero di poter fornire a Zelensky gli F-16 che chiede? O stanno scommettendo sulle "linee rosse" di Washington lasciando agli USA le mani libere? Quando lunedì 22 maggio gli è stato chiesto se gli Stati Uniti avessero cambiato posizione sulla fornitura di F-16 all'Ucraina, il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca John Kirby, ha risposto "No". Gli F-16 non cambiano le sorti del conflitto, ma possono infrangere il sottile diaframma che ci separa da una guerra dalla durata indefinita. O quello che ci separa dalla terza guerra mondiale. L'Unione Europea cesserà di sostenere militarmente il progetto ucraino -in linea con gli ammonimenti che gli USA hanno già impartito a Zelensky- man mano che l'offensiva ucraina si esaurirà senza conseguire alcun progresso? Cosa risponderà l'Unione Europea se gli Stati Uniti la inviteranno a prendere parte alla corsa per costruire una catena di fornitura di munizioni contro la Russia? Per essere chiari: adattare le infrastrutture industriali europee a un'economia di guerra comporta enormi conseguenze. Ed enormi costi.
Le infrastrutture competitive esistenti dovrebbero essere riconvertite dalla produzione di beni destinati all'esportazione alla produzione di armamenti. Esiste oggi manodopera qualificata per occuparsene? La costruzione di nuove linee di fornitura di armamenti è un processo tecnico lento e complicato. E questo si aggiungerebbe al fatto che l'Europa ha intrapreso il passaggio da infrastrutture energetiche efficienti verso nuove strutture verdi meno efficienti, meno affidabili e più costose.
Esiste una via d'uscita dal pantano in cui l'Unione Europea si è andata a cacciare?
Sì, esiste e si chiama obiettività. Se l'UE vuole una rapida fine della guerra, dovrebbe capire che ci sono due opzioni disponibili: La capitolazione dell'Ucraina e un accordo alle condizioni di Mosca, oppure la continuazione del logoramento a tutto campo della capacità bellica dell'Ucraina, destinato a durare fino a quando le sue forze non saranno sopraffatte dall'entropia.
L'obiettività richiederebbe all'Unione Europea di abbandonare l'illusione che Mosca negozierà un accordo alle condizioni di Zelensky. Non si arriverà ad alcuna soluzione seguendo questa strada. Sempre l'obiettività vorrebbe che l'Unione Europea ammettesse che accodarsi alla guerra finanziaria contro la Russia è stato un errore. Un errore che dovrebbe essere corretto.


giovedì 18 maggio 2023

Firenze. L'amministrazione prende le distanze da Alessandra Kersevan? Noi, ovviamente, no (seconda parte).

 


Alessandra Kersevan ha scritto saggi storici sul confine orientale dello stato che occupa la penisola italiana -con particolare riferimento alle vicende comprese tra il 1919 e il 1945- intonati a una disconferma precisa di quanto sostenuto dalla propaganda "occidentalista" e dai suoi piagnistei in materia di cuori nel pozzo e di foibe più o meno affollate. Sul perché il Comune di Firenze abbia ritenuto un dovere prenderne le distanze, si veda la prima parte.
Come i nostri lettori sanno bene, nello stato che occupa la penisola italiana hanno fornito avallo e copertura legislativa a un corpus vittimista che è sempre piacevole confutare e deridere, e che ogni dieci febbraio torna carnevalescamente di moda a Firenze quando alla imposta celebrazione della "Giornata del Ricordo" si accompagnano le attestazioni di disistima dei settori più seri dell'attivismo politico.
Dal momento che un'interrogazione della Lega che chiedeva di deplorare anche la Kersevan per via di cinque o sei frasi in una call durata oltre un'ora e mezza ha ricevuto risposta e approvazione in Consiglio Comunale due anni dopo i fatti, ci siamo fatti un piacere di leggere e recensire due libri della Kersevan. Il primo tratta dei campi di concentramento allestiti durante la seconda guerra mondiale dallo stato che occupa la penisola italiana, il secondo è questo Fascismo e foibe, scritto con Giuseppe Aragno e Alexander Höbel.
Il libro è costituito da tre saggi, atti di un convegno tenuto a Napoli nel 2007 le cui argomentazioni sono ancora validissime per controbattere e schernire la propaganda, al punto da poter costituire una lettura consigliabile a quanti si accostino per la prima volta all'argomento.




lunedì 15 maggio 2023

Sul significato del vocabolo strumentalizzare

 


Con strumentalizzare le persone serie intendono lo sfruttare qualcosa o qualcuno all'esclusivo scopo di conseguire qualche vantaggio, personale o di gruppo.
I ben vestiti insediati a qualche carica nello stato che occupa la penisola italiana -con particolare riguardo all'ambiente scolastico- intendono con strumentalizzare l'esprimere un dissenso evidente, a seguito di eventi in grado di catalizzarlo (qui su Archive).
Il 18 febbraio 2023 alcuni attivisti di Roba Studentesca (o di Coso Giovane) hanno aggredito davanti al liceo Michelangiolo di Firenze alcuni studenti mostratisi insofferenti alla loro propaganda.
Il 21 febbraio ci fu una prima manifestazione di risposta cui parteciparono molte persone serie della Firenze Che Non Conta, per lo più reduci da una non sempre degnamente retribuita giornata di lavoro.
Il 4 marzo ce ne fu un'altra assai più nutrita, cui le stesse persone serie parteciparono dietro le stesse bandiere.
Bandiere scelte con una certa cura a un duplice scopo.
Innanzitutto sono tra quelle che più urtano la squisita sensibilità di molti fra i ben vestiti usi comparire sulle gazzette, per quanto insignificante sia la carica cui sono preposti.
In modo altrettanto importante, sottolineano con delicatezza il fatto che a Firenze molte persone serie non provano alcun senso di appartenenza nei confronti dello stato che occupa la penisola italiana.


venerdì 12 maggio 2023

Firenze. L'amministrazione prende le distanze da Alessandra Kersevan? Noi, ovviamente, no.

 

Nel maggio 2023 il consiglio comunale di Firenze si è ricordato di dare ascolto a un piagnisteo "occidentalista" di due anni prima e di prendere le distanze da quanto detto in una videochiamata tra quattro persone (qui su Archive).
Ne abbiamo già trattato nel dettaglio.
Come sempre se qualche ben vestito "occidentalista" o meno prende le distanze, in questa sede le stesse distanze vengono immediatamente accorciate nella stessa misura. Alla videochiamata partecipavano Maurizio Acerbo, Dimitrj Palagi ed Eric Gobetti, di cui abbiamo letto e recensito Alleati del nemico e L'occupazione allegra sulla partecipazione delle forze armate dello stato che occupa la penisola italiana all'aggressione e allo smembramento dello allora Regno di Jugoslavia, oltre a quello "E allora le foibe?" che ha infastidito in una certa misura gli "occidentalisti" confutandone la propaganda.
Restava Alessandra Kersevan, il cui volume sui lager giaceva da anni nella nostra libreria in un colpevolissimo ozio da cui lo abbiamo sottratto sottoponendolo a una lettura accurata al consueto scopo di urtare per quanto ci è possibile la sensibilità dei ben vestiti di cui sopra.

martedì 2 maggio 2023

Firenze. Maurizio Acerbo, Eric Gobetti, Alessandra Kersevan e Dimitrj Palagi non piacciono al consiglio comunale

 

Firenze. Le bandiere della Repubblica Federale Socialista di Jugoslavia compaiono spesso nei cortei proprio perché invise alla propaganda "occidentalista". La foto è del 4 marzo 2023.


Firenze. Il 2 maggio 2023 si viene a sapere che "Il Consiglio [comunale] approva mozione dei gruppi di centrodestra per prendere le distanze da gravi affermazioni sulle Foibe". Non c'è nulla da meravigliarsi, da sempre il PD insegue la propria sedicente opposizione sul suo terreno ed è riuscito più volte a superarla. Resta la curiosità di capire cosa possa mai essere successo di tanto irritante per la squisita sensibilità "occidentalista".
Non è successo nulla.
Sono andati a cercare una call del 2021 ancora reperibile su Youtube, in cui Alessandra Kersevan, Maurizio Acerbo, Dimitrj Palagi e Eric Gobetti trattavano il vittimismo piagnucoloso cui gli "occidentalisti" tengono tanto come le persone serie trattano il vittimismo piagnucoloso cui gli "occidentalisti" tengono tanto. Il tutto a beneficio di quattro gatti, visto che al momento in cui scriviamo il canale su cui è stato pubblicato non conta neppure trecento iscritti e la call è stata visionata da un migliaio di utenti. In un'ora e mezzo di conversazione la Lega fiorentina ha reperito cinque frasi che la infastidivano. “Le foibe sono un modo per trasformare i partigiani titini da vittime in carnefici”, “i materiali raccolti a quel tempo parlavano di episodi di guerra in cui i partigiani si erano difesi”, “è la guerra stessa che provoca talvolta eccessi di violenza”. “Per fare tutto questo è stato necessario aumentare a dismisura i numeri, le ricerche che sono state fatte a quel tempo parlano per le foibe istriane fra i 200 e 500 morti e per le foibe triestine si parla di alcune centinaia di persone e non si sa nemmeno come siano morte”.
Nulla per cui valga la pena scomodarsi, sono anni che le persone serie deridono certe pretese. Ma se una formazione politica del genere può impegnare un organo amministrativo per una questione come questa, noialtri possiamo impegnare dieci minuti del nostro tempo per consigliare a tutti un'attenta visione del filmato e per segnalare i libri di Eric Gobetti di cui ci siamo fatti un piacere di occuparci.
Ripromettendo di occuparci in futuro anche di quelli di Alessandra Kersevan.

E allora le foibe?
Alleati del nemico. L'occupazione italiana in Jugoslavia (1941-1943)
L'occupazione allegra. Gli italiani in Jugoslavia (1941-1943)