venerdì 29 luglio 2011

Su un caso di lapidazione extragiudiziale nel Regno Unito di Gran Bretagna ed Irlanda del Nord


"We've been exporting civilization since 1641 [*], we're not like you iranian bug eaters; stoning is an obscenity we can't allow!"
Giovane suddito britannico qualsiasi, una sera qualsiasi in un pub qualsiasi.
Almeno, così può capitare di sentire, in mezzo alle discussioni di un gruppo qualsiasi.

"The worst part was feeling and seeing her skull give way’”.
Giovane suddito britannico qualsiasi, un giorno qualsiasi in un tribunale qualsiasi.
Almeno, così può capitare di leggere, in mezzo agli articoli di una gazzetta qualsiasi.

D'altronde che altro poteva fare; c'era di mezzo una colazione gratis, e quello della massimizzazione degli utili è uno dei pilastri della civiltà da esportazione.


[*] Nel 1641 iniziava la sollevazione irlandese che si concluse undici anni dopo. Nel corso della guerra Oliver Cromwell ed il suo new model army distrussero metodicamente centri di irradiazione del cattolicesimo dalla storia millenaria. I danni inferti al patrimonio culturale ed allo stesso tessuto sociale dell'isola sfuggono ad ogni calcolo.

giovedì 28 luglio 2011

Sherif el Sebaie e gli attentati in Norvegia: "Manca un imputato, qui..."


Repubblica Islamica dell'Iran. Le nuove leve del terrorismo islamonazianarcocomunista in attesa di ricevere i corpetti esplosivi per farsi saltare in aria in via Montenapoleone angolo via Tornabuoni.

Luglio 2011. Nella penisola italiana il coping gazzettiero delle stragi di Norvegia, "Libero" in testa, è stato perfettamente in linea con le aspettative. Roba da regolarci l'orologio.
Allontanatosi per qualche tempo da questa lercia spaghetteria di quart'ordine e dalla feccia pornocratica che vi spadroneggia, Sherif el Sebaie è tornato appena in tempo per scansare l'effetto recency in cui si è buttato a pesce il gazzettaio "occidentalista", godersi lo spettacolo ed infine togliersi qualche sassolino dalle scarpe, che riportiamo per intero dal suo blog.
Non sapremmo dire se il radicale sistema scelto da un signor nessuno con la fattura del fertilizzante sulla scrivania per liberarsi da quanti percepiva come intralci alla comune felicità possa essere equivalente alla Nacht der langen Messer. Di sicuro c'è il fatto che il problema è stato affrontato con criterio e metodo, che gli obiettivi sono stati scelti con una certa calma e tutt'altro che a caso e che la cosiddetta "lotta al terrorismo" dovrà almeno far finta di rivedere le proprie priorità, con buona pace della feccia in cravatta che indica abitualmente col vocabolo qualunque comportamento non le procuri un reddito.

Chiedo scusa ai miei lettori per l'assenza prolungata. Comunque no, stavolta non ero in Egitto a "far da cagnolino ai Fratelli (musulmani, ndr)" e non sono finito in qualche lista di "estremisti RICERCATI" come fantasiosamente suggerito da un anonimo buontempone in rete.
Ora passiamo alle cose serie, visto che di fatti ne sono accaduti parecchi in queste settimane: gli attentati in Norvegia, innanzitutto.
Chi segue questo blog sa che il sottoscritto sostiene da anni che la propaganda islamofoba avrebbe prima o poi resuscitato vecchi fantasmi. Non a caso, nel parlare dei possibili contraccolpi di detta propaganda, ho sempre evocato le deportazioni e i forni crematori della seconda guerra mondiale. L'imputazione di "crimini contro l'umanità" ora ipotizzata dalla giustizia norvegese nei confronti di Anders Behring Breivik, il trentaduenne che ha massacrato a sangue freddo almeno un'ottantina di quindicenni-diciassettenni in nome della "lotta al multiculturalismo" e dell'attuazione di un delirante programma che prevede la "deportazione dei musulmani dall'Europa" dimostra platealmente la concretezza degli scenari apocalittici da me paventati.
E ne dimostra soprattutto la perfida lucidità: fino all'altro giorno sono sempre stato convinto che la reazione violenta di quelli che si professano nemici del multiculturalismo - una vera e propria lobby accomunata da una sola ideologia e incredibilmente federata su tutto il continente europeo - avrebbe preso di mira i musulmani stessi, invece dobbiamo prendere atto che sono andati ben oltre: prima di sbrazzarsi degli islamici, costoro vorrebbero eliminare o quantomeno terrorizzare coloro che li potrebbero anche solo in teoria difendere. Perché è questo il vero messaggio che l'assassino ha voluto trasmettere all'Europa: se vi frapporrete fra noi e l'eliminazione dei musulmani, sarete eliminati - voi e i vostri figli - esattamente come loro.
Anzi, prima di loro.
Quella di Oslo è stata una vera e propria versione aggiornata della "notte dei lunghi coltelli", la notte che ha permesso al regime di nazista di sbrazzarsi dei nemici interni e degli oppositori esterni, spianando la strada per l'Olocausto: guai a liquidarla come l'atto isolato di un pazzo scatenato. Questo rende ancora più agghiaccianti i tentativi disperati da parte di quelli che ho sempre chiamato "cattivi maestri" per difendere le idee che hanno armato le mani dell'assassino.
In Italia[*] in particolare si è assistito a una specie di gara a chi la sparava più grossa: dal Borghezio che ha definito "ottime" alcune tesi dello stragista al Feltri che ha attribuito il drammatico esito del massacro alla mancata reazione delle vittime (il che equivale a chiedersi perché gli internati dei campi di concentramento non si sono ribellati ai loro torturatori nazisti?) per concludere con il Magdi Allam che ha attribuito le cause del massacro all'eccessiva accoglienza norvegese, definendo il razzismo "l'altra faccia del multiculturalismo".
Proprio quest' ultimo personaggio avrebbe dovuto quantomeno nascondersi a Tora Bora, visto che può rivendicare l'indubbio primato di aver ispirato, coi propri editoriali sul Corriere, le prime reazioni violente nei confronti dei musulmani residenti in Italia da parte di un ex-terrorista. Al punto che quest'ultimo - condannato a 9 anni e 9 mesi di carcere - si è sentito nel dovere di dichiarare in un'aula di tribunale: «Manca un imputato, qui: Magdi Allam».
E siamo perfettamente d'accordo con lui.
Perché a far più paura non sono gli assassini o i terroristi ma gente che, come Allam, ha avuto persino il coraggio di asserire pubblicamente che "Ammettiamolo: in un primo tempo quando la pista islamica sembrava avvalorata, tutti ci senti­vamo come rincuorati" poichè questo tipo di attentati "appartiene quasi naturalmente" ai fanatici di Allah.
Non so voi ma io non mi sento affatto rincuorato alla notizia di una strage, indipendentemente da chi l'abbia commessa e in nome di quali ideali. L'idea che qualcuno si sia invece sentito "rincuorato" - incurante delle vittime, dei sentimenti dei loro famigliari e di un intero paese - anticipando il piacere di additarne il responsabile, questa sì che è davvero pericolosa.

[*] Il vocabolo è presente nel testo originale; come sempre ce ne scusiamo con i lettori.

martedì 26 luglio 2011

Pucci Cipriani e le argomentazioni del dibattito teologico nel cattolicesimo contemporaneo fiorentino

Pucci Cipriani è un professore di Borgo San Lorenzo, fondatore di Controrivoluzione, l'organo ufficiale dell'Anti 89 che il Nostro riesce a dirigere, distribuire e probabilmente anche a leggere tutto da solo.
Le competenze nel settore gli hanno anche valso la carica informale di sentinella faranji nelle valli a nord di Firenze, incarico ufficializzato con l'arruolamento nel "Giornale della Toscana".
Non sappiamo quanto le ricorrenti pubblicità di "locali esclusivi" e di consumi di lusso che si trovano in quella gazzetta vadano d'accordo con il magistero pontificio, ma una delle questioni in cui saremmo d'accordo con il signor Cipriani è proprio il fatto che esistono cose al di là della portata della condizione umana. Prima tra tutte il pretendere coerenza da una gazzetta "occidentalista".
In ogni modo, Pucci Cipriani ci rende preziosi servigi non soltanto combattendo il modernismo e i suoi nefandi effetti nel cattolicesimo postconciliare, ma anche informandoci sullo stato delle cose nei dintorni della città di Firenze. Da quanto riferito da Cipriani pare proprio che nei dintorni di Firenze il dibattito teologico tra modernisti e tradizionalisti sia a tutt'oggi animatissimo e vivo, e che i modernisti contribuiscano ad esso con il valido e persuasivo argomento rappresentato dall'aggressione fisica dell'avversario.
Non si tratta di argomentazioni particolarmente innovative: Nel Nome della Rosa Umberto Eco può far affermare al cellario Remigio, in pieno XIV secolo, di aver fatto teologia bastonando i parroci troppo grassi.
Per farla breve, il parroco tradizionalista di San Michele a Ronta avrebbe ricevuto la visita di un parrocchiano che gli avrebbe fatte presenti le sue perplessità prima associando alla di lui persona epiteti poco lusinghieri, e poi passando con disinvoltura agli argomenti di cui sopra, procurandogli nientemeno che una collusione alla spalla.
Una collusione, proprio.
Decisamente il vocabolario medico-forense è, per gli "occidentalisti", di difficile digestione. Una cosa che, a volte, comporta anche il rischio di finire in qualche guaio.
Dalla lettura dell'articolo si è portati a concludere che almeno secondo Cipriani le collusioni a questa o a quella spalla rappresentano l'ovvio epilogo di una discussione con "i nostalgici del Sessantotto e delle comunità in base -Isolotto docet-". Non abbiamo idea di cosa siano le comunità in base, ma pensiamo che nelle comunità di base i nostalgici del Sessantotto difficilmente trascorrano le loro giornate danneggiando le spalle dei tradizionalisti, non foss'altro che per i puri e semplici rapporti di forza, che nel migliore dei casi obbligherebbero n nostalgici (o modernisti) ad accontentarsi di un solo tradizionalista.

domenica 24 luglio 2011

Sul signor Anders Behring Breivik e l'efficienza "occidentale"


Nella vita è comodo poter contare su qualche certezza.
Tra le certezze su cui si fa conto in questa sede c'è la reazione di indignata repellenza che ogni riga scritta da una che si chiama Fiamma Nirenstein suscita in chiunque conservi qualche residuo di competenza e di umanità.
"La guerra dell'islamismo contro la nostra civiltà, se verrà confermata l'ipotesi che nel corso della giornata è diventata sempre più robusta, è feroce ed aggressiva. Mentre da parte nostra diventa sempre più grande la difficoltà ad accettare che una vasta fetta della popolazione mondiale possa non volerci bene, e non per ragioni sociali o economiche ma per ragioni di ideologia, non per reazione ad un nostro eventuale comportamento riprovevole ma per rifiuto del nostro stesso modo di esistere..."
La prontezza di spirito di RedShadow ci ha reso disponibile la copertina dell'edizione cartacea de "Il Giornale", con le sbrigative attribuzioni causali sulle stragi norvegesi che sovrastanno lo scribacchiare sionista su citato.
Lo scribacchiare sionista, se da una parte conferma una certezza, dall'altra ne demolisce anche. Non ci risulta che i sionisti abbiano il loro staple food nei maccaruna c'a'pummarola o negli spaghetti, e questo crea qualche difficoltà perché il nostro abituale assunto è quello di considerare correlati il mangiare spaghetti, intesi come simbolo di accettazione e di adesione alla "cultura" dominante nella penisola italiana, ed il fornire prove eclatanti di cialtroneria incolta e di malafede in uno a piacere dei campi dell'umano agire.
Dobbiamo concludere che il valore statistico della correlazione tra il mangiare maccheroni e il dare prova di incompetenza cialtrona infarcita di malafede è < 1.

Da anni non esiste nulla che vieti di considerare "Libero" come una pubblicazione satirica a tutti gli effetti. A tenere alta la bandiera ci pensa Andrea Morigi.

Comunque, ecco qui il combattente in guerra contro la loro civiltà. La loro, perché con quello che Fiamma Nirenstein intende per civiltà, in questa sede si cerca per lo più di non avere nulla da spartire. In casi come questo, tuttavia, un omaggio alla "superiorità della civiltà occidentale" va sinceramente reso.
Per gli attentati di Madrid del 2004 agì un'intera organizzazione.
Quelli di Londra furono opera di quattro persone.
Sembra che il signor Anders Behring Breivik appartenga ad ambienti che condividono ideologie e "valori" che il gazzettame "occidentalista" non si stanca di lodare.
E soprattutto sembra che abbia fatto tutto da solo, comportandosi non soltanto senza pietà ma anche senza alcuna fretta. Un modus agendi che fa di questo esponente della "civiltà occidentale" un lodevole modello di efficienza, secondo quegli stessi criteri di produttività tanto in voga per misurare ogni aspetto del vivere.
Secondo logica ci si dovrebbe attendere sulla stessa gazzetta, magari da parte della stessa Nirenstein, uno stringato editoriale in cui si prende atto della cosa.

In ambienti non sionisti le reazioni all'accaduto sono state improntate a solidarietà, sobrietà e compostezza.
Con il consueto rigore documentale che ne contraddistingue gli scritti, della vicenda si occupa in modo approfondito Miguel Martinez.

venerdì 22 luglio 2011

PDL e Casaggì Firenze: una "resurrezione" a pizza e birra. Con Bobby Sands che sta a guardare.


Casaggì Firenze è una sedicente organizzazione politica giovanile "occidentalista" vicina al PDL.
Quello della scarsa stima che Casaggì Firenze fa di tutto per meritarsi è argomento ben noto ai nostri lettori, almeno quanto il rapporto pressoché inesistente che i suoi perdigiorno intrattengono col principio di realtà.
Al mondo irreale di Casaggì contribuiscono in modo fondamentale l'iconografia e la propaganda, che hanno la menzogna come elemento non trascurabile anche in contesti più normali: negli ambienti "occidentalisti", essa menzogna costituisce il fondamento granitico ed indiscusso dell'intero discorso politico.
Alla propaganda si accompagna una quotidianità diametralmente opposta.
E' sufficiente un campionamento minimo delle produzioni mediatiche di Casaggì, ossia di qualcosa che Casaggì diffonde perché vuole che sia visto e magari interiorizzato, per rendersi conto di quanto andiamo sostenendo. La capacità degli "occidentalisti" più involuti di riuscire a farsi del male in modo pressoché quotidiano ha qualcosa di affascinante e di puntuale al tempo stesso, per cui gli esercizi di stile come quello qui presentato potrebbero essere replicati, con un numero pressoché infinito di variazioni sul tema, almeno una volta al giorno.


Bobby Sands è figura cara ad una parte minoritaria -e tollerata, si direbbe- dell'attivismo "occidentalista"; un combattente cattolico irlandese. Da ciò si deduce che a Casaggì nessuno rileva contraddizioni tra il cantare le gesta di un combattente irregolare e al tempo stesso dividere una ciotola di maccaruna c'a' pummarola 'n coppa con gli esponenti di un "partito" la cui propaganda definisce da sempre terrorismo qualunque comportamento sgradito alla committenza, ed in particolare quelli non suscettibili di portare ad essa un redddito.
E questa è la prima incongruenza.
La seconda incongruenza è rappresentata dal destino cui Sands andò scientemente incontro, quello della morte per inedia. La esemplifica in modo eloquente la foto qui sotto.

Secondo fonti "occidentaliste" si tratterebbe dei convenuti alla chiacchierata tra amici cui gli "occidentalisti" fiorentini hanno affidato, in pieno luglio, nientemeno che le proprie speranze di resurrezione. La colliquazione del PDL è arrivata al punto tale da aprire una breccia perfino nella consapevolezza di questa gente, il che significa che le cose hanno raggiunto, finalmente e sperabilmente, un punto di non ritorno.
Con la mente rivolta a Bobby Sands ed alla fine che ha fatto, e si verifichi la stazza dell'oratore, ripreso al centro dell'immagine. La familiarità di Casaggì con il death fast non deve essere delle più strette.
Naturalmente Casaggì arriva seconda anche in questo campo del ridicolo. Cesare Marchi ricordava, in Quando eravamo povera gente (1986) un prefetto che inveiva contro gli inglesi chiamandoli "popolo dei cinque pasti", commentando sarcastico che
a giudicare dalle sue guance tonde e burrose, non doveva essere molto inferiore al numero dei pasti suoi.
Naturalmente l'immagine è ottimo pretesto per infierire in maniera anche più estesa.
La gioventù, tanto per cominciare.
Con tante teste imbiancate, è giocoforza ricordare il potere taumaturgico posseduto dalla militanza "occidentalista": i "dirigenti giovanili" restano giovani e restano dirigenti fino ad età compatibili col prepensionamento.
L'abbigliamento, tanto per finire.
Orbace, anfibi o stivaloni a seconda dei gusti, kefiah, camicia nera o verde (come quella del Capitanul), elmetto 33? Da farli mettere nei manifesti, a quelli che tornano dalla scuoletta estiva dove insegnano a raccontar balle ai sudditi. La realtà è fatta di pantaloncini corti e camicine stirate.
Le resurrezioni di luglio, per il PDL fiorentino, non prevedono la scomodità sudata della vanga da trincea, l'incertezza angosciosa dei turni di guardia nella notte, e nemmeno quella del sacrificio enogastronomico: la presentazione dell'evento prevedeva pizza e birra per tutti.
E a Bobby Sands ci penseranno un'altra volta.

Post scriptum. Il feedback sull'iniziativa è stato affidato a qualche post su Blogspot e ad un comunicato stampa che concordano nella sostanza e che soprattutto mostrano la realtà autoreferenziale delle organizzazioni di "partito" in genere e di quelle "occidentaliste" in particolare. Giudicando dalle immagini rese disponibili dagli stessi "occidentalisti" ci sentiamo stavolta autorizzati ad applicare il divisore 3 alla cifra dei presenti ai lavori pomeridiani, che a loro detta si aggirerebbe sui centocinquanta.
Una cinquantina di persone. Un risultato incoraggiante se pensiamo che che Ali Baba dovette accontentarsi di quaranta.
Il comunicato "occidentalista" fornisce anche il nome di una quindicina di oratori, per mettere insieme i quali si sono dovute invitare (o precettare) rappresentanze istituzionali di tutta la parte centrale della penisola italiana. I blog citano venti interventi.
Questo fa ipotizzare, cifre alla mano, che ogni oratore disponga di una claque di tre estimatori. Ed avvicina l'iniziativa d'estate dei giovani "occidentalisti" alla categoria che le compete maggiormente, e che è quella delle prediche al deserto.

giovedì 21 luglio 2011

Viareggio: a "Dedalo" non vanno più neanche i "dissidenti" cubani


Il piddì con la elle ha messo su una specie di scuola di partito per i "giovani di destra"; molto spesso, per le note proprietà antiage dell'"occidentalismo", i giovani del piddì con la elle restano parte della categoria fin verso i quarantasei anni; altrimenti si potrebbe anche parlare di doposcuola di partito.
Il "Giornale della Toscana" fa un po' di pubblicità, nelle pagine interne, all'iniziativa e la correda con la foto di un noto diplomato che negli ultimi anni ha inanellato una serie di pubbliche disavventure capaci di stroncare chiunque non avesse la fibra di uno sparring partner. Violentemente impopolare a Firenze, in meno di dodici mesi è stato picchiato, contestato e multato. Per giunta i fotografi di via Cittadella gli hanno riservato un trattamentino di tutto rispetto, ritraendolo col capolavoro d'espressione qui visibile.
La presentazione di questo Dedalo, ennesimo cambio di nome per una convention che in buona sostanza insegna a fare "politica" allagando redazioni e mobilitando claques, sorvola pudicamente sullo stato del piddì con la elle: emorragia inarrestabile di militanti e di organizzatori, crollo dei tesseramenti, sedi chiuse a caterve, voces clamantes in deserto e tutta la serie di eloquenti scambi di cortesie tra valvassori in presenza di una gleba delusa e rassegnata.
Quanto sopra non dovrebbe risultare nuovo: è quanto scrivevamo lo scorso anno commentando l'iniziativa-clou dell'estate politica ad uso della gioventù "occidentalista".
In un anno le cose sono semplicemente e logicamente peggiorate, al punto che "Il Giornale della Toscana" usa la stessa foto segnaletica dello scorso anno e non si scomoda neppure a fornire un accenno al programma dei tre giorni.
Yoani Sànchez ed il suo traduttore, quello esperto tanto in "dissidenza" cubana quanto in attricette con pochi vestiti addosso (gli "occidentalisti" devono pensare si tratti di competenze intercambiabili) sono già passati di moda. Non così il curioso "onorevole Fidanza" di cui è attesa la presenza anche a questo giro.
La mangiata di maccheroni alla viareggina si sovrappone alla spaghettata in compagnia che si tiene a Firenze in contemporanea, il che fa pensare ad un clima organizzativo non propriamente dominato dalla condivisione fraterna e dalla comunità di intenti. Hai idee nuove per il PDL? Non tenerle per te: passeremo anche in caso di pioggia.
Lasciati a casa i "dissidenti", il poco programma che siamo riusciti a recuperare si compendia di una sfilata di ingreppiati di partito, di mastri gazzettieri e di una serie di seminari sulle tecniche della manipolazione mediatica. L'aspetto più importante della questione, stando allo spazio ad esso assegnato dalla gazzetta cui abbiamo fatto riferimento, pare sia rappresentato dalle goliardate. Ottima scuola per chi aspiri ad assumere funzioni di responsabilità in una macchina statale del XXI secolo: una vera fucina di competenze.
Altri costruttivi esempi vengono dalla quotidiana condotta di vita degli studenti ultratrentenni di cui si attende la presenza e che dovranno per l'ennesima volta cimentarsi nella quadratura del circolo rappresentata dal dovere per lo meno far finta di illustrare ai presenti come sia possibile la coabitazione dei concetti Giovani, ribelli e istituzionali, cui è intitolata una delle chiacchierate.
Iniziative come questa sono nondimeno utili perché raccogliendo sguatteri, tappezzerie, ragazze svelte, gazzettinisti di quarta fila ed altro occidentalame della stessa risma permettono almeno di farne una stima numerica. "Il Giornale della Toscana" cita ottocento presenti, riuscendo a presentare anche in questo un dato fotocopia di quello della passata edizione.
Intanto che i giovani "occidentalisti" si fanno insegnare come si fa a linciare gli avversari politici con i volantini e con le gazzettine, si può notare un non detto eloquente. L'articolo sopra è stato pubblicato il 21 luglio 2011, con la prima giornata del convegno già trascorsa.
Stime nonostante, deve essersi trattato di un tale successo di partecipazione che in via Cittadella devono aver saggiamente pensato fosse meglio non farne parola.


mercoledì 20 luglio 2011

Antonella Appiano - Le opposizioni in Siria. Cosa sta accadendo.



I media "occidentali" in genere concordano senza tentennamenti nel mostrare il popolo siriano vittima da mesi e mesi della repressione di Assad, che come tutti sanno si è alzato una mattina e siccome si annoiava ha deciso di dare il via ad una strage, cominciando proprio dalle lesbiche di Damasco.
Più in là non ci vanno. L'unica cosa che si può fare è non leggere e staccare la corrente.
E chi crede che la situazione sia leggermente più complessa, come pensava già quindici anni fa William Dalrymple, se lo tenga per sé, pena il fare da piatto forte agli scoop di domani mattina sull'ennesima retata della gendarmeria a base di terroristislamonanarconazicomunisti.
Rimessi in libertà con tante scuse il giorno dopo, ma questo non lo scrive mai nessuno.
Poi ci sono i blog, come quello di Antonella Appiano, che pare proprio abbia avuto il buon gusto di recarsi almeno sul posto a dare una buona guardata, e dal quale si riporta quanto segue. Compreso il primo commento ricevuto.


19 luglio 2011
Le opposizioni in Siria. Cosa sta accadendo.

Le “correnti” dell’Opposizione in Siria. La Conferenza di Dialogo Nazionale e la Conferenza di Istambul. Per fare un po’ di chiarezza fra Opposizione e Conferenze.

Le “correnti” dell’Opposizione organizzata sono tre. Due in Patria e una all’estero. In patria c’è quella dei dissidenti siriani, composta da circa 200 intellettuali indipendenti, che da marzo, si sono dichiarati disposti a tenere aperto il dialogo con la leadershep di Damasco. Circa 200 personalità e intellettuali fra cui il cristiano Michel Kilo, l’alauita Lu’ay Husayn e l’alauita Aref Dalilah.
Gli ultimi due, nell’aprile scorso, avevano incontrato Butayna Sha’ban, la Consigliera Presidenziale, in merito alla “Conferenza di Dialogo Nazionale” promossa dal governo, una novità da parte della leadership al potere, che, prima di oggi, non ha mai riconosciuto alcuna forma di dissenso. Durante la conferenza, che si è tenuta regolarmente a Damasco, dal 10 al 13 luglio, il governo ha ribadito l’impegno a intraprendere riforme politiche. Sono stati invitati esponenti dell’opposizione e della società civile, intellettuali, artisiti e religiosi. Ma Michel Kilo, Fayez Sara, Lu’ay Husayn e Aref Dalilah non hanno partecipato dichiarando che “le condizione necessarie per un vero dialogo sono la fine della repressione violenta e la liberazione di tutti i prigionieri politici”.
“Il gruppo di Aref Dalilah” ha proposto al governo una soluzione politica in otto punti. La prima richiesta è appunto la fine delle violenze. E anche una conferenza nazionale in cui siano invitati rappresentati di tutti i gruppi, anche chi organizza le proteste della strada. Questa corrente vuole convincere le autorità di Damasco ad accettare i punti del documento programmatico. E, nello stesso tempo, convincere chi manifesta che, se la leadership accetterà, si aprirà una fase nuova. Il gruppo sottolinea anche il pericolo di un cambiamento parziale, di un “regime change” come è avvenuto in Egitto, dove tuttora non si sono ancora svolte libere elezioni.
La seconda corrente in patria è quella dei“Comitati siriani di Coordinamento locale“, Lccs, una specie di piattaforma che, da maggio, ha riunito gli organizzatori delle manifestazioni anti-regime nel Paese. Anche questo“gruppo” ha proposto un programma politico. In sintesi, chiede, attraverso una transizione pacifica, la fine del mandato presidenziale di Bashar Al- Assad e un cambiamento totale del sistema politico. Secondo un organizzatore della capitale è necessario che le autorità “accettino la richiesta altrimenti il Paese rischia lo scoppio di una guerra civile”. Chi dovrebbe guidare la transizione?
Nel manifesto dei Comitati di coordinamento locale si legge che il compito spetterebbe “ a un comitato composto da rappresentanti civili e militari, per un per periodo non più lungo di 6 mesi”.
Infine c’è l’opposizione all’estero. Molti dei loro esponenti hanno partecipato alla conferenza di Antalya, in Turchia, che si è tenuta dal 31 maggio al 2 giugno. Fra i promotori, i firmatari dell’”Iniziativa nazionale per il cambiamento”. Un gruppo di cira 150 dissidenti siriani- creato da
Radwan Zyaada, un 35enne, che vive negli Stati Uniti da 4 anni, ricercatore alla George Washington University- che esclude ogni possibile trattativa con Bashar-al Assad e ne chiede le dimissioni.
Gli oppositori siriani all’estero, circa 300, si sono riuniti di nuovo, sabato 16 luglio in una ”Conferenza di Salvezza Nazionale” ad Istambul , per redigere una road map e creare una “Struttura di coordinamento permanente dell’opposizione”.
La conferenza è stata promossa da personalità indipendenti e partiti politici, fra cui, l’avvocato e dissidente storico Haithem Al Maleh. La Turchia – che ospita anche esponenti dei Fratelli Musulmani in esilio- è stata quindi di nuovo sede di un incontro dell’opposizione siriana. Il cambiamento dell’ atteggiamento del Presidente Erdogan e del suo partito Akp (un partito islamico moderato considerato un modello per una larga fascia dei sunniti siriani e per gli Stati Uniti) nei confronti di Bashar-al-Assad, dopo gli ottimi rapporti degli ultimi anni, secondo alcuni osservatori, è il segnale di una politica espansiva neo-ottomana del governo di Ankara nell’area del Medio Oriente.


Commento di Daisy, 19 luglio ore 20.19. La tv siriana in lingua inglese e francese continua a parlare di gruppi di terroristi che assalgono la popolazione locale e uccidono i militari e non fa che presentare cortei enormi di gente che appoggia il presidente.
la tv italiana non ne accenna nemmeno e appoggia la tesi dei rappresentanti dei diritti civili che continuano ada ffermare che il regime sta reprimendo la popolazione.
E’mai possibile che non si riesca a capire nulla?

martedì 19 luglio 2011

Casaggì Firenze è diversa dagli altri, e nessuno ne dubita


Casaggì Firenze è una esigua e sostanzialmente innocua conventicola "occidentalista" specializzata in (1) asserzioni cialtrone e in (2) affissioni abusive.
Tanto lavorìo è finalizzato alla visibilità e a suscitare nel pubblico una reazione che, nelle speranze dei citati spaghetti boys, dovrebbe tradursi in suffragi.
Questo nelle intenzioni, e ancor di più nelle speranze.
Poi c'è una cosa differente.
C'è la realtà.
Stiamo parlando di "occidentalisti" e questo significa che la realtà va abitualmente, serenamente ed ovviamente in direzione opposta ai loro desideri, alle loro intenzioni e ai loro obiettivi.
Le reazioni alle intraprese di Casaggì si polarizzano dunque su tre posizioni: favorevole, indifferente e contraria.
Alla prima appartengono qualche gazzettista, il politicame istituzionale di riferimento e i dettaglianti di mesticheria.
Gazzettieri e politicame hanno nel punto 1 la propria specializzazione indiscussa; i dettaglianti di mesticheria traggono dal punto 2 entrate delle più considerevoli.
Alla seconda appartiene la grande maggioranza del pubblico, che tratta i giovani mangiaspaghetti letteralmente come se non ci fossero.
Naturalmente è sufficiente allontanarsi di qualche metro dalle frontiere dello stato che occupa la penisola italiana per trovare chi la dipinge in modo obiettivo e realistico, come attesta l'immagine qui sotto. La riportiamo perché anche il trascurabile tassello rappresentato da Casaggì contribuisce quotidianamente e deliberatamente alla costruzione di questa realtà.



Appena qualche mese fa avremmo ripetuto che è ingeneroso attribuire la responsabilità di tutto questo all'elettorato passivo e che esso ha l'unica vera colpa di essere fedele rappresentante dei "valori" condivisi dai sudditi. Solo da poco tempo l'aver constatato de visu le implicazioni dello scollamento verificatosi tra mass media e politica istituzionale da una parte e valori effettivamente condivisi da cittadini dall'altra ci sta inducendo a qualche cauto ripensamento.
Alla terza categoria appartengono gli avversari in termini di politica di strada, propensi ad assegnare a los casatiellos un'importanza finanche eccessiva. Sul perché meritino scarsa stima e anche minore considerazione, esistono già considerazioni stringate, lapidarie e puntuali, e d'altronde è la stessa pratica politica di Casaggì a fornire ai suoi detrattori occasioni praticamente quotidiane di sincera ilarità.
A volte la cosa passa il segno al punto da attirare su Casaggì addirittura il biasimo degli avversari politici istituzionali. Quando questo succede, soprattutto nell'imminenza di una spaghettata in compagnia, Casaggì reagisce sistematicamente in modo da peggiorare le cose.
A volte dandoci occasione per fornire a chi legge qualche breve saggio della nostra competenza di interpreti e traduttori, come in questo caso.
Altra cosa: Casaggì non è la giovanile di nessun partito. E' uno spazio che collabora col Pdl e che utilizza il partito come strumento per accedere alle istituzioni, per proporre alternative e per guadagnare spazi e creare progetti, ma che non ne dipende in alcun modo, nè politicamente, nè economicamente. A differenza di altri. (fonte)
Traduzione ed interpretazione: a Casaggì, partito o non partito, è possibile fare i dirigenti giovanili anche ad un passo dai quarant'anni. E' uno spazio che collabora col PDL e che utilizza il "partito" come strumento per occupare qualche poltrona, per proporre a chi abbia abbastanza faccia tosta, voglia di farsi largo a gomitate, pelo sullo stomaco ed una quantità di rispetto per se stesso e per gli altri inversamente proporzionale alla prepotenza un'alternativa all'affrontare fosche mattinate invernali di attesa presso l'ufficio per l'impiego, più le peregrinazioni di rito presso le agenzie interinali. Il fatto che nell'ambiente si vada avanti così da generazioni e che questo abbia portato alle magnifiche sorti e progressive su raffigurate dimostra che si è effettivamente diversi da altri.
Semplicemente perché peggiori.

domenica 17 luglio 2011

Firenze, luglio 2011: Novoli grida tutta la propria rabbia contro la prostituzione


Veniamo a sapere dal gazzettaio -e non c'è da stupirsi, visto che la cosa è stata organizzata a suo pro- che nel quartiere un tempo periferico di Novoli un gruppetto di "occidentalisti" ha passato un'oretta in una sera d'estate a dir male delle prostitute.
La cosa era organizzata dal PDL, che è ricorso ad un escamotage molto originale.
Si è travestito da "comitato", per evitare le attestazioni di disgusto scostante che logicamente ne accompagnano a Firenze ogni passo che si avventuri al di là di contesti sociali più che protetti e più che amici.
Il risultato è stato quello di una specie di cocomerata estiva come quella dello scorso anno, solo spostata in periferia e senza Gheri Guido a fracassare timpani e gonadi con la dozzinalità delle sue musichette.
Probabilmente anche senza cocomeri.
Sicuramente senza manifesti, sostituiti da affissioni di una sciatteria degnissima dell'iniziativa e dei suoi protagonisti.
Sull'affluenza non si hanno dati attendibili, ma la nostra familiarità con cose del genere ci fa pensare che tra claque e gazzettisti non sia andata oltre le quarantasei persone. E neppure è dato sapere quanto l'iniziativa, partita da chissà quale gregario, sia stata gradita da una formazione politica in cui il ricorso alle prostitute non soltanto non incontra alcun serio ostacolo ed assume vieppiù un carattere routinario, ma viene considerato pressoché ai limiti del meritevole: sull'argomento insiste da moltissimi anni una sordida aneddotica che ha finito per informare di sé l'intera comunicazione politica peninsulare, e che non intendiamo certo esporre qui. Sarà sufficiente dire che, in considerazione dell'esempio fornito dagli strati siderei del "partito" e soprattutto dalle loro preferenze in materia di professioniste, il fatto che qualche bambina acquisisca troppo precoce familiarità con gli anticoncezionali dovrebbe al massimo essere considerato come un passo costruttivo verso una pronta (e magari redditizia) interiorizzazione dei valori "occidentali".
Oltre alle professioniste, il quartiere di Novoli abbonda anche di spaghetterie a poco prezzo e di posti in cui è possibile ciarlare di pallone da una giornata all'altra: una zona della città che pare tagliata a misura sui valori più radicati e condivisi dall'"occidentalismo" contemporaneo, il che rende ancora più incomprensibile l'iniziativa qui descritta.

Il gazzettame tenta comunque l'impossibile: guai deludere la committenza. "I cittadini di Novoli hanno deciso di scendere in piazza e gridare tutta la loro rabbia", decide Marco Gemelli su "Il Giornale della Toscana". Bene; mai stupirsi davanti alla multiforme varietà del mondo: si constati serenamente che è possibile gridare tutta la propria rabbia, e trovare anche chi fa finta di prenderti sul serio, in sandali da mare e canottiera. Con una quarantina di altri individui in sandali da mare e canottiera.
Qualcuno anche in pantaloncini corti.

venerdì 15 luglio 2011

Contributi della Rivoluzione Islamica all'estetica scout


La tendenza comune è quella di considerare le rivoluzioni come mostruosi e inutili bagni di sangue, con l'ovvia eccezione di quelle colorate o fiorite dalla chiarissima ispirazione e dall'ancor più chiaro sostegno economico e politico.
Le rivoluzioni invece hanno anche molti aspetti costruttivi, destinati spesso a rimanere nell'ombra per anni.
Da Wikipedia veniamo a sapere che dopo una lunga serie di traversie la Iran Scout Organization, che pure aveva avuto l'apprezzamento dell'Imam Khomeini nei primi giorni della Repubblica Islamica, è stata ricostituita nel 2003 dall'ottantenne Mohsen Zanjani, che si sarebbe impegnato ad operare nel rispetto delle leggi vigenti.
E le leggi vigenti nella Repubblica Islamica nata dalla rivoluzione sono molto chiare in materia di pantaloni corti.
L'estetica di guide, lupetti eccetera ne trarrà certo vantaggio, e gli esempi di ardimento sartoriale come quello che qui si raffigura rimarranno ben confinati nell'album dei bruttissimi ricordi.

giovedì 14 luglio 2011

Firenze, luglio 2011: il PDL risorge contro il degrado


Tra gli eventi notevoli del 2011 c'è il fatto che una serie di eventi imprevedibili ed inattesi sta dando un po' di filo da torcere alla macchina mediatica e politica che da tempo immemorabile costruisce le fortune politiche ed elettorali dell'"occidentalismo" peninsulare. In questa sede si è avuto occasione o modo di citarne qualcuno, dai rovesci elettorali all'avvenuta e sempre più profonda perdita di contatto con la realtà.
La politica "occidentalista" risente del fenomeno a tutti i livelli: le defaillances della propaganda sono arrivate ad un tale livello che non è loro più possibile nascondere l'inconsistenza, la pochezza e l'incompetenza "occidentaliste", oggetto di aperto dileggio e di tranquilla degnazione in qualunque ambiente compreso tra i grandi consessi internazionali ed i consigli di quartiere.
Una delle conseguenze di tutto questo è rappresentata da un cambiamento di registro del linguaggio mediatico, sorprendente anch'esso, di cui si dà un esempio con la foto in alto. Il vocabolo degrado è stato utilizzato per almeno dieci anni dalla marmaglia "occidentalista" per denotare qualunque comportamento suscettibile di essere utilizzato per creare allarme sociale e giustificare azioni delatorie e repressive. Per gli "occidentalisti" creano allarme sociale e giustificano azioni delatorie e repressive tutti i comportamenti diversi da quelli di consumo: se ad essere presi di mira sono avversari politici dichiarati o presunti, sono degrado anche i comportamenti di consumo.
Nel luglio 2011 è proprio il ributtante "La Nazione" di Firenze, gazzettino "occidentalista" di provatissima fede, a restituire al vocabolo il suo significato originario. Nelle compagini militari di tipo "occidentale", dal rigido ordinamento gerarchico, incorre nella degradazione chi si sia reso colpevole di comportamenti suscettibili di minare la disciplina, il prestigio, l'efficienza o la tenuta del reparto: ai sensi del significato originale del termine, il degradato retrocede nella scala gerarchica. Il su citato contesto gazzettiero in cui è possibile apprezzare la restaurazione del significato originale di questa parola non è nemmeno dei più marginali: i mangiaspaghetti sono famosi da molti decenni per l'abitudine di attribuire alle pallonate l'importanza di una guerra, e per attribuire alle guerre l'importanza delle pallonate. Ad essere degradato è dunque non un militare, ma -cosa assai più grave, nella weltanschauung "occidentalista"- un palloniere dei più stimati, che dalle prossime pallonate non farà più il capopalloniere ma il palloniere e basta.
Il degrado "occidentalisticamente" inteso invece contempla, proprio per i pallonieri, una vastissima gamma di eccezioni: valga come esempio il fatto che negli ambienti "occidentalisti" aggredire donne ed aggredire lavoratori sono comportamenti tollerati, per i quali abbondano quell'indulgenza e quei giustificativi che tendono di norma a zero (la famosa "tolleranza zero" tanto cara alla feccia in cravatta) nel caso di qualche cartaccia per terra o di qualche scritta sul muro.
Il fatto in sé sarebbe anche trascurabile, ma assume molta importanza se lo si considera uno degli infiniti esempi possibili dell'essenza dell'"occidentalismo", che oltre che di menzogne e di incompetenza è fatta anche di prevaricazione e di ingiustizia sociale. Una dottrina politica intrisa di simili concetti, al servizio di propositi che definire inconfessabili è semplicemente riduttivo e messa in pratica da una congerie umana tale da innescare comportamenti di evitamento in chiunque abbia un minimo di rispetto per se stesso deve gran parte della propria fortuna ad un clima sociale e mediatico in cui è fondamentale che la propaganda non incontri ostacolo alcuno. In caso contrario basta una confutazione anche minima per innescare effetti a catena micidiali per la credibilità ed il prestigio. E proprio questo sta succedendo nella Firenze del 2011: il dominio della propaganda "occidentalista", che ha sottovalutato i nuovi media e la pura e semplice comunicazione interpersonale, scricchiola.
E scricchiolano di concerto i residui di credibilità e di prestigio del politicame che vi si è appoggiato con tanta disinvoltura e per tanto tempo.
La cosa è arrivata al punto che il principale partito "occidentalista" della penisola italiana, pur dominando le istituzioni senza seri contrasti e pur avendo infarcito ogni posto di comando con buoni a nulla, grassoni, servi, donne di poca virtù ed altri eccellenti e fedelissimi rappresentanti dell'elettorato attivo di riferimento, è costretto a parlare nientemeno che di resurrezione, organizzando una chiacchierata tra amici con pizza e birra per tutti.
Un concetto di resurrezione tutto particolare, che non prevede viae crucis e Golgota con le relative stazioni, il che rappresenta una scelta realistica per due motivi almeno.
Da una parte evita l'imbarazzante ricerca di un Cireneo che faccia da comprimario: un "occidentalista" che percorresse un Calvario non figurato lo farebbe nell'assoluta e scostante indifferenza dei presenti, che neppure si degnerebbero di mettere del proprio alle sofferenze del suppliziando lasciando piuttosto l'incombenza alla gente del mestiere.
Dall'altra, il connotare una resurrezione con pizza e birra rende onore alle più rispettate ed attuate istanze "occidentaliste", prima tra tutte proprio la riscoperta e la valorizzazione delle radici cristiane della civiltà "occidentale". Nella vicina città di Prato, l'insediarsi di una giunta "occidentalista" ha comportato un vero e rapido fenomeno di inculturazione miracolosa sia della classe politica che degli strati popolari, ai cui frutti si è più volte fatto cenno in questa sede. Il riconoscimento degli "occidentalisti" fiorentini alle più sentite e solenni forme della religiosità ritrovata, fra le quali spicca la Sbirrata di Schignano con annessa gara di rutti, rappresenta dunque un atto doveroso.

Casaggì Firenze in uno dei suoi soliti prodigi di coerenza "occidentalista".
I sassi e la kefiah a Gaza vanno bene, a Firenze no.

venerdì 8 luglio 2011

Firenze: "Black Bloc è il popolo! No TAV!"


Quello delle scritte murali è un fenomeno antichissimo ed eterogeneo, dalle varietà e dalle evoluzioni troppo numerose per poter tentarne in questa sede una tassonomia o una differenziazione particolareggiata; basterà dire che una parte di esso è tema dello slogan che identifica muri puliti e popoli muti, tentando di stabilire una correlazione diretta tra scritte murali e presa di coscienza.
Non sempre è così, come molti muri "occidentali" e non solo stanno a dimostrare. In questioni di un certo genere i contenuti sono più importanti della forma e la maggior parte delle scritte reperibili in una città qualsiasi non va oltre i tags caratteristici del solito sconciamento da yankee, tracciati pressoché sempre da irritanti ed inutili epigoni di quella vita da ghetto amriki che l'industria cinematografica ha presentato per molti decenni in modo da occultarne con cura tutte le bassezze e tutte le brutture.
Questo significa che ad un muro non pulito può benissimo corrispondere un popolo dotato dell'autoconsapevolezza di uno scarafaggio. Il fatto che molte amministrazioni "occidentaliste" abbiano incentivato l'opera dei cosiddetti graffitari col patto più o meno tacito che nelle loro produzioni non comparisse traccia di rivendicazioni e di temi politici è un caso particolare di un fenomeno noto, che contempla il saccheggio abituale ed esplicito delle "culture popolari" ad opera del mercato, previo svuotamento dei contenuti sociali e politici che esse possono veicolare. Il risultato è quello di un inglobamento da parte del mercato degli aspetti formali ed estetici di questo tipo di comunicazione: il fatto rappresenta una prassi almeno dall'inizio degli anni Settanta del passato secolo.
La "normalizzazione" e la "occidentalizzazione" di questo veicolo per la manifestazione delle idee politiche e delle rivendicazioni sociali fa anche in modo che di solito una scritta sul muro non costituisca oggetto per il confezionamento di news ad uso di pubblico e sudditi: nel caso della "informazione" di orientamento "occidentalista" si verifica al massimo il caso in cui le produzioni afasiche ed ebefreniche da ghetto amriki su ricordate, quando la gendarmeria non sia riuscita ad accanirsi sui loro autori, vengano usate con insistenza per il linciaggio mediatico di un'amministrazione politicamente sgradita.
In altre parole, se qualcuno scarabocchia un muro è colpa degli avversari politici, insieme alle lettere all'antrace ed al terremoto ad Haiti.
Nulla di grave, gli "occidentalisti" ci hanno abituato a sporcizie anche morali di ben altra estensione, e non solo a spese della logica.
La scritta dell'immagine qui riportata è comparsa a Firenze, ed è stata utilizzata per la costruzione di una new perché non rientra in alcuno dei canoni qui schematizzati. Riporta un messaggio preciso, lo riporta scritto con cura e non è inquadrabile né tra le produzioni del politicame partitico né in quelle del cosiddetto viral marketing.

Black Bloc è il popolo! No tav!

Una manciata di lettere che contiene nella prima parte una smentita di dieci anni di propaganda gazzettinista, nella seconda uno slogan preciso.
Il Black Bloc rappresenta la negazione di ogni valore presentato come positivo dagli "occidentalisti" ed il suo accanirsi in particolare contro banche e beni di lusso gli ha valso una demonizzazione gazzettiera di cui non sarebbe mai stato fatto vittima se si fosse limitato, per esempio, a massacrare persone in maniera efferata.
Questo non stupisce perché per un "occidentalista" una vetrina intera conta molto di più della vita di un essere umano.
Al di là della demonizzazione, a chi scavi a fondo nella weltanschaauung di chi vi si riconosce appare chiaro che i rudimenti ideologici -mai compiutamente sviluppati- del Black Bloc sono caratterizzati da una radicale avversione al progresso e dall'identificazione della civiltà con qualche cosa di differente, se non di opposto, ad esso.
Black Bloc è il popolo, nel senso che al di là delle considerazioni numeriche non è l'Altro, il mostro assetato di sangue in agguato alla frontiera con cui gli "occidentalisti" legittimano la loro azione politica.
La seconda parte della scritta, in forma di slogan, esprime contrarietà ad un'opera "pubblica" la cui utilità deve considerarsi dubbia alla luce dell'esperienza; toglie astrazione alla prima parte della scritta e la lega ad un contesto concreto.
Il tutto è sintomatico di un movimento di rivendicazione politica paritario, nato dal basso e difficilmente sradicabile, sopravvissuto a dieci anni almeno di ininterrotto accanimento massmediatico prima e ancora che giudiziario, di cui il Black Bloc vero e proprio rappresenta soltanto un fenomeno estremamente minoritario per quanto venga abitualmente sfruttato per delegittimare interi corpi sociali.
Per la marmaglia delle gazzette il problema è un altro, da non troppo tempo a questa parte. Ed è rappresentato dal fatto che nessuno crede più alle loro menzogne, che il passaparola -nemmeno sempre amplificato dalle tecnologie- si sta rivelando più forte, e che l'utilizzo delle bassezze da postribolo che costituiscono l'ossatura della pratica politica "occidentalista" si sta rivelando sempre meno remunerativo, ed in assenza di "nemici esterni" perfino controproducente.
Nel 2003 l'intero impero editoriale di Rupert Murdoch sostenne monoliticamente l'aggressione all'Iraq, che si basava sull'arroganza amriki, sul disprezzo del diritto internazionale e sulle menzogne ripetute all'ossessione. Nel 2011 è bastato molto meno, ovvero che i gazzettinisti si avvalessero di quelle stesse tecnologie e di quelle stesse prassi che potevano utilizzare contro i soldati iracheni per indagare i rapporti tra pallonieri e donne dalla poca virtù -due categorie intoccabili, per un "occidentalista"- perché quel miliardario decidesse seduta stante di chiudere una sua gazzetta. I personaggi e gli interessi in gioco non permettono neppure di augurarsi, riferendosi ad un fatto del genere, un cambiamento di rotta e di atmosfera; meglio cercare di identificarlo nelle strade e nel sentire comune. Strade e sentire comune sono contesti che appartengono al reale.
E con il reale l'"occidentalismo" ha rapporti sempre più labili ogni giorno che passa.

martedì 5 luglio 2011

Claudio Morganti, Emilio Paradiso, la Lega Nord e le radici cristiane della città di Prato


Del rapporto piuttosto libero -diciamo pure inesistente- che gli "occidentalisti" hanno con la realtà si è già molte volte trattato. Nel caso della Lega Nord, la cosa coinvolge addirittura moda e fisiognomica. L'immagine mostra gli "occidentalisti" della Lega Nord per come si credono di essere.

L'immagine qui sopra invece li mostra per come sono in realtà.
Claudio Morganti ed Emilio Paradiso, ritratti nella foto, sono due "occidentalisti" pratesi.
Il governo locale, grazie agli sforzi della Lega Nord, sta riscoprendo le radici cristiane della città di Prato: poco lontano si è dunque svolta la tradizionale Sbirrata, che ha il suo momento culminante nella gara di rutti.
Ah, e nel furto dell'incasso.

lunedì 4 luglio 2011

Sayyed Mohamed Marandi - L'Ayatollah Khamenei: una politica estera fedele a dei principi


Incontro tra l'Imam Khamenei e Hugo Chavez, presidente della Repubblica Bolviariana del Venezuela.
La Repubblica Islamica dell'Iran ha una vita diplomatica e di scambi internazionali oltremodo vivace, per essere un paese abitualmente classificato come "isolato sul piano internazionale". Il che fa pensare che tanto isolamento stia, nel piano "occidentalista", in una posizione compresa tra il desiderabile ed il menzognero.

Traduzione da Conflicts Forum.

L'articolo è stato presentato alla conferenza internazionale su rinnovamento e Ijtihad intellettuale nell'Imam Khamenei, Beirut, 6-7 giugno 2011.

Uno dei concetti fondamentali da tenere presenti quando si affronta l'argomento della leadership dell'Ayatollah al-Udhma Imam Khamenei è il fatto essenziale che egli venne scelto come successore della imponente figura rappresentata dallo Imam Khomeini (la benedizione su di lui). Il fatto che l'ultimo Imam fosse un personaggio straordinario, che ha rivoluzionato il ruolo del tempo e dello spazion nel Fiqh e nel Ijtihad, che era arif -o gnostico-, che era filosofo e poeta di talento, che era un leader politico che aveva guidato con coraggio una Rivoluzione Islamica che ha davvero cambiato il nostro mondo, rende quasi impossibile per qualsiasi successore riempire degnamente il vuoto enorme lasciato dalla sua scomparsa.
L'Ayatollah Khamenei possiede comunque tutte le qualità su nominate ed ha guidato con successo la Rivoluzione Islamica e la Repubblica Islamica dell'Iran attraverso tempi molto turbolenti e mutevoli, in un mondo irto di pericoli. Mi spingo a dire che per certi aspetti la sua leadership si è rivelata anche più impressionante di quella del precedente Imam, in quanto Khamenei non ha avuto dalla sua il vantaggio di esser stato l'iniziatore della Rivoluzione.
Il ruolo di leader gli piovve praticamente addosso, nonostante egli stesso si opponesse con forza. Nel breve discorso che tenne davanti all'Assemblea dei Saggi, il corpo costituzionale chiamato a scegliere i candidati al Wali-e Faqih e a supervisionarne l'opera, e che era composto di Mujtahid di alto livello come lui, si espresse proprio in senso contrario alla proposta, che era stata avanzata, di nominarlo Guida. Chiese poi ai componenti dell'assemblea se avessero capito quale peso gli stessero mettendo sulle spalle, e chiese loro se davvero lo avrebbero seguito come Guida. Si trattava di domande non prive di importanza, dal momento che molti dei componenti dell'assemblea erano più vecchi dell'Ayatollah Khamenei. Alcuni di essi, come Khamenei stesso, aevevano avuto un ruolo importante nel rovesciamento dello Shah e rappresentavano già per proprio conto delle importanti figure pubbliche del periodo successivo alla rivoluzione. Nonostante Khamenei si opponesse con tanta insistenza, essi presero comunque la loro decisione. Dopo esser stato eletto dall'Assemblea dei Saggi (egli stesso votò no) le telecamere lo inquadrarono ed apparve chiaro a tutti che non era affatto compiaciuto. Per la storia in generale, questo dettaglio rappresenta un'importante ed interessante nota a margine, perché rivela il suo atteggiamento nei confronti del potere e dell'autorità, e l'atteggiamento disinteressato che mantenne accedendo ad entrambi.
Meno di un mese dopo la nomina, in un discorso affermò che non avrebbe voluto neppure diventare membro del consiglio incaricato di scegliere la Guida, cosa che era stata discussa in modo serio durante gli ultimi giorni e le ultime ore di vita dell'Imam Khomeini, figurarsi poi diventare nientemeno che il Wali-e Faqih. Aggiunse di aver pregato di non rimanere in nessun modo coinvolto con la Guida, se il fatto doveva compromettere la sua posizione nell'Aldilà. Nello stesso discorso, disse poi che si sarebbe comunque dimostrato forte nel portare le sue responsabilità, dal momento che questo grave incarico era ricaduto sulle sue spalle (3 luglio 1989) e che avrebbe tenuto fede ai suoi principi.
La storia a seguire avrebbe dimostrato che aveva detto il vero.
Nei primi tempi dopo l'insediamento, l'Ayatollah Khamenei riferì ai più alti responsabili del Ministero degli Esteri iraniano che la politica estera della Repubblica Islamica dell'Iran avrebbe dovuto basarsi sui tre principi dell'onore o della dignità (عزه) della saggezza (حکمه) e del senso di opportunità (مصلحه). Si spiegherà di seguito in che modo il significato di senso di opportunità in questo caso non contempli le connotazioni negative che hanno a che fare con il mero perseguimento dei propri interessi, attuato in un contesto in cui il fine giustifica i mezzi.
Secondo questa concezione, per arrivare ai più alti obiettivi e ai più alti ideali che uno stato islamico pone avanti a qualunque altra cosa e così come stabilito nella costituzione iraniana, la saggezza ha un ruolo fondamentale. Secondo l'Ayatollah Khamenei, "saggezza significa lavorare basandosi sul ragionamento logico, stabilendo basi solide, facendo passi avanti su un terreno di alto livello e rifuggendo dalle mosse avventate, dall'ignoranza e dall'arroganza (3 agosto 1992)". Egli aggiunge anche che la politica della Repubblica Islamica dell'Iran è guidata da solidi principi. In un precedente discorso Khamenei illustrò la cosa nel dettaglio, affermando che "i risultati delle nostre mosse politiche e diplomatiche non devono essere in contraddizione con i nostri ideali islamici (12 dicembre 1982)".
Di tutto questo sono buoni esempi i quattro casi in cui la repubblica islamica ha reagito, rispettivamente, alle due guerre tra Stati Uniti ed Iraq nel 1991 e nel 2003, alla cosiddetta "guerra al terrore" di Bush ed alla situazione attuale in Libia. Nel 1990 l'Iran condannò aspramente l'invasione del Kuwait da parte di Saddam Hussein; il risentimento iraniano contro il regime iracheno era molto profondo a causa dell'ingiustificata invasione dell'Iran, del massacro di iraniani innocenti e del tentativo di occupare in permanenza grandi regioni del territorio iraniano compiuto nel 1980, che portò ad otto anni di guerra sanguinosa tra i due paesi.
Dapprincipio, quando l'Iraq occupò il Kuwait, la prospettiva di un confronto militare con gli iracheni preoccupò molto gli USA ed i loro alleati. All'epoca nessuno sapeva che dal diciassette gennaio al ventitré febbraio Saddam Hussein avrebbe sempliciemente lasciato che gli americani e i loro alleati bombardassero i bersagli iracheni per ventiquattro ore al giorno, distruggendo pezzo per pezzo le forze armate irachene e le infrastrutture del paese senza attuare quasi nessuna contromossa. Gli USA si prestarono allora a molte concessioni nei confronti della Repubblica Islamica, nell'intento di attirare l'Iran più vicino alle loro posizioni. Anche il regime iracheno fece per proprio conto molte concessioni dello stesso tipo.
In Iran si discusse molto seriamente su quello che si sarebbe dovuto fare e su quale posizione assumere. Un ben noto componente del Parlamento, che all'epoca era un radicale e che più tardi sarebbe diventato un rispettato membro di quella che viene chiamata "ala riformista", si esibì in un appassionato discorso in aula in cui esortava l'Iran ad unire le proprie forze a quelle del dittatore iracheno. Il signor Motashami, riformista, all'epoca paragonò Saddam Hussein a Khaled ibn Walid ed affermò che la Repubblica Islamica dell'Iran doveva unirsi a lui nella sua battaglia contro gli Stati Uniti.
L'approfondita risposta dell'Imam Khamenei ad eventi come questi e nei confronti del dibattito che ne seguì in Iran si basò sul principio della saggezza (حکمه). Khamenei affermò che sia gli USA che l'Iraq avevano avuto interessi in comune prima dell'invasione del Kuwait, e che entrambi avevano commesso più volte di comune accordo molti crimini contro i popoli della regione.
Secondo il suo parere, l'Iran non poteva prendere parte o agevolare in qualsiasi modo nessuno dei due contendenti, perché entrambi si presentavano simili nei loro comportamenti repressivi e brutali. Il fatto è degno di nota perché è possibile che se l'Iran si fosse schierato con gli USA nella guerra del 1991 contro l'Iraq il paese ne avrebbe ottenuto numerose e sostanziali concessioni ed avrebbe magari risolto molti dei problemi più gravi che ci sono tra esso e gli USA. L'aver deciso di non comportarsi in questo modo è dovuto proprio all'idea di comportarsi con saggezza che è basata su principi fermi.
La stessa visione del mondo emerse in occasione degli attacchi sul suolo americano del 2001. Immediatamente dopo il sinistro avvertimento di George Bush del 20 settembre 2001, secondo il quale "O state con noi o state contro di noi", l'Ayatollah Khamenei rispose che l'Iran non poteva né prendere le parti degli Stati Uniti né quelle dei loro contendenti di Al Qaeda, perché entrambi avevano commesso crimini contro l'umanità. Si trattò di un gesto significativo, perché all'epoca tutto il Medio Oriente era molto preoccupato delle conseguenze di un'occupazione americana di almeno due paesi chiave nella regione. Anche molti personaggi di spicco della politica iraniana erano seriamente allarmati su quello che gli USA avevano intenzione di compiere contro l'Iran. L'Imam Khamenei non volle che la Repubblica Islamica cambiasse la sua politica di opposizione e di resitenza contro l'occupazione e l'egemonia occidentale. Più volte ripeté che un passo indietro in questo campo si sarebbe semplicemente tradotto in nuove pretese da parte delle potenze occidentali. Qualcosa di simile emerse con chiarezza quando l'amministrazione del Presidente Khatami insisté per accogliere le richieste occidentali sul programma nucleare iraniano. Lo stesso criterio di saggezza basata su principi non negoziabili è stato applicato nel caso della Libia, laddove sia Gheddafi che la NATO vengono considerati come moralmente impresentabili e come saccheggiatori delle risorse naturali del paese.
Riguardo al sostegno iraniano ai gruppi che si oppongono ai talebani in Afghanistan e a Saddam Hussein in Iraq, va notato che questo sostegno esisteva da molto tempo prima dell'11 settembre 2001. Inoltre, nel corso degli anni Ottanta gli USA hanno fornito un appoggio fondamentale a Saddam, insieme all'Arabia Saudita, agli Emirati Arabi e ai servizi segreti pakistani ed hanno fattivamente contribuito alla presa del potere dei talebani in Afghanistan.
Il continuo sostegno che la Repubblica Islamica dell'Iran ha offerto ai movimenti su ricordati non ha nulla a che vedere con la mutevole politica adottata dagli Stati Uniti dopo gli attacchi del settembre 2001.
Dalla prospettiva dell'Ayatollah Khamenei, saggezza (حکمه) significa raggiungimento della verità tramite la conoscenza e la ragione; qualcosa cui si può giungere soltanto attraverso la completa interiorizzazione di spiritualità e senso di giustizia. Si riferisce una sua affermazione secondo cui "l'Islam che sosteniamo e che incoraggiamo si basa sui tre concetti di spiritualità, ragione e giustizia ed è qualcosa di completamente diverso rispetto all'Islam reazionario ed al liberalismo (16 agosto 2000)". Secondo una simile concezione del mondo l'Iran ha il diritto di perseguire i propri interessi nazionali, ma soltanto nel quadro "dei propri principi e dei propri ideali", come specificato da Khamenei stesso (9 luglio 1991). In particolare, gli interessi nazionali dell'Iran non possono essere definiti in termini di razza, di lingua, di colore della pelle o di nazione di appartenenza (9 luglio 1991). Probabilmente è questa una delle ragioni per cui, stando ai sondaggi condotti da vari istituti americani ed internazionali, a dispetto dell'enorme quantità di propaganda antiiraniana profusa senza interruzione dai canali televisivi governativi o dalle televisioni arabe sponsorizzate dai governi -una propaganda infarcita da una fastidiosa quantità di retorica settaria e razzista- la Repubblica Islamica dell'Iran continua ad essere popolare tra la gente comune dei paesi arabi.
L'onore o la dignità, oppure l'orgoglio inteso nel senso positivo del termine (عزه) rappresentano il secondo dei tre principi fondamentali che orientano le relazioni internazionali. Secondo l'Imam Khamenei dignità ed onore non possono basarsi su questioni di razza o di nazione, tutti concetti che servono soltanco a far sì che "ogni uomo costruisca un muro attorno a se stesso (9 luglio 1991)". Al contrario, il senso dell'onore deriva "dall'avere fede in Allah, nell'essere a Lui rispettosi e nell'adoperarsi come servitori del creato divino e delle altre persone"; non certo dall'orgoglio e dall'arroganza (9 luglio 1991). In altre parole, il concetto di onore è opposto alla condizione di oppressione, alla connivenza nei confronti di essa, al comportarsi da oppressori contro le altre nazioni o gli altri popoli del mondo. Secondo questo punto di vista, il modo in cui una nazione sovrana o un popolo si comportano in relazione ad un senso dell'onore o della dignità così concepiti (عزه) determina la loro identità.
Se consideriamo la questione della difesa o del ripristino di un'integrità territoriale, che sono di per sé obiettivi degni, è proprio il principio dell'onore a fare la differenza tra le varie politiche che è possibile adottare a questo scopo. Ad esempio, il passato regime egiziano riuscì a riottenere i propri territori dal regime sionista senza perdita di vite umane, ma a condizioni disonorevoli e prive di dignità; fu questa la ragione per cui l'Ayatollah Khamenei si è sempre opposto al ristabilimento di legami diplomatici con il regime di Mubarak nei due decenni ora trascorsi, nonostante il fatto che personaggi influenti nelle amministrazioni di Hashemi Rafsanjani, di Khatami e di Ahmadinejad avessero fatto in questo senso tentativi di propria iniziativa. L'Ayatollah Khamenei ha sempre pensato che Sadat e Mubarak avessero umiliato il grande ed onorevole popolo egiziano.
La lotta dei sudafricani e dei palestinesi contro l'apartheid e contro l'occupazione sono invece onorevoli e dignitose, nonostante l'enorme dispendio di vite umane e di sofferenza. Dal momento che rimanere in silenzio davanti all'oppressione contro altri popoli è qualcosa di contrario ai principi di onore e di dignità, la Repubblica Islamica dell'Iran ha sempre sostenuto con chiarezza e continua a sostenere allo stesso modo entrambi i popoli, nonostante il considerevole prezzo che l'Iran ha dovuto pagare come scotto per questa presa di posizione. Lo stesso principio morale spiega l'appoggio espresso dall'Imam Khamenei per il Libano e per la sua Resistenza, per la Bosnia e per il popolo del Kashmir. Nel caso della Bosnia, la Repubblica Islamica dell'Iran è stato l'unico paese ad aver offerto un sostegno significativo ai bosniaci vittime di brutale violenza. Molti pensano che se l'Ayatollah Khamenei non avesse offerto sostegno al popolo bosniaco durante le sue ore più difficili, oggi non esisterebbe neppure una Bosnia come tale.
L'indipendenza e la libertà dall'egemonia straniera sono condizioni che possono rivelarsi difficili da instaurare anche per i paesi più potenti, che ne hanno così minata la propria dignità. Il Giappone, che fino a tempi recenti è stato la seconda economia mondiale, non è riuscito per interi decenni a rendersi indipendente dalle posizioni americane su nessuna questione rilevante a livello nazionale, regionale o mondiale. Lo stesso vale per la Repubblica di Corea, o Corea del Sud. Il regime saudita, nonostante sia ricchissimo di petrolio, è quasi completamente dipendente dagli USA e dall'Unione Europea in tutti i settori della propria sicureza nazionale. Nonostante l'acquisto di migliaia di miliardi di dollari di armamenti prodotti negli USA e nella UE compiuto negli scorsi tre decenni, i sauditi non sono stati in grado, o non hanno voluto, neppure creare una credibile industria di difesa per conto proprio.
Sotto la guida dell'Ayatollah Khamenei, la Repubblica Islamica dell'Iran è riuscita a raggiungere importanti traguardi nello sviluppo di campi ad alta tecnologia come la ricerca sulle cellule staminali, le nanotecnologie, i satelliti artificiali ed il nucleare pacifico, guerra e sanzioni nonostante. Malgrado le enormi pressioni dai paesi occidentali e da parte dei loro alleati regionali, i principi della dignità e dell'onore continuano a sostenere l'inflessibile posizione adottata dal paese circa il proprio programma nucleare. Di fatto, in questo momento molti di coloro che in Iran avanzano critiche nei confronti della politica estera del paese adesso ritengono che l'atteggiamento adottato dal paese ed improntato alla resistenza abbia viste riconosciute le proprie ragioni. Sono in molti a credere che la cultura della resistenza difesa dall'Imam Khamenei abbia contribuito alle insurrezioni in corso ed ai cambiamenti cui stiamo assistendo. Si pensa anche che la stessa cultura di resistenza abbia reso la Repubblica Islamica popolare nel mondo arabo.
Anche l'atteggiamento dell'Ayatollah Khamenei nei confronti degli Stati Uniti può essere compreso a partire da questa prospettiva. Egli ritiene che finché gli USA si comporteranno in modo arrogante e prevaricatore e rifiuteranno di riconoscere o di dialogare con gli altri governi su un piano paritario, negoziare con il governo americano o anche soltanto dialogarvi siano azioni pefettamente inutili. E' interessante notare che quello che l'Imam Khamenei e l'Imam Khomeini sono riusciti a dimostrare nel corso degli ultimi trentadue anni è che un paese può vivere senza avere relazioni con gli USA, e anzi continuare a prosperare. Il fatto che l'Iran continui a rafforzarsi nonostante una lunga serie di sanzioni impostegli dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU, in questo costretto dagli USA e dai loro alleati occidentali, rende chiaro il fatto che le potenze imperialiste e la loro eurocentrica visione del mondo non sono più nemmeno lontanamente forti quanto loro vorrebbero che il resto del mondo le ritenesse.
Il terzo principio è quello del senso di opportunità (مصلحه). Secondo questa dottrina politica, le azioni della Repubblica Islamica non devono essere in contraddizione con i suoi principi morali. Un utile quindi non deve essere conseguito entrando in contrasto con i principi di onore e di saggezza. In altre parole, le scelte fatte dalla Repubblica Islamica in materia di questioni regionali o internazionali non vanno trattare in modo che il punto di vista utilitaristico predomini sugli altri due, ma considerando il fatto che agire opportunamente significa scegliere il modo di arrivare all'obiettivo che più si confaccia al senso di onore e alla saggezza. Secondo l'Ayatollah Khamenei, "è possibile che in determinate circostanze si debba prestare maggiore attenzione agli obiettivi tattici o che si debbano usare strumenti tattici differenti; in ogni caso lo spirito e l'essenza stessa della pratica politica dello staot islamico non deve e non dovrà cambiare in nessuna circostanza (16 agosto 2004)". Nonostante tutte le difficoltà che comporta il rappresentare una voce praticamente isolata nel suo sostegno di principio ai diritti dei palestinesi, la Repubblica Islamica dell'Iran si è mantenuta salda sulla sua posizione: Israele è un'entità politica che deve cessare di esistere, e tutti i palestinesi devono avere il diritto di ritornare alle loro case. A differenza di quello che molti pensatori di sinistra hanno asserito in passato, ossia che il fine giustifichi i mezzi, il concetto di صلحه che deriva dalla parola صلاح significa buono e giusto, un buono ed un giusto cui si può giungere scegliendo i percorsi migliori. Ed i percorsi migliori sono quelli che passano dalla saggezza e dal senso morale.
La considerazione che l'Ayatollah Khamenei ha di tutti i recenti sommovimenti e di tutto quanto successo negli ultimi tempi in Medio Oriente ed in Nord Africa si basa sulla sua concezione del mondo. Nell'anniversario della scomparsa dell'Imam Khomeini, ha affermato che l'Iran sostiene ogni insurrezione mediorientale che si basi su tre fondamenti: l'Islam, il sostegno popolare e l'indipendenza dall'intromissione occidentale. Ha affermato che la Repubblica Islamica non può sostenere nulla che abbia il sostegno statunitense o israeliano, perché questi due regimi in nessun caso si comporteranno in modo da assecondare gli interessi delle popolazioni mediorientali (4 giugno 2011). Questa visione supera fattori come la razza, l'appartenenza settaria ed il nazionalismo. L'Imam Khamenei lo ha più volte dimostrato, sostenendo i popoli del Sud Africa, della Bosnia, della Palestina, dell'Iraq, i rifugiati curdi ed il Libano; tutti con retroterra differenti per quello che riguarda razza e religione.
Perché uno stato islamico possa funzionare all'interno di questa cornice di valori morali, esso ha bisogno che a guidarlo ci sia uno studioso di scienze religiose di alto livello, che venga visto come giusto, pio e coraggioso e che abba una chiara comprensione dei più complessi fenomeni politici e sociali. In caso contrario, si deve credere che nel mondo complesso e pericoloso in cui viviamo i principi di onore (عزه), saggezza (حکمه) e di senso di opportunità (مصلحه) concepiti secondo una prospettiva islamica non possano essere onorati, né oggi né in futuro.


Sayyed Mohamed Marandi è professore associato di letteratura inglese all'Università di Tehran. E' anche opinionista per varie trasmissioni di informazione e di attualità.