mercoledì 30 giugno 2010

Contro il calcio (terzo scritto)



Questo scritto segue ed integra due scritti altrettanto specifici, anche se la diffidenza e la disistima -se non il disprezzo vero e proprio- nei confronti della materia in oggetto sono ricorrenti nei materiali qui pubblicati.
Un primo
Contro il calcio è dell'ottobre 2008 ed un secondo Contro il calcio (reprise) del novembre dello stesso anno.

Il pallone è una roba per cui un numero variabile di giovani, di solito maschi (ma l'infezione ha raggiunto anche il sesso opposto che in qualche caso se ne inorgoglisce anche), si divide in due fazioni che si disputano un arnese rotondo da prendere a pedate fino ad un rettangolone di pali di ferro. Questo molto in sintesi.
Di pallonaggi, pallonerie e pallonate ce ne dovrebbero essere di vari tipi e di vari livelli, dal pallonaio di paese a quello intercontinentale che raggiunge i massimi gradi possibili di virtualizzazione mediatica; il livello più elementare, che consisteva nella pratica del pallonaggio in mezzo alle strade e nelle piazze, pare scomparsa per i soliti motivi: sihurézza, degrado, e non sia mai che esbollà o amàsse non trucchino a pentagoni neri le loro bombe antioccidentali per ammazzare i bimbi dell'oratorio.
Tutti i livelli superstiti sono accomunati da un sostegno mediatico, imprenditoriale e sociale talmente stretti da essere quasi inestricabili, e dalla scoperta approvazione di tutta la classe politica peninsulare, nessuna formazione esclusa. Il che autorizza a pensare che si tratti, a tutti i livelli, di uno dei più poderosi ottunditori mentali mai concepiti e che il suo sostegno continuo sia consustanziale al mantenimento del consenso.
A Firenze l'impegno "occidentalista" nei confronti di una realtà tanto repellente è assiduo, costante, continuo, visibile e caratterizzato da una tale assertività che un ex palloniere è addirittura capofila delle formazioni "occidentaliste" in consiglio comunale.
La nostra disistima per questa roba e per il mondo che vi gira attorno è assoluta, totale ed integrale.
Sorprendentemente, dopo anni di scandali vergognosi che hanno reso chiara anche a chi non voleva saperne di vederla la realtà dei massimi livelli della palloneria mediatica, parte di questa disistima trova anche una certa condivisione; è appurato che la palloneria di alto livello è monopolizzata da "giocatori" che sono in sostanza il frutto di una sorta di allevamento intensivo del tipo che serve per il bestiame selezionato, e che si comportano come intercambiabilissime ed ultracostose pedine attraverso cui una rosa di business men talmente ricchi da potersi permettere di fare capitalismo per puro spirito di azzardo delegano la costruzione di un'immagine positiva per il loro ego.
La tesi comunemente diffusa vuole che esita un pallone condannabile, grosso modo identificato con quello ad alta copertura mediatica, ed un pallone innocente, quello che la copertura mediatica l'ha ridotta, o non l'ha affatto. In altri casi si teorizza una sorta di variazione continua dell'abiezione, che varierebbe in maniera continua con la visibilità mediatica stessa.
A nostro avviso si dovrebbe invece parlare di variazioni quantitative, perché le negatività che spiccano in modo tanto macroscopico, tanto puntuale, tanto continuo nelle pallonerie mediaticamente più esposte sono presenti in tutte le dinamiche palloniere ed in tutti i loro contesti d'azione. L'involuzione in questo senso è arrivata al punto che l'esportazione di "modelli occidentali" di pallonaggio professionista anche in contesti dove le priorità sarebbero ben altre, come il Sahel o l'Africa subsahariana, viene presentata come una conquista quando non è altro che un distogliere intere generazioni dai ben più fondamentali traguardi dell'istruzione, di una vita dignitosa, di un utilizzo responsabile delle risorse. Una roba di pallone intercontinentale, in corso nel giugno del 2010 nella Repubblica Sudafricana, ha nuovamente riportato sotto i riflettori la questione, ed il suo svolgimento ne ha suggerite numerose altre.
Lo stato che occupa la penisola italiana ha una fazione di pallonieri strapagata ai cui partecipanti sono concessi, non si sa bene per quale motivo, i più alti onori di rappresentanza. Nel 2006 questa fazione, che indossava monture di un fastidioso azzurrastro con sulla schiena dei piastroni d'oro degni d'un medio calibro del cartello di Medellin, sarebbe addirittura risultata la migliore del mondo.
Quattro anni dopo le cose sono andate alquanto diversamente.
In tutto lo stato che occupa la penisola italiana, così come in tutto l'"Occidente", esistono molti contesti istituzionali che "lavorano" per la cosiddetta "integrazione" di questa o quella categoria che mass media e indossacravatte presentano come dissonante rispetto alle altre, solitamente per i nobili motivi del tornaconto e del successo elettorale. Carceri, scuole, centri di recupero e di "aggregazione" e così via si comportano, salvo casi eccezionali, come agenzie livellatrici verso il basso. In questa funzione ottunditrice ed omologante la palloneria (più virtuale che reale), gli "sport", quei cosi che vengono chiamati "reality" e via via tutto il marciume massmediale che gronda a tutte le ore del giorno da televisori sempre accesi e sempre più infarciti di carne svestita e di colori violenti hanno un ruolo imprescindibile.
Una delle molte prove in questo senso ce l'hanno fornita degli operatori sociosanitari ed assistenziali di nostra conoscenza, che ci hanno riferito come il su citato insuccesso dei pallonieri vestiti d'azzurro sia stato accolto, in una "residenza sanitaria assistita" fiorentina, da comportamenti all'insegna di quella disperazione che in contesti meno "integrandi" è possibile osservare in seguito ad eventi di una gravità immediata e concreta, quale potrebbe essere quello di un lutto improvviso. L'ambiente in cui si sono svolti i fatti è uno di quelli in cui la condivisione dell'interesse per la palloneria viene attivamente promosso o comunque tutt'altro che ostacolato.
Casi come questo fanno pensare che il satanico sistema di potere che pervade ogni livello della società consideri "integrazione" un sinonimo di abdicazione di ogni senso critico, di ogni consapevolezza, di ogni comportamento non consumista. Ogni individuo consapevole dovrebbe farsi preciso dovere di rifiutare, irridere, disprezzare, combattere e sradicare questa "integrazione".
Il pallonaggio virtuale, tanto utile e sovvenzionato, ha comunque un arcaico doppione reale punt'affatto diverso per dinamiche ed interessi in gioco. Alcuni eventi dello stesso giugno 2010 gettano un po' di luce anche su questi aspetti, portando acqua alla nostra tesi che vuole tutti i livelli del pallonaggio e della palloneria ugualmente infetti e negativi.
Il primo. Stando alle gazzette, mali tremendi avrebbero colpito parecchi individui in forza, all'inizio degli anni Settanta, nella più importante fazione palloniera di Firenze. E' interessante notare che per quanto riusciamo a ricordare, fino al 1989 almeno la propensione all'utilizzo di certi facilitatori farmacologici era dal gazzettaio ascritta in blocco ai cosiddetti "paesi dell'Est"; sull'"Occidente" non c'erano, per definizione, ombre di quel tipo. L'idea che la palloneria dei tempi andati fosse connotata da chissà quale incorruttibilità risulta ancora una volta priva di fondamento, e prove in questo senso ne possiamo rintracciare anche per periodi ben più distanti nel tempo. In un "Manuale del giuoco del calcio" edito da Bemporad nel 1935 di cui possediamo copia, il denaro veniva già indicato come primo motore della palloniere e della fazione di successo, prima e ancora di qualunque preparazione atletica.
Il secondo. Il gazzettame -incredibile che l'articolo venga pubblicato proprio da una delle gazzette che più promuovono ogni aspetto della sedicente "civiltà" occidentale- si premura di portarci a conoscenza dei maneggi di un individuo che avrebbe drenato minorenni da fazioni palloniere del sud della penisola, ed è improbabile che l'abbia fatto gratis, a favore dei ranghi di fazioni toscane. Il tutto condito da evasioni all'obbligo scolastico, cibo lesinato e sistemazioni discutibili.
L'impressione che se ne ricava è che lo sporco anche morale, la speculazione sulla vita altrui, le bassezze ed una generale venalità che non rispetta nulla e nessuno non siano aspetti residuali, ma essenziali del mondo del pallone nella sua interezza.
A Firenze questo mondo è difeso a spada tratta dalle formazioni politiche "occidentaliste", sia che si tratti di pallone travestito sia che si tratti di un'erigenda "cittadella viola" di cui ci appaiono misteriose -se non dannose- sia la la funzione che il pubblico interesse.
Il fatto che le formazioni politiche "occidentaliste" al momento al governo nello stato che occupa la penisola italiana non abbiano altre priorità che queste, con l'ovvia esclusione di una sihurezza e di una lotta a i'ddegrado finalizzate alla mera carcerizzazione di ogni aspetto della vita sociale in un contesto in cui continuano a crescere disuguaglianze già vistosissime per conto loro, dovrebbe gettare piena luce sulla natura essenzialmente infera dell'intera materia.

martedì 29 giugno 2010

Di Firenze, di Casa Pound, di scuole e di caserme


Il 26 giugno 2010 si è tenuto a Firenze un corteo per protestare contro la presenza in città di Casa Pound. Parteciparvi ha significato assolvere ad un piacevole dovere.
Come si ricorderà, Casa Pound è sostanzialmente una rivendita di magliette, cappellini e dischi con annessa mescita, come ce ne sono tante altre. A differenza delle altre, Casa Pound si rivolge ad un target simpatizzante di una destra che non si saprebbe bene neppure come definire, infoltito nel corso degli ultimissimi anni dalla blindatura dei pallonai in cui per decenni si è inneggiato alla violenza più ebete, inutile ed irritante. Alcuni dei clienti della boutique Casa Pound si sono presentati in alcune tornate elettorali all'interno delle liste del piddì con la elle.
L'estrema destra peninsulare non sta passando un buon momento: i partiti "occidentalisti" presenti nella camera alta e nella camera bassa, autentici fòmiti di incompetenza vociante, insultante, inutile e millantatrice, ne hanno saccheggiato le istanze senza il minimo pudore riducendone dunque la visibilità e l'appeal elettorale ai minimi termini, e al tempo stesso ne hanno prosciugato il bacino dell'elettorato attivo infarcendo le liste con qualsiasi scarto di sottoscala a disposizione.
I risultati, con i fan di Codreanu nei consigli comunali, sono sotto gli occhi di tutti.
Negli ultimi giorni di giugno 2010, anche la presenza territoriale toscana del maggiore partito "occidentalista", il piddì con la elle, sta letteralmente liquefacendosi. E' rimasta vittima di un repentino "rompete le righe" causato da un'istruttiva, eloquente serie di ripicche, piccinerie, veti incrociati, litigi e voci di corridoio perfetta espressione della mestruale avidità miope e cialtrona che caratterizza base elettorale, militanti, quadri, dirigenti ed eletti.
Dal punto di vista per loro fondamentale, quello dell'occupazione di più poltrone possibile, non è un grosso problema: le prossime elezioni sono lontane e basterà qualche mustad'af cui attribuire un po' di delitti efferati, un po' d'insihurézza e un altro po' d'i'ddegrado, per ristabilire intatte le posizioni. Non è certo sulla presenza fisica sul territorio -e tantomeno su qualche iniziativa utile e concreta- che gli "occidentalisti" fanno leva per i suffragi da trasformare in rendite.
Tutto questo potrebbe anche rendere i cortei contro la boutique Casa Pound sostanzialmente inutili; questa gente in fatto di autolesionismo raggiunge risultati tali che potrebbe benissimo fare a meno dei nemici. Tuttavia i cortei hanno una loro funzione perché permettono di rimettere le cose al loro posto: la forza dei numeri dimostra che una formazione sedicentemente dedita alla politica di piazza come la boutique Casa Pound gode al contrario di una visibilità mediatica molto, molto, molto superiore alla consenso concretamente riscosso. I già citati 44 (quarantaquattro) voti su 55000 (cinquantacinquemila) elettori racimolati in una pur inutile consultazione universitaria avrebbero già obbligato a cambiare carriera chiunque fosse dotato di minore faccia tosta.
La clientela della boutique Casa Pound si riconosce -e si candida- nelle formazioni "occidentaliste" responsabili della attuale carcerizzazione della vita sociale, praticando un "antagonismo filogovernativo" come solo lo stato che occupa la penisola italiana è in grado di produrre, stanti le irriferibili condizioni di una classe politica prefetta espressione dei sudditi. Il corteo del 26 giugno è passato davanti a due edifici, di cui si pubblicano le immagini. Uno è una caserma della gendarmeria, l'altro una scuola superiore. Telecamere, portoni sbarrati, bandiere, inferriate. Caserme come scuole, scuole come caserme. Indistinguibili l'una dall'altra ed indistinguibili dall'ingresso di un carcere; perfetto specchio dei tempi e del concetto "occidentalista" delle "istituzioni" sociali, cui i clienti della boutique Casa Pound dànno un contributo entusiasta.


venerdì 25 giugno 2010

Generazione[omissis]firenze.it



Firenze, 24 giugno 2010.
Una giornata relativamente intensa per pallonieri e pallonerie varie, a livello locale e a livello globale.
A livello locale il pallone travestito si è concretizzato in una sola "partita" in cui non è scorso sangue. Cosa molto mal accetta dai capogreppia "occidentalisti" che non hanno mancato di ciarlare a qualche gazzettiere accomodante, che su "Il Giornale della Toscana" del giorno dopo ha statuito il fallimento della manifestazione, la colpa del sindaco, eccetera eccetera. De hoc satis.
A livello globale, undici esemplari selezionati tra i migliori degli allevamenti pallonistici della penisola italiana sono stati esclusi da una gara di pallonate importantissima che si svolge nella Repubblica Sudafricana, cosa di cui c'importa, se possibile, ancora meno.
Questi gli eventi della giornata specifica.
Più in generale, il 24 giugno di ogni anno si tiene anche uno spettacolo di fuochi artificiali; i fuochi artificiali solitamente vanno d'accordo tra di loro quel tanto che basta da non dover aspettare una sera d'estate per regolare a pugni, morsi e testate le loro faccende, per cui i fuochi artificiali, a Firenze, si tengono con cadenza molto più regolare e con molti meno contrattempi rispetto a quanto non succeda per le "partite" del pallone travestito.
Con l'occasione i due terzi buoni degli abitanti del centro e dell'immediata periferia si riversano sui lungarni; la zona più affollata comprende San Niccolò ed il lungarno dirimpetto, visto che i fuochi d'artificio vengono lanciati da Piazzale Michelangiolo. Per qualche ora, detta zona si riempie non soltanto di chioschi di vario genere, ma anche di gendarmi -ne abbiamo visti controllare chissà che a gente seduta su coperte ed asciugamani sul greto del fiume- e di volantinatori e propagandisti delle cause più astruse; di solito non mancano visionari ed utopisti più o meno a tassametro, né una certa comunità terapeutica che chiede perentoria "firme contro la droga" registrando chiunque non firmi all'istante sul libro nero dei fans della morte per overdose.
In questa particolare occasione, qualcuno ha volantinato la zona con la pubblicità della sezione fiorentina di una neonata "Generazione [omissis]".
A sentire questo qualcuno, si dovrebbe "dimenticare la vecchia politica" e "fare largo ad una nuova generazione".
Una nuova generazione di cosa, verrebbe da chiedersi: di scaldatori di poltrone? Di buoni a nulla? Di frequentatori di prostitute? Di appassionati di pallone? Di forcaioli da bar sport? Di zeri spaccati? Di "universitari" con quindici bolli sul libretto? Di obesi?
L'iniziativa di "generazione[omissis]" è di parte "occidentalista", dunque i dubbi di cui sopra sono tutti legittimi, in considerazione dei curricola sciorinati dai massimi rappresentanti dell'"occidentalismo" fiorentino. La politica giovanile "occidentalista" di qualche anno fa si segnalava per iniziative concrete e costruttive quali le serate in discoteca con Sandro Bondi, guarda caso in uno dei locali che a giugno 2009 sono stati chiusi dalla gendarmeria perché intrisi di cocaina.
Se fosse questa la vecchia politica da dimenticare potremmo anche essere d'accordo. Solo che il motivo per dimenticarla è, con ogni evidenza, che gli organizzatori delle seratine bondiane stanno già occupando una o più poltrone mentre dietro di loro ci sono le nuove leve che sgomitano.
Il retro del volantino è un appello assolutamente incolore ad un volontarismo da barzelletta. Se non si sapesse da che pulpiti arrivano certe prediche ci sarebbe più da ridere che non da provare il più sdegnato dei disprezzi. Quelli di "Generazione[omissis]" si identificano nientemeno che nel piddì con la elle, ovverosia in quella formazione "politica" che più di tutte le altre ha contribuito a creare quello stato di immobilismo sociale, di rifiuto del confronto, di individualismo assoluto, di rampantismo fine a se stesso e di sensazione di decadenza che questi mangiatori di maccheroni dicono di voler combattere.
Il panorama politico dello stato che occupa la penisola italiana, scrivevamo tempo fa, è arrivato a tali vette di repellenza insulsa da contemplare perfino, come in questo caso, l'esistenza di organizzazioni dedite ad un ossimorico antagonismo filogovernativo.
Ma non basta.
La "nuova generazione" cui si dovrebbe far posto si sta segnalando, e non da oggi, per un conformismo a tutta prova, per omologazione dei consumi e per una crescente e colpevole incultura. Pare che in alcune scuole superiori della città di Prato (quella di cui gli "occidentalisti" stanno riscoprendo le radici cristiane) esistano classi in cui l'ammissione all'anno successivo è affare che riguarda una minoranza di iscritti.
Perfettamente coerente con i principi inferi dell'"occidentalismo" e con i rovinosi tempi in atto, "Generazione[omissis]" invita perentoriamente a dare visibilità e credito a gente che è ragionevole supporre non sappia gestire con un minimo di cognizione di causa neppure la propria vita sessuale. L'invito ad autoschedarsi sul sito di autoschedatura di massa più in voga da qualche anno in qua completa l'inquadramento dell'iniziativa nell'alveo di quel conformismo d'accatto che tanto piace alla razzumaglia in cravatta.
Uno dei lati più agghiaccianti dell'autoschedatura di massa lo si nota quando un autoschedato muore o viene ucciso; per conoscerne vita ed affari gendarmi e gazzettieri non hanno più bisogno né di spie né di uscire dalla redazione. Un paio di clic, un nome e cognome e via, si sa anche che il defunto si dedicava ad attività connotate da una forte originalità e da una consapevolezza intellettuale a tutta prova, come l'apprezzare la nutella o Gigi d'Alessio o i pallonieri con le magliette viola o rosse o a strisce.
"Generazione[omissis]", dunque, ha anche la sfrontatezza di far finta di non rendersi conto che è essa stessa il male che dice di voler combattere. Attribuire buonafede a gente simile è ovviamente fuori discussione.
Non è questo, tuttavia, l'unico "problema" che "Generazione[omissis]" dovrà affrontare. Quello più grave è dato dal padrone vero del piddì con la elle, che ha fatto sapere chiaro e tondo di non tollerare correnti, fazioni, fondazioni e critiche di alcun genere, pena finire in pasto a qualcuno dei dobermann giornalai cui lo stesso individuo deve la propria fortuna e la propria assoluta impunità. Un'altra organizzazione di "giovani" del piddì con la elle fiorentino ha già emesso qualche giorno fa un comunicato in cui fulmina praticamente la scomunica contro un ex simpatizzante, reo di essere passato nella nuova struttura secondo un comportamento che un pastore paranoico non può che affibbiare ad un agnello traditore.

mercoledì 23 giugno 2010

Di esami di stato, di foibe e di nazionalismo d'accatto


Maccaruna 'e Napule (fonte: fxcuisine.com). Nonostante i cento e più anni trascorsi l'immagine è quella che a tutt'oggi meglio descrive la retorica "nazionalista" costruita per lo stato che occupa la penisola italiana; un nazionalismo costruito sulle "fettuccine Alfredo" non ha, probabilmente alcun eguale al mondo.
Chi volesse attualizzare l'immagine potrebbe aggiungervi riferimenti ad altri fondamentali "valori occidentali" nel frattempo affermatisi, quali l'utilizzo di stupefacenti, la frequentazione di prostitute, il pallonaio televisivo e non, la pornografia, l'incultura percepita e presentata come motivo di vanto...

Il sistema scolastico in essere nello stato che occupa la penisola italiana prevede, alla conclusione di un ciclo di istruzione secondaria, un esame cui è rimasto l'irritante nome di "maturità", correzioni leguleie nonostante.
Financo nella denominazione, l'esame incombente è di solito motivo per sottoporre le scolaresche a tirate pseudopedagogiche e pseudovaloriali che indicano nel comportamento ossequioso verso il potere politico ed economico e tutti i loro rappresentanti, fino ai più infimi, l'unico atteggiamento socialmente accettato ed accettabile sotto pena di marginalizzazione, stigmatizzazione, dropping out immediato e privo di rimedio.
Niente su cui ridire: in un "Occidente" in cui gli unici comportamenti non demonizzati sono quelli di consumo, il cui incoraggiamento è in ogni sede proporzionale alla loro irresponsabilità, il valore adattivo di certe direttive è indiscutibile.
In scuoline, scuolette, Prestigiosi e Selettivi Istituti, famiglie ed altri luoghi deputati alla socializzazione organizzativa, con "maturità" si intende sostanzialmente la supina accettazione dello stato di cose presente e dei "valori" dominanti, con particolare riguardo a quelli graditi ad un potere politico per il quale la riduzione a suddito di qualunque individuo non si riconosca in comportamenti di consumo arrivati da decenni all'ossessione e al vomito è una priorità irrinunciabile.
Con premesse di questo tipo, è ovvio che i casi di immaturità conclamata si susseguano fino ad età poco compatibili con la giovinezza e che il più delle volte si concretizzino in comportamenti economici distruttivi o irresponsabili, rendendo la "maturità" di cui sopra, nella sua residua accezione di "adozione di comportamenti responsabili e consapevoli", ancor più degna di irrisione sarcastica di quanto non lo sia di per sé.
Il problema è che la stessa adesione ai "valori" sostenuti dal potere sta diventando difficile. L'erosione continua del potere d'acquisto sta falciando ormai da decenni -ché non si tratta certo di una crisi passeggera- redditi ed ambizioni dei sudditi. Globalizzazione non significa soltanto che esistono zone di Mumbai dove si vive come a Milano, ma anche e soprattutto che esistono zone di Milano dove si vive come a Mumbai. Questo falcidiamento dei redditi e del potere d'acquisto va per giunta a colpire una generazione che in molti casi ha scientemente considerato formazione, preparazione e competenza come zavorre di cui liberarsi: lo stato che occupa la penisola italiana costituisce per più versi un caso unico al mondo ed uno dei motivi di questo sta nel fatto che il disprezzo per la competenza e per la cultura vi godono di un'approvazione sociale estesa, crescente e coltivata con ogni cura da un potere politico interessatissimo a mantenere con ogni mezzo un clima sociale che impedisca ai sudditi di chiedere conto a politici ed amministratori più o meno eletti del peggioramento sistematico delle condizioni di vita e dell'incredibile affastellarsi di promesse non mantenute.

Il potere politico, nello stato che occupa la penisola italiana, è da decenni espressione stessa del lobbysmo mediatico al punto che gli appartenenti all'uno e all'altro sono intercambiabili o, nel migliore dei casi, legati a doppio filo. Esistono cose in cui la classe politica non si riconosce affatto e che costituiscono un passato ingombrante, oggetto di alcuni ben finanziati tentativi di riscrittura demandati a professionisti o similprofessionisti della storiografia, incaricati di fornire pezze d'appoggio alla vulgata "occidentalista" da passare ai mass media del mainstream.
E' possibile identificare con facilità almeno due filoni in questo tipo di riscritture.
Il primo, di ambiente leghista e sedicente cattolico, punta da qualche lustro ad una profonda revisione del processo che nel XIX secolo portò all'unificazione territoriale della penisola. Le insorgenze antifrancesi ed antigiacobine, le "controrivoluzioni" in cui si vogliono riconoscere analogie a quanto avvenuto in Vandea, il brigantaggio, le monarchie e le repubbliche peninsulari sono oggetto di una riscoperta che copre tutto l'areale compreso tra il serissimo approfondimento accademico e, più spesso, la cialtronata buona per i mangiatori di radicchio della bassa trevigiana. Lo scopo neanche tanto recondito di simili approfondimenti sta nella costruzione di un "mito fondante" alternativo a quello che permea la divulgazione storica nello stato che occupa la penisola italiana, nella prospettiva di una sua completa sostituzione.
Il secondo filone, di ambiente destrorso e scrostato solo negli ultimi anni dai sottoscala cui era relegato da sei decenni almeno ed in cui vivacchiava producendo centoni memorialistici e aneddotici, è dedito ad un ancora più sterile coltivazione di miti piagnucolosi basati sulla presunzione d'innocenza del regime autoritario che per una ventina d'anni blindò le istituzioni dello stato che occupa la penisola italiana, ai tempi retto nientemeno che da una monarchia ereditaria.
Questo secondo filone è quello che più influenza al momento gli ambienti "culturali" ammessi al finanziamento statale e l'istruzione in genere, dovendo il primo contentarsi di qualche produzione cinematografica e di qualche tradizione inventata su misura, perché dagli stessi sottoscala arriva la classe "politica" che ha sciamato ovunque e che non dà alcun segno di rendersi conto dell'autoreferenzialità ebete e della somma cialtroneria di certe riscritture.

Per la "maturità" su disprezzata, chi di dovere ha partorito una serie di "tracce" tra cui, ci dicono, spicca uno Star Treck che non si sa bene cosa sia ma che si vuole abbia a che fare con certa "fantascienza".
E' normale che gli "occidentalisti" spingano la loro abituale protervia oltre i limiti della cecità. Tra essi "occidentalisti" è ancora diffusa l'ammirazione per uno grasso di Predappio che partendo dalla poltroncina di gazzettiere finì alla poltrona di primo ministro con il macchinone e la ganza, in questo corrispondendo alla grande agli ideali di fondo dell'"occidentalismo" contemporaneo che vedono nell'ostentazione di lussi grossolani, nel cacciarlo in corpo alle ragazzine e nell'ingrassare in modo debordante la piena realizzazione delle potenzialità umane. L'epilogo non fu dei migliori: dopo essere riuscito a cacciare la penisola italiana dentro un'evitabilissima tragedia mondiale, fu catturato mentre scappava con addosso una divisa straniera e fu appeso per i piedi, con il cranio sbriciolato a colpi di mitra, a finire di sgrondare il proprio sangue sul selciato di una piazza milanese.
Come gazzettiere prima e come primo ministro poi, quel romagnolo aveva scritto interi faldoni di idiozie giovanilistiche. Eppure, chissà chi non ha trovato di meglio che proporre agli esaminandi la trascrizione di un discorso, menzognero fin nelle virgole, in cui questo signore rivendicava la piena responsabilità "politica, morale, storica" del rapimento di un deputato avversario avvenuto nel 1924 e finito in omicidio essenzialmente grazie alla cialtroneria di chi l'aveva commesso, essendo l'autoritarismo peninsulare mediocre in tutto, anche nel delinquere, e come tale timoroso perfino del ricorso all'assassinio politico in un'epoca in cui esso rappresentava la prassi ordinaria ad ogni latitudine. Un assassinio politico che fu rivendicato e fatto proprio soltanto quando fu dissolto ogni pericolo di dover liberare -con le buone o con le cattive- un po' di poltrone e andare nel migliore dei casi a cercarsi un lavoro qualunque.
E' probabile che la cialtroneria di fondo che caratterizzò -assieme alla bassezza menzognera, all'incompetenza, all'invidia, ad un nazionalismo revanscista e sostanzialmente ridicolo prima e ancora che pericoloso- i vent'anni di autoritarismo che caratterizzarono la prima metà del XX secolo nella penisola italiana abbiano affascinato ambienti politici che in essa cialtroneria a tutt'oggi si riconoscono, così come si riconoscono negli altri demeriti della classe politica di quei tempi.

Il pezzo forte del"P000 - Esami di stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore" è però un "tema di argomento storico" di cui questa è la traccia:

Ai sensi della legge 30 marzo 2004, n. 92, “la Repubblica riconosce il 10 febbraio quale «Giorno del ricordo» al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”.
Il candidato delinei la “complessa vicenda del confine orientale”, dal Patto (o Trattato) di Londra (1915) al Trattato di Osimo (1975), soffermandosi, in particolare, sugli eventi degli anni compresi fra il 1943 e il 1954.

"Ai sensi della legge". Facile, farci dell'ironia. Da un incipit come questo pare quasi che il senso della citata "legge" sia quello di imporre a chicchessia lo svolgimento di temi d'argomento storico (sotto pena di chissà quale sanzione) ma andiamo avanti.
La parte interessante della traccia sta nell'esplicita richiesta di centrare lo svolgimento sugli anni compresi tra il 1943 ed il 1954.
La "Giornata del ricordo" è stata oggetto di pesanti e motivate critiche fin dal momento della sua istituzione, centrate sulla miriade di punti deboli di quella che appare essere il risultato di un'operazione propagandistica da imporre ai sudditi più che quello di una ricerca storiografica accurata e motivante. In particolare, la natura propagandistica dell'iniziativa e della connessa "legge" emerge chiaramente perfino dalle righe che riportiamo, in cui si impone a chi svolge il tema una sostanziale scotomizzazione degli eventi di un determinato periodo storico, cosicché ne restino in ombra i presupposti.
Un rimanere in ombra dei presupposti che porta giocoforza acqua al mulino della revisione e della riabilitazione, portando a postulare la malvagità metafisica del Nemico e la bontà, altrettanto metafisica, di coloro che facevano capo allo stato che occupava -e che occupa- la penisola italiana.
L'operazione non ha portato, una volta di più, i frutti sperati, nonostante il battage ed i cospicui investimenti propagandistici che gli "occidentalisti" hanno compiuto sulla questione e che rappresentano il raggio di una ruota che in realtà ne conta numerosi altri, tutti tesi a rendere presentabile un "nazionalismo" ed un "orgoglio nazionale" che presentabili non sono, non saranno mai, e che sono da sempre oggetto di scoperto e giustificatissimo dileggio.
Secondo dati non sapremmo quanto attendibili, il tema delle foibe sarebbe stato scelto dallo 0,6% dei candidati. Circa tremila individui.
I motivi fondamentali di questa disaffezione possono essere rintracciati in molti settori, ma la spiegazione più probabile è anche la più semplice. La storia contemporanea viene, e da decenni, sistematicamente trascurata dall'insegnamento secondario, solitamente adducendo tra i motivi più correnti le poche ore di lezione disponibili in cui vanno stipati programmi pletorici.
Tra i micropolitici "occidentalisti" che spoltronano a Firenze ce ne sono molti che hanno avuto una "carriera" scolastica ed accademica di una lunghezza decisamente sproporzionata rispetto ai titoli conseguiti ed ai meriti riconosciuti; la familiarità con l'ambiente scolastico deve aver comunque messo qualcuno di costoro in condizione di piazzarvi i propri delatori. E si sa che la delazione, in un ambiente di totale ed infera sovversione come quello "occidentalista", viene considerata un comportamento virtuoso cui instradare i sudditi fin dalla prima adolescenza ed è dunque un'arma politica di ordinarissimo utilizzo, specie quando, come in questo caso, ci sono impianti propagandistici da difendere.
Proprio in una delazione andò ad incappare, all'inizio del 2010, una docente di scuola inferiore della fiorentina scuola media Botticelli che ha avuto il torto di rimettere al loro posto i commemoratori scotomizzati. Sostenere che la storia non comincia nel 1943 è un crimen laesae maiestatis perché rischia di restituire ai propagandisti il ruolo di pastapipos che, molto giustamente, li stigmatizza in qualunque realtà del pianeta diversa dalle redazioni del giornalame più servo.
Il punto è che nonostante gli interventi delatori e la visibilità mediatica assegnata alle istanze "occidentaliste" dal gazzettame, a spese di chiunque ne faccia notare la pochezza irritante ed i sottofondi menzogneri ed interessati, la "commemorazione" delle "vittime delle foibe" è ed è rimasta roba da conventicola.
Unico modo per consolarsi, addossare la colpa al temuto giudizio dei "professori rossi", come ha tentato di fare "Il Giornale della Toscana" del 23 giugno 2010, in una di quelle geremiadi per mentecatti per le quali quella gazzetta è giustamente famosa.

martedì 22 giugno 2010

Uno sguardo sulla Firenze del Calcio Storico


Sembra che almeno per il 2010 la più che discutibile "tradizione" fiorentina del Calcio Storico -in questa sede definita pallone travestito e trattata con la scostanza e con la sostanziale disistima dovuta a palloni, pallonieri, pallonate e pallonerie di qualunque genere, specie e soprattutto costo- non andrà in scena.
O meglio, non andrà in scena nella sua completezza, perché stando ai comunicati stampa che si trovano in giro sembra che qualcosa siano riusciti ad accrocchiare lo stesso.
La colpa di tutto è, dicono gli "occidentalisti", del sindaco -e del sindaco in persona, stando al titolame gazzettaio- e di un regolamento che, heri dicebamus, in sostanza allontana dalle pallonate travestite gli ultraquarantenni, gli spacciatori, i trafficanti di armi e gli omicidi. Sembra che senza queste categorie mettere insieme quattro "squadre" in grado di pestarsi a sangue in una piazza sia diventato qualcosa d'impossibile.
Secondo gli "occidentalisti" politici, dunque, burocrazia, miopia e cattiveria pura e semplice avrebbero impedito il dispiegarsi glorioso del fior fiore della florentinitas.
Molto stranamente, stavolta il gazzettaio rende pessimi servizi a quell'"occidentalismo" che non perde occasione di riverire. Vediamo dunque una brevissima rassegna delle occasioni in cui, negli ultimi due anni, gli spirti magni discendenti dei Medici e dei Lorena, gli eroi di Siena e Semifonte hanno dimostrato amor patrio, orgoglio, altruismo, abnegazione e propensione al sacrificio disinteressato secondo i più schietti ideali cavallereschi.

Cercano di investirli e poi li bastonano, 14 giugno 2010.
Arrestato manager viola, 3 giugno 2010. Sul caso di Dimitri Rocchi.
Botte e avances a Mutu e signora ex calciante ancora nei guai, 7 maggio 2010. Daniele Taddei. Secondo arresto in due mesi.
Aggredì gli amici di Mutu e signora è lo stesso che aveva picchiato due ragazze, 7 maggio 2010. Approfondimento dell'articolo su citato.
Ragazze picchiate in discoteca preso ex calciante, 25 aprile 2010. Daniele Taddei.
Botte alle ragazze, preso ex calciante. 25 aprile 2010. Ancora sull'arresto di Daniele Taddei, per la nobile ed eroica motivazione indicata nel titolo.
Si barrica in casa col coltello urla, botte, bloccato dai carabinieri, 3 settembre 2009.
Accuse ai buttafuori - Violenza illegale, 23 giugno 2009.
"Vi ammazziamo", e giù sprangate, 5 maggio 2009.
Rissa, condanne a 42 calcianti, 13 febbraio 2009.
Guadagnolo denuncia una aggressione in casa, 11 febbraio 2009. "...L'ex calciante, 48 anni, precedenti per tentato omicidio, lesioni, traffico di stupefacenti...".

Questi sono soltanto alcuni tra gli scritti degli ultimi due anni, riportati da una sola delle gazzette locali. Una ricerca accurata e metodica ne svelerebbe chissà quanti altri, e si tratta soltanto di quello che arriva ad attirare l'attenzione dei gazzettieri.
Cercando ancora, troviamo il caso di uno cui, oltre al possesso di stupefacenti a fine di spaccio, fu contestata "...anche la detenzione illegale di munizioni da guerra perché nel salotto di casa aveva una cinquantina di cartucce calibro 7,62" (un "ricordo del servizio militare" alquanto ingombrante, in tutti i sensi), e casi ancora più sordidi, dai tentati omicidi alle violenze carnali, che indicano un utilizzo abituale della violenza fisica come segno di un'ordinaria tendenza alla prevaricazione ed all'arbitrio, sotto le cui insegne si dipanano intere esistenze.
Un esempio tra i molti possibili, Due chili di cocaina alla settimana la piazzavano buttafuori e calcianti, 19 dicembre 2006.

Droga, armi e prevaricazione, conditi con uno stile relazionale abitualmente impostato alla violenza indiscriminata.
La difesa "occidentalista" del calcio storico e dei suoi protagonisti non va certo considerata incoerente. Si stanno difendendo i migliori esempi di completa adesione ai "valori" della "civiltà occidentale" che la città di Firenze sia attualmente in grado di produrre!

venerdì 18 giugno 2010

Kirghizistan: nessuna Neda per le vie di Osh


Kirghizistan, il Tien Shan a sud di Bishkek, estate 2008.

Il Kirghizistan è una repubblica centroasiatica divisa in modo abbastanza netto in due parti da una catena montuosa che va grosso modo da est ad ovest. La capitale è decentrata rispetto al resto del paese e sorge praticamente sulla frontiera kazaka. La maggior parte delle frontiere tra i paesi dell'Asia Centrale, segue percorsi capricciosi per non dire assurdi; sono state tracciate durante lo stalinismo da qualcuno, forse lo stesso იოსებ ბესარიონის ძე ჯუღაშვილი, che ha fatto di tutto per dare l'impressione di essersi messo a giocare al geografo dopo una nottata passata ad alzare il gomito. Stati "nazionali" mai esistiti prima di allora si sono dunque trovati ad amministrare territori abitati da popolazioni commiste, mantenute al loro posto dalla polizia politica, dalla prospettiva della deportazione e da qualche offa come la carriera militare.
La "libertà" d'ufficio seguita al collasso dell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche ha lasciato dappertutto al loro posto i vecchi apparati di potere, che in qualche caso hanno scricchiolato soltanto grazie alla rovinosa intromissione amriki ed alle ingerenze statunitensi travestite da rivoluzioni.
Nel 2005 una "rivoluzione dei tulipani" portò alla presidenza Kurmanbek Salievič Bakiev, in mezzo al tripudio di prammatica dei mass media "occidentali", in blocco penzolanti dalle labbra dei manutengoli, dei lobbysti, dei buoni a nulla, degli incompetenti viziati, dei maneggioni e della spazzatura con la cravatta cui la presidenza amriki dava in blocco il curioso nome di "consiglieri politici".
Nel 2010, finita nel tubo di scarico una "era Bush" contrassegnata da politiche semplicemente forsennate e da una sostanziale serie di fiaschi militari (l'Afghanistan occupato dal 2001 e in preda alla guerriglia, l'Iraq aggredito nel 2003 segnato da una quotidianità sanguinosa e tenuto solo profondendo risorse a piene mani), sono finite nel tubo di scarico anche le "rivoluzioni colorate", con protagonisti e comprimari lasciati più che altro al loro destino.
Il Kirghizistan di oggi è un paese in cui è ancora forte la presenza russa ed in cui la popolazione vive in buona percentuale di pastorizia e soprattutto di allevamento di cavalli, con un nomadismo per lo meno stagionale perché in molti lasciano i centri abitati in estate per seguire le mandrie in alta quota, vivendo nelle yurte. Le montagne altissime che costituiscono la quasi totalità del territorio sono inframezzate da valli profonde, irrigate con cura e destinate all'agricoltura intensiva.
Proprio la presenza e gli interessi russi possono aver rappresentato un fattore che Bakiev ha ignorato, facendone immediatamente le spese, nella costruzione di un potere personalistico e clientelare perfettamente in linea con quello del suo predecessore e caratterizzato da una disuguaglianza sociale in crescita, al pari dei prezzi al dettaglio. Unica differenza, che rappresentava poi l'obiettivo primario delle "rivoluzioni colorate", l'orientamento favorevole agli amriki in politica estera, tradotto nell'ospitalità concessa ai loro militari nell'aeroporto Manas di Bishkek.
Rieletto alla fine della seconda presidenza Bush secondo metodi e percentuali che fanno gridare allo scandalo ogni volta che vengono messi in pratica da chiunque non sia perfettamente in linea con gli interessi amriki ma che in questo caso -ovviamente- nessuno ha pensato di contestare, Bakiev è stato cacciato dal paese da una sommossa popolare che prima ha costretto all'esilio lui e poi, dopo essere sfociata in sanguinose rese dei conti a carattere interetnico, tutta la minoranza uzbeka del paese, costituita da centinaia di migliaia di persone che si sono accalcate alle frontiere e sono entrate in Uzbekistan creando in poche ore un'emergenza umanitaria.

La città di Osh vista dall'altura detta Trono di Salomone, estate 2008.

La presidenza ad interim è riuscita a sedare gli scontri soltanto richiamando alle armi tutti gli uomini validi; al 18 giugno 2010 il conto assomma, solo per la zona meridionale di Osh, ad oltre centonovanta vittime secondo stime per difetto.
Che non tutti i morti siano uguali, specie per le gazzette, costituisce un dato di fatto.
La situazione in Kirghizistan è relegata alle pagine interne, ai secondi piani, ai trafiletti, alla pagina del folklore; pare impossibile ma nessun avanzo di redazione ha ancora trovato qualche foto di Miss Bishkek senza vestiti da mettere in prima pagina.
Scarseggiano in particolare le foto di manifestanti avvenenti, nonostante abbiamo avuto modo di constatare di persona che le belle ragazze non mancano neppure sul Tien Shan; meno che mai si hanno filmati e racconti strazianti di agonie in mezzo di strada a mezzo di proiettili dal vagabondaggio più o meno intelligente.
Il messaggio non potrebbe essere più preciso. Non essendo in discussione almeno nell'immediato alcun obiettivo economico o geostrategico -il governo ha assicurato che gli interessi amriki non saranno toccati in alcun modo, in particolare la presenza all'aeroporto Manas- ed essendo la popolazione "libera" di sperperare risorse in tutti i beni di lusso che crede senza che lo hijab ne ostacoli l'ostentazione, il popolo kirghiso tulipanescamente redento può farsi ammazzare in santa pace lontano dalle cronache.

martedì 15 giugno 2010

Dal CIE (campo di concentramento) di Ponte Galeria, Roma


Giugno 2010. Nei giorni scorsi le gazzette hanno dato un certo risalto al fatto che uno che fa il ministro dell'interno per conto dello stato che occupa la penisola italiana avrebbe individuato il luogo in cui anche la Toscana avrà l'onore di allestire un campo di concentramento.
I tempi delle industrie che inorgoglivano? Spariti.
Le produzioni di nicchia? Andate.
Gli eventi culturali? Greppie sature, roba da anarconazislamocomunisti ostinati da tagliare senza rimpianti. Così imparano a disprezzare il pallonaio, la palloneria, i palloni e i pallonieri in servizio continuo e la pornografia governativa di cui il mainstream è tanto generoso.
All'inizio del XXI secolo la propaganda della Repubblica Islamica dell'Iran dà risalto all'industria spaziale, ragiona in grande stile sulle energie alternative e vanta i progressi della ricerca farmaceutica.
Quella dello stato che occupa la penisola italiana magnifica i campi di concentramento come imprescindibili conquiste della civiltà "occidentale".
Pochi mesi fa l'"occidentalismo" toscano ha allagato i mass media con una campagna elettorale i cui punti di forza erano una candidata di cui nulla sapremmo dire se non che faceva la sua buona figura in costume da bagno (i manifesti statuivano che era "il nuovo presidente". Scomparsa nel nulla dopo dieci giorni),la denigrazione demente di uno dei sistemi sanitari migliori d'Europa (vecchio cavallo di battaglia che anni or sono costò piuttosto salato in termini di immagine e di denaro) e, soprattutto, l'assoluta necessità di un campo di concentramento.
Si diffonde quindi un comunicato che porta la firma di un gruppo di detenuti del CIE di Ponte Galeria (Roma) e la data dell'11 giugno. Ecco di cosa mena vanto la politica "occidentalista".


Comunicato di un gruppo di detenuti del CIE di Ponte Galeria (Roma)Ven, 11/06/2010 - 01:27

A tutte le persone che vivono in questo paese
A tutti coloro che credono ai giornali e alla televisione

Qui dentro ci danno da mangiare il cibo scaduto, le celle dove dormiamo hanno materassi vecchi e quindi scegliamo di dormire per terra, tanti tra di noi hanno la scabbia e la doccia e i bagni non funzionano.
La carta igenica viene distribuita solo 2 giorni a settimana, chi fa le pulizie non fa nulla e lascia sporchi i posti dove ci costrigono a vivere.

Il fiume vicino il parcheggio qui fuori è pieno di rane e zanzare che danno molto fastidio tutto il giorno, ci promettono di risolvere questo problema ma continua ogni giorno.

Ci sono detenuti che vengono dai CIE e anche dal carcere che sono stati abituati a prendere la loro terapia ma qui ci danno sonniferi e tranquillanti per farci dormire tutto il giorno.

Quando chiediamo di andare in infermeria perchè stiamo male, l’Auxilium ci costringe ad aspettare e se insistiamo una banda di 8-9 poliziotti ci chiude in una stanza con le manette, s’infilano i guanti per non lasciare traccia e ci picchiano forte.

Per fare la barba devi fare una domandina e devi aspettare, 1 giorno a settimana la barba e 1 i capelli.
Non possiamo avere la lametta.

Ci chiamano ospiti ma siamo detenuti.

Quello che ci domandiamo è perchè dopo il carcere dobbiamo andare in questi centri e dopo che abbiamo scontato una pena dobbiamo stare 6 mesi in questi posti senza capire il perchè.
Non ci hanno identificato in carcere? Perchè un’altra condanna di 6 mesi?

Tutti noi non siamo daccordo per questa legge, 6 mesi sono tanti e non siamo mica animali per questo hanno fatto lo sciopero della fame tutti quelli che stanno dentro il centro e allora, la sera del 3 giugno, è cominciata così:

ci hanno detto: "se non mangi non prendi terapie" ma qui ci sono persone con malattie gravi come il diabete e se non mangiano e si curano muoiono.

Uno di noi è andato a parlare con loro e l’hanno portato dentro una stanza davanti l’infermeria dove non ci sono telecamere e l’hanno picchiato.
Così la gente ha iniziato ad urlare di lasciarlo stare.
In quel momento sono entrati quasi 50 poliziotti con il loro materiale e con un oggetto elettrico che quando tocca la gente, la gente cade per terra.
Le guardie si sono tutte spostate sopra il tetto vicino la caserma dei carabinieri qui dentro, dove sta il campo da calcio.
Dalla parte sinistra sono entrati altri 50 poliziotti.

Quando abbiamo visto poliziotti, militari, carabinieri, polizia, finanza e squadra mobile ufficio stranieri (che sono i più infami) sui tetti, uno di noi ha cercato di capire perchè stavano picchiando il ragazzo nella stanza.
«Vattene via sporco » un poliziotto ha risposto così.
In quel momento siamo saliti tutti sopra le sbarre e qualcuno ha bruciato un materasso e quindi i poliziotti si sono spavenati e sono andati fuori le mura per prendere qualcuno che scappava.

Da quella notte non ci hanno fatto mangiare nè prendere medicine per due giorni.

Abbiamo preso un rubinetto vecchio e abbiamo spaccato la porta per uscire e quando la polizia ha visto che la porta era aperta hanno preso caschi e manganelli e ha picchiato il più giovane del centro, uno egiziano.
L’hanno fatto cadere per terra e ci hanno picchiati tutti anche con il gas, hanno rotto la gamba di un algerino e hanno portato via un vecchio che la sua famiglia e i sui figli sono cresciuti qui a Roma, hanno lanciato lacrimogeni e hanno detto che noi abbiamo fatto quel fumo per non far vedere niente alle telecamere. Così hanno scritto sui giornali.

Eravamo 25 persone e alcune uscivano dalla moschea lontano dal casino, ma i giornali sabato hanno scritto che era stato organizzato tutto dentro la moschea e ora vogliono chiuderla.
La moschea non si può chiudere perchè altrimenti succederebbe un altro casino.

Veniamo da paesi poveri, paesi dove c'è la guerra e ad alcuni di noi hanno ammazzato le famiglie davanti gli occhi.
Alcuni sono scappati per vedere il mondo e dimenticare tutto e hanno visto solo sbarre e cancelli.

Vogliamo lavorare per aiutare le nostre famiglie solo che la legge è un po' dura e ci portano dentro questi centri.
Quando arriviamo per la prima volta non abbiamo neanche idea di come è l'Europa.
Alcuni di noi dal mare sono stati portati direttamente qui e non hanno mai visto l'Italia.

La peggiore cosa è uscire dal carcere e finire nei centri per altri 6 mesi.

Non siamo venuti per creare problemi, soltanto per lavorare e avere una vita diversa, perchè non possiamo avere una vita come tutti?
Senza soldi non possiamo vivere e non abbiamo studiato perchè la povertà è il primo grande problema.
Ci sono persone che hanno paura delle pene e dei problemi nel proprio paese.
Per questi motivi veniamo in Europa.

La legge che hanno fatto non è giusta perchè sono queste cose che ti fanno odiare veramente l'Italia.
Se uno non ha mai fatto la galera nel paese suo, ha fatto la galera qua in Italia.
Vogliamo mettere apposto la nostra vita e aiutare le famiglie che ci aspettano.

Speriamo che potete capire queste cose che sono veramente una vergogna.

Un gruppo di detenuti del CIE di Ponte Galeria

venerdì 11 giugno 2010

Parole d'ordine dell'"occidentalismo" in Toscana: sihurézza, lotta a i'ddegrado, no all'islàmme... e rapine a mano armata.


Non troppe le novità da segnalare per l'undici giugno duemiladieci.
Molto lontano comincia una roba di palloneria di cui non potrebbe importarci di meno, gli "occidentalisti" continuano a pensare che un campo di concentramento a Firenze sia un toccasana risolutivo per un tessuto socioeconomico allo sbraco... e Roberto Sergio Ridi, attempato consigliere comunale di "Insieme per Castagneto" al Comune di Castagneto Carducci, viene arrestato come un anarcoislamonazicomunista qualsiasi, con l'accusa di aver commesso due rapine.

giovedì 10 giugno 2010

Contro il calcio storico fiorentino. Contro i suoi difensori d'ufficio.


Firenze, giugno 2010. Una formazione politica giovanile che si picca di aver mietuto chissà quali trionfi come rappresentante dell'"occidentalismo" più attivo ha diffuso un comunicato in difesa del Calcio Storico Fiorentino. Una tradizione inventata sul cui conto abbiamo espresso pesantissima disistima ed altrettanto pesanti riserve, difesa a spada tratta dagli "occidentalisti" del consiglio comunale, e -per quanto è dato sapere- soltanto da loro.
Nello scritto che segue si confutano riga per riga le argomentazioni del comunicato.

Proviamo ad immaginare cosa succederebbe a Siena se venisse cancellato il Palio. Firenze sta subendo esattamente questo. Forse il nostro Calcio in Costume non sarà partecipato come il Palio dai Senesi, ma è pur sempre la nostra tradizione e l'incuranza delle ultime amministrazioni comunali sta scrivendo la parola "fine" su questo gioco tutto fiorentino.

Il fatto che il libanese Ali Hassoun abbia ricevuto l'incarico di dipingere il palio per la carriera del 2 luglio 2010 è stato sufficiente ad uno degli "occidentalisti" più consapevoli del proprio ruolo -e dunque più involuti, più bassi, più impresentabili- per trovare da ridire anche sulla "tradizionale" manifestazione senese; non abbiamo difficoltà a pensare che i suoi epigoni vedrebbero volentieri, solo per questo motivo, la sospensione della "tradizione" presuntamente violata.
La parola "fine" al pallone travestito -ché sarebbe anche ora- non l'ha certo messa l'incuranza delle "ultime amministrazioni comunali", ma il fatto che le scene di bassa e demenziale macelleria che caratterizzano nella sua interezza la vita del palloniere travestito medio (esiste una vasta pubblicistica in proposito) hanno imposto di restringere la partecipazione alla manifestazione ad individui in grado di poter dimostrare di non aver mai ammazzato nessuno e di non aver trafficato in armi e droga.

E' vero, esistono dei problemi e senza un percorso comune tra Palazzo Vecchio, Questura e Colori il Calcio Storico è destinato a chiudere. Ma davvero il Comune vuole intraprendere questo percorso? Matteo Renzi è stato eletto sindaco un anno fa, ma il Presidente del Calcio Storico è stato nominato solo a marzo di quest'anno, quando forse il tempo per arrivare ad un accordo sul regolamento non c'era già più.

Pare che un regolamento esista e che sia piuttosto esplicito su chi può fare il palloniere travestito e chi no.
Da marzo a giugno ci sono tre mesi: un tempo che sarebbe sufficiente per pianificare un'offensiva militare è risultato insufficente per mettere d'accordo quattro aggregati di pallonieri; un altro particolare eloquente.
Il fatto che per una giornata di folklore siano necessari il coinvolgimento e la presenza in forze della gendarmeria non sembra strano a nessuno? Difficile, con queste premesse, esprimersi a sfavore dell'Ashura -spesso occasione per scontri di piazza- accampando l'appartenenza ad una sedicente "civiltà superiore"; eppure gli "occidentalisti" non perdono battuta, quando c'è da denigrare la Repubblica Islamica dell'Iran...!
I sudditi dello stato che occupa la penisola italiana, e segnatamente quelli che si riconoscono nelle istanze, nella propaganda, nelle televisioni, nei cialtroni e nelle corpivendole che rappresentano la quintessenza dell'"occidentalismo" al suo vertice, sono a tal punto incapaci di autolimitarsi da dover essere costantemente tenuti a bada da gente armata ogni volta che alzano il grugno dalla ciotola dei maccheroni per uscire di casa una mezza giornata?


I calcianti sono accusati di essere intransigenti e di ricattate l'amministrazione non accettando alcuna proposta di accordo. Ma tra Comune e Questura, accusare i calcianti non è forse la via più facile per giustificare il mancato accordo?

Abbiamo motivo di credere che l'amministrazione comunale non abbia alcun problema nei confronti del pallone travestito, e la gendarmeria neppure; il regolamento del pallone travestito è tanto chiaro quanto semplicissimo da rispettare: per andare a fare le pallonate nel pallonaio provvisorio di piazza Santa Croce è sufficiente non aver mai ammazzato nessuno e non aver trafficato in armi e droga.

In realtà quello che dicono i calcianti è semplice: noi andiamo in campo per una rievocazione storica e per far divertire fiorentini e turisti praticando un gioco che, da sempre, ottempera anche qualche schiaffone, perchè dovremmo rischiare di prenderci delle denunce per un gioco? Denunce che si proiettano poi nella vita di tutti i giorni? Denunce che portano a spese e processi? Denunce che impediscono di lavorare?

"Ottemperare qualche schiaffone". Curiosa espressione. Forse si intende "contemplare qualche schiaffone". Il problema è che le pallonate travestite non contemplano qualche schiaffone: hanno contemplato e contemplano a tutt'oggi episodi di violenza efferata, in quella che a tutti gli effetti si configura come una continuazione pubblica e pubblicamente finanziata degli scambi di cortesie con cui i pallonieri travestiti sono soliti regolare durante il resto dell'anno qualunque affare, precedenza, questione, problema o -soprattutto- capriccio li riguardi. I casi che hanno riguardato Dimitri Rocchi e Daniele Taddei -due galantuomini con lo hobby dei pestaggi femminili- sono soltanto gli ultimi episodi finiti sul gazzettaio di quella che si configura come una lunga serie.
Rivelatore è che i pallonieri travestiti lamentino la possiblità di essere denunciati per le violenze commesse durante il pallonaggio travestito; per chi non lo sapesse, il pallonaio provvisorio viene allestito in piazza Santa Croce, che è un ambiente parecchio centrale, occhiutamente controllato anche in circostanze normali; la loro pretesa di una momentanea extraterritorialità del pallonaio provvisorio pecca di scarso realismo, e va anche contro la bambinesca, irritante e mestruale propaganda "occidentalista" in favore di telecamere, sbirri, sbarre, giridivite, tolleranzezzèro e via dicendo. A meno che, com'è ovvio e naturalissimo sospettare, gli "occidentalisti" abbiano esattamente quell'idea di "legalità" in cui il privilegio prende il posto del diritto che noi sosteniamo esplicitamente che abbiano.
Delle due l'una: o la si fa finita di ciarlare di legalitarismo d'accatto, o la si fa finita di invocare eccezioni.


Occorre un regolamento che tuteli anche questo aspetto. Nessuno vuole Piazza Santa Croce trasformata in un Far West, questo è quello che dicono coloro che hanno interesse a giustificare la cancellazione del Calcio Storico.

Traduzione: i pallonieri del pallonaio travestito vogliono potersi squartare a vicenda senza destare l'interesse della gendarmeria, faruèste o non faruèste. Va sottolineato una volta di più che i "problemi" con le masnade pallonesche -i cosiddetti "colori"- sono iniziati come per magia immediatamente dopo l'adozione di un regolamento vòlto a ridurre al minimo indispensabile la licenza e la possibilità di ridursi reciprocamente in frattaglie.

I calcianti non sono nè animali, nè delinquenti. Sono persone che, al pari di molti di noi, amano questo gioco e questa tradizione, ma che, proprio perché sono ragazzi normalissimi, per un gioco non hanno intenzione di rovinarsi la vita.

Nessuno chiede ai pallonieri travestiti di rovinare la vita a se stessi o a qualcun altro; gli viene più che altro richiesto di avere meno di quarant'anni, di non aver mai ammazzato nessuno e di non aver trafficato in armi e droga. Il fatto che simili condizioni siano tanto difficili da rispettare getta, lo ripetiamo, una luce rivelatrice sia sul baraccone del pallone travestito che sui suoi numi tutelari che agiscono sotto le bandierine dell'"occidentalismo" politico.

Quando capiremo questo, forse riavremo il vero Calcio Storico. Viva Fiorenza!

Non c'è nulla da capire. C'è da mettersi belli calmini e da smetterla di rendersi ridicoli affastellando menzogne da un anno all'altro. Se non è chiedere troppo, come abbiamo ottimo motivo di ritenere.

mercoledì 9 giugno 2010

Islam ippico: le mani dei munsurmani sul palio di Siena!


Ci segnalano che un Marco Gargini ha scribacchiato un articoletto sul numero del nove giugno 2010 di una gazzetta chiamata "La Padania".
Non gli va che Ali Hassoun dipinga il palio per la carriera del due luglio, perché nei paesislàmici decapitanoquelliconlacroceaiccollo e sesseicristianotiperséguitano e noncifannocostruirelechièse e io 'un ce l'ho mica co' munsurmàni, ce l'ho con chi ce li fa venire.
E chi se ne frega, avremmo risposto noi.
Invece Ali Hassoun, che ha vissuto in Toscana un mucchio di anni, ha dato un po' di corda ai gazzettieri esponendo loro un breve rendiconto dei fatti propri -come se avesse da giustificare chissà cosa- ed asserendo che a Montaperti, nel 1260, combatterono anche cavalieri musulmani mandati da Manfredi di Svevia. Cosa che, come insegna perfino la storiografia più abbordabile da Franco Cardini in là, non era affatto inusuale.
Ma vallo a spiegare a Marco Gargini, che per togliersi dalla pania di vicende che richiedono competenze molto al di là di un quotidiano sproloquiare d'i'ddegrado e della 'nsihurézza che ènno corpa dell'islàmme, è costretto a statuire la presenza musulmana a Montaperti come "atto più unico che raro" e a tirare in ballo, non si capisce bene perché, il saccheggio della città di Prato verificatosi nel 1512.
La Prato del 1512, distante sei secoli e tre rivoluzioni industriali, si trova da Gargini definita come "la città laniera"; come si fa di solito nelle cronache palloniere, dove ai triestini tocca la definizione di alabardati, agli anconetani quella di dorici, e via discorrendo. Forse sarebbe il caso che Marco Gargini limitasse la sfera delle proprie trattazioni al pallone, al pallonaio e alle pallonate, ma questo non è neppure il passo più infelice dell'articoletto.
Atteggiandosi da indignato custode della tradizione davanti ad un munsurmano pittore del Palio, Gargini pensa bene di rammentare che se a Maria è dedicata la diciannovesima sura del Libro, alle altre donne non rimarrebbero che il velo e "la sottomissione al genere maschile".
Insomma, ci sarebbe da credere che gli "occidentalisti" ed i custodi delle tradizioni, in Toscana, siano mossi da un filofemminismo e da un senso di giustizia sociale a tutta prova. Peccato solamente che nel caso di un'altra pretesa tradizione, quella del "calcio storico fiorentino", gli stessi custodi siano alle prese con giustificativi per lo meno imbarazzanti, vista la disinvoltura con cui individui notissimi nell'ambiente della manifestazione hanno trattato le donne in cui si sono imbattuti negli ultimi mesi, in un caso particolare prese a calci fino ad avere le gambe fracassate. "Ti schiaccio perché sei piccola": è da queste basi che si intende partire per la difesa di "tradizioni" peraltro largamente inventate? O si intende muovere da esse per statuire, come al solito, una "superiorità occidentale" più barzellettistica del consueto?
A questo proposito abbiamo anche documentato, avvalendoci di testimonianze fotografiche e letterarie, di quale considerazione godano le virtù teologali e cardinali, il rispetto dei comandamenti, la povertà, la castità e l'obbedienza proprio presso gli abitanti della città di Prato, assurta negli ultimi anni a passerella mediatica "occidentalista" e a serbatoio di voti degno della massima considerazione...

martedì 8 giugno 2010

Le radici cristiane della città di Prato: una testimonianza dalla letteratura contemporanea


Le forze politiche "occidentaliste" hanno vinto per un migliaio di voti le scorse elezioni amministrative per il Comune di Prato; i mass media hanno fatto della città una sorta di passerella mediatica per tutte le alzate d'ingegno dell'"occidentalismo" toscano in previsione del successivo giro di ruota, dalla sistematica denigrazione del sistema sanitario toscano alla perorazione della causa di un costruendo lager, finendo per l'elogio dei rastrellamenti da Panzerdivision Totenkopf tra i mustad'afin delle zone manifatturiere.
Uno dei contenuti propagandistici più veicolati, in cui si è specializzata soprattutto la Lega Nord, è rappresentato dalla difesa di presunte "radici cristiane" la cui identificazione come guida del comportamento corrente dei sudditi peninsulari sarebbe per lo meno problematica, e che deve quindi intendersi come ostentazione incompetente di un identitarismo velleitario e cialtrone, buono al massimo per il consolidamento di quella che può essere definita come una comunità escludente.
Abbiamo fornito ripetute prove fotografiche dei più vistosi successi di questa operazione di difesa e recupero, così costruttiva ed utile.
Di seguito si riportano invece le ultime pagine di "L'età dell'oro", un romanzo uscito pochi anni fa.
L'autore del libro si chiama Edoardo Nesi, è nato e vive a Prato ed è passato dal mestiere di industriale tessile a quello di traduttore, scrittore e cineasta. Il brano che riportiamo fa riferimento a quello che parrebbe essere un delirio indotto da morfina. L'ego narrante è Ivo Barrocciai, ex industriale un tempo ricchissimo, settantenne malato terminale.
L'autore ha affermato più volte, anche in una successiva opera intitolata "Storia della mia gente", di aver avuto molte attestazioni di stima da concittadini che si sono riconosciuti in questo personaggio, il che fa pensare che esso esprima una weltanschauung ampiamente condivisa in ambienti cittadini non certo marginali.
Quelle che seguono sono le ultime pagine del volume, ma il loro spirito pervade larghe parti dell'opera. Abbiamo riportato in neretto alcune espressioni significative, in grado di esaltare lo spirito profondamente cristiano del contenuto onirico esposto, caratterizzato dal permanere di una visione del mondo che accompagna Ivo Barrocciai fino ai suoi ultimi istanti.

...Se la morfina è così, allora è una cosa fantastica, da prendere di certo, e volo sopra le onde immense della Viareggio-Bastia-Viareggio nello strepito dei motori mentre urlo di paura e di gioia perché forse sto per morire ma forse no, e il cazzo mi si galvanizza e inspiro a pieni polmoni l'odore meraviglioso e assassino della benzina e il cielo è immobile sopra di me [...] e sono appena arrivato a Parigi, al George V, un venerdì sera, ceniamo a ostriche e champagne, io e la Rosa, mentre Brunero pensa che è a Lourdes con la Misericordia, e lei è di una bellezza che fa male, e siccome mentre passavamo il pomeriggio chiusi in camera a fare l’amore le avevo detto che ero stato diverse volte al Crazy Horse e lo spettacolo era bellissimo, lei mi aveva chiesto se ce la portavo, al Crazy Horse, perché ne aveva sentito tanto parlare e poi voleva vedere se quelle donne erano davvero più belle di lei, e così dopo cena si esce dall’albergo, si fa due passi al fresco dell’Avenue George V e si entra al Crazy Horse, e insomma il mondo è mio, mi faccio accompagnare a un bel tavolo centrale davanti al palco e Rosa mi chiede subito un sacco di cose sullo spettacolo, le ragazze da dove entrano, cosa cantano, le spiego tutto e ci divertiamo a leggere i nomi fantasmagorici delle ragazze, Lobby Metaphor, Maia Matamorosa, Bora Sterling, Nora Parabellum, Charlie Commando, Rita Xenon. Poi comincia Copacabana e le racconto la storia della canzone [...] e dico a Rosa che anche se tutte le cose della vita finiscono per essere tristi, a lungo andare, però vanno sempre raccontate con allegria e con entusiasmo, e così quando il cameriere viene a prendere l’ordinazione sono distratto e comunque gli dico, Champagne, anche perché il francese non lo so e non l’ho mai voluto imparare, e dopo tre minuti lui torna con un gran viso di culo, porta due coppette di champagne e mi dice, Cent francs, s’il vous plait, perché vuole che paghi subito, come i poveracci, come quelli che non si vogliono nei locali e allora vanno subito scoraggiati, mandati via, perché son bastardi, i francesi, son teste di cazzo, e Rosa mi guarda con gli occhi sbarrati perché da quello che le avevo detto si aspettava che fossi una specie di habitué, che venisse il padrone del locale a salutarmi e magari notasse la sua bellezza e le proponesse su due piedi di diventare una delle ragazze del Crazy Horse, e lei potesse schemirsi e rifiutare e tenere questo complimento come il più caro di tutta la sua vita, il punto più alto raggiunto dalla sua bellezza, una cosa da raccontare da vecchia a una nipotina se ne avesse avuta una molto intelligente e molto sveglia. Poteva essere una donna semplice, la Rosa, ma era bellissima davvero, e anche se l’avevano fatta studiare ragioneria e andare a messa ogni domenica e votare democristiano tutta la vita e non era mai uscita da Prato se non per andare a Viareggio d’estate, ecco, lo sapeva che la vita vera era molto diversa dalla sua, che si era sposata a ventidue anni con il ragazzo con cui era sempre stata fidanzata e che aveva scelto praticamente a caso a una festa, a quindici anni, per fare una ripicca a me che mi ero messo a ballare un lento con la sua migliore amica, e insomma questo cameriere francese del cazzo rimane lì in piedi a guardarmi e ad aspettare che paghi, e allora mi infurio dentro, ma riesco a contenermi e gli faccio, in inglese, One bottle of Dom Perignon, e senza avere il coraggio di guardare Rosa tengo lo sguardo fisso su di lui che va al bar e torna, e quando mi porta scodinzolante la bottiglia di Dom Perignon nel secchiello del ghiaccio, la stappa e fa per versarla in due flute che ha portato capovolti nel ghiaccio, io gli dico di no e gli faccio segno di versare tutto lo champagne nel secchiello, lui non capisce e fa una di quelle smorfie imbecilli da mimo dei francesi e allora chiedo alla Rosa di dire a quel cretino di versare tutto il Dom Perignon nel secchiello. Lei mi guarda un po’ impaurita da quell’azzardo, ma fissandomi negli occhi dice al cameriere di versare tutto il Dom Perignon nel secchiello, subito, e il cameriere allora mi lancia uno sguardo molto diverso, abbassa gli occhi e versa tutto lo champagne nel secchiello, poi quando ha finito gli dico, Another bottle of Dom Perignon, e lui fa una sorta di inchino, dice Oui, monsieur, e va a prenderla strascicando i piedi, e a questo punto lei mi guarda con uno sguardo nuovo e luminoso e quando mi dice, Bravo Ivo, hai fatto bene, mi sento riboffire perché, ma come, uno porta la sua ragazza in un locale e perché ti sentono parlare italiano ti trattano da pellaio? E poi, a me? Cos’ho io che non va? Sono vestito benissimo e Rosa è una bomba, vestita di nero è una vera bomba, capelli mori lunghi lisci, bella come il sole, e te che sei un cameriere francese del cazzo mi tratti di merda? Perché noi pratesi non siamo mai garbati a nessuno, non ci hanno mai voluti, cazzo, nemmeno a Firenze, e a Milano non ne parliamo nemmeno, e insomma ero un miliardario eppure mi discriminavano come i negri in America negli anni Sessanta quando non potevano entrare in certi locali, come Rubin Carter, e mi sento pieno di un giusto furore democratico e quando l’idiota porta la seconda bottiglia gli dico che anche quella può versarla tutta nel secchiello del ghiaccio che intanto era già bello pieno di schiuma, anzi, no, gli faccio portare un altro secchiello vuoto, gli dico di versare lì tutta la seconda boccia e ne chiedo una terza, la terza bottiglia di Dom Perignon, e mentre si inchina e si a!lontana per andare a prenderla allora finalmente mi distendo un po’, e anche Rosa, e le strizzo l’occhio perché ormai è passata: il cameriere stronzo, il Crazy Horse, Parigi e tutta la Francia del cazzo ormai li ho messi a posto, mi è costato un occhio della testa ma li ho messi a posto, vaffanculo, va tutto bene, il mondo è di nuovo mio e sto cominciando a rilassarmi quando dal tavolo accanto al mio Jean-Paul Belmondo, che doveva essere arrivato da poco perché non l’avevo visto, alza il calice verso di me, dice, Pazzo italiano, e beve alla mia salute, e accanto a lui c’è Ilie Nastase che alza il calice anche lui, e Carlos Monzon con una giacca bianca, abbracciato alla moglie di Delon, e la Rosa sgrana gli occhi e dice, Ivo, conosci Belmondo?, e io allora non resisto, le sorrido e le faccio, No, io non lo conosco, ma si vede che lui conosce me!, e poi al tavolo arriva il direttore del Crazy Horse con la terza bottiglia di Dom, e in un italiano perfetto mi dice, Mi perdoni, cavalier Barrocciai, ma questa, come le altre, vorrei offrirgliela io, ed è una persona gentile, sorride, capisce, e io gli dico che lo perdono, ma a una condizione, che faccia cantare Copacabana per me e la mia regina dalla più bella delle sue ragazze, e lui batte le mani, dice due o tre cose ed ecco che entra sul palcoscenico questa ragazza fenomenale che canta Copacabana, la primadonna, Lobby Metaphor, e la Rosa mi dice, Sono più bella io, ed è vero, e da quel momento in poi la serata andò alla grande, ecco.
Si finì tutti a fare casino nel castello di un amico nobile di Belmondo che provò a trombare la Rosa ma non ci riuscì, e anzi ci mancò un amen che nella baraonda io non trombassi la sua fidanzata che era una fica spaziale, mi pare svedese, ma avrei dovuto lasciare la Rosa sola con lui e non mi fidai, e mentre si tornava a Parigi nella Rolls di qualcuno, all’alba, sugli Champs-Elysées, avvolti da un impossibile profumo di rose e gardenie e benzina e, sì, albicocche, la Rosa mi disse che mi amava perdutamente, mi aveva sempre amato e mi avrebbe amato in eterno. Qualsiasi cosa succedesse.

lunedì 7 giugno 2010

Di Casa Pound Firenze, di Tommaso Villa e di scritte che constatano l'ovvio


Dicono che Casa Pound, il franchising di magliette nere, cappellini e cd mediocri che sta avendo un minimo di fortuna tra gli adolescenti ed i giovani (il "Blocco Studentesco" ad esso collegato ha preso a Firenze la bellezza di 44 (quarantaquattro) voti sugli oltre cinquantacinquemila aventi diritto, nell'ozioso rinnovo della ininfluente "consulta nazionale degli studenti" universitari) abbia aperto una boutique con mescita anche a Firenze, a quattro passi precipitosi dalla principale sede della gendarmeria.
Pensando alla sovrapposizione che esiste tra i clienti di Casa Pound e l'"occidentalismo" politico -solo nello stato che occupa la penisola italiana la "politica" è ridotta ad un teatrino talmente immondo da riuscire a schierare perfino un "antagonismo filogovernativo"- è probabile che il detto pallonieristico ACAB vada corretto, nel loro caso, in AACAB, Almost All Cops Are Bastards, dal momento che in più di un caso gli stessi gendarmi hanno impedito ai clienti di Casa Pound di scoprire troppo in dettaglio le implicazioni, solitamente dolorose, di quel "nel dubbio mena" che sta a metà tra il refrain canzonettistico e lo slogan da maglietta.
Un nel dubbio mena che oltretutto, a Firenze, deve affrontare l'agguerrita e radicata concorrenza di indiscussi esperti del settore, riuniti nella conventicola del cosiddetto "calcio storico", che nei campi dell'aggressione gratuita (ultimamente pare vada di moda fracassare le ossa alle donne) e della prevaricazione abietta sono in grado di dare lezione a chiunque.
Stando alla gazzetteria, un sabato di inizio giugno un centinaio di attivisti politici fiorentini avrebbe manifestato contro la poco gradita intrapresa del franchising su descritto, non omettendo anche di esprimersi in modo piuttosto chiaro sul conto del piddì con la elle con scritte e volantini in cui l'identificazione del personale e dei clienti della boutique con mescita Casa Pound con l'attivismo politico del piddì con la elle viene data praticamente per scontata.
Vale la pena di precisare che, sempre secondo il gazzettame, al momento dei fatti nella boutique non c'era nessuno. Strano modo d'intendere la coerenza, per dei sedicenti insonni del futurismo che si rivelano così poco insonni e così poco numerosi da essere incapaci di rispettare perfino un orario d'apertura decente, ma lasciamo stare.
Nel corso della giornata qualcuno ha anche attaccato volantini e fatto scritte in viale Lavagnini, sulla vetrina di una sede del piddì con la elle secondo ogni evidenza chiusa e sprangata anch'essa. L'attività politica "occidentalista", evidentemente, ferve solo se c'è vicino un gazzettiere amico, altrimenti al buongoverno ci pensa il signor Zuckerberg, come avremo modo di approfondire.


Un Tommaso Villa qualunque, assente al momento di fare gli onori di casa, è infatti sbucato fuori all'istante per il gazzettaio dei giorni successivi, con un querulo comunicato stampa (riprendiamo la versione da Nove di Firenze, dal cui sito proviene anche la foto) in cui ha la consueta sfrontatezza di lagnarsi del "clima di odio molto spesso cercato e voluto dai soliti personaggi della sinistra estrema".
Questo pone un problema.
O si postula l'esistenza del Male metafisico, come fanno gli "occidentalisti", e dunque si ascrive ad una statuita e gratuita velleità distruttiva il perché di certi comportamenti, oppure si deve ammettere che certe azioni sono l'effetto di una qualche causa.
Ed i comunicati stampa di cui strabocca l'apposito ufficio del Consiglio Comunale fiorentino fanno pensare che qyeste cause siano rintracciabili, e siano rintracciabili anche abbastanza facilmente.
Il fancazzismo, l'incompetenza da bambini viziati e l'assertività irritante da quindicenne con le mestruazioni che nel vocabolario politico "occidentalista" prendono gli strani nomi di "dedizione", "competenza" o "merito" hanno riempito il Consiglio di individui incapaci di laurearsi perfino in quindici anni e di scoperti ammiratori di Codreanu, cui la tecnologia disponibile deve aver fatto concludere di poter allagare i pubblici consessi con ogni asserzione venga loro in mente senza che nessuno vada mai a render loro conto di alcunché.
Invece ci sono delle cose che non si devono fare, per esempio asserire nelle pubbliche assemblee che chicchessia sta tentando di avvelenare l'acquedotto o tacciarlo gratuitamente di prostituta e di tossicodipendente. Se il farlo diventa ordinaria amministrazione, ed anzi si costruiscono intere carriere politiche su una visibilità mediatica costruita esclusivamente su asserzioni di questo tipo, si deve mettere in conto che la cosa scateni anche qualche malumore ed avere il buon gusto di limitare il proprio vittimismo, nel caso di reazioni un po' scomposte, al minimo indispensabile a tutelare le apparenze.
Anche perché la pratica politica "occidentalista" è proprio fatta di apparenze, per non dire di menzogne abituali.

La questione nella sua essenza, pare di capire, resta l'asserito "fascismo" del piddì con la elle.
A partire dalla sua costituzione il piddì con la elle ha imbarcato di tutto, ivi comprese le frange più estreme dell'"occidentalismo" giovanile o presunto tale, i cui "leader" hanno evitato con l'embedding in una formazione politica pletorica di agonizzare per chissà quanto in un ambiente di cui le forze politiche parlamentari hanno saccheggiato senza alcun ritegno l'intero patrimonio ideologico, con particolare riguardo per le sue istanze più impresentabili e per le sue pratiche più vili, a cominciare dalla delazione, materia con cui la gioventù "occidentalista" comincia a familiarizzare fin dalla prima adolescenza.
Le righe che seguono vanno a tratteggiare, in base alle informazioni disponibili, uno dei protagonisti-tipo di questo embedding. Abbiamo motivo di credere che non si tratti affatto di un caso isolato.


Renato Montagnolo proviene dalla ricristianizzata città di Prato e mena vanto di essere "consigliere circoscrizione ovest" sul sistema di autoschedatura mondiale cui gli "occidentalisti" stanno delegando in massa l'elenco degli affari loro, pubblici o privati che siano.
Che oltre al signor Zuckerberg possa esserci anche qualcun altro capace di utilizzare in modo per loro deleterio tutto quello che mettono in piazza è un'eventualità che questi signori non prendono minimamente in considerazione.
L'autoschedatura di Renato Montagnolo mostra un poster o volantino elettorale in cui i simboli del piddì con la elle si sovrappongono ad una schiera di bandiere prodotte -e soprattutto vendute, al pari di molti altri gadget- dalla boutique Casa Pound.
Dal dossier autocompilato -veramente geniale, questo Zuckerberg; non c'è SAVAK che non dovrebbe fargli un monumento- veniamo a sapere che Renato Montagnolo ha diciannove anni e frequenta l'ultimo anno di un istituto tecnico industriale. Abbiamo però motivo di credere che il dossier sia rimasto intonso per circa un anno, visti certi scambi di "opinioni" fermi al 2009, quindi su come attualmente Renato Montagnolo passi le sue giornate non abbiamo alcuna informazione.
Il sospetto è che si avvii, come innumerevoli casi sovrapponibili al suo, a percorrere un iter "formativo" di durata indefinita all'interno di qualche università, destinato ad essere interrotto a seguito della conquista di qualche scranna sufficientemente remunerativa.
A Prato viene edito anche un quotidiano on line chiamato Notizie di Prato. Curiosamente, nel gennaio 2010 un Renato Montagnolo vi riportava commenti di questo tenore:

Renato Montagnolo Says:
gennaio 13th, 2010 at 20:44

Viva l’italia antifascista liberale democratica.
Cioè l’italia che negli ultimi 63 anni si è venduta alla finanza internazionale, ha ridotto il proprio popolo in una massa di schiavi del capitalismo mondiale, ha preso parte al bel “gioco” della globalizzazione, gioco che ha portato alla distruzione della nostra identità.
Viva l’italia dei banchieri e dei mafiosi.

Voi tenetevi la vostra italia.
Noi, i FASCISTI del TERZO MILLENNIO, lottiamo ogni giorno per costruire un’ITALIA diversa, per costruire una comunità che corre e lotta, che non sta a guardare, che non si piange addosso.
Noi, i FASCISTI del TERZO MILLENNIO, stiamo con il popolo e con gli studenti.SEMPRE.

p.s. la nostra azione fine a sé stessa? vi state contraddicendo visto che è due giorni che se ne parla, visto che, anche solo guardando Facebook, si può notare come gli studenti si siano schierati.Non vi dico neanche con chi si sono schierati, voi pensate a parlare, noi stiamo in prima linea accanto a chi ha bisogno.

Un ottimo esempio di quell'"antagonismo filogovernativo" che additavamo, nell'incipit, allo scherno di chi legge.
Sul fatto che l'accostamento tra piddì con la elle e fascismo sia indebito, concretezza alla mano, è lecito esprimere più di un dubbio.
Sul fatto che l'"occidentalismo" peninsulare, e quello fiorentino in particolare, siano costituiti pressoché per intero da scaldapoltrone sistematicamente dediti alla presa in giro, invece, di dubbi non è lecito averne alcuno.