martedì 30 luglio 2024

Alastair Crooke - Esiste il rischio che Kamala Harris possa assumere atteggiamenti più morbidi in politica estera?



Traduzione da Strategic Culture, 29 luglio 2024.

Tempi straordinari: Biden rinuncia alla sua candidatura una domenica pomeriggio con un messaggio che più stringato non si potrebbe, e si chiude in un silenzio che viene infine rotto da un lungo discorso di addio pronunciato dallo Studio Ovale. Lo staff di Biden ha saputo della sua rinuncia solo un minuto prima della pubblicazione del messaggio. Successivamente Internet è stata colpita dai down causati da CrowdStrike, e il capo dei servizi segreti statunitensi ha fornito una versione dei fatti sul tentato omicidio di Trump che ha lasciato entrambi gli schieramenti al Congresso sbigottiti per cotanta incompetenza, sempre che non si possa insinuare qualcosa di peggio.
Tutti sono rimasti sconcertati.
Tutti i media veicolano una realtà distorta e senza un qualcuno di credibile che ci spieghi cosa sta succedendo ci troviamo completamente estromessi dalla realtà. Per ora è impossibile orientarsi. I media si concentrano sempre più su una cosa: "Lasciateci pensare per voi. Lasciateci essere i vostri occhi e le vostre orecchie. Fate diventare la vostra lingua le parole e le frasi nuove che diciamo". Le spiegazioni e le ipotesi che vengono presentate appaiono così poco convincenti da far venire in mente piuttosto un tentativo deliberato di disorientare il pubblico e di allentarne la presa sulla realtà.
Tuttavia, anche se l'essenza del conflitto in corso entro gli Stati Uniti resta nascosta, è caduto un velo su come funziona lo Stato profondo: è opinione diffusa che l'estromissione di Biden sia stata architettata dietro le quinte da Barack Obama, con Pelosi nel ruolo di esecutore: "Possiamo arrivarci [all'estromissione di Biden] nel modo più facile o nel modo più difficile", aveva detto la Pelosi alla cerchia di Biden.
Rod Blagojevich (che conosce Obama dal 1995) spiega allo Wall Street Journal la sostanza di quanto sta accadendo:
Noi [Blagojevich e Obama] siamo cresciuti entrambi negli ambienti politici di Chicago. Sappiamo come va a finire, con i capibastone che spadroneggiano sul popolo. Il signor Obama ha imparato bene la lezione. E quello che ha appena fatto al signor Biden è quello che i capibastone hanno fatto a Chicago fin dai tempi dell'incendio del 1871: selezioni mascherate da elezioni. Io e Obama conosciamo questo tipo di politica alla maniera di Chicago meglio di chiunque altro. Entrambi ci siamo cresciuti in mezzo, e io ne sono stato portato alla rovina.
Anche se i capibastone democratici di oggi possono sembrare diversi da quelli di una volta, che giravano con il sigaro e con l'anello al mignolo, operano allo stesso modo: nell'ombra dei retrobottega. Obama, Nancy Pelosi e i ricchi finanziatori -le élite di Hollywood e della Silicon Valley- sono i nuovi padroni del Partito Democratico di oggi. Sono loro a decidere. Gli elettori, che per lo più sono gente che lavora, sono lì per essere imbrogliati, manipolati e controllati.
Per tutto il tempo, Biden e i politici democratici sono andati dicendo che nella corsa alla presidenza di quest'anno è in gioco la ‘salvezza della democrazia’. Sono i più grandi ipocriti della storia politica americana. Hanno manovrato con successo per scaricare il loro candidato presidente regolarmente eletto... L'inadeguatezza di [Biden] a correre per la rielezione oggi non è una cosa venuta fuori per caso. I Democratici l'hanno insabbiata per molto tempo. Tuttavia dopo il dibattito presidenziale di giugno Obama e i leader democratici non potevano più nascondere le sua condizioni. Il dado era tratto, Joe doveva andarsene.
La Convention nazionale democratica che si terrà a Chicago il mese prossimo rappresenterà lo scenario e il luogo perfetto perché Obama possa finire il lavoro e scegliere il suo, di candidato; non quello degli elettori. Democrazia, no. Politica da boss di Chicago, sì.
Ebbene, sembra che Kamala Harris -che non ha mai vinto le primarie- sia di nuovo in procinto di aggirare il processo delle primarie attraverso una orchestrata nomina per acclamazione. Voci di corridoio suggeriscono che ci sia di mezzo la famiglia Clinton, mentre la famiglia Obama (i padrini della mafia politica di Chicago) è contraria e si agita in silenzio.
È fatta? Sarà Kamala Harris la candidata democratica?
Forse sì, ma se si verificasse una grave crisi internazionale, ad esempio in Medio Oriente o con la Russia, forse le cose potrebbero cambiare.
In quale senso?
Per arrivare dov'è, la Harris "è passata dall'essere un procuratore inflessibile contro il crimine -come lo è stata da procuratore distrettuale in California- a posizioni di estrema sinistra", hanno detto i delegati californiani alla RNC a The American Conservative:
Lei e Gavin Newsom, nel loro percorso in ascesa all'interno del Partito Democratico del 2024, hanno cercato di virare sempre verso l'estrema sinistra. Dovevano mostrarsi come i più estremi in materia di criminalità, di aborto, di iniziative per l'inclusione, di frontiere aperte, di politica economica e di una tassazione a livello di confisca. Tutti temi che nella maggior parte del Paese non funzionano.
La Harris ha preso le distanze anche dalla politica estera di Biden, mostrandosi esplicitamente più comprensiva nei confronti della situazione dei palestinesi a Gaza.
Le strategie di politica estera degli Stati Uniti non sono molto dibattute a livello pubblico e sono considerate di vitale importanza dalla classe dirigente. L'elettorato non verrà a conoscenza di quali intrecci a livello strutturale esse comportino perché si tratta di segreti di Stato. Gran parte della politica statunitense si regge comunque su simili e poco divulgati fondamenti.
Harris imposterà la sua politica estera su basi di questo genere, per esempio la Dottrina Wolfowitz? Si affiderà a queste strutture perché vuole orientarsi verso l'ala progressista del Partito Democratico per quanto riguarda Gaza? Assumerà in tutto le posizioni del partito, rompendo l'atteggiamento bipartisan che è peraltro già sottoposto a forti tensioni?
Lasciamo perdere la questione del riciclaggio di denaro per le spese in politica estera. L'importante è che non si permetta a nessuno di mostrarsi accomodante su politiche e trattati da cui il "mondo libero" dipende strutturalmente da decenni. La posizione dello Stato profondo è questa.
Se la Harris dovesse assumere atteggiamenti più morbidi, gli Stati Uniti non ne sarebbero contenti. Il discorso di Netanyahu al Congresso ha dimostrato chiaramente che il consenso bipartisan di cui lo stato sionista godeva da lungo tempo si è assottigliato. E questo preoccupa i grandi della politica estera.
"Il bipartitismo è l'unico collante che ha permesso alle relazioni con lo stato sionista di resistere", ha dichiarato Aaron David Miller, ex negoziatore per il Medio Oriente e consigliere di amministrazioni tanto repubblicane quanto democratiche. "E il bipartitismo adesso è soggetto a pressioni inaudite". Ha aggiunto: "Se i repubblicani hanno un'idea su cosa significhi essere a favore dello stato sionista, e i democratici invece ne hanno due o tre diverse, la natura dei rapporti con lo stato sionista sarà destinata a cambiare".
Netanyahu era evidentemente ben consapevole di questo rischio. Nel corso del suo discorso ha mantenuto un tono decisamente bipartisan. E il discorso è stato indubbiamente una dimostrazione magistrale della sua sensibilità per le dinamiche psicologiche della politica statunitense. Ha centrato i punti desiderati e ha adottato con circospezione toni e struttura da discorso sullo stato dell'Unione.
Naturalmente non sono mancate le attestazioni di dissenso, ma Netanyahu ha conquistato l'uditorio con quella sua immagine del bivio nella Storia, in cui l'Asse del Male iraniano si staglia di fronte all'AmeriKKKa, allo stato sionista e ai loro alleati arabi. E ha consolidato la sua presa su gran parte del pubblico promettendo che -insieme- AmeriKKKa e stato sionista avrebbero prevalso: "Quando siamo uniti succede una cosa molto semplice: Noi vinciamo, loro perdono. Amici miei", ha promesso, "noi vinceremo".
È stata una riproposizione del solito adagio per cui "lo stato sionista è l'AmeriKKKa, e l'AmeriKKKa è lo stato sionista".
Per la politica estera sono quindi due le questioni sulla candidatura della Harris. In qualità di candidato alla presidenza, la Harris potrebbe scegliere di abbattere, indebolire o mostrare il lato nascosto degli elementi consolidati della politica estera agli occhi dello establishment?
In secondo luogo, quale posizione assumerebbe tutto il baraccone dello Stato profondo se nel prossimo futuro si verificasse una grave crisi internazionale?
In quel caso si alzeranno sicuramente invocazioni affinché sia un esperto in materia di politica estera a prendere in mano la situazione, dato che la Harris non lo sta facendo. Se qualcuno senza esperienza in politica estera dovesse abbattere certe “strutture” politiche su cui si regge tanta parte della politica statunitense, sarebbe un disastro.
Obama sta aspettando il momento di inserire la sua scelta definitiva presentandola come elemento di spicco del Partito Democratico, come sospettano i partecipanti alla Convention del Partito Repubblicano, oppure è convinto che la Harris a novembre non vincerà e -in quanto statista navigato- preferisce raccogliere i pezzi del Partito una volta passata la tempesta, per plasmarlo a suo piacimento?
Per essere chiari, è proprio una crisi internazionale quella che Netanyahu ha inteso iniziare a mettere in piedi durante la sua visita a Washington. Naturalmente, la trattazione sul tema epocale al centro del discorso di Netanyahu sarà portata avanti in silenzio, lontano dagli sguardi del pubblico. Il presidente della Camera Mike Johnson sta organizzando un incontro privato con Netanyahu insieme ad alcuni dei più influenti megafinanziatori repubblicani e dei detentori del potere politico.
Netanyahu ha dichiarato che il 7 ottobre si è trasformato in una guerra contro lo stato sionista, attaccato da ogni dove, e che esso ha bisogno del sostegno e dell'assistenza tangibile del "mondo libero... in un momento in cui è più ferocemente demonizzato che mai".
Hezbollah deve vedersela ogni giorno con le forze armate sioniste, ma è evidente che non è stato né smantellato né scoraggiato. Ed è per questo che lo stato sionista non può trovarsi a vivere con "eserciti terroristici" apertamente dediti alla sua distruzione accampati ai confini e vicino ad essi, si lamenta Netanyahu.
Il contenuto della "crisi imminente" è questo: la futura operazione militare sionista in Libano per allontanare Hezbollah dal confine. Secondo quanto riferito, gli Stati Uniti si sono già impegnati a fornire un sostegno limitato a questo obiettivo militare.
Solo che Netanyahu insiste anche sul fatto che lo stato sionista ha bisogno del sostegno e dell'assistenza tangibile del "mondo libero" anche "per contrastare il regime al centro della minaccia alla sua esistenza: l'Iran". E se l'Iran intervenisse in Libano in risposta a un massiccio assalto sionista? Netanyahu ritrae la cosa come l'arrivo dei barbari contro la civiltà occidentale, tanto per l'AmeriKKKa quanto per lo stato sionista.
Il recente attacco sionista al porto di Hodeida nello Yemen può essere almeno in parte considerato come una anticipazione fatta per mostrare al mondo occidentale che lo stato sionista è in grado di affrontare avversari molto distanti (1.600 km) e che è capace di assicurare il rifornimento in volo per una grande formazione aerea. Il raid ha inflitto pesanti danni al porto. Il messaggio era chiaro: se lo stato sionista può fare questo allo Yemen, può (teoricamente) colpire anche l'Iran.
Naturalmente, colpire l'Iran è una questione completamente diversa. Ed è per questo che Netanyahu sta cercando il sostegno degli Stati Uniti.
C'è una fotografia di Netanyahu e di sua moglie a bordo dell'Ala di Sion, il nuovo aereo di rappresentanza dello stato sionista, in cui Netanyahu mette in mostra sulla scrivania che ha accanto un cappellino da baseball in stile MAGA. Solo che è blu, non rosso, e reca due parole: "Vittoria totale".
"Vittoria totale" significa chiaramente che lo stato sionista "sta vincendo insieme agli Stati Uniti nell'affrontare l'Asse del Male dell'Iran". Gli Stati Uniti sono già stati trascinati nella partita? O gli ambienti della politica estera statunitense sono così distratti dagli straordinari eventi legati alla successione che si stanno verificando negli Stati Uniti e in Ucraina che le élite non possono occuparsi allo stesso tempo anche della Storia al bivio di cui ha parlato Bibi? Staremo a vedere.

domenica 28 luglio 2024

"...Ma perché non prendete in giro i musulmani? Perché non fate le vignette su Maometto? Eh? Eh? Ma perché?"

Nei mass media e nel democratismo rappresentativo della penisola italiana la custodia delle "radici cristiane" della civiltà occidentale è affidata a un curioso insieme di individui. Scomparsi i capiscuola più autorevoli come Oriana Fallaci o lo stesso Joseph Ratzinger, questo ben retribuito Krak des Chevaliers con 'a 'pummarola 'n coppa è oggi presidiato per lo più da scarti di agenzia interinale e avanzi di apericena, in cui si segnalano madri non sposate che si atteggiano a paladini del cattolicesimo ed estimatori di attivi dominanti a capo di snelle organizzazioncine deputate al massacro mediatico.
I venticinque anni trascorsi dalle spregiudicate operazioni urbanistiche sul suolo statunitense dell'11 settembre 2001 non hanno contributo molto ad arricchire la varietà dei temi a disposizione di questa congrega. Nella penisola italiana il cattolicesimo ha perso molta presa sulla società, ma la sua residuale intransigenza in materia di giustizia sociale gli ha alienato proprio molti dei suddetti "atei devoti" autonominatosi suoi difensori, e più che disposti a eccepire in proposito sul comportamento del pontefice.
Un altro tema ricorrente è il presunto bias esistente nelle produzioni satiriche, che sarebbe pesantemente sbilanciato a favore dell'Islam.

Si pubblicano qui tavole e scritti da "Il Vernacoliere" di ottobre 1987. Le tavole sono di Max Greggio, gli scritti di Mario Cardinali.
L'intento è quello di smentire e di schernire.
Lo stato che occupa la penisola italiana viene nominato negli originali. Ci scusiamo come nostro uso con i lettori, specie con quanti avessero appena finito di pranzare.


Un'arma nova contro la frotta 'taliana!
S.O.S. dar Gorfo: artro 'he razzi!
L'iraniani ci tirano le seghe!
Si tratta delle tremende "Seghe di Komeini", dette anche rasponi d'Allà
La magistratura 'ndaga: sono fatte 'n Italia anche velle?


Nostro servizio vernacolare esclusivo

La prima sega di Komeini ha corpito la prima nave 'taliana ner Gorfopèrsio alle cinque di mattina: un popò di segone che ha lasciato ' marinai senza fiato, presi ner sonno alla sprovvista! E quarcuno l'ha anche sfatto!
Sicché dé, chi è stato chi 'un è stato, tutti a guardassi di traverzo e a 'nfilassi le mutande di rincorsa, e 'ntanto 'r fumo dell'esprosione saliva ar cielo e sedeva alla destra der su' babbo onnipotente...
No, quella è 'n'artra 'osa, m'imbrogliavo.
Sicché 'r fumo saliva saliva, e quand'è salito benebene l'hanno visto anche dall'artre navi 'taliane nella zona, che stavano lì a fa' la frotta.
— O cos'è stato? — n'ha chiesto 'na nave a quella 'orpita.
— Dé, cià tirato 'na sega Komeini!
L'avesse ma' detto!
"Komeini ci tira le seghe, Komeini ci tira le seghe!" tutti a urlà, e tutti a di' popò di maiale, alla su' età certe 'ose 'un si devan fa'!
E 'nvece le fa, eccome! Perché dé, rimasto guasi senz'armi a son di sparà all'iracheni, e oramai a corto anche di mine 'taliane pervia 'he quarcuno s'è messo a ciaccià, quarcosa doveva studia'!
Che difatti è andato da Allà e ne l'ha detto: — Allà, come posso fa'?
— Fatti le seghe! — n'ha risposto Allà, che magari ne l'avrà detto 'n arabo ma si sa 'na sega noi 'ome si dice sega 'n quella lingua ellì!
E così Komeini se l'è fatte, e 'n onore der su' dio l'ha chiamate "Rasponi d'Allà".
E sai, sono pronio tremende! Te navighi tranquillo ner Gorfopèrsio, convinto tuttarpiù di sartà su 'na mina 'taliana o d'affondà per un missile ameriano, e 'nvece eccoti 'na sega di Komeini fra capeccollo!
Dice dé, ma come sono fatte?
Dé, a sega! L'ha' ma' viste te le seghe? Ecco, sono fatte 'osì! Solo 'he questevì scoppiano, e fanno la botta più o meno forte a seonda a chi ne le tiri.



Figure di merda

Se te presempio le tiri a 'n omo, sono seghe antiomo; se le tiri a 'n carrarmato sono seghe antiarro; se le tiri a 'n aroprano sono seghe antiaeree; se le tiri a 'n elefante sono seghe 'or cricche...
Dice dé, e se le tiri a 'na nave?
Eh, allora sono moccoli, propio 'ome quelli 'nsulla nave 'taliana 'ndove la prima sega di Komeini l'ha lasciati a boccaperta, ma la seonda n'ha fatto girà ' 'oglioni! Perché vero, vabbene ci s'ha ' dragamine di vetro, ma fassi tirà le seghe dall'iraniani è 'r cormo!
Sicché l'ammiraglio s'è messo subito n contatto 'on Roma.
— Pronto, Roma? C'è 'r ministro?
— No, 'n questo momento è ar gabinetto!
— Ciavrà tanto?
— Mah, dipende! Sa, iersera ha mangiato 'npo' più der solito... Ma lei 'sa voleva?
— Dé, ciò da dinni delle seghe!
— Ah, ho capito, un messaggio cifrato!
— Cifrato 'na sega! Questevì sono seghe 'olla botta, mia 'or fistio!
L'avesse ma' detto! E corso 'r ministro della guerra, è corso 'r ministro della pace, è corso 'r ministro dell'affari perdidentro e anche vello dell'affari perdifori, ma però mancava propio 'r ministro delle seghe, che difatti lui se le va sempre a fa' colla su' ganza e 'un lo trovi mai!
E 'ntanto laggiù ner Gorfopèrsio la frotta 'taliana era ormai sotto 'r tiro delle seghe 'n tutti ' bui, ne le tiravano anche nell'occhi, e l'ammiraglio 'un sapeva 'sa fa'!
Poveromo, a lui delle seghe 'un n'aveva mia detto nulla nessuno! Tutto, n'avevano detto, ma seghe nisba! E sì lui s'era raccomandato, fatemi sapé come comportammi 'n tutte l'occasioni, 'un mi fate fa' figure di merda, e loro a dinni carma e sanguefreddo, se vedi le palle abbassati e tira a campa'!
Ma qui artro 'he palle, erano seghe!
Sicché dé, è corso a sfoglià 'r manuale d'istruzioni, tantevorte ci fusse varcosa lì!
— Allora... lettera esse... Sapone... Sbombolare... Scaracchio... Scolo... Scolorina... Ah, ecco la Sega! Dunque... "Sega a mano, sega a macchina, sega a manovella, sega a martello, sega ameriana..." Ameriana?!... "L'ameriani se le fanno 'or ciuìnga o coll'oddògghe...". Ma senti 'he roba, dé!... Fermi, ci siamo! "Sega araba!... cosiddetta perché viene fatta sur cammello, ner mentre se viene fatta appiedi è la crassia sega ner deserto...". Deserto 'na sega, e qui siamo 'n mare!... Oh, finarmente, "Sega marina!"... "Dicesi sega marina la tìpia sega fatta 'n mare... L'eifetti su' pesci..." Sì, penzo a' pesci, io! E qui fra poìno scoppia tutto!
Che difatti vell'infamatissime seghe di Komeini seguitavano a arrivà come rena, e oramai ' marinai riavevano la lingua difori!
E a quer punto, ner mentre Roma seguitava a sta' zitta, la drammatia faccenda è andata a finì come si temeva: rincorsa dalle seghe senza scampo, alla frotta 'taliana n'è toccato alla fine fa' dietrofronte e rimpiattassi dietro a 'na portaerei ameriana, che loro sono abituati alle rinculate di Règa, figuriamosi se ni fanno effetto le seghe di Komeini!

URTIMORA - Cramoroso! Le seghe di Komeini 'un se le farebbe tutte lui per conto suo ma dice ne le fanno anche 'n Italia, vedrai anche velie alla Varsella 'ome le mine!
La sconvorgente notizia, diffusa 'n tutto 'r mondo dar noto giornale francese "'R papero arrostì", spiegherebbe 'n tar modo 'r misterioso silenzio di Roma, 'ndove que' mafiosi preferiscano fa' sfa' la frotta dalle seghe piuttosto di di' chi è che ne le fa!
E su questo novo scandalo der marcostume nazionale di fassi sempre le seghe alla faccia dell'artri sta ora 'ndagando la magistratura, se magari veste seghe ne le lasceranno 'n mano!

venerdì 19 luglio 2024

Simone Cristicchi ricorda Giorgio Gaber. La Firenze Che Non Conta ricorda anche qualcos'altro

 

Firenze, 18 luglio 2024. Simone Cristicchi in piazza dell'Isolotto per la Gaberiana.

Firenze. Il 18 luglio 2024 Simone Cristicchi è stato ospite alla Gaberiana in piazza dell'Isolotto. Una iniziativa su Giorgio Gaber cui ha partecipato anche Paolo Jannacci e presentata da Andrea Scanzi.
Nel suo scambio con Cristicchi Scanzi ha ricordato anche lo spettacolo Magazzino 18, che nel 2014 fu oggetto al Teatro Aurora di Scandicci di una contestazione piuttosto partecipata ad opera della Firenze Che Non Conta.
Cristicchi ha assicurato che l'episodio -il più rimarchevole di una serie di accadimenti analoghi- avrebbe solo tirato la volata alla sua carriera teatrale, che il suo spettacolo non avrebbe mai avuto fini apologetici o propagandistici e che l'idea era quella di dare una visione "a volo d'uccello" degli eventi in Istra e Dalmacija negli anni successivi alla seconda guerra mondiale.
Nel 2014 l'impressione non fu certo questa.
Wu Ming ospitò un lungo scritto dello storico Piero Purini dallo stimolante titolo "Quello che Cristicchi dimentica".
In questa sede riportammo invece un testo di Claudia Cernigoi, anch'esso difficile da considerare un elogio.
Lo spettacolo -ha assicurato poi Cristicchi- lasciò entusiasta l'allora borgomastro Matteo Renzi, che avrebbe auspicato una nuova rappresentazione a Firenze: sarebbe stato davvero il benvenuto, gli disse per telefono.
"Sono passati dieci anni e non l'ho più sentito".
Probabile che il ben vestito Renzi si entusiasmi facilmente e altrettanto facilmente passi ad altro, si potrebbe dire con un po' di understatement.
La Firenze Che Non Conta invece non è altrettanto facile agli entusiasmi.
E soprattutto non passa facilmente ad altro.
I temi cari alla propaganda -in una città dove il verde, il bianco e il rosso a bande verticali di uguali dimensioni sono spesso tollerati- erano, sono e sperabilmente saranno problematici e controproducenti.


Firenca je naš!

...Firenca je naš!

martedì 16 luglio 2024

Alastair Crooke - Francia: l'Operazione Jupiter e la rivoluzione che incombe


Luglio 2024. Le elezioni politiche francesi come dubbio argine al populismo

Traduzione da Strategic Culture, 15 luglio 2024.

Le élite di Bruxelles hanno tirato un lungo sospiro di sollievo: la Destra francese è stata bloccata. I mercati hanno fatto spallucce compiaciuti: occorre che tutto cambi perché nulla cambi, e il Centro troverà senz'altro un modo.
Macron è riuscito a bloccare la destra e la sinistra populista imponendo lo scavo di una trincea centrista che bloccasse entrambi i poli. Un blocco tattico che ha avuto successo.
Il partito di destra della Le Pen -con il 32% dei voti espressi- ha ottenuto 125 seggi: appena il 22% del totale. La sinistra ha ottenuto 180 seggi con una quota del 26% dei voti, il blocco Ensemble di Macron ha ottenuto 159 seggi con il 25% dei voti.
Nessun partito tuttavia ha abbastanza seggi per governare: di solito sono necessari circa 240-250 seggi. Se dobbiamo considerarla una vittoria si tratta senz'altro di una vittoria di Pirro. Le sinistre comprendono uno spettro di posizioni opposte -dagli anarchici ai leninisti contemporanei- in cui il nucleo di Melenchon non collaborerà mai con i centristi di Macron, né con i seguaci della Le Pen.
Lo storico Maxime Tandonnet afferma che pensare che Macron abbia ottenuto qualcosa di diverso da un fiasco costituisce un'interpretazione degli eventi eroicamente errata:
L'operazione Jupiter è degenerata nel peggior scenario possibile. È una impasse totale.
È impossibile formare un governo che funzioni partendo da un parlamento che è una mischia. Macron ha rifiutato le dimissioni del premier perdente, chiedendogli di rimanere ad interim.
Ebbene, come osserva Henri Hude, ex direttore della ricerca dell'Accademia militare di Saint-Cyr:
Nessuno può dubitare che in Francia sia in atto una rivoluzione. Le spese dello Stato e del Welfare State superano di gran lunga risorse che è quasi impossibile aumentare in modo significativo, sia attraverso la crescita economica sia attraverso la tassazione...
L'unico modo per lo Stato di far quadrare i conti è quello di accumulare un debito crescente, che può essere sostenuto solo da tassi di interesse molto bassi, ma soprattutto dalla possibilità di emettere denaro all'infinito, "dal nulla", grazie al legame privilegiato dell'euro con la Germania [alto rating per i Bund a 10 anni].
Se queste condizioni agevolate dovessero venire meno, "i finanzieri sono dell'idea che la Francia dovrebbe tagliare gli stipendi dei suoi dipendenti pubblici -o ridurne il numero- di circa un terzo, e le pensioni di tutti di un quinto. Questo è ovviamente irrealizzabile".
"Quello che viene definito debito in realtà è un insieme di deficit di bilancio e di deficit commerciale e sarebbe stato eliminato trent'anni fa con la svalutazione della moneta nazionale.
Solo che questo artificio del debito [va sempre più a beneficio dei ricchi]... mentre la popolazione in generale non smette di lamentarsi mentre vive in una specie di sogno roseo tenuta com'è nella più cieca ignoranza circa lo stato delle nostre finanze... Detto questo, la classe dirigente è ben consapevole della situazione, ma preferisce non parlarne, perché nessuno sa cosa fare".
Non c'è dubbio che al momento della verità, quando gli Stati inizieranno a dichiarare fallimento... l'Occidente sarà scosso nel profondo; alcuni di essi salteranno come tappi di champagne. L'economia dovrà essere riorganizzata. Forse assisteremo anche a una rivoluzione culturale. È stato il fallimento dello Stato francese -non dimentichiamolo- a provocare la Rivoluzione francese...
Ma ci si può chiedere: perché questo [comportamento monetario scriteriato] non può continuare all'infinito? Questo è ciò che scopriremo, ma non è ancora il momento.
Oggi, ancor prima che venga dichiarata la bancarotta, la perdita di fiducia nelle istituzioni, l'impotenza dei poteri pubblici orbati di prestigio e di autorità, e l'insofferenza verso il Presidente fanno prevedere l'energia dell'onda d'urto che si scatenerebbe se questo fallimento venisse all'attenzione del pubblico. Uno scenario "alla greca" è improbabile in Francia. Meglio puntare su qualcos'altro (inflazione controllata e svalutazione dell'euro?).
Naturalmente, la Francia non è sola. "Il sistema dell'euro avrebbe dovuto costringere i Paesi dell'euro a comportarsi in modo saggio e virtuoso in campo finanziario. Invece è successo il contrario". Il solido credito della Germania ha permesso agli altri Stati dell'UE di "appoggiarsi" pesantemente al rating privilegiato tedesco per autoindulgere a un debito incommensurabile, mantenendo artificialmente bassi i livelli di debito sovrano dell'UE.
Finché dura la posizione privilegiata del dollaro USA dovrebbe reggere anche quella dell'euro, se non fosse che la guerra in Ucraina sta rovinando in primo luogo l'industria tedesca. La Francia deve già affrontare una procedura per deficit eccessivo da parte dell'UE, al pari di altri Stati membri. La Germania ha messo un freno al debito e deve effettuare tagli per quaranta miliardi di euro. Nella maggior parte dell'Eurozona sono in atto misure di austerità.
Il dollaro USA, che occupa il vertice di questa piramide liberale del debito, si sta sgretolando di pari passo con l'ordine mondiale basato sulla supremazia occidentale. Le placche geostrategiche del mondo -così come il suo Zeitgeist culturale- si stanno spostando.
In parole povere, il problema messo inavvertitamente in luce da Macron è insolubile.
Potremmo definire l'etica emergente come quella di un "nuovo populismo". Scrive Jeffrey Tucker:
Non è né di destra né di sinistra, ma prende in prestito temi del passato da entrambe le parti. Dalla cosiddetta "destra" deriva la convinzione che le persone possano decidere della propria vita e delle proprie comunità meglio di quanto non potrebbero farlo affidandosi a una autorità apicale. Dalla vecchia sinistra, il nuovo populismo prende la rivendicazione della libertà di parola, i diritti fondamentali e un profondo sospetto nei confronti del potere economico e governativo.
Il punto fondamentale è rappresentato dallo scetticismo nei confronti delle élite potenti e radicate. Questo vale per tutti i settori. Non riguarda solo la politica. Riguarda i media, la medicina, i tribunali, il mondo accademico e ogni altro settore di alto livello, in ogni Paese. Si tratta davvero di un cambiamento paradigmatico. Non sembra un fenomeno temporaneo, sembra un fenomeno sostanziale e probabilmente duraturo.
Quello che è successo negli ultimi quattro anni ha scatenato un'ondata di sfiducia di massa [e una pari sensazione che le élite non abbiano legittimità] che era andata accumulandosi per decenni.
Il filosofo Malebranche scriveva (1684) nel suo Traité de Morale: "Gli uomini perdonano tutto, tranne il disprezzo":
Una élite che viene meno ai suoi doveri viene chiamata elitista; da quel momento in poi, la sua attività sembrerà ingiusta e illegittima, ma soprattutto la sua stessa esistenza costituirà un affronto. È questa la fonte dell'odio, della trasformazione dell'emulazione in gelosia, della gelosia in sete di vendetta e, di conseguenza, in guerre.
Cosa fare allora?
Per ripristinare l'ordine statunitense e per mettere a tacere il dissenso, si riteneva necessaria una vittoria della NATO:
Il più grave azzardo e il più grande prezzo per la NATO oggi è il rischio di una vittoria russa in Ucraina. Non possiamo permetterla", ha dichiarato il Segretario Generale Stoltenberg in occasione dell'anniversario della NATO a Washington. "L'esito di questa guerra determinerà la sicurezza globale per i decenni a venire.
Un tale risultato in Ucraina -contro la Russia- sarebbe stato quindi considerato da alcuni a Washington come forse sufficiente a far rinsavire gli Stati ribelli che commerciano in dollari e a ristabilire la supremazia occidentale in tutto il mondo.
Per molto tempo essere un protettorato statunitense è stato tollerabile, persino vantaggioso. Ora non più: L'AmeriKKKa non incute più alcuna soggezione. I tabù stanno crollando.
L'ammutinamento contro l'Occidente postmoderno è mondiale. Ed è chiaro alla maggioranza globale che la Russia non può essere sconfitta militarmente. Sarà la NATO a essere sconfitta.
Ecco il punto debole dell'impresa: Biden potrebbe non restare in circolazione ancora per molto. Tutti se ne rendono conto.
Alcuni leader dell'Unione Europea -quelli che stanno pericolosamente perdendo consenso politico in patria, mentre i cordoni sanitari che hanno eretto contro la destra e la sinistra danno segni di cedimento- potrebbero allo stesso modo vedere la guerra come la salvezza per una Unione Europea che si sta avvicinando a un naufragio fiscale senza rimedio.
La guerra infatti permette di infrangere tutte le regole fiscali e costituzionali. I leader politici si trasformano improvvisamente in comandanti in capo.
L'invio di truppe e l'offerta di jet da combattimento (e di missili a più lunga gittata) potrebbero essere interpretati come l'intenzione di puntare a una guerra europea di più ampia portata. Il fatto che gli Stati Uniti sembrino intenzionati a usare per gli F-16 delle basi in Romania potrebbe essere inteso come il modo per provocare una guerra in Europa e salvare le varie fortune politiche atlantiste che stanno correndo il rischio di un naufragio.
Per contro, esistono prove chiare che gli europei (88%) pensano che "i Paesi membri della NATO [dovrebbero] spingere per una soluzione negoziata in Ucraina". Solo una piccolissima minoranza di intervistati che ritiene che l'Occidente dovrebbe dare priorità a obiettivi come "indebolire la Russia" o "riportare i confini dell'Ucraina alla situazione precedente il 2022". Piuttosto, l'opinione pubblica europea si dimostra in maggioranza favorevole a obiettivi come "evitare l'escalation" e "evitare la guerra diretta tra potenze dotate di armi nucleari".
Ciò che è più probabile, a quanto pare, è che il sentimento contrario alla guerra represso in Europa finisca per esplodere, forse anche portando al rifiuto della NATO nella sua interezza. Per quanto riguarda l'idea che ha della NATO, Trump potrebbe quindi trovarsi a cercare di sfondare una porta aperta.

martedì 9 luglio 2024

Alastair Crooke - Ingannati e trattati come matti per anni in nome della "democrazia", e poi è crollato tutto in una notte

Alastair Crooke sul dibattito Biden - Trump del 27 giugno 2024.

  Traduzione da Strategic Culture, 8 luglio 2024.

Il direttore del Wall Street Journal Gerry Baker afferma: "Siamo stati "ingannati e trattati come matti per anni nel nome della 'democrazia'". Col dibattito fra i candidati alla presidenza degli USA tenutosi giovedi Questo inganno è "crollato" con il dibattito presidenziale di giovedì [27 giugno 2024, n.d.t.]".
"Finché il mondo non ha visto la verità [...] la finzione delle buone condizioni del signor Biden [contro] la 'informazione manipolata'... suggerisce che loro [i democratici] pensavano evidentemente di mandarla avanti e di poter farla franca.[Tuttavia] perpetuando questa finzione hanno anche rivelato il loro disprezzo per gli elettori e per la democrazia stessa".

Baker prosegue:
Biden ha avuto successo perché ha fatto dell'adeguarsi alla linea del partito la sua professione di una vita. Come tutti i politici in cui l'ego supera i talenti, si è fatto strada seguendo pedissequamente la linea del partito qualsiasi cosa essa dettasse... Infine, in un ultimo atto di servilismo partitico, è diventato il vicepresidente di Barack Obama. Il massimo del successo per chi non è una cima, ma è leale: la posizione di vertice per lo yes man sperimentato.
Solo che poi, proprio quando era pronto a scivolare verso un comodo e meritato oblio, il partito si è trovato ad aver bisogno di una punta di diamante... Cercavano una figura di riferimento leale e affidabile, una bandiera di comodo sotto cui far navigare il vascello progressista nei meandri più profondi della vita statunitense con la missione di far progredire lo statalismo, l'estremismo climatico e l'autolesionismo. Non c'era veicolo più affidabile e conveniente di Joe".
Se è così, allora chi è stato a comandare sul serio negli USA in questi anni?
"Voi [democratici in campagna elettorale] non potete ingannarci, imbrogliarci e trattarci come matti per anni su come quest'uomo abbia brillantemente assolto ai suoi compiti e come abbia costituito una forza risanatrice per l'unità nazionale - e ora che la verità è venuta a galla venirci a dire qualcosa come 'va bene, finisce qui, grazie a tutti e andiamo avanti'", avverte Baker.
[Adesso] le cose stanno andando terribilmente male. Gran parte del suo partito non ha più bisogno di lui... in un atto truffaldino di un cinismo straordinario [stanno cercando di] scambiarlo con qualcuno più utile alla loro causa. Una parte di me pensa che non dovrebbe essere permesso loro di farla franca. Mi trovo nella strana posizione di voler fare il tifo per il povero Joe borbottante... Sono tentato di dire alla macchina democratica che si mobilita freneticamente contro di lui: Non potete fare questo. Non potete ingannarci, dissimulare e trattarci come matti per anni.
Qualcosa di significativo è scattato all'interno del sistema. Si ha sempre la tentazione di ascrivere certi fatti alle contingenze immediate, ma persino Baker sembra alludere ad una serqua di inganni e di raggiri che va ben indietro nel tempo e che è venuta fuori all'improvviso solo adesso.
Alcuni accadimenti dall'apparenza effimera e contingente possono essere indicatori dell'esistenza di contraddizioni strutturali più profonde e non risolte.
Quando Baker scrive che Biden è l'ultima "bandiera di comodo" sotto cui i ceti dominanti hanno potuto far navigare il vascello progressista nei meandri più profondi della vita statunitense "con la missione di far progredire lo statalismo, l'estremismo climatico e l'autolesionismo" - sembra probabile che si riferisca agli anni Settanta, quelli della Commissione Trilaterale e del Club di Roma.
Gli anni '70 e '80 sono stati il momento in cui la lunga parabola del liberalismo tradizionale ha lasciato il posto a un "sistema di controllo" meccanicistico e dichiaratamente illiberale rappresentato da una tecnocrazia manageriale che oggi si spaccia per democrazia liberale senza esserlo.
Emmanuel Todd, storico e antropologo francese, esamina le dinamiche a lungo termine degli eventi che si svolgono nel presente: il principale agente di cambiamento che ha portato al declino dell'Occidente (La Défaite de l'Occident), egli sostiene, è stata l'implosione del protestantesimo di tipo anglosassone negli Stati Uniti e nel Regno Unito, insieme alle sue connotazioni fatte di lavoro, di individualismo e di industria; un credo tra le cui caratteristiche c'era la convinzione che la grazia divina si riflettesse nel successo sul piano materiale e, soprattutto, nel confermare in questo l'appartenenza ai prescelti da Dio.
Mentre il liberalismo tradizionale aveva punti fermi propri, il declino dei valori tradizionali ha innescato lo scivolamento verso la tecnocrazia manageriale e il nichilismo. Secondo Todd la religione in Occidente non è scomparsa, anche se vi è ridotta allo stato vegetativo. Società di questo genere, sostiene Todd, si trovano a galleggiare, in assenza di una sfera metafisica che faccia da guida provvedendo le persone di quanto attiene alla parte non materiale del sostentamento.
La nuova mentalità per cui solo una ricca élite finanziaria, gli esperti di tecnologia, i leader delle multinazionali e delle banche sono in possesso della lungimiranza e della comprensione tecnologica necessarie per manipolare un sistema complesso e sempre più controllato ha cambiato completamente tutto ciò che è politica.
I punti fermi sono scomparsi, al pari dell'empatia. In molti hanno sperimentato il freddo e distaccato disprezzo della tecnocrazia.
Quindi, quando un esperto editorialista del WSJ ci dice che dopo il dibattito fra Biden e Trump alla CNN non si può più ingannare o dare del matto a nessuno, dovremmo sicuramente prestare attenzione; sta dicendo che alla gente alla fine si sono aperti gli occhi.
A servire per dare di pazza alla gente è stata una democrazia di cartapesta, e anche quella dell'AmeriKKKa che si dichiara -nelle sue stesse leggi fondamentali- il pioniere e l'apripista dell'umanità: L'AmeriKKKa come nazione eccezionale: la sola, quella dal cuore immacolato, la battezzatrice e la redentrice di tutti i popoli disprezzati e oppressi; l'"ultima e migliore speranza per il mondo".
La realtà era molto diversa. Naturalmente un paese sovrano può campare di menzogne anche per molto tempo. Il problema di fondo -il punto che Todd sottolinea in modo così convincente- è che si può anche riuscire a ingannare e manipolare la percezione del pubblico, ma solo fino a un certo punto.
La realtà era che la cosa non ha più funzionato.
Lo stesso vale per l'Europa. L'aspirazione dell'Unione Europea di diventare un attore geopolitico globale dipendeva dal fatto che l'opinione pubblica fosse convinta che la Francia, lo stato che occupa la penisola italiana, la Germania e così via potessero continuare a esistere come entità nazionali vere e proprie anche se l'UE si accaparrava subdolamente tutte le prerogative decisionali proprie degli stati nazionali. L'ammutinamento alle recenti elezioni europee è stato il riflesso di questo malcontento.
Naturalmente, le condizioni di Biden sono note da tempo. Chi ha gestito il potere prendendo quotidianamente decisioni critiche sulla guerra, la pace, la composizione del sistema giudiziario e i limiti dell'autorità statale? Il pezzo del WSJ fornisce una risposta: "Consiglieri non eletti, membri del partito, familiari intriganti e persone a caso prendono ogni giorno decisioni importanti" su questi temi.
Forse dobbiamo interiorizzare il fatto che Biden è un uomo arrabbiato e senescente che inveisce contro i propri collaboratori. "Durante le riunioni con gli assistenti che stanno preparando i briefing formali, alcuni funzionari di alto livello hanno talvolta fatto di tutto per presentare le informazioni nel tentativo di evitare di provocare una reazione negativa". "È come se dicessero: 'Non ci puoi mettere questo, lo farebbe arrabbiare' o 'Questo metticelo, gli piace'", ha detto un alto funzionario dell'amministrazione. "È una persona molto difficile e la gente ne è spaventata a morte". Il funzionario ha aggiunto: "Non accetta consigli da nessuno se non da quei pochi consiglieri che gli sono più vicini. Questo determina una tempesta perfetta perché si isola sempre di più e sfugge ai loro sforzi per controllarlo".
Seymour Hersh, il noto giornalista investigativo, riferisce che
La deriva di Biden verso il nulla è in corso da mesi, poiché lui e i suoi assistenti di politica estera hanno sollecitato per Gaza un cessate il fuoco che non avverrà mai, e al tempo stesso hanno continuato a fornire le armi che rendono meno probabile un evento simile. C'è un paradosso analogo in Ucraina, dove Biden ha finanziato una guerra che non può essere vinta rifiutandosi al tempo stesso di partecipare ai negoziati che potrebbero porre fine al massacro.
La realtà che sta dietro a tutto questo, come mi è stato detto per mesi, è che Biden semplicemente 'non c'è più', almeno dal punto di vista della comprensione di quanto siano contraddittorie le politiche che lui e i suoi consiglieri in politica estera hanno portato avanti.
Politico ci dice che "L'esperto e isolato gruppo più prossimo a Biden conosce bene gli assistenti di lunga data cui il presidente continua a prestare ascolto: Mike Donilon, Steve Ricchetti e Bruce Reed, e all'esterno della cerchia Ted Kaufman e Klain".
Sono sempre le stesse persone, non ci sono avvicendamenti da quarant'anni... Il numero di persone che possono rapportarsi direttamente col Presidente è diventato sempre più piccolo. Sono mesi che stanno scavando sempre più a fondo nel bunker". E, ha aggiunto lo stratega, "più si entra nel bunker, meno si dà ascolto a qualcuno".
Secondo le parole di Todd, le decisioni vengono prese da un piccolo "giro di Washington".
Naturalmente, Jake Sullivan e Blinken occupano il centro di quella che viene chiamata "visione inter-agenzia". È qui che si discute soprattutto di politica. Non brilla per coerenza dato che ha sede al Comitato per la Sicurezza Nazionale, ma in compenso si distribuisce attraverso una matrice di "gruppi" interconnessi che comprende il Complesso Industriale Militare, i leader del Congresso, i Grandi Donatori, Wall Street, il Tesoro, la CIA, l'FBI, alcuni oligarchi cosmopoliti e i principi del mondo della sicurezza e dell'intelligence.
Tutte queste importanti personalità fingono di avere una visione della politica estera e lottano accanitamente per proteggere l'autonomia del loro feudo. A volte incanalano il loro "parere" attraverso il Comitato per la Sicurezza Nazionale, ma se possono lo trasmettono direttamente all'uno o all'altro degli agenti fondamentali, tramite questo o quel "giro" di Washington.
In ogni caso la dottrina Wolfowitz del 1992 che sottolineava come gli USA dovessero mantenere ad ogni costo la propria supremazia in un mondo post-sovietico con la "eliminazione dei rivali, ovunque possano emergere", rimane ancora oggi la dottrina corrente che guida la linea politica della inter-agenzia.
I problemi insiti in un'organizzazione apparentemente funzionante possono persistere per anni senza che l'opinione pubblica ne sia realmente consapevole o riesca ad accorgersi di quando le cose cominciano a non funzionare. Ma poi all'improvviso -quando arriva una crisi o quando un dibattito nella corsa alla presidenza va come va- ecco che vediamo chiaramente il crollo della manipolazione che ha confinato l'argomento all'interno dei vari giri di Washington.
In questa luce, alcune delle contraddizioni strutturali che Todd ha notato come fattori che contribuiscono al declino dell'Occidente vengono -senza che nessuno se lo aspettasse- messe in luce dagli eventi. Baker ne ha evidenziata una, che rappresenta il patto faustiano fondamentale che consiste nel comportarsi come se si fosse una democrazia liberale che opera in tandem con un'economia liberale "classica", laddove la realtà è quella di una leadership oligarchica illiberale che presiede a un'economia corporativa iperfinanziarizzata. Un'economia che ha sia succhiato ogni vitalità all'economia organica classica e creato disuguaglianze tossiche.
Il secondo agente del declino occidentale è indicato dall'osservazione di Todd per cui l'implosione dell'Unione Sovietica ha incantato a tal punto gli Stati Uniti da dare il via a un paradossale scatenamento dell'espansione di un impero globale basato sulla loro supremazia quando in realtà l'Occidente stava già deperendo dalle sue radici in su.
Il terzo agente del declino risiedeva, sostiene Todd, nel fatto che l'AmeriKKKa si fosse dichiarata la più grande nazione militare del mondo quando in realtà il paese si è liberato da tempo di gran parte della sua capacità manifatturiera (in particolare di quella militare). Esso decide tuttavia di andare allo scontro con una Russia stabilizzata e tornata grande potenza, e con una Cina che si è consolidata come il colosso manifatturiero del mondo anche dal punto di vista militare.
Questi paradossi irrisolti sono diventati gli agenti del declino occidentale, sostiene Todd. E non ha tutti i torti.

martedì 2 luglio 2024

Alastair Crooke - Persa la Russia, l'Occidente sta perdendo anche l'Eurasia



Traduzione da Strategic Culture, 1 luglio 2024.

A Washington la scorsa settimana avranno anche reagito con una breve scrollata di spalle, a leggere la dichiarazione di Sergei Lavrov all'ambasciatore statunitense a Mosca. La Russia stava dicendo agli Stati Uniti: "Non siamo più in pace"!
Non è solo questione di non essere più in pace. La Russia ha considerato gli Stati Uniti responsabili dell'attacco con una bomba a grappolo su una spiaggia della Crimea durante la festa di Pentecoste di domenica scorsa, attacco che ha causato diversi morti (tra cui bambini) e molti feriti. Gli Stati Uniti insomma sarebbero parte a tutti gli effetti della guerra per procura in Ucraina; l'ordigno era uno ATACM fornito dagli Stati Uniti, programmato da specialisti statunitensi e basato su dati della stessa provenienza. Nella dichiarazione russa si legge che "seguiranno certamente misure di ritorsione".
Insomma, da qualche parte una luce ambrata ha preso a lampeggiare con sfumature rosa e rosse. Il Pentagono ha capito che era successo qualcosa: "Non si può fare finta di niente; la situazione potrebbe degenerare". Il Segretario alla Difesa -era da marzo 2023 che non si faceva sentire- ha preso il telefono per chiamare la sua controparte russa: "Gli Stati Uniti si rammaricano per la morte di civili; gli ucraini avevano piena contezza degli obiettivi".
L'opinione pubblica russa, comunque, è ovviamente furibonda.
Il modo di dire della diplomazia per cui "adesso la situazione non è né di guerra né di pace" descrive la cosa solo a metà.
La Russia è persa, per l'Occidente. In modo molto più grave di quanto si creda.
Il Presidente Putin nella sua dichiarazione al Consiglio del Ministero degli Esteri all'indomani di un G7 tenutosi nel tintinnare di sciabole, ha spiegato come siamo arrivati a questo punto cruciale e di escalation inevitabile. Putin ha specificato che la gravità della situazione richiedeva di pensare a una sorta di ultima offerta per l'Occidente. Putin ha affermato perentorio che "non si tratta di un cessate il fuoco temporaneo per consentire a Kiev di preparare una nuova offensiva, né di un congelamento del conflitto, ma piuttosto di giungere a una conclusione definitiva delle ostilità".
È senz'altro chiaro che l'unico modo credibile per porre fine alla guerra in Ucraina sarebbe un accordo di "pace" frutto di negoziati tra Russia e Stati Uniti.
Questa convinzione tuttavia ha le sue radici nella nota visione che mette gli Stati Uniti al centro di ogni cosa: "Aspettiamo Washington...".
Lavrov ha sarcasticamente commentato, in parafrasi, che se qualcuno è convinto che stiamo "aspettando Godot" e che "non vediamo l'ora", si sbaglia.
Mosca ha in mente qualcosa di molto più radicale, che sconvolgerà l'Occidente.
Mosca -e la Cina- non intendono aspettare i comodi dell'Occidente. Intendono invertire completamente il paradigma dell'architettura di sicurezza: creare un'architettura alternativa per il vasto spazio dell'Eurasia, nientemeno. L'intenzione è quella di uscire dall'attuale confronto a somma zero. Non si intende arrivare a un nuovo confronto, ma la nuova architettura intende comunque costringere gli "attori esterni" a ridurre la loro egemonia sul continente.
Nel suo discorso al Ministero degli Esteri, Putin ha esplicitamente prospettato il crollo del sistema di sicurezza euroatlantico e l'emergere di una nuova architettura: "Il mondo non sarà più lo stesso", ha detto.
Cosa intendeva dire?
Yuri Ushakov, il principale consigliere di Putin per la politica estera, ha chiarito al Forum Primakov la telegrafica allusione di Putin. Ushakov avrebbe detto che la Russia è sempre più convinta che non ci sarà una riorganizzazione a lungo termine del sistema di sicurezza in Europa. E senza una profonda riorganizzazione non ci sarà una "conclusione definitiva" (parole di Putin) del conflitto in Ucraina. Ushakov ha spiegato che questo sistema di sicurezza unificato e indivisibile in Eurasia deve sostituire i modelli euro-atlantici ed euro-centrici, che stanno diventando obsoleti.
"Questo discorso [quello tenuto da Putin al Ministero degli Esteri russo] a mio parere indica la direzione per ulteriori iniziative del nostro Paese sulla scena internazionale, compresa la costruzione di un sistema di sicurezza unico e indivisibile in Eurasia", ha detto Ushakov.
I pericoli derivanti dalla troppa propaganda sono risultati evidenti in un precedente episodio in cui un grande Stato si è trovato intrappolato dalla demonizzazione dei propri avversari da esso stesso condotta. Anche l'architettura di sicurezza del Sudafrica per l'Angola e l'Africa sud-occidentale (oggi Namibia) andò in pezzi nel 1980; all'epoca mi trovavo sul posto. Le Forze di Difesa sudafricane conservavano ancora un residuo della loro immensa capacità distruttiva nel nord del Sudafrica, ma l'uso di quella forza non produceva alcuna soluzione politica e nessun miglioramento. Piuttosto, stava portando il Sudafrica all'obsolescenza, proprio la situazione in cui si troverebbe oggi il modello euroatlantico secondo Ushakov. Pretoria voleva un cambiamento; era pronta -in linea di principio- a stringere un accordo con la SWAPO, ma il tentativo di arrivare a un cessate il fuoco andò in fumo all'inizio del 1981.
Il problema più grande era che il governo sudafricano dell'apartheid aveva avuto un tale successo di propaganda demonizzando la SWAPO come "marxista e terrorista" che l'opinione pubblica era contraria a qualsiasi accordo, e ci sarebbe voluto un altro decennio -oltre a una rivoluzione geostrategica- prima che la cosa diventasse finalmente possibile.
Oggi, la "élite" che sovrintende alla sicurezza degli Stati Uniti e dell'Unione Europea ha avuto un tale successo con la sua propaganda antirussa -dai toni altrettanto esagerati- che anch'essa è finita nella stessa trappola. Anche se lo volessero (e comunque non vogliono), l'idea di un'architettura di sicurezza alternativa potrebbe semplicemente rivelarsi, e per anni, al di là di ogni possibile negoziato.
Quindi, come ha sottolineato Lavrov, i Paesi eurasiatici sono giunti alla consapevolezza che la sicurezza del continente deve essere costruita dall'interno, e che deve essere libera e lontana dall'influenza statunitense. In questo costrutto il principio dell'indivisibilità della sicurezza -una qualità non prevista per il progetto euroatlantico- può e deve diventare il concetto fondamentale per la costruzione della struttura euroasiatica, ha specificato Lavrov.
In questa "indivisibilità" si trova una concretizzazione non solo nominale delle disposizioni della Carta delle Nazioni Unite, compreso il principio dell'uguaglianza sovrana.
I Paesi eurasiatici stanno unendo gli sforzi per contrastare insieme le pretese statunitensi di egemonia globale e l'ingerenza dell'Occidente negli affari degli altri Stati, ha dichiarato Lavrov mercoledì al Forum Primakov.
Gli Stati Uniti e altri Paesi occidentali "stanno cercando di interferire negli affari" dell'Eurasia, trasferendo le infrastrutture della NATO in Asia, organizzando esercitazioni congiunte e creando nuovi patti. Lavrov ha previsto che

"Questa è una lotta geopolitica. Lo è sempre stata e forse durerà a lungo; forse non vedremo la fine di questo processo. Tuttavia, è un dato di fatto che il percorso verso il controllo dall'oceano di ciò che avviene ovunque avvenga viene adesso contrastato dal percorso verso l'unione degli sforzi dei Paesi eurasiatici".
L'avvio delle consultazioni su una nuova struttura di sicurezza non indica ancora la fondazione di un'alleanza politico-militare analoga alla NATO; "inizialmente potrebbe esistere sotto forma di un forum o di un meccanismo di consultazione dei Paesi interessati, non gravato da eccessivi obblighi organizzativi e istituzionali", scrive Ivan Timofeev.
Tuttavia i criteri con cui sarà organizzato questo sistema, ha spiegato Maria Zakharova,
"... non solo garantiranno una pace duratura, ma eviteranno anche grandi sconvolgimenti geopolitici dovuti alla crisi della globalizzazione costruita secondo i modelli occidentali. Creeranno garanzie politico-militari affidabili per la protezione della Federazione Russa e degli altri Paesi della macroregione dalle minacce esterne, creeranno uno spazio libero da conflitti e favorevole allo sviluppo, eliminando l'influenza destabilizzante degli attori extraregionali sui processi eurasiatici. In futuro, ciò significherà ridurre la presenza militare delle potenze esterne in Eurasia".
Il presidente onorario del Consiglio per la politica estera e di difesa della Russia Sergei Karaganov in una recente intervista ha tuttavia formulato una analisi più sobria:
Purtroppo ci stiamo dirigendo verso una vera e propria guerra mondiale, una guerra vera e propria. Le fondamenta del vecchio sistema globale stanno cedendo e i conflitti deflagreranno. È necessario bloccare il percorso che porta a questa guerra... I conflitti sono già scoppiati e sono in atto in ogni settore.
L'ONU è sulla via del'estinzione perché è legata all'apparato occidentale ed è quindi irriformabile. Bene, che rimanga. Ma dobbiamo costruire strutture parallele... Penso che dovremmo costruire sistemi paralleli espandendo i BRICS e la SCO, sviluppando la loro interazione con l'ASEAN, la Lega degli Stati Arabi, l'Organizzazione dell'Unità Africana, il Mercosur latinoamericano, eccetera.
In generale, siamo interessati a creare nel mondo un sistema di deterrenza nucleare multilaterale. Quindi, personalmente non sono preoccupato dall'emergere di nuove potenze nucleari e dal rafforzamento di quelle vecchie, semplicemente perché affidarsi alla ragione delle persone non funziona. Deve esistere la paura. Bisogna fare maggiore affidamento su una deterrenza nucleare che incuta paura, e che ispiri a tenere un registro assennato.
Quella della politica nucleare è oggi una questione complessa e controversa in Russia. Alcuni sostengono che una dottrina nucleare russa troppo restrittiva può essere pericolosa, se dovesse finire con indurre gli avversari a comportarsi con snobistica indifferenza; vale a dire, se gli avversari dovessero diventare indifferenti o indifferenti all'effetto di deterrenza al punto da ignorarne la concretezza.
Altri preferiscono un atteggiamento da ultimissima istanza. Tutti concordano comunque sul fatto che l'architettura di sicurezza eurasiatica dispone di molti passi di escalation oltre a quello nucleare.
Tuttavia, le potenzialità di un "blocco di sicurezza" nucleare a livello continentale a fronte di una NATO equipaggiata con armi nucleari è evidente: Russia, Cina, India, Pakistan -e ora la Corea del Nord- sono tutti Stati dotati di armi nucleari, il che comporta di per sé un certo grado di potenziale di deterrenza.
La definizione di altri passi di escalation sarà senza dubbio al centro delle discussioni del vertice dei BRICS di Khazan del prossimo ottobre, perché un'architettura di sicurezza non è, per concetto, materia esclusivamente militare. L'agenda comprende questioni commerciali, finanziarie e in materia di sanzioni.
La logica insita nell'invertire il paradigma militare della NATO in favore di un sistema di sicurezza eurasiatico alternativo sembrerebbe per forza di cose implicare che se il paradigma della sicurezza deve essere invertito, anche l'egemonia finanziaria e commerciale occidentale deve essere invertita.
L'abbandono del dollaro ovviamente, è già all'ordine del giorno. I meccanismi per tradurre operativamente questo intento potrebbero essere svelati in ottobre. Ma se l'Occidente si sente libero di sanzionare l'Eurasia a suo piacimento, è anche possibile che l'Eurasia sanzioni a sua volta gli Stati Uniti, l'Europa o entrambi.
Sì, la Russia possiamo darla per persa, sia pure non per sempre. E potremmo perdere molto di più. La visita del Presidente Putin in Corea del Nord e in Vietnam ha un suo scopo, se la si considera nel contesto della progettata architettura di sicurezza euroasiatica. Entrambi i paesi ne fanno parte.
E per parafrasare la celebre poesia di Kavafis,
E perché, all'improvviso, questa inquietudine e questa confusione?
(Come sono divenuti seri i volti!)
Perché è scesa la notte e i russi non arrivano.
E alcuni dei nostri sono tornati dalle frontiere dicendo
Che non ci sono più russi.
E ora, che ci succederà senza i russi?
Loro, bene o male, erano una soluzione.