sabato 28 aprile 2018

Alastair Crooke - L'Occidente davanti al trauma della propria dissoluzione



Traduzione da Strategic Culture, 23 aprile 2018.

Una ingarbugliata rete di menzogne. Il Pentagono dichiara che la missione si è svolta in modo perfetto, tutti e centocinque i missili hanno raggiunto il bersaglio; "missione compiuta", annuncia il comandante in capo. I depositi di sostanze chimiche e i centri di ricerca sono stati distrutti: eppure nell'atmosfera della Siria non si diffusa alcuna sostanza a ridosso di tanto distruttivo intervento. La Gran Bretagna continua a ripetere di essere stata oggetto di un attacco per mezzo di un mortale gas nervino ad opera della Russia, ma sembra che le due vittime stiano riprendendosi bene da quello che normalmente è una cosa che non lascia scampo. Su queste versioni dei fatti si stanno aprendo delle crepe e e ci saranno delle ripercussioni politiche. Ma di che genere, e dove?
I rispettivi governi sono costretti a mentire spudoratamente per tenere in piedi le due narrative sugli armamenti chimici e per mascherare le dispute che nascono da disaccordi sul piano interno. È chiaro che Trump non è stato ben informato dal proprio staff. Davvero ha creduto che fosse tutto vero al di là di ogni dubbio? Era al corrente delle possibili distorsioni a carico delle due vicende prima di dare il via ad un'azione probabilmente al di fuori della legge, senza curarsi dei fatti concreti? Come è possibile che sia rimasto sorpreso ad apprendere che gli Stati Uniti avevano espulso sessanta diplomatici russi quando pensava che si sarebbe trattato soltanto del corrispettivo di quanto già fatto in Europa, vale a dire un qualcosa che avrebbe coinvolto quattro o cinque persone? Come mai Nikki Haley annuncia nuove sanzioni contro la Russia e Trump rampogna la sua stessa televisione dandole torto?
Stando a quel che si dice, pare che Trump abbia saputo dal generale Kelly che in televisione cominciavano a passare agghiaccianti immagini di bambini morti con la bava alla bocca. Col carattere che si ritrova, è possibile che Trump abbia reagito istintivamente e con rabbia viscerale. Sembra che la sua prima intenzione fosse quella di agire di forza contro il governo siriano.
Solo che un mese prima i russi (il generale Gerasimov) avevano già avvertito il Pentagono (il generale Dunford) di aver saputo dai propri servizi che una messa in scena sulle armi chimiche era in preparazione a Gouta est. Perché gli jihadisti l'hanno organizzata? Perché stavano preparando un attacco massiccio contro Damasco con i circa trentamila combattenti ammassati a Gouta, rinforzati da altri quattromila che si stavano concentrando a sud. I russi avevano avvertito Damasco del pericolo. L'esercito siriano era pesantemente impegnato nella provincia di Idlib; ha dovuto rapidamente cambiare assetto e mettere in atto una fulminea invasione di Gouta. La velocità dell'operazione ha colto gli insorti di sorpresa e li ha rapidamente sopraffatti. Il pretesto dell'attacco chimico è stato un plateale tentativo di ottenere dall'esterno aiuti per gli insorti di Gouta e per tenere in piedi la vacillante prospettiva di un attacco contro Damasco che avrebbe imposto un cambiamento di paradigma sul campo. Cosa in cui a quanto sembra riponevano fiducia sia gli insorti che certi Stati esteri che li sostengono.
La conseguenza è stata una guerra intestina nell'amministrazione statunitense: il colonnello Pat Lang, ex funzionario dei servizi della difesa esperto e autorevole, ha scritto:
Mi dicono che la cricca neoconservatrice ha perorato con tutta l'insistenza possibile un massiccio attacco aereo e missilistico allo scopo di distruggere la capacità del governo siriano di combattere contro i ribelli jihadisti. John Bolton, il generale (in pensione) Jack Keane e molti altri neoconservatori hanno convintamente sostenuto questa campagna considerandola un modo per rovesciare l'esito della guerra civile. James Mattis è riuscito ad ottenere dal Presidente Donald Trump l'approvazione per un attacco molto più limitato e in gran parte simbolico, ma il presidente era chiaramente propenso ad assecondare la parte neoconservatrice. Cosa succederà la prossima volta?
A questo punto però si deve tenere conto della discrepanza tra le prime affermazioni del Pentagono sugli otto bersagli scelti per l'attacco, i centocinque missili lanciati e la conseguente asserzione di "missione compiuta" da parte di Trump. Tutte cose in totale contrasto con la versione dei fatti fornita dai russi, che è completamente differente. Secondo i russi gli USA hanno effettivamente scelto otto bersagli e hanno lanciato i missili. Solo che soltanto quattro bersagli sono stati colpiti. 
- Quattro missili erano diretti contro l'aeroporto internazionale di Damasco, dodici contro quello di Al-Dumayr. Tutti i missili sono stati abbattuti.
- Diciotto missili erano diretti contro l'aeroporto di Blai. Tutti i missili sono stati abbattuti.
- Dodici missili erano diretti contro la base aerea di Shayrat. Tutti i missili sono stati abbattuti. Nessuna base aerea è rimasta coinvolta dall'attacco.
- Cinque dei nove missili diretti contro la base in disuso di Mazzeh sono stati abbattuti.
- Tredici dei sedici missili diretti contro l'aeroporto di Homs sono stati abbattuti. Ci sono stati danni di scarsa rilevanza.
- Trenta missili complessivamente erano diretti contro i centri di ricerca vicino a Barzah e a Jaramana. Ne sono stati abbattuti sette.
Cosa è successo, e perché l'Occidente ha reagito con incredulità al fatto che l'operazione fosse andata meno che "alla perfezione"? Lo rivelano le statistiche russe. I missili Pantsir S hanno colpito 23 bersagli su 25. I Buk M2 24 su 29, i vecchi S200 sovietici invece non hanno colpito alcun bersaglio sugli otto presi di mira.
I Pantsir e i Buk M2 sono una novità in Siria; gli altri sistemi sono vecchi apparati sovietici. I Pantsir e i Buk funzionano, tutto qui. Il Pentagono, per coprire la discrepanza sui missili abbattuti afferma di aver lanciato non meno di settantasei missili da crociera contro il centro di ricerca di Barzeh, un obiettivo indifeso e non fortificato, un piccolo complesso di edifici a due piani recentemente dichiarato privo di armamenti chimici e non coinvolto in ricerche in materia da parte dell'OPCW, l'Organizzazione per la Proibizione degli Armamenti Chimici. In altre parole, il Pentagono afferma di aver lanciato un numero di missili sufficiente a radere al suolo una città (trentaquattro tonnellate di testate esplosive) contro un normale stabile a due piani. La cosa non sta in piedi, anche a detta di un esperto. 
Non è certo la prima volta che si fa torto ai fatti per adattarli alla versione che se ne vuole dare. L'ex capo della marina britannica lord West ricorda: "Quando ero a capo dei servizi della difesa [britannici] subivo forti pressioni politiche perché affermassi che la nostra campagna di bombardamenti in Bosnia stava raggiungendo questo o quel risultato, cosa che non corrispondeva al vero. Soffrivo pressioni molto forti, quindi so cosa può succedere quando ci sono di mezzo i servizi."
Di nuovo, perché questo inganno? Forse che i suoi assistenti hanno detto a Trump che non si trattava proprio di una missione compiuta "alla perfezione"? Forse no. Forse che gli assistenti di Trump, gli assistenti della signora May, gli assistenti di Macron hanno riferito loro che la causa della morte dei bambini a Douma era probabilmente un'asfissia non dovuta a sostanze chimiche? Questi signori sono stati avvertiti del fatto che rischiavano di ripetere l'errore dell'Iraq (quello di fidarsi di informazioni errate), stavolta peggiorato dalla completa mancanza di qualunque accertamento, di qualunque prova concreta, di qualunque risoluzione dell'ONU?
Non è detto che l'esplosione sia immediata, ma la miccia per lo scandalo che ne può conseguire è stata accesa. E lo scoppio potrebbe portarsi via qualche politico. Magari la signora May per prima.
Come spiegare tutto questo? Il colonnello Pat Lang pensa che, come nel caso dell'Iraq, i neoconservatori dettino fermamente la linea politica "e [così come] hanno portato gli Stati Uniti a invadere l'Iraq e a distruggere la macchina statale irachena [stanno facendo lo stesso con la Siria]. Lo hanno fatto manipolando la rappresentazione sociale che gli ameriKKKani avevano dell'Iraq e della ipotizzata minaccia rapprsentata dalle armi di distruzione di massa irachene. Non tutti coloro che hanno preso parte a questo processo erano dichiaratamente neoconservatori, ma nell'amministrazione Bush ce n'erano quanti bastavano per imporre la loro linea:
Questa gente, allora e oggi, crede fermamente al Destino Manifesto degli Stati Uniti, intesi come la migliore speranza dell'umanità per un futuro utopistico e come paese responsabile per la guida del genere umano verso questo futuro. I neoconservatori credono che in ogni iracheno, in ogni filippino, in ogni siriano ci sia un ameriKKKano che altro non attende che di essere liberato dai gravami della tradizione, della cultura locale e della generale arretratezza. Per gente che la pensa in questo modo, il fatto che i vecchi sistemi continuino a sopravvivere si deve alla natura oppressiva e sfruttatrice di governanti che bloccano il necessario "progresso". Per neoconservatori e imperialisti la soluzione è semplice. I governanti locali vanno rovesciati, perché sono il principale ostacolo all'emulazione popolare dell'Occidente, con particolare riguardo alla cultura e alla forma politica ameriKKKane.
La geopolitica di oggi, per com'è presentata nei recenti documenti di strategia difensiva ameriKKKani, altro non è che il riaffermarsi della rivalità e della competizione fra grandi potenze. L'AmeriKKKa intesa come responsabile di un ordine globale omogeneo e fondato sulla sua predominanza, con una Cina e una Russia intese come "potenze revisioniste" che di quell'ordine minacciano il tranquillo dispiegarsi. Di sicuro, almeno finché le cose continuano su questa linea, c'è il fatto che esiste un asse tra Cina, Russia e Iran, tre paesi che si coordinano per riaffermare nella sfera mondiale il principio della diversità culturale, della diversità politica e dell'eterodossia. Ma il fatto che esista competizione fra grandi potenze è sufficiente a spiegare la crisi in cui ci troviamo oggi?
La crisi sulla Siria ha molto poco a che fare con gli armamenti chimici; quello serve solo ad appagare la passione europea e ameriKKKana per l'atteggiarsi a modelli di virtù. A tutta la storia Trump può credere o non credere; non è una questione molto rilevante, da nessun punto di vista. Questo gridare all'arma chimica non è che l'ultimo episodio di una serie di casi dello stesso genere, che arriva fino alla menzogna del Kuwait sui "bambini gettati fuori dalle loro incubatrici dai soldati iracheni" e che ha sempre avuto un solo scopo: fornire il pretesto per un pieno intervento militare di un qualche genere. Nel discorso di Pat Lang, è il rovesciamento dei governanti locali intesi come il principale ostacolo all'emulazione popolare dell'Occidente, con particolare riguardo alla cultura e alla forma politica ameriKKKane.
Nel suo Black Mass il professor John Gray nota che "il mondo in cui ci troviamo... è disseminato dei rottami di progetti utopistici che, sebbene fossero inquadrati in una forma laica che negava le verità della religione, erano di fatto veicoli di un mito religioso". I rivoluzionari giacobini scatenarono il Terrore, inquadrato nell'umanesimo dei Lumi di Rousseau, come violento contraccambio alla repressione voluta dalle élite. La sua violenza era giustificata dalla violenza della repressione elitaria. I bolscevichi trotzkisti uccisero milioni di persone in nome della nuova umanità che doveva nascere dall'empirismo scientifico. I nazisti fecero qualcosa di simile, in nome del conseguimento di un "razzismo scientifico" di stampo darwiniano.
Tutti questi progetti utopistici, sostiene Gray, rappresentano la visione di credenze apocalittiche in una "fine dei tempi" in cui i mali del mondo verranno meno in un massacro dei corrotti destinato a scuotere il pianeta, al quale scamperanno solo gli eletti. Secondo Gray i giacobini e i trotzkisti potevano anche detestare la religione propriamente detta, ma la loro convinzione che potesse verificarsi una frattura improvvisa nella storia, dopo la quale le storture del consesso umano sarebbero state abolite per sempre grazie alla volontà umana e alla tecnologia più che grazie ad un atto divino, rappresenta sostanzialmente la traduzione in termini laici della tradizione apocalittica ebraica che ha Gesù come protagonista. Si crede che il mondo sia destinato a una imminente distruzione, in modo che possa entrare in essere un altro mondo, nuovo e perfetto.
Cosa c'entra tutto questo con la Siria? C'entra, e molto. Intanto il parallelo fra l'intento giacobino di scatenare il terrore contro il "sistema della repressione statale" della Francia di allora e quanto viene ventilato a proposito dell Siria, contro il "tiranno Assad", è abbastanza chiaro.
Inoltre, la metanarrativa dell'Occidente contemporaneo secondo cui il mondo starebbe convergendo verso un solo sistema di governo e un solo sistema economico -democrazia universale e "prosperità per tutti" data dal mercato libero- che rappresenterebbero "la fine della storia", secondo Gray non è altro che la più recente versione della tradizione apocalittica ebraica così come si è radicata nel cristianesimo, considerata anche l'influenza del successivo manicheismo. Detto altrimenti, i progetti per rovesciare militarmente un governo dei nostri giorni altro non sono che una versione mutante della violenza in origine giustificata dall'apocalittica visione dei "tempi ultimi", che oggi trova invece giustificazione nell'utopistico concetto di una "fine della storia" che coincide con il progetto universale ameriKKKano in cui l'umanità intera converge su una serie di valori integrati in un ordine mondiale a guida ameriKKKana.
Quale dunque la natura della crisi in esame? Così come non è giunta la fine del mondo e non è arrivata la redenzione per i primi cristiani, così non è giunta la fine della storia e non è arrivata l'utopia che le élite ameriKKKane attendevano. E adesso tocca a loro gestire la crisi della nostra disillusione. Nel corso della storia il mancato conseguimento dei fini provvidenziali era atribuita alla resistenza opposta dalle forze del male di cui Satana è la personificazione. Un esempio di moderna personificazione di Satana è rappresentato da Putin: si veda questo materiale, ampiamente distribuito nelle scuole britanniche.
Come spiegare altrimenti perché lord West, in questa intervista alla BBC esponga argomentazioni coerenti sul perché il Presidente Assad potrebbe non essere responsabile di alcun attacco chimico a Douma, ma al tempo stesso si senta obbligato a demonizzare la sua figura e la Russia: il Presidente Assad? Un "furbacchione sgradevole, ripugnante, orrendo". I russi? "Dicono bugie per ordinaria amministrazione". West non lo ha detto esplicitamente, ma tutto questo implica che i russi mentono e ingannano per natura, e che Assad, sempre per natura, è un individuo ripugnante.
Assad e la Russia, per gli utopisti laici di oggi, sono come il Satana destinato a fare una fine sanguinosa al momento dell'apocalittica fine di tutti i secoli.
Ismail Shamir ha riferito del -comprensibile- sconcerto dei russi a fronte dell'incessante ostilità dell'Occidente verso la Russia:
Adesso, con la marina USA schierata con il sostegno di Inghilterra e Francia, il conto alla rovescia che prelude allo scontro è a quanto pare cominciato. I russi si stanno mestamente preparando alla battaglia, che sia circoscritta o che sia mondiale, e ne aspettano l'inizio da un momento all'altro.
Il percorso che ha portato a questo mezzogiorno di fuoco ha avuto come tappe l'affare Scripal, l'espulsione dei diplomatici e la battaglia dei siriani per la conquista di Ghouta est, intanto che gli intrallazzi dello stato sionista ci mettevano del loro.
L'espulsione dei diplomatici ha lasciato i russi esterrefatti. Per giorni e giorni hanno cercato di capacitarsi della cosa e di cercarne una spiegazione: cosa mai vogliono da noi? Fin dove si arriverà? Sono successe troppe cose che, prese ad una ad una, non hanno molto senso. Perché il governo USA espelle sessanta diplomatici russi? Vogliono troncare le relazioni diplomatiche? Si tratta di un primo passo verso la cacciata della Russia dal Consiglio di Sicurezza o verso la cancellazione del suo diritto di veto in quella sede? O significa che gli USA hanno deciso di smettere di ricorrere alla diplomazia?
Per il momento, "è la guerra" non è per i russi tra le risposte a tutte queste domande.
Speriamo e preghiamo di sopravvivere alla catastrofe che si prepara.
Venerdì tredici aprile non ha portato alla catastrofe, ma se fosse stato per il generale Mattis sarebbe finita facilmente in quel modo. Oggi come oggi le cose vanno così: un aggregato casuale di persone e di circostanze può spingere gli eventi da una parte o dall'altra. Non è nulla di razionale, è una cosa che ha a che fare con la multiforme natura degli esseri umani e delle loro emozioni.
L'attacco alla Siria non è stato un incidente di percorso su cui si può far finta di nulla, tirare un sospiro e andare avanti come prima. Il trauma causato dal pensiero occidentale dell'utopismo laico (i Lumi europei) ormai in via di dissoluzione non è una cosa su cui si possa passare sopra facilmente. Esiste un'alterità, le altre culture si stanno coalizzando e ci stanno portando verso sbocchi inediti, anche se ancora latenti. Dovremo aspettarci altri incidenti di percorso. Dovremo aspettarci qualche sorpresa. I prossimi "incidenti" potrebbero anche essere più pericolosi. Un Occidente traumatizzato dalla propria dissoluzione non disdegnerà di ricorrere alla violenza, sopratuitto perché lo shock di scoprire che il progresso tecnologico non è cosa inerente la cultura occidentale ma un campo in cui gli altri possono conseguire gli stessi -se non migliori- risultati è qualche cosa che va a colpire quello stesso eccezionalismo che è il cuore del mito occidentale. 


venerdì 27 aprile 2018

Firenze, "La Nazione" del 27 aprile 2018 pubblicizza con il titolo "A scuola di anti stato" un utile manuale di autodifesa legale per gli attivisti politici.


La gazzettina in oggetto è uno dei numerosi fòmiti della propaganda "occidentalista" che abbiamo più volte indicato allo scherno dei nostri lettori, correndo persino il rischio di stancarli.
In molte occasioni abbiamo anche auspicato che il sito dove sorge la sede di questo più che discutibile foglietto possa diventare quello dell'erigenda moschea cittadina, che vorremmo realizzata in uno stile degno della città di Firenze, con amplissimo ricorso a materiali di pregio e a completo carico dell'erario, con esplicita distrazione dei fondi necessari dai capitoli "sicurezza", "forze dell'ordine" e "lotta al degrado".
All'indomani di un 25 aprile contornato a Firenze da frizioni minime fra gendarmeria e manifestanti qualcuno che ciondola in quella redazione si è accorto che una minuscola organizzazione ha preparato sette anni or sono un opuscolo indirizzato ai propri simpatizzanti e sostenitori.
Vi si insegna per sommi capi come mantenere un comportamento costruttivo nelle manifestazioni di piazza, come evitare di attirare su di sé attenzioni poco gradite, come evitare gli errori più comuni nei rapporti con la gendarmeria e come evitare di fornire materiali utili a far giornata alla marmaglia della "libera informazione" occidentale.
Non eravamo al corrente dell'esistenza di questo "Piccolo manuale di autodifesa legale", che costa cinque euro in versione cartacea e che è liberamente scaricabile in PDF; ringraziamo "La Nazione" per avercene comunicata l'esistenza, ne consigliamo come sempre a tutti un'attenta lettura, e ci impegnamo (come facciamo con piacere in molti casi analoghi) affinché abbia una ancor più ampia diffusione.

sabato 14 aprile 2018

Sohaib Bouimadaghen, ladruncolo maldestro.


Secondo la gendarmeria Sohaib Bouimadaghen è uno dei ladruncoli maldestri che a Torino il 3 giugno 2017 avrebbe spruzzato spray al peperoncino per arraffare un po' di collanine d'oro in Piazza San Carlo, affollata di sudditi intenti a sbevazzare in santa pace e a guardarsi le pallonate al megaschermo.
Alla sua iniziativa seguì un quarto d'ora d'inferno con un morto, molte centinaia di feriti e -cosa molto più grave- un lungo strascico di grane per i potenti della città.
Una ringhiera vi ha messo in ginocchio, avete calpestato bambini e donne per un petardo, ve ne accorgete solo quando vi tocca la pelle, c’è chi si alza senza la propria famiglia, sotto le macerie di una casa distrutta, senza né acqua né cibo, contro le più grandi forze mondiali.
Una delle pacifiche verità della vita è che persino un elemento del genere può dare prova, e senza alcuna fatica, di una lucidità di analisi totalmente assente nei ben vestiti grondanti sufficienza che compendiano la "libera informazione" occidentale e che si sono affrettati a definire per lo meno inquietante l'affermazione qui riportata.

giovedì 12 aprile 2018

Gas contro i civili siriani. Un'altra volta...? Militant Blog sulle barzellette della "libera informazione"


Sono anni che tirano fuori la foto di tuo figlio per farti approvare le aggressioni occidentali.

Repubblica Araba di Siria. A metà aprile 2018 ha capitolato il sobborgo damasceno di Ghouta, da otto anni controllato da combattenti dell'"opposizione".
Die Streitkräfte der Arabischen Republik Syrien siegt an allen Fronten.
In eloquente contemporanea le gazzette "occidentali" si sono riempite di autorevoli (risate in sottofondo) reportage sul generoso utilizzo di armi di sterminio da parte di Bashar al Assad (che è cattivo).
Nel mainstream della penisola italiana si è distinto per impegno in questo senso il Roberto Saviano di cui ci siamo più volte occupati (e non certo per dirne bene) diversi anni fa, quando ancora indugiavamo sul contenuto delle gazzette invece di occupare il poco tempo libero di cui dispone chi lavora tutto il giorno per farci un'idea del mondo consultando fonti molto più meritorie.
I signori nessuno di Militant Blog hanno invece pubblicato quanto segue, riportato qui senza alcuna modifica (ad eccezione di alcune evidenziature nel testo) perché pienamente condivisibile ad eccezione di alcune scelte terminologiche. 

 Sulla Siria e la colossale campagna di fake news costruita contro quel popolo ci siamo espressi decine di volte. Questa volta ci limitiamo a ripubblicare l’articolo uscito ieri sul Manifesto di Tommaso Di Francesco, di cui condividiamo ogni singola virgola e, in particolare, la tesi di fondo: la guerra in Siria non deve finire, perchè certificherebbe la sconfitta della proxy war occidentale e, al contrario, il trionfo geopolitico della Russia nel mantenere la Siria uno Stato unitario e sovrano. L’ennesima bufala sull’utilizzo di gas nei bombardamenti serve esattamente a questo: costringere l’opinione pubblica ad avallare l’intervento diretto Occidentale, in questo caso la coalizione neo-coloniale franco-americana. Di seguito, il pezzo di Di Francesco, un pezzo che finalmente ha il coraggio di ri-semantizzare alcuni concetti completamente sfuggiti di mano. Ad esempio questo: “il ruolo dei jihadisti dell’Isis, di al-Qaeda e galassie collegate, che se fanno attentati in Europa e negli States sono «terroristi», mentre in Siria sono «opposizione»”.

di Tommaso Di Francesco (qui).

La guerra in Siria non deve finire. Sembra questo l’assunto degli avvenimenti precipitosi in corso e sotto l’influsso dei racconti massmediatici che sparano la certezza, tutt’altro che verificata da fonti indipendenti, di un bombardamento al «gas nervino» o al «cloro», con cento vittime e gli occhi dei bambini – vivi fortunatamente – sbattuti in prima pagina. Ci risiamo. Temiamo che ancora una volta la verità torni ad essere la prima vittima della guerra. Soprattutto di quella siriana, una guerra per procura, che ha visto insieme a 400mila vittime e un Paese ridotto in rovine, i mille coinvolgimenti dell’Occidente, delle potenze regionali a cominciare dalla Turchia baluardo sud della Nato, il ruolo dei jihadisti dell’Isis, di al-Qaeda e galassie collegate, che se fanno attentati in Europa e negli States sono «terroristi», mentre in Siria sono «opposizione». La guerra è anche di parole.
Tra i dubbi che emergono, c’è un fatto concreto, un déjà vu: il raid dei jet israeliani inviati dall’«umanitario» Netanyahu a colpire una base aerea siriana, con altre vittime, civili e non. L’ evento getta piena luce su una tragedia alimentata all’origine per destabilizzare la Siria così come con «successo» era accaduto in Libia. E che, comunque la si definisca, vede le vite dei civili, donne, anziani, bambini alla mercé dei fronti opposti. Perché? Perché permette di comprendere quel che davvero sta accadendo. La guerra, di fatto vinta da Assad e dal fronte che lo sostiene, Russia e Iran e al quale dopo il vertice di Ankara si è aggiunta l’atlantica Turchia, non deve né può finire con il risultato destabilizzante della sconfitta dell’asse sunnita a guida dell’Arabia saudita, l’asse avviato dalla coalizione degli Amici della Siria nel 2012-2013, suggellato pochi mesi fa da Trump con la fornitura di 100 miliardi di armi al regime dei Saud che ora vanno in viaggio d’affari, dall’Egitto di al-Sisi alla Gran Bretagna (dove la narrazione del «gas Sarin in Siria che si collega al caso Skripal», viene ribadita da Karen Pierce, ambasciatrice di Londra all’Onu). Così, proprio mentre il governo di Damasco ha di fatto riconquistato più di due terzi del Paese, lavora alla ricostruzione di molte città a partire dalla meraviglia in cenere di Aleppo, e mentre tratta con gli ultimi jihadisti di Ghouta perché si ritirino verso la roccaforte integralista residua di Idlib, ecco che scatta l’operazione «gas Sarin».
Così subito arrivano i «caschi bianchi» – esaltati in occidente quanto patrocinati dall’Arabia saudita e presenti solo nelle zone controllate da Al Qaeda (avete mai visto «caschi bianchi» soccorrere i civili delle stragi a Damasco provocate dai colpi partiti dalle zone controllate da al-Qaeda?). È una «operazione» attesa, dopo le precedenti del 2013 e del 2017. E che per essere veridica deve però dimostrare una tesi: che Assad giochi al suicidio politico mentre vince e in presenza del controllo militare russo sotto osservazione Onu e del mondo intero. Assad però, che non è una mammoletta e per restare in sella ha certo fatto scempio di una parte del suo popolo, tutto è meno che un suicida politico. Ora Damasco e la Russia respingono ogni accusa. E allora, chi potrebbe essere responsabile del presunto attacco al gas nervino o al cloro?
Per rispondere bisogna sottolineare tre elementi: i due cosiddetti attacchi precedenti; l’attuale crisi di legittimità di Trump, lo scatenatore di dazi sotto tiro ancora per il Russiagate; il ruolo di Israele mentre gioca con prepotenza criminale e altrettanta impunità al tiro al piccione con le vite dei civili palestinesi a Gaza. Dunque i precedenti.
Il 21 agosto 2013 sempre a Ghouta secondo il più importante giornalista d’inchiesta al mondo, Seymour Hersh. Premio Pulitzer per il reportage sul massacro di My Lai in Vietnam quando nel marzo 1968 le forze militari americane massacrarono a freddo 109 civili e responsabile delle rivelazioni sulla barbarie in Iraq del carcere americano di Abu Ghraib. L’attacco, da fonti dirette raccolte da Hersh sia in Siria che tra le alte sfere dell’intelligence Usa, non fu opera del regime di Assad ma dei ribelli jihadisti con il sostegno di Erdogan. Per una operazione mirata a far entrare in guerra subito gli Stati uniti che con Obama avevano intimato che l’uso di armi chimiche avrebbe oltrepassato «la linea rossa». L’intervento fu evitato all’ultimo momento per la mediazione della Russia, di papa Bergoglio che invitò il mondo alla preghiera contro l’allargamento del conflitto, e dell’Onu che a fine 2014 dopo una missione di bonifica delle armi chimiche, decretò con l’accordo di tutti che in Siria non ce n’erano più. Il secondo precedente, del 4 aprile 2017, solo un anno fa a Khan Sheikhoun, con 72 vittime civili per effetto di una bomba sganciata dall’aviazione siriana che, per i Paesi occidentali era «al gas Sarin»; e al quale seguì però, con elogio bipartisan di repubblicani e democratici Usa, e di mezzo mondo, il lancio di 59 missili Tomahawak su una base aerea siriana usata anche dai russi. La nuova indagine di Seymour Hersh (apparsa sulla Welt am Sonntag) ha dimostrato, ascoltando fonti dell’establishment dell’intelligence Usa, che la bomba non poteva essere caricata a gas nervino perché esisteva una accordo di «deconfliction» tra servizi segreti americani e russi, proprio per evitare scontri diretti non voluti, secondo il quale i russi avevano fornito in precedenza i dettagli del bombardamento. «Non era un attacco con armi chimiche – rivelò a Hersh un esperto consigliere dell’intelligence statunitense – È una favoletta. Se fosse davvero così, tutte le persone coinvolte nel trasferire, caricare e armare l’arma … indosserebbero indumenti protettivi Hazmat in caso di perdite. Ci sarebbero ben poche possibilità di sopravvivenza senza questo vestiario». Qual era la verità: che la micidiale bomba aveva colpito deflagrando un deposito di armi e prodotti chimici, molti dei quali arrivati ai jihadisti proprio grazie alle forniture alla cosiddetta «opposizione siriana», il cui sostegno Usa è stato un fallimento per dichiarata ammissione della Cia. E, accusa Hersh: forniture arrivate per esplicita volontà dell’allora segretario di Stato Hillary Clinton.
Veniamo al ruolo di Trump, sotto accusa da quasi tutta la stampa Usa – fa eccezione il Boston Globe – e dal senatore McCain (“eroe” del Vietnam perché buttava napalm e agente Orange sui villaggi contadini?) – per avere annunciato il ritiro americano dalla Siria. Ora il populista Trump si prepara a bombardare, visto che ottiene più consenso se da isolazionista sposa il militarismo della «guerra umanitaria» che è tanto «di sinistra». Con effetti stavolta a dir poco controproducenti: la terza guerra mondiale non più «a pezzetti».
Ultima considerazione: che vuole Israele? Impunita per le stragi di civili a Gaza, punta alla provocazione con nuovi raid in Siria. Il primo obiettivo è aprire il fronte Iran; poi partecipare alla spartizione del Paese del quale occupa da tempo il Golan; e ora soccorrere Trump diventando la sua aviazione, anche per ripagarlo della sua criminale decisione di spostare a maggio l’ambasciata Usa a Gerusalemme. Insomma, vale la pena credere al giornalismo vero, d’inchiesta. Che non accettare le versioni mainstream di comodo di chi è il primo responsabile della guerra di turno.