In politica estera, il Presidente Trump è legato mani e piedi dalla legge sulle sanzioni alla Russia (e all'Iran). Ormai è impossibilitato ad agire per arrivare alla distensione con i russi ed è stato messo sprezzantemente all'angolo dal suo stesso partito, che si è adoperato insieme ai democratici affinché le prerogative presidenziali in politica estera diventassero lettera morta e che della materia si occupasse il Congresso.
Come ulteriore umiliazione, Trump è stato scavalcato per la politica da adottare in Afghanistan dai suoi consiglieri militari (i generali James Mattis, H.R. McMaster e John Kelly). Trump ha lasciato la supervisione dal punto di vista civile della nuova spedizione in afghanistan a McMaster e a Mattis: il primo viene considerato il padre putativo della "nuova" linea politica in Afghanistan. Il Presidente è stato scavalcato anche per quanto riguarda le prerogative che gli spettano sul piano militare in qualità di comandante in capo, ad opera di questo triumvirato di consiglieri militari della Casa Bianca. La leadership "civile" ha lasciato posto a quella "militare".
Non è detto che queste umilianti concessioni saranno ritenute dai suoi oppositori soddisfacenti quanto basta da consentire alla presidenza di tirare a campare, sia pure con un presidente non in grado di operare concretamente; e se invece si trattasse solo dell'antipasto? In questo caso, il primo piatto potrebbe essere rappresentato dallo screditamento totale della base elettorale di Trump: i repubblicani rimasti sul Titanic di Trump sarebbero lasciati affondare insieme al loro capitano, "bianchi suprematisti, intolleranti e nazisti" che non sono altro.
Il professor Walter Russell Mead, e Trump dovrebbe saperlo, afferma che "i più alti funzionari del Presidente Trump continuano ad impegnarsi nella difesa dell'ordine mondiale che gli USA hanno costruito fin dalla presidenza Truman. Tra di essi rientrano anche [il Segretario di Stato Rex Tillerson, Mattis, Kelly e McMaster] uomini cui ripugnano l'arroccarsi e la ritirata che hanno caratterizzato la presidenza Obama... Vogliono vedere fin dove arrivano le ambizioni dei rivali dell'AmeriKKKa, intanto che ripristinano i fondamenti militari ed economici del potere mondiale degli Stati Uniti."
Bene, almeno questo è chiaro: vogliono che sia l'AmeriKKKa a determinare l'ordine mondiale. Ormai è un pezzo che ci provano, ma ancora non ce l'hanno fatta. Con tutte le sue attrattive, tutte le sue ricchezze, quel bottino resta elusivo in maniera frustrante, e il fatto che non ci sia modo di arrivarci sembra che faccia impazzire più che mai, al punto che si arriva a distruggere quello che non si può ottenere.
Che altro dire del nuovo piano per l'Afghanistan? Al di fuori delle élite statunitensi nessuno crede che esso farà altro che allungare ulteriormente una guerra che è impossibile vincere, o, peggio, che spingerà Pakistan e India verso un confronto diretto. Eppure la distruzione dell'Afghanistan deve continuare, in omaggio al mito dell'AmeriKKKa come la intendono "i più alti funzionari" di Trump, l'AmeriKKKa che vince sempre se solo lo vuole davvero e persevera, l'AmeriKKKa che considera la sconfitta una bestemmia.
La solita storia di ego troppo pompati. Ma l'idea di un potere che vuole comunque "arrivare a qualcosa che non può ottenere" è così onnipresente che le élite degli USA vogliono sia spazzar via il frenastenico Trump e i suoi "disprezzabili" (e ricacciarli definitivamente nelle fogne) sia indebolire qualunque potenza possa intromettersi sul loro cammino verso il ripristino dell'ordine mondiale ameriKKKano.
Uno stato profondo in piena eccitazione
Sembra che lo stato profondo si trovi in tali condizioni di eccitazione che coloro che ne fanno parte non riescono più a vedere dove stanno andando. Sono già pronti a rischiare di rimettere al loro posto non soltanto i recalcitranti all'estero, ma l'AmeriKKKa stessa, perché stanno cercando di riconsegnare all'AmeriKKKa le sue facoltà di organizzatrice dell'ordine mondiale in un modo tale che c'è il rischio che lo stesso stato profondo ne esca distrutto, come danno collaterale.
Il Russia Sanctions Act può esser stato concepito sia per legare le mani al Presidente Trump che per confermare la narrativa sull'intromissione di Putin nella consultazione elettorale, ma in sostanza esso elimina ogni possibilità che i signori Mattis, McMaster, Kelly e Tillerson possano avere successo nel loro affaccendarsi per conferire all'AmeriKKKa il ruolo di proconsole del mondo.
La Russia, la Cina e l'Iran, accomunati di nuovo sullo stesso fronte dalla minaccia di sanzioni, fanno ormai stabilmente parte di una coalizione strategica e sono decisi a resistere. La cosa incredibile, come afferma un osservatore, è che "Mentre si varavano le nuove sanzioni da parte dell'ONU contro la Corea del Nord, l'amministrazione Trump ha minacciato sanzioni contro la Cina se essa non avesse esercitato ulteriori pressioni [sulla Corea del Nord]... Lo stesso Trump ha fatto capire che stava pensando a un do ut des: 'Se la Cina ci aiuta, per il commercio le cose si metteranno in modo molto diverso; in modo molto diverso, dico...' ha detto [Trump] ai giornalisti... L'accordo è stato fatto, e la risoluzione 2371 all'ONU è stata approvata... La Cina ha fatto la sua parte, ha agevolato l'approvazione della risoluzione dell'ONU contro la Corea del Nord e l'ha immediatamente messa in pratica, anche se questo ha provocato significative perdite per le aziende cinesi coinvolte nei traffici con la Corea del Nord. [Ma...] Adesso Trump è tornato a parlare di sanzioni contro le aziende cinesi (e russe): 'Martedi [22 agosto, n.d.t.] l'amministrazione Trump ha imposto sanzioni contro sedici aziende per lo più cinesi e russe e contro individui colpevoli di aver fornito assistenza al programma nucleare e di missili balistici nordcoreano, o di aver aiutato i nordcoreani a trovare fondi per finanziare questi programmi... Fra le aziende colpite ci sono sei imprese cinesi, ivi comprese tre carbonifere; due aziende di Singapore che vendono petrolio alla Corea del Nord e tre imprese russe che vi collaborano, un'impresa russa che mette in commercio i metalli nordocreani e il suo direttore, russo anch'egli, un'impresa di costruzioni della Namibia, un'altra impresa dallo stesso paese e il suo direttore nordcoreano, colpevole di fornire mano d'opera nordcoreana per la costruzione di statue all'estero, cosa che procura un reddito alla Corea del Nord. Si tratta di 'sanzioni secondarie' che bloccano certe transazioni finanziarie e rendono quasi impossibile per queste aziende e per queste persone il portare avanti affari su base internazionale. Inoltre la Cina ha già interrrotto ogni importazione di carbone dalla Corea del Nord. Ha rispedito nei porti le navi carbonifere nordcoreane, e ha anzi comprato carbone dagli USA. Si sanzionano allora le aziende cinesi per il carbone nordcoreano che non acquistano più? Inoltre, vendere petrolio alla Corea del Nord è esplicitamente consentito dal nuovo regime sanzionatorio dell'ONU..."
L'alleanza che unisce Russia, Cina e Iran, oltre ai loro gregari, non crede più che l'AmeriKKKa sia capace di seguire una diplomazia coerente, o che abbia una qualche autentica capacità di controllare il mondo. Anzi, essa vede l'Europa allontanarsi dagli USA, il Consiglio per la Cooperazione nel Golfo in preda alle dispute, e persino lo stato sionista che fa ormai poco conto sull'alleanza con Washington. Esiste sì la preoccupazione per la Corea del Nord, ma il timore di un attacco preventivo statunitense contro di essa è mitigato dal sapere che la Corea del Nord detiene di fatto trentamila militari statunitensi in ostaggio nella zona demilitarizzata.
L'attenzione si sta adesso spostando sul modo in cui questi paesi potrebbero tutelarsi, nel caso i due contendenti nel conflitto interno agli USA riuscissero a mettersi all'angolo a vicenda e a gettare così il mondo nel caos finanziario (di qui la fervida attività nello stringere contratti in valute locali e nei cambi): "Quando Steve Bannon è stato cacciato dalla Casa Bianca la scorsa settimana," scrive il New Yorker, egli avrebbe ricordato "le frustrazioni in cui si era imbattuto per quanto riguardava la prossima legge finanziaria come una delle ragioni per cui credeva che l'agenda nazionalista di Trump fosse stata manipolata dai cosiddetti globalisti come Cohn e come altri rappresentanti dei Sei Grandi."
Esattamente: Trump è stato scavalcato anche in àmbito economico: questi Sei Grandi sono quattro membri del Congresso (ivi compresi il leader della maggioranza al Senato Mitch McConnell e il portavoce della Casa Bianca Paul Ryan), il consulente economico Gary Cohn e il Ministro del Tesoro Steve Mnuchin, entrambi della Goldman Sachs.
"Essi non sono populisti, non sono nazionalisti, non hanno alcun interesse al suo [di Trump] programma: zero", ha detto Bannon al Weekly Standard. "A parte i tagli delle tasse, che saranno una cosa ordinaria e di poca rilevanza, cos'è che hanno sostenuto del programma di Trump? Niente."
Il potere di Cohn
"Nell' epoca di Bannon e di una Casa Bianca che con Trump era minata da lotte di fazione Cohn non era solo il capo del Consiglio Nazionale per l'Economia; era il capo del gruppo di funzionari che Bannon prendeva in giro chiamandoli 'New York'. (gli articoli di Breitbart descrivevano Cohn e i suoi al CNE come gli affossatori globalisti)", afferma il New Yorker.
Cohn ha cinquantasei anni ed è stato inserito nella squadra di governo da Jared Kushner, il genero del Presidente che una volta fu suo tirocinante alla Goldman Sachs. Cohn da lungo tempo è un finanziatore dei candidati democratici.
Insomma, i "traffici commerciali in reflazione" di Trump li stanno normalizzando i Sei Grandi, più che la consueta politica di Washington.
Ma perché ci si dovrebbe preoccupare se il mercato borsistico statunitense tocca nuove vette ogni giorno che passa? Il "mercato" ha percorso "una curva in salita per 101 mesi a partire dal marzo 2009, durante i quali lo Standard & Poor 500 è salito del 270% e poche volte ha conosciuto crolli superiori al 2-4%, senza che [quanti ne fanno parte] smettessero di essere convinti che non importava altro che puntare al rialzo in ciascuna delle oltre cinquanta occasioni in cui il mercato ha dato momentanei segni di cedimento. Praticamente senza eccezioni, ogni piccolo crollo è stato accompagnato da disinvolte indicazioni a comprare emesse dalle banche centrali, o da appropriate dichiarazioni che parlavano di un imminente recupero messe fra le notizie del giorno."
Scrive David Stockman: "Dopo 101 mesi di acquisti continui... gli algoritmi che leggono i titoli [gli agenti di borsa computerizzati] sono stati programmati in modo del tutto squilibrato. Sono stati istruiti a 'comprare' se ci sono buone notizie in economia o in politica, perché esse implicano mnaggiori profitti, ma a 'comprare' anche se le notizie sono cattive, perché esse implicano maggior [liquidità] a disposizione, e iniziative della Fed e delle altre banche centrali in sostegno dei mercati e in supporto ai prezzi.
Questo assetto da vacche grasse però incoraggia anche i giocatori più prudenti a minimizzare la quantità di risorse tenute come sicurezza in caso di cali dei mercati, quelle che vengono allocate in modo da per proteggere portafogli titoli spesso profondamente sottoposti a leva finanziaria pieni come sono di opzioni e di derivati."
Stockman mette in guardia sul fatto che i mercati stanno già scambiando a massimi storici, mentre nessuno pone attenzione al fatto che i valori hanno raggiunto livelli estremi o alle condizioni dei fondamenti economici e politici, perché essi sono diventati del tutto irrilevanti se ogni volta che i mercati traballano c'è subito dopo un aumento compatto di tutte le classi di titoli... grazie agli interventi della Banca Centrale.
"Questo significa che chi gioca d'azzardo e i computer-agenti sono a tal punto centrati sull'idea che la banca centrale e gli organi fiscali dello stato faranno 'tutto quello che ci vuole' per far salire gli indici che è diventato irrazionale sprecare tempo e risorse nel cercare di capire 'cosa sta succedendo' scrive Stockman. "Ad importare invece sono i punti di svolta nei grafici, i flussi di denaro, quale sarà il prossimo settore interessato, il potere d'acquisto dei fondi, gli arbitrati tecnici e gli scambi in atto, al pari degli scambi di parità che fanno parte del rischio di massa al momento presente."
Insomma, ogni sensibilità verso i rischi di un qualche genere, politici, di credito eccetera, è stata messa all'angolo dalla ferma decisione delle banche centrali di far sì che i prezzi continuino a crescere. Il sistema finanziario sta comportandosi in modo esattamente opposto, impegnato com'è a far soldi "quando è facile farne"; di conseguenza, qualunque crisi oggi come oggi avrà un impatto fuori da ogni proporzione su valori tanto gonfiati; un impatto destinato ad amplificarsi perché gli scambi vanno ormai tutti in una sola direzione.
Trump ridotto ad uno zombie
Il punto è questo. Lo establishment dei due partiti è soddisfatto di aver ridotto il Presidente Trump ad uno zombie della politica? Si sono abbastanza placati da mettersi d'accordo sul bilancio e su un nuovo tetto alle spese senza trucchi, dato che quest'anno lo si raggiungerà il 29 settembre? Se anche si arriverà a tanto, la cosiddetta "normalizzazione" della politica di Trump davvero porterà gli Stati Uniti di nuovo a quel nirvana delle "cose che vanno come andavano una volta"?
Ad una prima occhiata, "normalizzare" la politica economica di Trump dovrebbe essere possibile: a Ryan e a McConnell servirebbe solo qualche voto da parte democratica da unire ai loro fedeli repubblicani per approvare un aumento al tetto del debito pubblico. Ma le cose si potrebbero complicare, e anche molto: se anche i democratici li assecondassero -e di sicuro vorranno figurare come collaboratori, per evitare di finire sotto accusa per ogni successiva chiusura dei rubinetti da parte dello stato federale- sarebbe solo per dare il via "ad un costoso do ut des che richiede che Trump rinunci al muro con il Messico, ai tagli delle tasse a favore dei ricchi, ai drastici tagli alla spesa che ha proposto, e che finanzi i costosi salvataggi delle compagnie assicurative necessari ad evitare i drastici aumenti nelle polizze e le conseguenti cancellazioni di coperture durante l'anno assicurativo 2018, che è anche anno di elezioni."
I democratici sicuramente si mostreranno pronti a collaborare, in pubblico; ma oggi come oggi a Washington tira un'aria tale, con entrambi gli schieramenti pronti a darsi battaglia, che quasi sicuramente pretenderanno il sangue di Trump come contropartita. Il gruppo repubblicano del Freedom Caucus, collegato a Bannon, a quel punto potrebbe abbandonare la nave, lasciando i Sei Grandi alle prese con un accordo sulla spesa pubblica privo di un tetto stabilito, o con una legge finanziaria fatta dai democratici.
Trump ha scritto su Twitter: "Avevo chiesto che Mitch M e Paul R collegassero la legislazione sul tetto alla spesa pubblica alla popolare legge sul dipartimento dei veterani che è appena stata approvata, in modo che si potesse approvarla facilmente. Non lo hanno fatto, così adesso c'è un bel guaio coi democratici che li hanno incastrati (come al solito) sull'approvazione del tetto del debito pubblico. Era così facile, ed è diventato un casino!"
Axios riferisce che "i massimi funzionari della Casa Bianca e del Partito Repubblicano dicono che le possibilità che la legislazione si concluda di colpo con le relative conseguenze per i mercati stanno salendo giorno dopo giorno, e che la situazione era comunque questa anche prima che Trump, nella sua rauca filippica di Phoenix di martedi sera, paventasse la chiusura della legislazione per esercitare pressioni in modo da ottenere finanziamenti per il muro alla frontiera [messicana]."
Citando una "fonte repubblicana di primissimo piano" che stima le probabilità che questo si verifichi in un 75%, Axios completa scrivendo che "la cosa fondamentale è che quasi tutti quelli con cui si parla negli ambienti governativi sono d'accordo sul fatto che è più probabile che questo si verifichi anziché no."
I democratici sembrano essere decisi a eliminare qualsiasi finanziamento per "il muro"; Trump sembra si stia preparando a lottare su questo con i democratici (e con Ryan McConnell). Ha già dovuto subire senza resistere di essere scavalcato in politica estera e nella difesa; non potrebbe rivoltarsi contro i suoi, ostinandosi contro ogni evidenza? Ha già iniziato a incanalare il biasimo contro i massimi esponenti dello establishment repubblicano.
In questo caso, a che prezzo si continuerebbe con il mercato ai massimi storici e con tanta strabocchevole noncuranza?
Russia e Cina fanno bene a pensare al caso peggiore, e a come ridurre al minimo la loro esposizione nei confronti di qualunque catastrofico precipitare dell'AmeriKKKa nel disordine politico. E, probabilmente, nella violenza.