lunedì 24 agosto 2009

Per una moschea a Firenze: lo stile della moschea Behram paşa (Diyarbakir, Curdistan)


Diyarbakir. La moschea Behram paşa.

Non è una novità per i lettori che questo blog sia apertissimamente favorevole all'edificazione di una moschea a Firenze. Una moschea che sia degna della città, come degna della città si volle che fosse, oltre un secolo fa, la sinagoga di via Farini, che dal 1882 fa bella mostra di sé nel panorama fiorentino.
Un viaggio in Anatolia ci ha mostrato esempi perfettamente compatibili, e con adattamenti davvero minimi, alla storia architettonica fiorentina e toscana.
La moschea di Behram paşa, nella città curda di Diyarbakir, è un ottimo esempio di quanto potrebbe essere realizzato in città: situata a sud ovest del centro cittadino di Diyarbakir non lontano dalle strade destinate al commercio tradizionale, la moschea fu edificata nel 1572 per volontà del governatore di allora ed è a tutt'oggi oggetto di ammirazione per la linea elegante dei suoi archi.

Per una erigenda moschea fiorentina, l'impostazione di massima dell'edificio potrebbe essere ripresa senza alcuna modifica sostanziale; l'unico intervento da considerare con attenzione dovrebbe essere volto a portare il numero dei minareti da uno a quattro, uno per ciascun angolo della costruzione.
Diverso il discorso per i materiali: i rivestimenti potrebbero essere realizzati in serpentino e marmo di Carrara, realizzando un edificio non soltanto di alto pregio architettonico, ma rispettosissimo della storia architettonica locale. Un po' del materiale potrebbe essere addirittura ottenuto con un'operazione di recupero, radendo al suolo l'irriferibile e inguardabile "pensilina degli autobus" che dal 1990 deturpa impunemente piazza Stazione e che ci causa tali moti di disgusto da farci ritenere che un candidato a sindaco che in tutti questi anni ne avesse seriamente proposto la distruzione sarebbe stato sicuramente eletto con largo suffragio, indipendentemente dalla collocazione politica.
Per la localizzazione, non sapremmo identificare sede migliore di Piazza Ghiberti: la demolizione degli edifici sul lato est della piazza, previa estinzione assoluta e radicale delle attività che a tutt'oggi vi si svolgono indisturbate e che nel corso degli anni hanno portato ad un degrado autentico della vita sociale fiorentina, aprirebbe tutto lo spazio necessario all'edificio.
Le risorse economiche dovrebbero essere interamente di provenienza pubblica: il congedo di un numero infinitesimo degli appartenenti a questa o quella gendarmeria, una delle molte armate e retribuite dallo stato che occupa la penisola italiana, dovrebbe permettere di destinare alla costruenda opera fondi consistenti, l'ottimo impiego dei quali sarebbe testimoniato dai fatti.

Mihrab e minbar della Behram paşa.


venerdì 7 agosto 2009

Giovanni Donzelli, un esempio di disumanità politicante


Agosto è un mese parco di argomenti, e per certi redattorùcoli trovare di che riempire gli spazi tra la pubblicità di un club di lap dance -come li chiamano adesso- e un servizio fotografico sulle mucose vaginali più frequentate dai ricchi in vacanza dev'essere fonte di un certo numero di grattacapi: roba da considerare seriamente l'ipotesi di doversi schiavardare dall'aria condizionata dell'ufficio per andare in cerca di notizie vere, tanto per dire.
Quelli de "IlFirenze" e di tutta e-Polis hanno risolto la questione facendo festa per tutto il mese, cosa che gli evita tra l'altro di dover interiorizzare in modo troppo traumatico i -3.775.063 euro di "utile" dichiarati a fine luglio. E' probabile che l'ennesima pubblicazione impostata come la ripetizione ecoica dei temi cari all'"occidentalismo" pratico -degrado, degrado, degrado, degrado e degrado, con qualche interessante reportage sul degrado, ed una pagina di sms dei lettori monocordemente improntati al conformismo e all'incompetenza più cialtrone, autentico specchio dei tempi- abbia finito per schifare anche gli inserzionisti.
Meno male che c'è Giovanni Donzelli, consigliere comunale fiorentino del piddì con la elle, a dare una mano per arricchire scartafacci che hanno anche la pretesa di non voler sembrare dei bollettini di questura.
Non contento di esser stato preso a schiaffi nel corso di una di quelle comparsate organizzate proprio con la collaborazione dei gazzettieri, Giovanni Donzelli ha organizzato per l'inizio di agosto uno scoop di rara bassezza.
I mustad'afin del Movimento di Lotta per la Casa sono da sempre oggetto di bordate mediatiche gratuite e tutte redatte secondo la stessa impostazione, basata sulla conferma di questo o quel luogo comune statuito a verità rivelata e completata sulla stampa da una titolazione tra lo sprezzante e il disgustato. Mica stanno scrivendo di esseri umani, no?
A questo giro Giovanni Donzelli, un "meritocrate" universitario che non è stato capace di laurearsi neppure in quindici anni, ha messo in piazza per i suoi scopi un paio di persone eccezionalmente problematiche suscitando una risposta finalmente e sinceramente imbestialita da parte dei chiamati in causa, costretti da anni ed anni a fare da sponda alle alzate d'ingegno con cui il non laureato acquista la visibilità mediatica che gli è indispensabile per continuare a scaldare poltrone.
Ora, chi avesse l'abitudine di formare la propria opinione sulle gazzette, potrebbe trovare questa ed altre questioni simili come boutades destinate a lasciare il tempo che trovano. Noi invece abbiamo l'impressione di trovarci al cospetto di un individuo capace di raggiungere vette di autentica disumanità, l'ostentazione della quale tira a meraviglia la volata alla marmaglia che ha monopolizzato la politica istituzionale in tutto l'"Occidente". Se si pensa che milioni di elettori yankee -"liberi" e "democratici" secondo i postulati d'uso- avrebbero affidato responsabilità nucleari ad una sedicente "pitbull con il rossetto", si ha un'idea dei livelli generalizzati raggiunti dalla putrefazione sociale in cui questa gente sguazza non solo interessata, ma perfettamente a proprio agio.
Perché mai trarre conclusioni così drastiche sul conto di Giovanni Donzelli?
Perché uno dei più sbandierati traguardi raggiunti dal suo "impegno" fu, all'inizio del 2007, la blindatura di Piazza Brunelleschi.
In Piazza Brunelleschi si affaccia uno degli ingressi della Facoltà di Lettere. La piazza è una specie di cul de sac in cui per almeno trent'anni consecutivi si è data appuntamento un'umanità variopinta e discutibile quanto si vuole, ma viva.
Dopo anni di bizze e di pestar di piedi da parte di Giovanni Donzelli e dei suoi commensali, lo sgombero di uno spazio bar autogestito e l'installazione di cancellate carcerarie restituirono la piazza a quell'ordine del nulla che piace tanto ai politici, ai parassiti del mercato immobiliare e ai sudditi indottrinati dalla libera informazione "occidentale".
Pochi giorni dopo la riduzione di piazza Brunelleschi ad una specie di cortile da galera, il 23 marzo 2007, un uomo sui trent'anni vi fu trovato morto. Si vada a leggere il comunicato stampa con cui Giovanni Donzelli commentava la questione, ovviamente senza perdere l'occasione per invocare altri giri di vite.
Oltre a far notare la disumanità di fondo che trasuda dallo scritto è bene aggiungere un'ulteriore considerazione. Senza l'intromissione del securitarismo d'accatto, della tolleranzazzèro per i'ddegrado e via ciarlando, quel giorno di marzo la piazza sarebbe stata ancora frequentata. Qualcuno avrebbe potuto accorgersi del malore di quel giovane e forse non gli sarebbe stata riservata la fine solitaria e burocratizzata che attende i drop out della "civiltà" contemporanea.
Ma la lotta a i'ddegrado e per la sihurezza, remunerativa com'è, può ben trascurare dettagli come questo. E per avere la consapevolezza di avere un morto sulla coscienza occorre innanzitutto avere una coscienza.



domenica 2 agosto 2009

Aldo Milone e "La Nazione", soci fondatori di Prào Sihurezzatex S.p.A.


Come i nostri ventitré lettori si saranno accorti, la gazzetta in oggetto non gode in questa sede di alcuna stima e di alcuna autorevolezza. Lo stesso accade presso quattro quinti buoni del suo target, il che ne rende la sopravvivenza economica qualche cosa di inspiegabile secondo le logiche di mercato più comuni.
Aldo Milone ha un passato professionale nella gendarmeria e si è riciclato a dureppùro della sihurezza e contro i'ddegrado cavalcando la redditizia onda ebete dell'allarmismo giornalaio al quale, da dieci anni almeno, sono intonate tutte le produzioni mediatiche del mainstream. La cosa è arrivata da tempo a livelli tali che tra la percezione del mondo di chi non si fa riempire la testa di schifezze giornalettistiche e televisive e quella di chi si ostina in questa discutibile abitudine esiste un solco probabilmente incolmabile.
La colpa di questa situazione, a Prato come altrove, è per il venti per cento dei normali problemi che sorgono ovunque quando convivono individui che provengono da comunità dalla diversa storia, e per l'ottanta per cento dei mass media.
Grazie all'operato dei professionisti -e delle professioniste- dell'"informazione", la penisola italiana vive da anni in un clima che ricorda quello della Germania degli anni Trenta. Certo, per arrivare ad uno sbocco genocidiario dovrebbe cambiare radicalmente una situazione economica ancora abbastanza tranquilla; ma le altre premesse sono state costruite tutte, in piena scienza e coscienza, dai professionisti della politica in cravatta e dai loro servi nelle redazioni. Tanto per essere più chiari, fino a qualche anno fa il razzismo dichiarato e la volontà genocida erano patrimonio indiscusso di un piccolo e sostanzialmente innocuo gruppo di individui tatuati e rasati, rastrellabili da qualche birreria di terz'ordine e nei pallonai domenicali. Il lavorìo gazzettiero degli ultimi anni ha fatto ponti d'oro per la feccia che risale il pozzo.
Aldo Milone dunque, dopo che il piddì con la elle ha Vinto le elezioni comunali grazie ad avversari annichiliti e soprattutto grazie alle pezze d'appoggio fornitegli dai mass media, è diventato Assessore alla sihurezza e secondo la moda politica del momento ha sollecitato l'intervento in città di un reparto militare.
Presentando l'iniziativa in un articolo de "La Nazione", Aldo Milone avrebbe asserito «Non riesco ancora a spiegarmi come i giovani militari di 25-30 anni vanno altrove per democrazia in Iraq o in Afghanistan e non possono esere utilizzati in operazioni di sicurezza per i connazionali: che logica è?». Che logica è? Glielo spieghiamo sùbito e gli usiamo anche la cortesia di non cavillare troppo su certe concezioni di "democrazia"; un trafiletto de "La Nazione" è degno di qualsiasi utilizzo, specie nella sua edizione cartacea, meno che come terreno per esercitazioni filologiche.
Qui di seguito c'è dunque una delle moltissime immagini reperibili su internet -basta fare la fatica di cercare un po' e non fermarsi ai seni scoperti che costituiscono il settanta per cento dei contenuti di portale- che testimoniano i risultati concreti della "democrazia" in Iraq o in Afghanistan. Naturalmente ce ne sono anche di ben più crude, ma non abbiamo motivo di infliggere a chi legge la vista dettagliata dell'effetto su di un cranio umano del proiettile sparato da un Dragunov o da un Accuracy International.

Una madre affranta sopra il corpo del figlio, colpito a morte da un cecchino statunitense nel distretto Obaidi di Baghdad il 21 maggio 2008. I cecchini statunitensi hanno ucciso undici passanti e ne hanno ferito un dodicesimo. (Foto Reuters, Thaier al-Sudani).

A questo punto, la logica di chi non vuole soldati per le strade non dovrebbe avere grandi misteri: una cosa che i decolleté della televisioncina tendono a tacere un po' troppo spesso è che i militari e gli eserciti servono per ammazzare. Non è una funzione incidentale: è il motivo alla base della loro esistenza. Eventi come quello qui sopra sono ordinaria amministrazione da anni ed anni nelle fortunate aree di democracy export e non sono incidenti ma conseguenza logica di certe scelte. L'impiego consapevole di personale armato per qualcosa di diverso da una passeggiata militare deve dunque mettere in conto "vittime collaterali" anche in piena Toscana.
Durante un giro per il centro di Prato abbiamo udito una ragazzina dodicenne apostrofare una donna incinta dalle fattezze orientali con la frase "Ecco, tra poco anche quella partorisce un altro mostro" senza che la cosa desse àdito ad alcuna contestazione da parte dei numerosi -e soprattutto delle numerose- presenti. Non possiamo dunque escludere che l'abbrutimento della pubblica opinione sia finalmente arrivato a tali livelli di bestialità da farla gioire per scene come quella su illustrata: in tutti i casi ci penseranno le gazzette, a facilitare l'arrampicata sugli specchi di chi dovrà giustificare l'ingiustificabile.