Traduzione da Consortium News, 2 ottobre 2017.
Esistono carrettate di pubblicazioni che riguardo all'iniziativa militare del Presidente Trump contro la Corea del Nord discettano del "lo farà, non lo farà". Ed esistono carrettate di pubblicazioni anche su quello che Trump potrebbe voler fare con l'Iran; si è impegnato in un teatrino della retorica per compiacere la propria base e ottenere il plauso della stampa, o sta cercando di arrivare ad un confronto, caldo o freddo che sia?
L'interrogativo che rimane senza risposta è: il Presidente Trump considera la Corea del Nord e l'Iran, anche se l'Iran non ha armamenti nucleari e neppure un programma nucleare militare, come realtà in relazione tra loro? Sicuramente esiste almeno un individuo, uno che presso la famiglia Trump trova molto ascolto, che pensa che lo siano.
Jeffrey Sachs, che ha ascoltato il discorso che Trump ha pronunciato alle Nazioni Unite in cui il Presidente ha detto che era pronto a "distruggere completamente" la Corea del Nord, così descrive la reazione dei presenti: "Beh, c'era chi strascicava i piedi, chi sghignazzava, chi si mostrava sorpreso, chi stupito, pochi che applaudivano. C'era Netanyahu, che applaudiva entusiasta; una scena davvero strana. A ripensarci sono ancora un po' stranito."
Sicuramente per il Primo Ministro dello stato sionista Benjamin Netanyahu e per qualche neoconservatore un attacco statunitense contro il programma nucleare nordcoreano costituirebbe un meraviglioso precedente rispetto all'Iran, per l'immediato o per il futuro.
Solo che non lo sappiamo. La passata carriera di Trump come ospite di reality televisivi gli ha lasciato la passione per il battage pubblicitario seducente ("ne saprete di più la prossima settimana"). Quello che è sempre più chiaro è che gli addetti ai lavori come il presidente del comitato per gli affari esteri del senato non sanno dire se Trump stia per scatenare la terza guerra mondiale oppure no.
Sappiamo comunque che Trump si considera un esperto di confronti nucleari: in un'intervista del 1984 concessa allo Washington Post Trump disse che sperava di diventare un giorno il capo della commissione incaricata di negoziare con l'Unione Sovietica sugli armamenti nucleari. Trump affermò che avrebbe potuto negoziare con Mosca un bell'accordo sul nucleare. Trump paragonava la negoziazione di un accordo sugli armamenti alla preparazione di un accordo immobiliare e ribadiva di possedere un talento innato per questo compito.
In un'intervista a Playboy del 1990, Trump disse: "Penso al futuro, ma mi rifiuto di tracciarne un quadro. Può succedere di tutto. Ma penso spesso alla guerra nucleare." Spiegò: "Ho sempre pensato al tema della guerra nucleare; è un elemento molto importante dei miei pensieri. Si tratta di una cosa definitiva, della catastrofe definitiva, del più grande problema mondiale, e nessuno sta pensando all'essenza e alla portata di questo problema."
Cinque anni dopo, a Trump fu chiesto cosa avrebbe fatto di lì a cinque anni. "Chi lo sa?" rispose. "Magari vengono giù le bombe dal cielo, chi lo sa? Si vive in un mondo impazzito, dobbiamo vedercela con un sacco di pazzi. E tu hai la bomba e tu hai questo e tu hai quello."
La previsione di un olocausto nucleare
Trump ha continuato a dirsi convinto che all'orizzonte ci potrebbe essere un olocausto nucleae: "Oh, certamente. Voglio dire, è la natura umana che è malsana. Se Hitler avesse avuto la bomba, non siete convinti che l'avrebbe usata? L'avrebbe messa nel mezzo della Fifth Avenue. Avrebbe usato la Trump Tower, tra la Cinquantasettesima e la Fifth! Bum!"
In un'altra intervista a Playboy, stavolta nel 2004, Trump ha ancora una volta fatto presente quanto il nucleare lo preoccupasse. Alla domanda "Pensa che la Trump Tower e gli altri suoi edifici porteranno ancora il suo nome, di qui a cent'anni?" Trump rispose: "Non penso che ci sarà alcun edificio di qui a cent'anni: a meno che non troviamo persone davvero intelligenti a mandarlo avanti, di qui a cent'anni il mondo non sarà certo come oggi. Esistono armi troppo potenti, troppo forti."
Durante un dibattito presidenziale repubblicano nel dicembre 2015, il candidato Trump ha detto: "Il problema più grande che il mondo ha oggi non è il Presidente Obama con il suo riscaldamento globale... Il problema più grande che abbiamo è il nucleare, la proliferzione nucleare, e c'è qualche pazzo, qualche incosciente che va e mette su un'arma nucleare. Io la penso così, è questo l'unico enorme problema che oggi come oggi il nostro paese si trova davanti... Io credo, credo, per quanto mi riguarda, che il nucleare sia solo potenza, la distruzione è molto importante ai miei occhi."
"INsomma, pare che per decenni" scrive David Corn su Mother Jones "Trump sia stato ossessionato dall'idea che una guerra nucleare sia potenzialmente inevitabile. Adesso si trova in una posizione in cui può fare qualcosa di concreto in proposito."
Come ha notato l'ex direttore dei servizi nazionali James Clapper, "[Se] in un colpo di testa [Trump] decide di agire in qualche modo contro Kim Jong Un, si può fare pochissimo di concreto per fermarlo... Tutto il sistema [degli armamenti nucleari] è congegnato in modo da assicurare una rapida reazione se necessario. Quindi l'esercizio dell'opzione nucleare è di fatto molto poco controllabile, e questo è dannatamente preoccupante."
In breve, nel caso un Presidente statunitense in vena di fatalismi ordinasse un attacco con armi nucleari tattiche, magari perché convinto che uno scontro nucleare è in qualche modo inevitabile, non esiste praticamente nulla che glielo impedisca.
Cosa implica tutto questo per la Repubblica Islamica dell'Iran? I vertici della Repubblica non sanno certo meglio del senatore Bob Corker se Trump intende aggredire la Corea del Nord oppure no, ma devono prepararsi al peggio; se la Corea del Nord viene attaccata, questo precedente permetterà allo stato sionista e ai falchi statunitensi di sostenere che l'Iran sarà in grado di costruire armi nucleari quando il Piano d'Azione Congiunto Globale (JCPOA) sarà giunto a scadenza, e che occorre prevenire questa minaccia. Questa argomentazione è una fandonia, perché l'Iran si è impegnato a firmare il protocollo aggiuntivo sul trattato di non proliferazione, che stabilisce ispezioni accurate da parte della IAEA anche dopo la scadenza del JCPOA.
In una riunione con i vertici militari all'inizio di ottobre Trump ha esplicitamente collegato la Corea del Nord e l'Iran, affermando che la sua amministrazione si stava concentrando su "sfide che avremmo in realtà dovuto affrontare molto tempo fa, come la Corea del Nord, l'Iran, l'Afghanistan, lo Stato Islamico e le potenze revisioniste che minacciano i nostri interessi in tutto il mondo... Non possiamo permettere a questo regime dittatoriale [la Corea del Nord] di minacciare il nostro paese o i nostri alleati di stragi al di là di ogni immaginazione... Faremo quello che dobbiamo fare per impedire che questo succeda. E se sarà necessario lo faremo, credetemi."
L'Iran in allarme
L'Iran deve tenersi pronto anche ad un'altra possibilità. L'Iran non sta minacciando gli USA con armi nucleari, e il riferimento di Trump all'Iran inteso come stato canaglia della regione mediorientale può essergli servito a compiacere la base e a giocare in genere sul piano dell'iranofobia ameriKKKana oltre che per gratificare lo stato sionista -che si sente vulnerabile- e l'Arabia Saudita.
In questo caso Trump può aspettarsi di avere la botte piena e la moglie ubriaca. Può "decertificare" l'Iran, affermando che non sta rispettando il JCPOA; questa decertificazione vale solo per la politica interna degli Stati Uniti ed è un modo per passare al Congresso la grana sul da farsi. Tocca al Congresso decidere, dopo sessanta giorni di dibattito, se imporre nuovamente all'Iran le sanzioni dovute alla questione del nucleare. Se il Congresso dovesse decidere di ripristinare le sanzioni, gli USA si troverebbero nelle condizioni di non aver rispettato il JCPOA perché quegli accordi sarebbero ancora legalmente validi, a meno che -e solo se- il Consiglio di Sicurezza dell'ONU non decida di comune accordo di scioglierli altrimenti.
Esistono alcune prove circostanziate che fanno pensare che Trump stia pensando proprio a questo; ad avere la botte piena e la moglie ubriaca. La maggioranza repubblicana in Senato è molto risicata. La cocente umiliazione che Trump ha imposto al senatore Bon Corker, capo del comitato per gli affari esteri e voce molto ascoltata dai senatori democratici non ha molto senso se Trump vuole che il Congresso minacci di ripristinare le sanzioni contro l'Iran ser esso non ottempererà a un JCPOA inasprito, o distinte restrizioni al programma missilistico rianiano.
Il Congresso conosce bene le difficoltà che deve affrontare per ottenere il sostegno degli alleati degli USA, per convincere il Consiglio di Sicurezza dell'ONU e per mantenere la reputazione degli USA a livello mondiale a fronte di questa continua incostanza. Persino a Washington ci si rende conto che il triumvirato di generali della Casa Bianca è contrario a scatenare una crisi con l'Iran, e che anche l'Iran non acconsentirà mai ad una rinegoziazione del JCPOA.
L'Iran, insomma, non si farà coinvolgere in dialoghi con la Casa Bianca. Trump può sempre rigirare la questione come fa Trump inteso come l'uomo forte, e fare allo stesso tempo apparire il Congresso come la componente debole, quella che vacilla sotto il peso dei vari (e concreti) impedimenta. Sarà comunque difficile che il Congresso, data la diffusa antipatia che esiste in AmeriKKKa nei confronti dell'Iran, non approvi ulteriori sanzioni, quale che ne sia il pretesto.
Considerazioni del genere potrebbero anche rassicurare l'Iran, ma non poi tanto. L'Iran non può far conto sui paesi europei, le cui banche e le cui istituzioni finanziarie sono già in preda del terrore per le sanzioni. L'Europa dice di non approvare qualunque eventuale sanzione gli USA intenedano imporre all'Iran, ma ha la forza necessaria a farsi valere?
Soprattutto, i vertici della Repubblica Islamica dell'Iran sanno bene che lo stato sionista sta cercando di forzare la mano degli USA affinché impongano delle "linee rosse" alla Siria circa la presenza di milizie iraniane, irachene e di Hezbollah dopo la sconfitta dello Stato Islamico. Lo stato sionista cercherà di fare in modo che queste "linee rosse" abbiano a presidio l'apparato militare statunitense.
Il fatto è che lo stato sionista, come alcuni editorialisti sionisti hanno affermato, può sopportare soltanto un numero limitato di perdite civili in un eventuale futuro conflitto cui prenda parte Hezbollah in Libano, per non parlare di uno che abbia per teatro un fronte esteso fra il Mediterraneo e l'Eufrate. La sensazione è che lo stato sionista stia facendo le moine al proprio protettore affinché intervenga prima in Siria e poi, in un secondo tempo, in Iran.
L'Iran non può contare sul fatto che il Segretario alla Difesa -e generale in pensione- Jim Mattis si mantenga coerentemente contrario ad un nuovo massiccio intervento in Medio Oriente, nonostante la sua contrarietà sia nota. L'Iran non ha altra scelta che comportarsi in modo intransigente: ecco perché è occupato a costruire un nuovo fronte di resistenza con la Turchia e l'Iraq -la Siria ne fa già parte- e a costruire strutture militari di deterrenza contro lo stato sionista. Anche l'Iran ha fissato la propria "linea rossa": "bollate come terrorista il Corpo dei Guardiani della Rivoluzione Islamica, e l'Iran farà lo stesso con le forze armate statunitensi." Una "linea rossa" che permette all'Iran di reagire in maniera flessibile, a seconda di come giudica gli eventi. Ma è bene essere chiari; se nessuno mette un freno, in Medio Oriente gli eventi stanno andando verso l'irrompere di nuove tensioni.
Tutto questo chiude il cerchio, e ci riporta al "noto ignoto" alla Rumsfeld con cui abbiamo cominciato: il fino a che punto Bibi Netanyahu, per mezzo del suo Jared Kushner, è riuscito a convincere il Presidente Trump che agire contro la Corea del Nord e contro l'Iran è inevitabile, e che inevitabile è il ricorso alle armi nucleari. Durante la campagna del 2016 Joe Scarborough di MSNBC ha riferito che Trump aveva chiesto per tre volte a un consigliere per la sicurezza nazionale perché un presidente non potesse usare armi nucleari.
Non sappiamo quello che Trump potrebbe ordinare, e a quanto pare non c'è nessuno che lo sappia; men che meno a Washington.