Un ex capo dei servizi del Pentagono, fonti del governo iracheno ed un diplomatico statunitense in pensione alzano il velo sulle complicità degli USA nella nascita dello Stato Islamico.
Un nuovo memoriale di un ex analista del Dipartimento di Stato rivela dettagli impressionanti su come l'aver sostenuto per decenni militanti islamici collegati ad Osama Bin Laden abbia infine contribuito alla nascita dello Stato Islamico.
Il libro costituisce l'inquadramento indispensabile alle recenti rivelazioni di Michael T. Flynn, ex capo dei servizi del Pentagono (DIA), che confermavano il fatto che i funzionari della Casa Bianca avevano scientemente deciso di sostenere in Siria gli jihadisti affiliati ad Al Qaeda, nonostante la DIA li avesse avvertiti del rischio che questo potesse portare in Medio Oriente alla nascita di qualche cosa di analogo allo Stato Islamico.
J. Michael Springmann è un ex diplomatico statunitense che come ultimo incarico ha lavorato nell'ufficio servizi del Dipartimento di Stato; nel suo ultimo libro rivela che le operazioni sotto copertura degli USA condotte di concerto con paesi mediorientali che finanziano il terrorismo antioccidentale non sono una novità: operazioni di questo genere sono state portate a termine, in un'ottica di breve respiro, fin dai tempi della Guerra Fredda ed anche dopo la sua conclusione.
Nel corso degli anni Ottanta del passato secolo gli Stati Uniti fornirono sempre maggiori aiuti ai combattenti mujahiddin in Afghanistan perché l'Unione Sovietica venisse cacciata dal paese: all'epoca Springmann si trovò involontariamente al centro di una serie di operazioni segretissime che permisero ai combattenti islamici legati a Osama Bin Laden di stabilire un punto d'appoggio all'interno del sistema statunitense.
Secondo Springmann, dopo la fine della Guerra Fredda altre operazioni del genere si sono svolte in altri contesti e per i motivi più vari: nella ex Yugoslavia, in Libia ed anche altrove. A suo dire, la nascita dello Stato Islamico rappresenta il prevedibile risultato di questa politica controproducente.
Parla un capo dei servizi del Pentagono
Non passa giorno che non emerga qualche orrenda storia sulle atrocità commesse dai combattenti dello Stato Islamico. Il 14 agosto 2015 ad esempio il New York Times ha pubblicato
un resoconto molto preoccupante su come lo Stato Islamico abbia formalmente adottato una visione teologica e politica che contempla lo stupro sistematico delle donne e dei bambini non musulmani. Questa prassi è entrata in uso in tutti i territori controllati dallo Stato Islamico per mezzo di un processo di sistematica messa in schiavitù, avallato dagli studiosi del movimento.
In una recente intervista a
Head to Head, che è il principale talk show di Al Jazeera, il luogotenente generale ed ex capo della DIA Michael Flynn ha riferito al suo interlocutore Mehdi Hasan che la nascita dello Stato Islamico è diretta conseguenza del sostegno che gli Stati uniti hanno fornito all'insurrezione siriana, il cui zoccolo duro arriva dalle file di Al Qaeda in Iraq.
Lo scorso maggio
Insurge Intelligence ha sottoposto di propria iniziativa ad indagine accurata un controverso documento desecretato dalla DIA dal quale pare che fin dall'agosto del 2012 alla DIA sapessero che tra gli insorti siriani sostenuti dagli USA predominavano i gruppi islamisti militanti, tra i quali "i salafiti, i Fratelli Musulmani ed Al Qaeda in Iraq".
Hasan ha chiesto di questo documento e ha detto che "gli USA stavano aiutando a coordinare il trasferimento di armi a quegli stessi gruppi". Flynn ha confermato che le informazioni ivi esposte erano assolutamente accurate. Flynn ha spiegato a Hasan che aveva letto di persona quel documento, e gli ha detto che faceva parte di una serie di documenti che circolava tra gli appartenenti ai vari servizi statunitensi e che lo aveva infine spinto a cercare di dissuadere la Casa Bianca dal fornire sostegno a quei gruppi. Senza successo.
Flynn ha aggiunto che informazioni del genere erano disponibili ben prima che si decidesse il ritiro dall'Iraq.
"Il mio compito era quello di fare in modo che l'accuratezza delle informazioni che fornivamo fosse la più alta possibile: queste cose si sapevano ben prima del 2012, devo dire. Quando ancora eravamo in Iraq e c'erano ancora decisioni da prendere prima che infine ci si risolvesse al ritiro nel 2011, sapevamo già molto chiaramente a cosa stavamo andando incontro".
In altre parole, ben prima che scoppiasse in Siria un'insurrezione armata e fin dal 2008, anno in cui l'amministrazione Bush decise irrevocabilmente il ritiro dall'Iraq, i servizi statunitensi sapevano benissimo che i gruppi militanti islamici costituivano una minaccia, primo tra tutti Al Qaeda in Iraq.
Il sostegno al nemico
Nonostante tutto questo, il racconto di Flynn indica che il sostegno degli USA all'insurrezione siriana contro Bashar al Assad ha fatto sì che gli Stati Uniti si trovassero ad aiutare gli stessi gruppi di Al Qaeda che avevano combattuto in Iraq fino a poco tempo prima.
E non è che si siano limitati a chiudere un occhio. Flynn racconta che la Casa Bianca ha scelto deliberatamente, e non per errore, di sostenere i ribelli collegati ad Al Qaeda nella loro lotta contro Assad.
Hasan: "In poche parole sta dicendo che all'epoca anche al governo si sapeva che c'erano in giro gruppi come quelli, che conosceva queste analisi e che si espresse contro le decisioni governative senza che nessuno la stesse a sentire?"
Flynn: "Penso sia stata colpa dell'amministrazione."
Hasan: "Vale a dire che l'amministrazione ha fatto finta di non conoscere le vostre informazioni?"
Flynn: "Non so se abbiano fatto finta o meno: penso che comunque abbiano preso una decisione deliberata."
Hasan: "Pensa che abbiano deliberatamente deciso di sostenere un'insurrezione di cui facevano parte i salafiti, Al Qaeda e i Fratelli Musulmani?"
Flynn: "Io penso che abbiano deciso deliberatamente di fare quello che stanno facendo... Bisognerebbe proprio chiedere al Presidente cosa stia davvero combinando, perché la politica che ha adottato è estremamente confusa"
Prima di passare alla DIA, Flynn è stato responsabile del servizio informazioni del Joint Special Operations Command (JSOC) e comandante del Joint Functional Component Command.
Flynn è l'ex funzionario dei servizi informazioni statunitensi più alto in grado a confermare il fatto che il resoconto informativo della DIA dell'agosto 2012 reso pubblico qualche tempo fa prova l'esistenza di una strategia sotto copertura attuata dalla Casa Bianca per sostenere i terroristi islamici in Iraq ed in Siria, fin da prima del 2011.
Lo scorso giugno
Insurge ha riferito in esclusiva che sei ex funzionari dei servizi statunitensi e britannici concordavano con questa interpretazione del documento.
Il racconto di Flynn è rafforzato da altri ex funzionari di alto grado. La
televisione francese ha intervistato l'ex ministro degli esteri
Roland Dumas, che ha detto che il principale alleato degli USA, la Gran Bretagna, era andata progettando azioni sotto copertura in Siria fin dal 2009 dopo che i servizi statunitensi erano riusciti ad otternere informazioni che secondo Flynn confermavano che Al Qaeda era una minaccia per la Siria.
"Due anni prima che scoppiassero i disordini in Siria mi trovavo in Inghilterra per altri motivi. Mi incontrai con funzionari britannici dei massimi livelli, che mi confessarono che stavano preparando qualche cosa in Siria. Questo è successo in Gran Bretagna, non negli Stati Uniti: era la Gran Bretagna che stava preparando uomini armati all'invasione della Siria".
Il precursore di quello che oggi è noto come Stato Islamico è Al Qaeda in Iraq. All'epoca stava declinando sotto i colpi delle operazioni antiterrorismo degli Stati Uniti e dell'Iraq, che erano andate avanti fra il 2008 e il 2011 con la collaborazione delle locali tribù sunnite. In quegli anni Al Qaeda in Iraq si trovò in condizioni di crescente isolamento che le fecero perdere la capacità di imporre la propria intransigente concezione della Legge Sacra nelle aree che controllava e che le fecero perdere sempre più terreno.
Alla fine del 2011 erano stati uccisi oltre duemila combattenti di Al Qaeda in Iraq. Quasi novemila erano stati presi prigionieri e la direzione del gruppo praticamente spazzata via.
A questo stato di cose fanno riferimento i mezzibusti della destra, che sono andati spesso dicendo che la decisione di ritirarsi dall'Iraq è stato il fattore chiave che ha permesso la resurrezione di Al Qaeda in Iraq e in fin dei conti la sua trasformazione in Stato Islamico.
Le rivelazioni di Flynn provano il contrario. L'ascesa dello Stato Islamico non si deve al vuoto di potere creatosi con il ritiro delle truppe statunitensi ma alle operazioni sotto copertura portate a termine nel periodo successivo dagli Stati Uniti e dai loro alleati, i paesi del Golfo e la Turchia, che riempirono di armi e di denaro Al Qaeda in Iraq nel più ampio quadro della loro strategia contro Assad.
Anche in Iraq le rivolte avevano preparato il terreno per gli eventi successivi. Tra le centinaia di migliaia di sunniti qualunque che ricevevano assistenza militare e logistica dagli Stati Uniti c'erano anche simpatizzanti di Al Qaeda ed insorti antioccidentali che in precedenza avevano combattuto fianco a fianco con essa.
Nel 2008 una relazione della RAND commissionata dall'esercito statunitense
aveva confermato il fatto che gli USA stavano cercando di "creare delle divisioni nel campo jihadista. Oggi come oggi in Iraq, questa strategia costituisce una scelta tattica". In questo quadro rientravano anche le "alleanze temporanee" con "gruppi di insorti nazionalisti" affiliati ad Al Qaeda che avevano combattuto per quattro anni contro gli Stati Uniti, e che ora dagli Stati Uniti ricevevano "armi e denaro".
L'idea era quella di corrompere gli insorti che avevano fatto capo ad Al Qaeda perché si separassero da Al Qaeda in Iraq e si unissero agli ameriKKKani. Anche se questi nazionalisti sunniti "avevano collaborato con Al Qaeda contro le forze statunitensi", adesso ricevevano sostegno per combattere "la comune minaccia che adesso Al Qaeda rappresenta per entrambe le parti".
Nel corso dello stesso anni l'ex funzionario del servizio informazioni della CIA e specialista in antiterrorismo Philip Geraldi
disse che gli analisti dei servizi di informazioni degli Stati Uniti "stavano armando o comunque fornendo assistenza a tutti e tre i più importanti gruppi armati iracheni" e che c'era motivo di credere che "è probabile che questo castello di carte crolli appena uno dei gruppi si sentirà abbastanza forte o abbastanza ben messo da farsi avanti". Giraldi fu buon profeta:
"In questo ginepraio hanno finto per averla vinta tutti quelli che volevano vedere una guerra civile."
Secondo Flynn i servizi statunitensi nel 2008 sapevano anche che rafforzare gli insorti che provenivano da Al Qaeda significava nel lungo periodo sostenere e rafforzare Al Qaeda in Iraq, anche in considerazione del fatto che il governo iracheno dominato dagli sciiti e sostenuto dagli USA continuava a discriminare la popolazione sunnita.
Syriana
I militari statunitensi hanno generosamente sostenuto gli insorti che provenivano da Al Qaeda per tutto il periodo compreso tra il 2006 ed il 2008 affinché si opponessero ad Al Qaeda in Iraq: effettivamente, gli statunitensi riuscirono per un certo periodo a sloggiare Al Qaeda in Iraq alle roccaforti di cui disponeva nel paese.
Allo stesso tempo però, se quello che dice Roland Dumas è vero, gli USA e i britannici iniziarono fin dal 2009 con le iniziative sotto copertura in Siria. Dal 2011 in poi il sostegno fornito dagli USA agli insorti siriani, di concerto con i paesi del Golfo e la Turchia, ha portato una considerevole quantità di armamenti e di denaro ai combattenti di Al Qaeda.
La natura permeabile dei rapporti tra fazioni di Al Qaeda in Iraq ed in Siria, e di conseguenza l'abituale scambio di armamenti e combattenti dalle due parti della frontiera, era ben nota a chi operava nei servizi statunitensi attorno al 2008.
Nell'ottobre di quell'anno il Maggiore Generale John Kelly, il militare statunitense responsabile di quella provincia di Anbar in cui si svolgeva il grosso delle attività di sostegno in favore degli insorti sunniti che combattevano Al Qaeda in Iraq, si
lamentò aspramente del fatto che i combattenti di Al Qaeda in Iraq fossero riusciti a riorganizzarsi sull'altro lato della frontiera e che avessero stabilito un proprio "santuario" in Siria.
Kelly disse che da quella frontiera entravano ogni giorno in Iraq combattenti di Al Qaeda, che portavano a segno attacchi contro le forze di sicurezza irachene.
Ironia del destino, all'epoca il governo di Assad tollerava la presenza in Siria di combattenti della Al Qaeda irachena. Un
resoconto del luglio 2008 del centro antiterrorismo dell'accademia militare statunitense di West Point riferiva delle ampie reti che Al Qaeda in Iraq aveva stabilito attraverso la frontiera tra i due paesi.
"Il governo siriano ha deliberatamente ignorato, e magari anche agevolato, i combattenti stranieri diretti in Iraq. Preoccupato per possibili azioni militari straniere, il governo siriano ha preferito sostenere gli insorti e i terroristi che stanno mettendo l'Iraq a ferro e fuoco".
Secondo Dumas dal 2009, ma sicuramente dal 2011 in avanti secondo quanto riferito da Flynn, gli Stati Uniti ed i loro alleati hanno iniziato a fornire sostegno agli stessi combattenti di Al Qaeda in Iraq affinché destabilizzassero Assad in Siria. Una politica che combacia con la
strategia occulta degli Stati Uniti di cui parlò Seymour Hersh nel 2007: usare l'Araba Saudita per mascherare il sostegno fornito ad Al Qaeda e ai simpatizzanti dei Fratelli Musulmani per isolare l'Iran e la Siria.
Un'ondata di ritorno
Per tutto il tempo che gli USA, i paesi del Golfo e la Turchia hanno sostenuto gli insorti siriani legati ad Al Qaeda in Iraq ed i Fratelli Musulmani, Al Qaeda in Iraq ha conosciuto una
rifioritura mai provata prima.
Le truppe statunitensi si sono definitivamente ritirate dall'Iraq nel dicembre 2011: questo significa che un anno dopo, secondo quanto si legge nel rapporto della DIA che risale ad agosto del 2012 e secondo quanto si apprende dal ritratto che Flynn fa dello stato dei servizi di informazione statunitensi nello stesso periodo, fra il personale dei servizi USA c'era consapevolezza del fatto che sostenere Al Qaeda in Iraq come stavano facendo gli USA e i loro alleati significava far crescere in pari misura anche gli episodi violenti al di qua della frontiera.
Nonostante questo, per dirla con le parole di Flynn, la Casa Bianca ha deciso in piena consapevolezza di continuare su questa strada, nonostante la possibilità che si potesse arrivare alla "fondazione di un principato salafita più o meno dichiarato nell'est della Siria (Hasakah e Deir Ez Zor)", come si legge sul resoconto della DIA dell'agosto 2012.
Il documento del Pentagono avvertiva anche del fatto che l'apparizione di un "principato salafita" nell'est della Siria sotto le armi dell'Al Qaeda in Iraq avrebbe potuto portare "amare conseguenze" per l'Iraq, instaurando "il clima ideale affinché Al Qaeda in Iraq potesse riconquistare le sue vecchie piazzaforti di Mossul e di Ramadi" e "tirando la volata" per uno jihad unificato "tra i sunniti di Iraq e Siria".
Soprattutto, il resoconto avvertiva del fatto che Al Qaeda in Iraq, che allora aveva cambiato il proprio nome in Stato Islamico in Iraq, "...potrebbe anche dichiarare uno Stato Islamico, grazie ai propri legami con altre organizzazioni terroristiche in Iraq ed in Siria, che rappresenterebbe un grave pericolo per un Iraq unito e per la sua integrità territoriale."
Con il progredire delle operazioni sotto copertura degli USA in favore di Al Qaeda in Iraq in territorio siriano, anche le operazioni di Al Qaeda in Iraq in territorio iracheno sono cresciute di intensità, solitamente di concerto con la filiazione di Al Qaeda in Siria, Jabhat an Nusra.
Secondo
Anthony Celso del dipartimento di studi strategici della Angelo State University in texas, "gli attacchi suicidi, le autobomba e le bombe a bordo strada" messi a segno in Iraq "sono raddoppiati nell'anno successivo al ritiro delle truppe statunitensi". Allo stesso tempo, Al Qaeda in Iraq ha iniziato a fornire sostegno ad an Nusra spostando combattenti, denaro ed armi dall'Iraq alla Siria.
Ad aprile 2013 Al Qaeda in Iraq si è formalmente dichiarata Stato Islamico in Iraq e nel Levante, proprio come i servizi di informazione del Pentagono avevano detto che sarebbe successo.
Nel corso dello stesso mese l'Unione Europea ha votato in favore dell'alleggerimento dell'embargo contro la Siria, in modo da permettere ai ribelli -la cui maggioranza appartiene ad Al Qaeda e allo Stato Islamico- di vendere petrolio sui mercati mondiali, compagnie petrolifere europee comprese. Di lì ad un anno, al momento in cui lo Stato Islamico si è impadronito di mossul,
vari pasi dell'Unione Europea stavano acquistando petrolio dallo Stato Islamico, esportato dai campi petroliferi siriani sotto il suo controllo.
In altre parole, la strategia statunitense contro Assad ha avvantaggiato i gruppi di Al Qaeda contro cui gli USA avevano combattuto in Iraq, mentre al tempo stesso si servivano dei paesi del Golfo e della Turchia per finanziare gli stessi gruppi in territorio siriano. Una diretta conseguenza di tutto questo è stata il fatto che gli elementi laici e moderati del "Libero" Esercito Siriano sono stati messi sempre più ai margini dai virulenti estremisti islamici sostenuti dagli alleati degli USA.
Un ultimo avvertimento
Nel febbraio 2014 il luogotenente generale Flynn ha illustrato alla commissione militare del Senato l'annuale valutazione delle potenziali minacce elaborata dalla DIA. La sua testimonianza racconta che l'avanzata dello Stato Islamico in Iraq non è stata un fulmine a ciel sereno come ha detto Obama, ma che era stata prevista dai servizi.
Nelle dichiarazioni fatte davanti alla commissione, che si accordano con molto di quanto ha riferito poi ad Al Jazeera, Flynn aveva detto che "Al Qaeda in Iraq, nota anche come Stato Islamico in Iraq e nel Levante... cercherà di impossessarsi di altri territori iracheni e siriani nel corso di quest'anno per dimostrare di cosa è capace, proprio come ha recentemente fatto a Ramadi e a Falluja". Flynn ha detto anche che "alcuni gruppi tribali sunniti e alcune formazioni ribelli sono intenzionati a collaborare con Al Qaeda in Iraq a liello tattico, perché ne condividono gli obiettivi antigovernativi".
Flynn ha criticato il governo di Baghdad, che "rifiuta di accogliere le proteste dei sunniti che vanno avanti da molto tempo" ed ha specificato che "le maniere decise con cui sono state portate a termine le operazioni antiterrorismo" hanno spinto alcuni gruppi sunniti della provincia di Anbar "a mostrarsi maggiormente tolleranti nei confronti di Al Qaeda in Iraq". Al Qaeda in Iraq, diventata Stato Islamico, si è servita di questa tolleranza "per intensificare le proprie operazioni e per estendere la propria presenza in molte località" in Iraq, così come "in Siria ed in Libano" e che tutto questo ha fatto crescere "gli attriti in tutto il Medio Oriente".
Va notato che in quello stesso istante l'Occidente, i paesi del Golfo e la Turchia, secondo le relazioni interne dei servizi della DIA, stavano sostenendo Al Qaeda in Iraq e le altre fazioni islamiche affinché "isolassero" il governo di Assad. Secondo Flynn, nonostante egli stesso avesse avvisato la Casa Bianca di un imminente attacco dello Stato Islamico in territorio iracheno che avrebbe portuto portare alla destabilizzazione di tutto il teatro regionale, i funzionari superiori di Obama hanno continuato imperterriti a fornire appoggio sotto copertura a questi gruppi.
I servizi statunitensi erano pienamente coscienti anche dell'incapacità degli iracheni di respingere l'attacco dello Stato Islamico, ed hanno sollevato anche altri interrogativi sull'inerzia della Casa Bianca.
Alla commissione del Senato Flynn ha detto che l'esercito iracheno "non è stato capace di fermare la crescente violenza" e che non sarebbe stato in grado di "contrastare Al Qaeda in Iraq o altre minacce provenienti dal fronte interno", soprattutto in zone sunnite come Ramadi e Falluja o in zone miste come la provincia di Anbar o quella di Ninive. L'esercito iracheno "non è coeso, manca di uomini, di addestramento, di equipaggiamento e di rifornimenti", ed è "vulnerabile agli attacchi terroristici, alle infiltrazioni e alla corruzione".
Da una fonte governativa irachena che ha chiesto di restare anonima lo scrivente ha saputo che sia i servizi statunitensi che quelli iracheni avevano previsto un attacco dello Stato Islamico contro l'Iraq, con particolare riguardo alla città di Mossul, fin dall'agosto del 2013.
I servizi non avevano indicato con precisione la data dell'attacco, rivela la stessa fonte, ma si sapeva che varie potenze regionali sarebbero state complici della programmata offensiva dello Stato Islamico, con particolare riguardo a Qatar, Arabia Saudita e Turchia.
"Si sapeva bene all'epoca che lo Stato Islamico in Iraq e nel Levante stava seriamente preparando un attacco all'Iraq. L'Arabia Saudita, il Qatar e la Turchia hanno avuto un ruolo fondamentale nel sostegno allo Stato Islamico, ma nel campo del sostegno finanziario ancora più importante è stato il ruolo degli Emirati Arabi Uniti, sul quale deve ancora essere fatta piena luce."
Gli statunitensi avevano cercato di accordarsi con l'Iraq in modo da prepararsi all'attacco, visto che l'incapacità dell'esercito iracheno di far fronte da solo ad un'emergenza del genere era chiara a tutti? L'anonimo funzionario iracheno ha detto che non è successo nulla di simile: "Gli USA hanno permesso l'ascesa dello Stato Islamico perché vogliono cacciare Assad dalla Siria. Ma non hanno previsto che le conseguenze gli sarebbero sfuggite di mano fino a questo punto."
Non si è trattato di un fallimento dei servizi di informazione. Anzi: il fatto che gli USA non siano riusciti ad impedire l'ascesa dello Stato Islamico e la destabilizzazione dell'Iraq e della Siria non è stato certo dovuto a mancanza di informazioni accurate, perché informazioni accurate e puntuali ce ne sono state; al contrario è stato dovuto ad una infelice decisione politica, quella di rovesciare il governo siriano a qualsiasi costo.
Un circolo vizioso
Questo non è certo il primo caso in cui a Washington si decide politicamente di impedire ai servizi di indagare su attività terroristiche e di impedir loro di segnare a dito i più alti patrocinatori di queste attività.
Secondo il nuovo libro di Michael Springmann intitolato "Visas for Al Qaeda, CIA handouts that rocked the world", gli stessi problemi a livello strutturale spiegano l'impunità con cui gruppi terroristici hanno compromesso le difese occidentali e gli apparati di sicurezza nel corso degli ultimi decenni.
Buona parte del volume rappresenta un chiaro sforzo di dare senso all'esperienza personale dell'autore, con una rassegna di fonti secondarie e le interviste ad altri ex funzionari del governo e dei servizi statunitensi. Una certa parte del materiale esposto in effetti è molto problematica, ma a rendere prezioso il libro di Springmann è la quantità di dettagli con cui arricchisce i racconti di spionaggio di prima mano per conto del Dipartimento di Stato, e nelle enormi implicazioni che esso ha per la comprensione della "guerra al terrore" dei nostri giorni.
Springmann è stato un diplomatico statunitense ed ha lavorato al ministero dell'economia e alla sezione affari esteri del Dipartimento di Stato, ricoprendo incarichi in Germania, in India ed in Arabia Saudita. La sua carriera è iniziata come attaché commerciale all'ambasciata statunitense di Stoccarda nel 1977-1980, è proseguita in India nei due anni successivi e poi lo ha portato a rivestire il ruolo di capo dell'ufficio visti all'ambasciata statunitense a Gedda, in Arabia Saudita, negli anni tra il 1987 ed il 1989. Infine, come funzionario politico-economico, Springmann è tornato a Stoccarda tra il 1989 ed il 1991.
Prima di essere licenziato per aver fatto troppe domande sulle pratiche illegali svolte nell'ambasciata statunitense a Gedda, Springmann aveva avuto come ultimo incarico quello di funzionario superiore per l'economia nell'ufficio informazioni e ricerca del Dipartimento di Stato (1991); qui aveva potuto accedere a cablogrammi diplomatici protetti da segreto e a riservatissime informazioni provenienti dalla NSA e dalla CIA.
Springmann afferma che durante la sua permanenza all'ambasciata di Gedda gli era stato chiesto più volte, dai suoi superiori, di fornire illegalmente dei visti a combattenti islamici che arrivavano a Gedda da vari paesi islamici. Alla fine capì che l'ufficio visti pullulava di funzionari della CIA, che usavano il loro status di diplomatici per svolgere sotto copertura attività segrete di ogni genere, tra le quali rientrava anche la concessione di visti agli stessi terroristi che avrebbero poi condotto gli attacchi dell'undici settembre.
Tra i funzionari della CIA che operavano all'ambasciata di Gedda, secondo Springmann, c'erano il responsabile locale Eric Qualkenbushm il console Jay Frere e il funzionario politico Henry Ensher.
Su quindici sauditi che facevano parte del gruppo di dirottatori dell'undici settembre, tredici avevano avuto visti per gli Stati Uniti. Dieci di questi avevano avuto il visto all'ambasciata di Gedda. Di fatto, nessuno di loro aveva i
requisiti richiesti e avrebbe dovuto loro essere vietato di entrare in territorio statunitense.
Springmann venne cacciato dal Dipartimento di Stato dopo aver presentato decine di richieste di accesso a documenti segreti, lamentele formali e richieste per l'apertura di inchieste a vari livelli del governo e del Congresso perché fosse fatta chiarezza su quanto aveva scoperto. Non soltanto ogni sua richiesta andò a schiantarsi contro un muro, ma tutto questo suo affannarsi finì per costargli la carriera.
Il suo non è l'unico caso. Springmann racconta che lo sceicco Omar Abdel Rahman, accusato di aver progettato gli attacchi del 1993 al World Trade Center, aveva ricevuto il suo primo visto per gli USA da un funzionario della CIA che operava sotto le mentite spoglie di funzionario consolare all'ambasciata statunitense di Khartoum, in Sudan.
Questo "sceicco cieco", come lo chiamavano, tra il 1986 ed il 1990 ebbe sei visti per gli USA con l'approvazione della CIA, richiedendoli anche all'ambasciata statunitense in Egitto. COme scrive Springmann, "Lo 'sceicco cieco' era già in una lista di potenziali terroristi del Dipartimento di Stato quando gli furono concessi i visti con cui poté recarsi negli USA partendo dall'Arabia Saudita, dal Pakistan e, nel 1990, dal Sudan."
Negli USA Abdel Rahman si mise in luce presso il centro per rifugiati al Kifah, una centrale per il reclutamento di mujahiddin da mandare in Afghanistan controllato da Abdullah Azzam, Osdama bin Laden e Ayman al Zawahiri. Non soltanto ebbe un ruolo fondamentale nelle operazioni di reclutamento per l'Afghanistan, ma continuò a reclutare combattenti islamici da mandare in Bosnia, anche dopo il 1992.
Anche dopo gli attacchi al World Trade Center del 1993, disse Springmann
alla BBC nel 2001, "la fiducia che il Dipartimento di Stato nutriva verso i sauditi non venne meno, e non vacillò neppure dopo l'attacco al campo militare di Khobar in Arabia Saudita avvenuto tre anni dopo e che costò la vita a diciannove statunitensi".
Il legame con la Bosnia è significativo, molto. Springmann afferma che Khalid Sheikh Muhammad, considerato l'ideatore degli attacchi dell'undici settembre, "aveva combattuto in Afghanistan (dopo aver studiato negli Stati Uniti) e poi aveva continuato a combattere nella guerra in Bosnia nel 1992..."
"Inoltre, altri due dirottatori dell'undici settembre, Khalid al Mihdhar e Nawaf al Hazmi, sauditi entrambi, avevano combattuto in Bosnia. Altri legami emergono se consideriamo Mohammed Haydar Zammar, che si pensa abbia aiutato Mohammed Atta a mettere a punto i piani per gli attacchi al World Trade Center. Zammar aveva prestato servizio nelle unità dei mujahiddin dell'esercito bosniaco. Anche Ramzi Binalshibh, amico di Atta e di Zammar, aveva combattuto in Bosnia."
I servizi statunitensi ed europei hanno scoperto
prove imbarazzanti su come il corridoio che portava i mujahiddin in Bosnia con la benedizione dei sauditi abbia avuto un ruolo fondamentale nell'incubazione della presenza di Al Qaeda in Europa.
Secondo i verbali di un'inchiesta svoltasi a febbraio a New York per conto delle famiglie colpite dagli attacchi dell'undici settembre, il sostegno sotto copertura per i combattenti in Bosnia e l'addestramento loro fornito dall'Arabia Saudita si è rivelato "oltremodo prezioso nel permettere ad Al Qaeda di acquisire le competenze necessarie a lanciare attacchi contro gli Stati Uniti".
Dopo l'undici settembre, nonostante simili conclusioni fossero di dominio comune presso gli addetti ai servizi di informazione in USA ed in Europa, sia Bush che Obama hanno continuato a collaborare con i sauditi per mobilitare estremisti affiliati ad Al Qaeda a servizio di quella che la CIA ha definito come l'azione di contenimento della "strategica profondità dell'espansione sciita" in Iraq, in Iran ed in Siria.
A
confermare l'esistenza di questa politica ci ha pensato Alastair Crooke, per trent'anni nell'MI6 ed esperto di Medio Oriente. Il risultato di questo modo di fare, vale a dire
il rafforzamento delle più virulente forze dell'Islam estremista in tutto il medio Oriente, era prevedibile e difatti era stato previsto.
Nell'agosto del 2012, nello stesso periodo in cui il discusso rapporto della DIA prevedeva l'ascesa dello Stato Islamico- chi scrive
citava le stranamente profetiche considerazioni di Michael Scheuer, che aveva comandato l'unità della CIA che si era occupata di Bin Laden e che prevedeva che il sostegno degli USA ai ribelli islamici in Siria avrebbe portato probabilmente "al massacro di una parte più o meno estesa delle comunità alawite e sciite del paese", al "trionfo delle forze di ispirazione islamica, anche se momentaneamente camuffate in vesti più rassicuranti", allo "scatenarsi di migliaia di insorti islamici sunniti che avevano sperimentato la durezza della guerra" ed anche al "saccheggio degli arsenali dell'esercito siriano, che sono pieni di armamenti convenzionali e di armi chimiche".
Chi scrive pensava anche che una "ulteriore militarizzazione" del conflitto siriano avrebbe giocato contro le "rispettive ambizioni geostrategiche" delle varie potenze regionali "intensificando i conflitti settari, facendo accelerare le operazioni terroristiche antioccidentali e potenzialmente destabilizzando tutto il Levante al punto da portare potenzialmente allo scoppio di una guerra regionale".
Queste previsioni si sono in parte concretizzate in maniere persino più spaventose di quanto si sarebbe potuto immaginare. La coalizione guidata dagli USA sta continuando
a farsi del male, il che significa che è possibile che il peggio debba ancora venire.