mercoledì 19 aprile 2023

Giovanni Rana e il pesto sovranista

 


Dal settembre 2022 è in carica nello stato che occupa la penisola italiana un esecutivo in cui abbondano gli individui assolutamente rappresentativi; basti pensare che a fare il Primo Ministro c'è una madre non sposata che si arroga il ruolo di difensore dei valori cattolici e della famiglia tradizionale.
Le gazzette non hanno neanche dovuto aggiornare agende, temi e liste di proscrizione; anche nel "paese" dove mangiano spaghetti vige l'abitudine di togliere di mezzo chiunque faccia ombra ai committenti, secondo schemi procedurali che nessuno perde neanche più tempo a mettere in discussione. L'unica difesa relativamente efficace, adesso che questo collodio sporca ovunque anche e soprattutto sul web, consiste nel disinteressarsi ai mass media.
Nell'infinito numero dei proscritti figura un certo Alberto Grandi, un esperto di storia dell'economia che tratta una penisola un tempo industriale e oggi piena di mangioteche pretenziose e di minestrai ridicoli così come è giusto trattare una penisola un tempo industriale oggi piena di mangioteche pretenziose e di minestrai ridicoli. Il marketing, per le mangioteche pretenziose e per i minestrai ridicoli, è tutto: quando tutti vendono roba più o meno simile, vince chi la avvolge in più fuffa possibile.
E chilometri zero.
E filiere corte.
E antiche tradizioni.
E denominazioni di origine protetta.
E denominazioni di origine controllata e garantita.
E drappi a bande verticali verde, bianca e rossa di uguali dimensioni.
Tutto per vendere a trenta quello che vale sì e no cinque, ed è una stima molto generosa.
Guai a chi ride.
Poi arriva un padrone che una certa sua salsa fatta con olio, sale, formaggio e una piantina verde la fa legalissimamente produrre negli USA (qui su Archive); ci fa mandare le piantine verdi, ce le fa mescolare con tutto quanto il resto e poi fa tornare nella penisola italiana i bidoni del prodotto finito. D'altronde, come tutti sanno, la penisola italiana è stata rovinata dai sindacati quindi è oltremodo logico spostare piante tritate da un capo all'altro del pianeta e poi fargli ripercorrere all'indietro la stessa rotta pur di non rivolgersi ai lavoratori del posto.
Il risultato è talmente tipico e caratterizzato, talmente originale, connotato e insostituibile che nella foto abbiamo pensato bene di collocarlo su una tovaglietta irlandese, quale ulteriore elemento di ludibrio; è la prima volta che acquistiamo qualcosa di prodotto da quel padrone e lo abbiamo fatto a bella posta dopo la brevissima ondata di indignazione gastroministeriale che ha accompagnato la notizia.
Per decenni la feccia gazzettiera ha trattato da terrorista chiunque eccepisse la globalizzazione e le sue logiche; adesso non eccede neanche più con gli epiteti, le basta comportarsi come se chi solleva eccezioni non esistesse neppure. E intanto vorrebbe, come la committenza che per decenni le ha consentito di atteggiarsi a liberista grazie a generosi fondi pubblici, ciarlare di sovranismo e mettere in guardia contro la sostituzione etnica. Anche e soprattutto affrontando argomenti del genere, essendo semplicemente impensabile occuparsi di cose minimamente serie.
Al momento in cui scriviamo l'ultimo ad affrontare l'argomento è stato proprio un tizio (qui su Archive) attualmente incaricato di vigilare sui padroni troppo disinvolti con le piantine verdi.
Altro che sostituzione etnica. Basta uno sguardo alla sua foto per pensare che nella penisola italiana abbiano -se mai- esagerato con l'endogamia.



La foto viene pubblicata anche su Instagram. In capo a qualche ora al massimo, GennarinoEsposito2004 che si presenta come JessicaBrambilla200812343 scriverà per complimentarsi e proporre una collaborazione con prestigiosi marchi fabbricanti di stracci venduti a caro prezzo. Se esiste qualcosa di più irritante e inutile del gazzettificio "occidentalista" sono proprio gli -e soprattutto le- "influencer".

venerdì 7 aprile 2023

Firenze, le riflessioni di un iscritto ad Azione Studentesca dopo i fatti del febbraio 2023

 

Dunque, ricapitoliamo.

Insieme a altri quattro o cinque perdigiorno vengo alle mani (qui su Archive)con gente che disprezza la nostra offerta politica, il che a Firenze è il minimo che possa succedere e non sto neanche a ripetere perché.
Mi fotografano in chissà quanti con quei cosi che ormai tutti hanno in tasca da non so neanche più quanto tempo e in capo a un'ora finisco sul Libro dei Ceffi, nei telegazzettini, nelle gazzette.
Ed ecco qui i risultati della nostra squisita preparazione militare.
1
Mi fanno un corteo contro (qui su Archive), dove il minimo che si sente dire è che se mi beccano mi appendono per i piedi alla tettoia di un benzinaio.
2. Viene su un pandemonio tale che ci tocca annullare (qui su Archive) un'iniziativa importantissima in programma da mesi, e poi metterci anche a chiedere quattrini in giro come punkabbestia qualunque.
3. Mi becco una denuncia con due o tre capi di accusa (qui su Archive).
4. Mi becco la gendarmeria in visita (qui su Archive), e nella perquisizione domiciliare mi portano appunto via anche uno di quei cosi che fanno le foto per vedere cosa ho scritto e a chi. Ma la cosa grave è che per vedere adolescentipocovestite.net adesso mi tocca implorare mio cugino.
Tra avvocato, spese processuali e chissà che altro, temo che salteranno per due o tre anni le vacanze a Marina di Pisa (o anche a Vittoria Apuana, ora controllo).
5. Cambio scuola. Ormai persino le mattonelle dell'androne si dànno di gomito al solo vedermi arrivare.
6. Cambia scuola anche mia sorella (qui su Archive).

Ma quando Corneliu Zelea Codreanu cantava di quanto sia lieto il matrimonio con la Morte, quanto sia dulce et decorum morire da eroi baciati dal sole in un campo di biondo grano, non ha mica mai fatto cenno a tutto questo.

Sta' a vedere che mi hanno fregato...

Non molti decenni fa, quando si era costretti per qualche motivo ad abbandonare un corso di studi, si ricorreva a un istituto privato per cercare di non perdere l'anno.
A Firenze una delle scuole paritarie più costose impone agli iscritti la divisa che si vede in foto.
Per due virgulti della patria che magari si immaginavano nella austera tenuta della 33. Waffen-Grenadier-Division der SS "Charlemagne" non deve trattarsi di una prospettiva proprio entusiasmante.