Traduzione da Strategic Culture, 30 agosto 2022.
È agosto, ci sono il giorno dell'indipendenza in Ucraina e anche l'anniversario del disastroso ritiro di Biden da Kabul. Washington è fin troppo consapevole che certe dolenti raffigurazioni (gli afghani aggrappati al carrello degli Hercules) stanno per ripresentarsi proprio nell'imminenza delle elezioni di novembre.
Il fatto è che gli eventi in Ucraina hanno preso una brutta piega per Washington e il lento e calibrato rullo compressore dell'artiglieria russa sta facendo a pezzi l'esercito ucraino. L'Ucraina non è stata in grado di rafforzare le posizioni assediate, né di contrattaccare e di mantenere i territori riconquistati.
L'Ucraina ha usato HIMARS, artiglieria e droni per colpire alcuni depositi di munizioni russi, ma questi, finora, sono casi isolati e sono più che altro esibizioni a pro dei mass media che non apportano alcun cambiamento nell'equilibrio strategico della guerra.
Bisogna cambiare narrazione, allora. Nell'ultima settimana il Washington Post si è impegnato a curarne una nuova. Il cambiamento apportato è sostanzialmente semplice: i servizi statunitensi possono anche aver fatto sbagli disastrosi in passato, ma stavolta ci hanno azzeccato. Avevano avvisato che Putin aveva piani per un'invasione. Erano venuti a conoscenza fin nei dettagli dei piani delle forze armate russe.
Primo cambiamento: la squadra di Biden aveva avvertito Zelensky più volte, ma l'uomo si è rifiutato ostinatamente di ascoltare. Di conseguenza, quando l'invasione ha colto Zelensky alla sprovvista, gli ucraini nel loro complesso erano irrimediabilmente impreparati. Messaggio: "La colpa è di Zelensky".
Non parliamo poi della macroscopica omissione, in questa narrazione, degli otto anni di preparazione della NATO per un attacco su vasta scala nel Donbass, destinata ad attirare una risposta russa. Non c'è bisogno della sfera di cristallo per capirlo. L'apparato militare russo era fermo da mesi a una settantina di chilometri dal confine ucraino.
Secondo cambiamento: l'esercito ucraino è sul punto di rovesciare la situazione grazie alle armi occidentali. Ma davvero?
Messaggio: è fuori discussione ripetere la débacle di Kabul, e tanto meno tollerare un crollo a Kiev fino a dopo le elezioni di metà mandato. Quindi, ripetete con me: "L'Ucraina è sul punto di rovesciare la situazione"; tenete duro, avanti così.
Terzo cambiamento (da un editoriale del Financial Times): L'economia russa si è dimostrata più resistente del previsto, ma le sanzioni economiche "non sono mai state sul punto di far crollare la sua economia". In realtà, i funzionari statunitensi e i servizi di Stati Uniti e Regno Unito avevano previsto proprio che un crollo finanziario e istituzionale russo provocato dalle sanzioni avrebbe innescato turbolenze economiche e politiche a Mosca di una tale portata da far vacillare la presa di Putin sul potere, e che una Mosca dilaniata dalla crisi politica e finanziaria non sarebbe stata in grado di portare avanti efficacemente una guerra nel Donbas, cosicché Kiev avrebbe prevalso.
E questa è stata la linea che ha convinto la classe politica europea a puntare tutto sulle sanzioni.
Il ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire aveva dichiarato "guerra economica e finanziaria totale" contro la Russia, in modo da innescarne il collasso.
Quarto cambiamento (ancora dal Financial Times): Gli europei non si sono preparati abbastanza a reggere i conseguenti aumenti dei prezzi dell'energia. Devono quindi insistere ancora di più nello strozzare le entrate russe, "inasprendo ulteriormente" l'embargo contro il petrolio che si sta preparando. Messaggio: L'UE deve aver frainteso.
Le sanzioni "non sono mai state sul punto " di far crollare l'economia russa, mentre gli europei non hanno preparato la popolazione all'impennarsi dei prezzi dell'energia nel lungo periodo: insomma, la colpa è loro.
Questo cambio di rotta può essere comprensibile dal punto di vista dell'interesse degli Stati Uniti, ma per l'Europa si tratta di una doccia fredda.
Questo cambio di rotta può essere comprensibile dal punto di vista dell'interesse degli Stati Uniti, ma per l'Europa si tratta di una doccia fredda.
Helen Thompson, docente di economia politica all'Università di Cambridge, scrive sul Financial Times:
I governi europei vogliono alleviare le terribili pressioni sulle famiglie... [e intanto lasciano che] la paura per l'inverno imminente faccia scendere la domanda. Dal punto di vista fiscale, ciò significa finanziamenti statali per ridurre l'aumento delle bollette energetiche... Quello che da nessuna parte è disponibile, è un mezzo per fare in modo che la disponibilità fisica di energia aumenti velocemente. Questa crisi non è una conseguenza involontaria della pandemia o della brutale guerra della Russia contro l'Ucraina. Ha radici molto più profonde in due problemi strutturali. In primo luogo, per quanto questa realtà sia sgradevole per ragioni climatiche ed ecologiche, la crescita economica mondiale richiede ancora la produzione di combustibili fossili. Senza maggiori investimenti ed esplorazioni, è improbabile che nel medio termine l'offerta sia sufficiente a soddisfare la probabile domanda. L'attuale crisi del gas ha le sue origini nell'impennata del consumo di gas fatta segnare dalla Cina nel 2021. La domanda è cresciuta così rapidamente che il gas in Europa e in Asia è stato disponibile solo a prezzi molto elevati.Nel frattempo il rallentamento negli aumenti del prezzo del petrolio quest'anno si è concretizzato solo quando i dati economici della Cina sono risultati poco incoraggianti. Secondo l'Agenzia Internazionale per l'Energia, è molto probabile che la produzione globale di petrolio sia inadeguata a soddisfare la domanda già dal prossimo anno.Per gran parte degli anni 2010 l'economia mondiale ha potuto contare sul boom del petrolio ricavato dallo scisto... Ma lo scisto americano non può espandersi di nuovo allo stesso ritmo: La produzione complessiva degli Stati Uniti è ancora inferiore di oltre 1 milione di barili al giorno rispetto al 2019. Anche nel Bacino Permiano la produzione giornaliera per pozzo è in calo. Ulteriori trivellazioni offshore, come quelle aperte nel Golfo del Messico e in Alaska con l'Inflation Reduction Act reclameranno prezzi più alti o investitori disposti a versare capitali indipendentemente dalle prospettive di profitto. Le migliori prospettive geologiche per una svolta simile a quella che si è verificata nel 2010 sono rappresentate dall'enorme formazione petrolifera di scisto di Bazhenov in Siberia. Ma le sanzioni occidentali fanno sì che la prospettiva che le industrie petrolifere occidentali aiutino la Russia dal punto di vista tecnologico sia geopoliticamente priva di sbocchi. In secondo luogo, si può fare ben poco per accelerare immediatamente la transizione dai combustibili fossili... La gestione delle reti elettriche con carichi di base solari ed eolici richiederà progressi tecnologici in materia di stoccaggio. È impossibile pianificare con certezza quali progressi si concretizzeranno tra dieci anni, figuriamoci per l'anno prossimo.
Il messaggio geostrategico che ne deriva è più che ovvio: si tratta di un avvertimento senza mezzi termini che gli interessi dell'UE non coincidono con quelli di un'AmeriKKKa che ha deciso di affrontare i prossimi mesi fino alle elezioni di metà mandato ricorrendo all'inasprimento delle sanzioni imposte alla Russia dall'Europa (le "sanzioni tecniche alla fine avranno il loro peso sull'economia russa") e con l'Europa che continua a "tenere duro" e a sostenere Kiev militarmente e finanziariamente.
Come osserva il professor Thomson, "anche comprendere i dati di fatto della geopolitica è essenziale... I governi occidentali devono scegliere se avallare sul piano economico condizioni di miseria su una scala che metterebbe a dura prova il tessuto della politica democratica in qualsiasi Paese, o se affrontare il fatto che la necessità di approvvigionarsi di energia limita i mezzi con cui l'Ucraina può essere difesa". In altre parole, o salvate la pelle della classe politica europea tornando al gas russo a basso costo, o rimanete allineati con Washington ed esponete i vostri elettori alla miseria e i vostri capi a un redde rationem politico peraltro già iniziato.
Questo mette la Russia in condizioni di mettere in gioco i suoi pezzi più pesanti. Proprio come gli Stati Uniti negli anni successivi all'implosione dell'Unione Sovietica hanno sfruttato appieno la loro posizione di dominio militare e il loro dollaro per incatenare gran parte del mondo nella sfera della loro supremazia, oggi la Russia e la Cina stanno offrendo al Sud del mondo, all'Africa e all'Asia il modo di liberarsi dalla supremazia occidentale. Stanno incoraggiando il cosiddetto "resto del mondo" ad affermare la propria autonomia e indipendenza attraverso i BRICS e la Comunità economica eurasiatica. La Russia, in collaborazione con la Cina, sta costruendo relazioni politiche ovunque in Asia, Africa e nel Sud del mondo; relazioni basate sul suo ruolo dominante di fornitore di combustibili fossili e di gran parte delle derrate e delle materie prime del mondo. Per aumentare ulteriormente la propria influenza sulle fonti energetiche da cui dipendono i belligeranti occidentali, la Russia sta mettendo insieme un'"OPEC" del gas con l'Iran e il Qatar, e ha anche fatto allettanti proposte all'Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti perché si coalizzino per assumere un maggiore controllo su tutte le principali materie prime energetiche.
Questo mette la Russia in condizioni di mettere in gioco i suoi pezzi più pesanti. Proprio come gli Stati Uniti negli anni successivi all'implosione dell'Unione Sovietica hanno sfruttato appieno la loro posizione di dominio militare e il loro dollaro per incatenare gran parte del mondo nella sfera della loro supremazia, oggi la Russia e la Cina stanno offrendo al Sud del mondo, all'Africa e all'Asia il modo di liberarsi dalla supremazia occidentale. Stanno incoraggiando il cosiddetto "resto del mondo" ad affermare la propria autonomia e indipendenza attraverso i BRICS e la Comunità economica eurasiatica. La Russia, in collaborazione con la Cina, sta costruendo relazioni politiche ovunque in Asia, Africa e nel Sud del mondo; relazioni basate sul suo ruolo dominante di fornitore di combustibili fossili e di gran parte delle derrate e delle materie prime del mondo. Per aumentare ulteriormente la propria influenza sulle fonti energetiche da cui dipendono i belligeranti occidentali, la Russia sta mettendo insieme un'"OPEC" del gas con l'Iran e il Qatar, e ha anche fatto allettanti proposte all'Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti perché si coalizzino per assumere un maggiore controllo su tutte le principali materie prime energetiche.
Inoltre questi grandi produttori si stanno unendo ai grandi consumatori di energia per strappare i mercati dei metalli preziosi e delle materie prime dalle mani di Londra e dell'AmeriKKKa, con l'obiettivo di porre fine alla manipolazione occidentale dei prezzi delle materie prime attraverso il mercato cartaceo dei derivati.
L'argomento che i funzionari russi hanno esposto agli altri stati è estremamente attraente e semplice: L'Occidente ha voltato le spalle ai combustibili fossili e sta progettando di eliminarli del tutto in un decennio o poco più. Il messaggio è che non è necessario aderire a questa masochistica "politica del sacrificio". Potete avere petrolio e gas naturale -e a un prezzo scontato rispetto a quello che l'Europa deve pagare- favorendo il vantaggio competitivo delle vostre industrie.
Il "miliardo d'oro" [la parte privilegiata della popolazione mondiale, n.d.t.] ha goduto dei benefici della modernità e ora vuole che voi vi rinunciate, esponendo i vostri elettori alle difficoltà estreme di un'agenda verde radicale.
Il mondo non allineato tuttavia ha bisogno almeno dei fondamenti della modernità. Il pieno rigore dell'ideologia verde occidentale non può essere semplicemente imposto al resto del mondo contro la sua stessa volontà.
Un'argomentazione convincente, il modo che Russia e Cina hanno per portare gran parte del mondo nel loro campo.
Un'argomentazione convincente, il modo che Russia e Cina hanno per portare gran parte del mondo nel loro campo.
Inoltre alcuni stati -pur comprendendo la necessità di occuparsi del cambiamento climatico- vedranno nel regime ESG (Environment, Social and Governance) le chiare sembianze di un nuovo colonialismo finanziario occidentale, con finanziamenti e crediti centellinati solo a chi è pienamente conforme al progetto verde gestito dall'Occidente. In breve, il sospetto è che si tratti del solito baraccone che arricchisce principalmente gli interessi finanziari occidentali.
La Russia dice semplicemente: "Non deve essere per forza così".
Certo, il clima è una cosa da prendere in considerazione, ma i combustibili fossili stanno soffrendo per una forte mancanza di investimenti, in parte per motivi ideologici verdi piuttosto che per il fatto che tali risorse si stanno esaurendo di per sé. E, per quanto sgradevole per alcuni, il fatto è che la crescita economica mondiale richiede ancora la produzione di combustibili fossili. Senza ulteriori investimenti e prospezioni è improbabile che nel medio termine l'offerta sarà sufficiente a soddisfare la domanda prevedibile. Quello che non è disponibile da nessuna parte è un mezzo rapido per aumentare l'offerta di energia alternativa.
Certo, il clima è una cosa da prendere in considerazione, ma i combustibili fossili stanno soffrendo per una forte mancanza di investimenti, in parte per motivi ideologici verdi piuttosto che per il fatto che tali risorse si stanno esaurendo di per sé. E, per quanto sgradevole per alcuni, il fatto è che la crescita economica mondiale richiede ancora la produzione di combustibili fossili. Senza ulteriori investimenti e prospezioni è improbabile che nel medio termine l'offerta sarà sufficiente a soddisfare la domanda prevedibile. Quello che non è disponibile da nessuna parte è un mezzo rapido per aumentare l'offerta di energia alternativa.
A che punto siamo adesso? La Russia è impegnata in una massiccia offensiva in Ucraina. L'Europa spera di potersi sfilare dal pasticcio ucraino quasi senza farsi vedere, senza figurare in aperta rottura con Biden, mentre Kiev implode progressivamente. Lo si vede già. Quanti titoli di testa in Europa riguardano l'Ucraina? Quante notizie in rete? "L'Europa può solo starsene buona e fare marcia indietro davanti a questa débacle", pare che sia il suggerimento.
Ma ecco il problema: prima di rinunciare a esercitare pressioni sui Paesi dell'UE, Putin probabilmente insisterà ancora sul ritiro dell'influenza ameriKKKana dall'Europa occidentale, o almeno sul fatto che l'Europa inizi ad agire in nome dei propri interessi in piena autonomia.
Non c'è dubbio che Putin avesse in mente questo quando ha lanciato l'"operazione militare speciale" in Ucraina. Deve aver anticipato la reazione della NATO nell'imporre le sanzioni alla Russia, Russia che da esse -in modo assolutamente inatteso per l'Occidente- ha tratto grandi vantaggi. È l'UE ad essere stata duramente colpita, presa in una stretta che Putin può intensificare a piacimento.
Il dramma è ancora in corso. Putin ha bisogno di mantenere una certa pressione sull'Ucraina per mantenere questa stretta e probabilmente non è pronto a scendere a compromessi. L'inverno nell'UE sarà ancora più duro, con carenze energetiche e alimentari che potrebbero portare a disordini sociali. Putin si fermerà solo quando gli europei avranno provato abbastanza dolore da impegnarsi a seguire una rotta strategica diversa e da rompere con gli Stati Uniti e con la NATO.