Il Centro Popolare Autogestito Firenze Sud.
Da vent'anni in via Villamagna.
Da trentadue anni contro l'Occidente.
Da trentadue anni di, da e per la Firenze che non conta.
mercoledì 22 dicembre 2021
Centro Popolare Autogestito Firenze Sud. Venti anni di occupazione in via Villamagna
giovedì 16 dicembre 2021
Alastair Crooke - Il panorama strategico non è mai stato più inquietante
piuttosto che ricevere istruzioni su come conformarsi alle linee rosse ameriKKKane.
Traduzione da Strategic Culture.
Il sospiro di sollievo nei corridoi occidentali è parso quasi di sentirlo. Anche se non ci sono stati progressi nell'incontro virtuale fra Biden e Putin, i colloqui, non a caso, hanno avuto come argomento principale un tema che nell'immediato è molto preoccupante: l'Ucraina. Si teme da più parti che il vulcano ucraino possa esplodere da un momento all'altro.
Durante l'incontro si è concordato sulla proposta di avviare una discussione "a basso livello" da governo a governo sulle linee rosse russe e su qualsiasi arresto dell'espansione della NATO verso est. Jake Sullivan, tuttavia, ha gettato acqua sul fuoco quando ha perentoriamente sottolineato che gli Stati Uniti non si sono impegnati in alcun modo su entrambe le questioni. Biden (come annunciato in anticipo), ha avvertito la Russia che un suo intervento in Ucraina comporterebbe forti contromisure, sia economiche che di altro genere.
L'elemento più rilevante tuttavia è il fatto che gli Stati Uniti stanno solo minacciando sanzioni contro la Russia e ventilando lo spostamento di più truppe nella regione, piuttosto che un esplicito intervento militare occidentale e della NATO in Ucraina. In precedenti dichiarazioni Biden e altri funzionari statunitensi sono stati vaghi su quale sarebbe stata la risposta di Washington a un'invasione russa: hanno ripetutamente parlato di "conseguenze", pur rinnovando il proprio impegno per la tutela della sovranità ucraina.
Si può davvero ricominciare a respirare? In realtà, no. In concreto l'immediata importanza della questione ucraina è sempre stata una sorta di depistaggio: La Russia non ha alcun desiderio di impelagarsi nel fango denso e vischioso di un pantano regionale, per quanto la cosa potrebbe venir apprezzata da qualcuno in Occidente. E le forze di Kiev sono stanche, malandate e demoralizzate dopo mesi passati al freddo nelle trincee lungo la linea di contatto. H
anno poca voglia di affrontare le milizie del Donbass (a meno che qualcuno non le aiuti dall'esterno). Su cosa fare con quella vasta e oscura distopia che è l'Ucraina in tutte le sue varie manifestazioni, non si è arrivati a niente. Il presidente Putin ha tirato fuori l'accordo di Minsk, ma nessuno a quanto pare ha abboccato e la lenza è rimasta inerte. Né si è arrivati a nulla su cosa fare con il crescente mucchio di macerie di quelle che una volta si chiamavano "relazioni diplomatiche" USA - Russia. Oggi, chiamarle relazioni diplomatiche è una freddura che non fa ridere nessuno.
Non si prevedono festeggiamenti, quindi. Le fazioni visceralmente anti-Putin negli Stati Uniti e a Kiev sono imbestialite: un senatore repubblicano americano, Roger Wicker, ha avvertito che in caso di un qualsiasi stallo sull'Ucraina, "non escluderei un'azione militare. Penso che cominciamo a sbagliare se togliamo opzioni dal tavolo, quindi spero che il presidente tenga sul tavolo anche questa". Alla domanda su cosa contemplerebbe un'azione militare contro la Russia, Wicker ha detto che potrebbe significare "che teniamo duro con le nostre navi nel Mar Nero e facciamo piovere distruzione sul potenziale militare russo", aggiungendo che gli Stati Uniti non dovrebbero nemmeno "escludere di prendere l'iniziativa di un'azione nucleare" contro la Russia.
Intanto l'Ucraina continua a languire. Se adesso dev'essere tregua, allora si tratta solo di questo, di una tregua. I falchi negli Stati Uniti e in Europa non hanno alzato bandiera bianca: L'Ucraina è un'arma troppo adeguata alle loro esigenze per essere gettata via alla leggera.
Questo concentrarsi sulla crisi ucraina, tuttavia, è come considerare un albero senza vedere il bosco: abbiamo tre bombe pronte a esplodere. Tre fronti diversi ma strettamente correlati, ora legati da obiettivi strategici e sincronia imperscrutabili: l'Ucraina, Taiwan, e il vacillante accordo sul nucleare iraniano che in questo momento sta scatenando a Tel Aviv un'angoscia indicibile.
Il bosco che scompare a fronte di questi tre alberi è insito nella questione irrisolta dell'edificio della sicurezza europea, della sicurezza del Medio Oriente e, in effetti, di tutto il costrutto della sicurezza globale. L'ordine esistente basato sulle regole è arrivato oltre la data di scadenza: non garantisce la sicurezza e non riflette la realtà degli attuali equilibri tra le grandi potenze. È diventato un agente patogeno. In poche parole, è troppo fossilizzato nella lietkultur del secondo dopoguerra.
In una recente intervista alla CNN Fareed Zakaria ha chiesto a Jake Sullivan, consigliere di sicurezza di Biden: Allora, cos'è che dopo tutti i vostri 'discorsi da duri' siete stati in grado di concordare con la Cina, cosa è stato negoziato? "Domanda sbagliata", ha replicato tagliente Sullivan. "Metro sbagliato", ha ribadito fiaccamente: non chiedetemi degli accordi bilaterali - chiedetemi che cos'altro ci siamo assicurati. Il modo giusto di pensare alla questione, ha detto, è: "Abbiamo stabilito i termini di una competizione efficace in cui gli Stati Uniti sono in grado di difendere i loro valori e far avanzare i loro interessi; non solo nell'Indo-Pacifico, ma in tutto il mondo...".
"Vogliamo porre le condizioni per cui due grandi potenze opereranno in un sistema internazionale per il prossimo futuro - e vogliamo che i termini di quel sistema siano favorevoli agli interessi e ai valori ameriKKKani: Si tratta piuttosto di una disposizione favorevole in cui gli Stati Uniti e i loro alleati possono plasmare le regole internazionali su come affrontare questioni del tipo che in sostanza finiscono per rivelarsi importanti per la gente del nostro paese [l'AmeriKKKa] e per gli altri popoli in tutto il mondo...".
È questa lietkultur massimalista che ci sta portando a un punto in cui queste tre questioni esplosive insieme rischiano di sovvertire alle radici l'ordine globale. Bisogna andare molto indietro nel tempo per trovare un momento in cui il nostro mondo si è trovato tanto vulnerabile a un improvviso rovescio della sorte, a quello che Ambrose Evans-Pritchard sul Telegraph definisce "l'incubo dell'Occidente: una guerra su tre fronti".
Cosa sta succedendo? Beh, è certamente una cosa che ha delle ripercussioni molto vaste. E perché gli Stati Uniti si ostinano a tenere un atteggiamento tanto perentorio in merito all'ordine globale, per cui le altre grandi potenze non avrebbero il diritto di fissare proprie linee rosse in materia di sicurezza? Il motivo è dato di 'quattro cavalieri' dei grandi cambiamenti. La pandemia che porta a un sistema di regolamentazione sanitaria globale, l'emergenza climatica che porta a un regime globale di crediti e debiti per le emissioni di anidride carbonica, la rivoluzione tecnologica e dell'intelligenza artificiale che ci porta in un'era globale di automazione e bot (e di perdita di posti di lavoro) e, in quarto luogo, la transizione dall'economia classica a quella della teoria monetaria moderna applicata a livello globale, che richiede una reimpostazione globale del mucchio planetario di debiti che non saranno mai pagati.
La visione di Sullivan sul "futuro prevedibile" è essenzialmente concepita intorno a questo progetto di instaurazione di un ordine superiore: Il mantenimento di "regole per affrontare le questioni" globali congegnate per riflettere gli interessi degli Stati Uniti e degli alleati, come base da cui i fondamenti delle "transizioni" in materia di salute, cambiamento climatico, tecnocrazia manageriale e monetaria possano essere sottratti alla prerogativa dei parlamenti nazionali e portati a un livello sovranazionale fatto di collettivi manageriali aziendali e tecnologici incentrati sulla competenza, che non devono rispondere alla supervisione dei parlamenti nazionali.
Ripartiti in questo modo in ambiti come le precauzioni sanitarie, il ripristino del clima, la promozione di "miracoli" tecnologici e l'emissione di denaro separata dalla tassazione, i punti chiave delle transizioni non hanno un sapore ideologico e in qualche modo diventano quasi utopici.
Si capiva bene che tutte queste transizioni avrebbero sovvertito inveterati modi di vivere antichi e profondamente radicati, e inevitabilmente avrebbero scatenato la dissidenza; ecco il perché delle nuove forme di "disciplina" sociale, e perché è così importante che si usurpi la facoltà di controllare facendola passare dalla responsabilità nazionale al piano sovranazionale. Certamente non si sta rendendo la gente "felice" (come nel caso di Davos).
Mah, il substrato ideologico di questo "ordine superiore" può essere occultato alla vista, in quanto non di parte, ma è colui che decide gli standard internazionali, i protocolli, le metriche e le regole per queste transizioni ad essere sovrano, come ebbe a notare Carl Schmitt.
Sullivan ha almeno la correttezza di essere franco sull'ideologia che sottende la transizione: "Vogliamo che i termini di quel sistema siano favorevoli agli interessi e ai valori ameriKKKani: Si tratta piuttosto di una disposizione favorevole in cui gli Stati Uniti e i loro alleati possono plasmare le regole internazionali su come affrontare questioni del tipo che in sostanza finiscono per rivelarsi importanti per la gente del nostro paese [l'AmeriKKKa] e per gli altri popoli in tutto il mondo...".
In questo caso stiamo chiaramente parlando di qualcosa che va ben oltre la portata dei vertici di Biden con Xi e Putin, e i colloqui di Vienna sull'accordo per il nucleare iraniano. Il presidente Putin ha avvertito che non avrebbe permesso alcuno sconfinamento di infrastrutture o forze della NATO in Ucraina, e che la Russia avrebbe agito con decisione per impedirlo. Allo stesso modo, l'Iran ha dichiarato esplicitamente che qualsiasi attacco da parte dello stato sionista ai suoi impianti nucleari non sarà tollerato e si tradurrebbe nella distruzione da parte iraniana delle infrastrutture vitali dello stato sionista su tutto il suo territorio.
La posizione dell'Iran e della Russia è identica a quella della Cina nei confronti di Taiwan: il presidente Xi lo ha chiarito nel vertice virtuale che ha tenuto con Biden il 15 novembre. Xi ha avvertito che non è tollerabile alcuna iniziativa secessionista da parte di Taiwan e che nel caso la risposta sarebbe militare.
A Vienna, l'Iran ha semplicemente statuito quali sono le sue "linee rosse": nessuna discussione sui missili balistici iraniani, nessuna discussione sul ruolo regionale dell'Iran e nessun congelamento dell'arricchimento fino a quando non sarà stato concordato un meccanismo per revocare le sanzioni e garantire che non vengano ripristinate; di fatto un ritorno al quadro originale dell'accordo del 2015. L'Iran chiede garanzie vincolanti contro il ripristino arbitrario delle sanzioni, che la normalizzazione dei traffici commerciali non possa essere di nuovo ostacolata in modo informale in contrasto con i termini dell'accordo -come è accaduto sotto Obama quando il Ministero del Tesoro degli Stati Uniti perseguiva una propria politica volta a minare il commercio, in contrasto con quella della Casa Bianca- e che tutte le sanzioni vengano revocate.
La cosa cui si dovrebbe fare caso è il contesto: si noti che la posizione iraniana è quasi identica nel contenuto a quella enunciata dalla Russia nei confronti degli Stati Uniti rispetto all'Ucraina: Putin chiede a Washington che gli interessi russi e le relative "linee rosse" siano formalmente riconosciuti e accettati; che siano stipulati accordi legalmente vincolanti per quanto riguarda la sicurezza della Russia in Europa orientale, la richiesta perentoria che non vi siano altre espansioni della NATO verso est e il veto alla presenza di qualsiasi infrastruttura della NATO in Ucraina.
Tutto questo rappresenta una novità assoluta; in geopolitica, coincidenze di questo tipo non si verificano spontaneamente. È evidente che le tre potenze sono strategicamente coordinate sul piano politico e probabilmente anche su quello militare.
Gli stati occidentali sono rimasti sbalorditi; è la prima volta che sono gli altri a indicare dei limiti invalicabili piuttosto che ricevere istruzioni su come conformarsi alle linee rosse ameriKKKane. Sono sconcertati e non sanno come reagire. Inoltre, come nota acutamente Anatol Lieven, alcune azioni avrebbero gravi conseguenze strategiche: "A parte il danno economico globale che risulterebbe da una guerra in Ucraina e le maniere con cui la Cina approfitterebbe di una tale crisi, l'Occidente ha un motivo molto valido per evitare una nuova guerra: l'Occidente perderebbe". Lieven prosegue: "Un conflitto rischierebbe anche di diventare una guerra mondiale; perché è praticamente certo che la Cina sfrutterebbe una guerra tra Stati Uniti e Russia e metterebbe gli Stati Uniti sotto la minaccia di rischiare due guerre contemporaneamente... e la sconfitta in entrambe".
Per ora, gli Stati Uniti e i loro alleati ripetono i soliti discorsi su "tutte le opzioni sul tavolo", sulle sanzioni che paralizzano e sulla formazione di una coalizione internazionale che eserciti pressioni per opporsi a questa mancanza di conformità. Perché senza la conformità dei concorrenti (ovvero l'effettivo isolamento politico e la condanna di questi stati), il supremo obiettivo di portare i punti chiave della transizione apparentemente "non ideologici" ad una sfera sovranazionale dotata di propri standard, protocolli eccetera (i "termini del sistema" nelle parole di Sullivan) non sarà raggiunto. Non sarà possibile aggiornare la suite di programmi del "Consenso verso Washington" se questi tre stati semplicemente rifiutano le "regole" di Sullivan.
Non sarà comunque facile arrivare a un ripristino dell'assetto strategico. L'Occidente è incastrato nella guerra dei meme, il che rende una ripartizione dell'ordine strategico ancora più difficile. Qualsiasi compromesso sulla narrativa per cui la Russia non può dettare limiti invalicabili, non può mettere veti all'adesione dell'Ucraina alla NATO né stabilire dove la NATO posssa o no posizionare i suoi missili e le sue armi nucleari rischia di mostrare Biden come un debole. I repubblicani hanno già incolpato preventivamente quella che chiamano la "debolezza" di Biden di aver incoraggiato il "pericoloso avventurismo" di Mosca.
Forse questi due vertici -insieme alla posizione dell'Iran a Vienna- rappresentano l'inizio della fine dell'ordine basato sulle regole dell'Occidente, e un conto alla rovescia verso un nuovo equilibrio geo-strategico tra i due blocchi e in ultima analisi, quindi, verso la pace o la guerra.
sabato 27 novembre 2021
Studio Legale Rotondi & Partners - Largo Augusto, 8 20122 – Milano (MI) Tel. +3902303111
#LabLaw Studio dell'anno Lavoro!Siamo orgogliosi di poter annunciare che #LabLaw ha vinto il premio come "Studio dell'anno Lavoro" ai TopLegal Awards 2021, con la seguente motivazione: "Stimato per la proattività e la lungimiranza con cui affianca i clienti. Come nell'assistenza a GKN per la chiusura dello stbailimento fiorentino e l'esubero di circa 430 dipendenti".Lavoro di #squadra, #passione e #dedizione, questi i valori nei quali crediamo e che ci spingono a voler raggiungere traguardi sempre più alti.#GoAheadLabLawFrancesco Rotondi
And the winner IS...Comunque a noi pare che contro la Fiom di Firenze avete perso non uno ma due articoli 28, la fabbrica ad oggi non è chiusa, e per quanto ci riguarda abbiamo avuto modo di apprezzare la vostra discutibile presenza in sede sindacale dove non ci sembra abbiate tenuto testa a quattro operai in croce nell'assistere un liquidatore in sede sindacale senza nemmeno forse sapere che forma hanno i nostri semiassi. Firmato: i vostri 430 esuberi circa
PS cmq grazie di ricordare a tutti noi che questo mondo esiste.
venerdì 5 novembre 2021
"In sette al ristorante, in sei al museo: è il deserto Zeffirelli", frigna il "Corriere Fiorentino"
Fotine con le scrittine.
Tutte col goccio di liquore annacquato a cinque euro.
Più in là non ci vanno.
Fanno quasi rimpiangere i tempi in cui ogni edificio minimanente centrale che presentasse caratteristiche architettoniche appena superiori a quelle della scatola da scarpe diventava sede di una banca, secondo la prassi di una stolta età dell'abbondanza terminata qualche decennio fa lasciandosi dietro l'affettata aria di sufficienza tipica di certi ambienti, impermeabile ai rovesci e alle disconferme.
lunedì 25 ottobre 2021
Mahjabin Hakimi era una giovane afghana che voleva soltanto giocare a pallavolo e sentire il vento nei capelli
Certo, come no.
Ma andiamo con ordine.
Mahjabin Hakimi -assicurano in coro le gazzette- era una ragazza afghana che i ferocissimi talebani hanno per questo decapitato. Non contenti, questi biechi esponenti della oppressiva fallocrazia patriarcale avrebbero anche messo in giro foto della sua testa staccata dal corpo.
In capo a qualche ora sono diventati reperibili immagini e dettagli poco confacenti a questa versione dei fatti. Visti i decenni di precedenti analoghi ci sarebbe stato da stupirsi del contrario.
Tra le immagini reperibili, per esempio, difettano le teste tagliate e abbondano foto della Hakimi in montura da non pallavolista.
Il che fa pensare con buona fondatezza che -quale che sia stata la sua fine- la passione per la pallavolo e la riluttanza verso l'adozione dello hijab non c'entrino poi molto. Per non dire per niente.
L'occupazione "occidentale" dell'Afghanistan è finita ad agosto 2021 nel peggiore dei modi, come previsto vent'anni fa dalle persone serie.
Persone serie che la "libera informazione" ha abitualmente silenziato o cui ha tolto di mano il microfono con dei metodi, con una costanza e con una pervasività che qualsiasi propaganda totalitaria non poteva nemmeno immaginare.
A Mao Zedong è attribuito l'assunto per cui i combattenti dovrebbero muoversi tra la gente come i pesci nell'acqua. In vent'anni di occupazione gli "occidentali" hanno ucciso -pare- oltre settantamila pesci e fatto un numero di buchi nell'acqua -cioè vittime civili derubricate con fastidio a "perdite collaterali"- per lo meno doppio.
Con gli ottimi risultati cui si è fatto cenno.
L'enorme somma stanziata per questa splendida iniziativa è servita agli armamenti, alla corruzione e in una certa misura anche a creare una élite locale di collaborazionisti presentata dalle gazzette come unico volto dell'Afghanistan. Gente la cui sorte ha subito dal 15 agosto 2021 il peggiore dei rovesci e che deve essersi resa ancora più insopportabile dei gruppi di cui viene presentata come antagonista, se la Repubblica Islamica dell'Afghanistan è collassata in pochi mesi prima ancora che gli invasori finissero di ritirarsi dopo aver contrattato una pace per nulla onorevole -e senza nemmeno coinvolgere nelle trattative il governo collaborazionista- con i nemici che avevano giurato di sradicare.
La "libera informazione" sta quindi denunciando a getto continuo, e con una fondatezza per lo meno questionabile, prevaricazioni sanguinose e ingiustizie intollerabili che invocano non si sa bene quale vendetta o quale soluzione, visto che di più e di meglio che esportare democrazia per vent'anni a mezzo missile da crociera è difficile che l'"Occidente" e la sua autonominata potenza-guida possano fare. Un repertorio di historiae calamitatum ottimo per chiudere i numeri e per accompagnare l'inventario di marginalità disperate e disperanti tratte dalle periferie delle città "occidentali" caro da anni alla propaganda "occidentalista", accomunati dal fatto di essere per lo più oggetto di indignata denuncia ad opera delle stesse gazzette e delle stesse forze politiche che hanno attivamente contribuito a crearle.
In questo contesto, un esame sarcasticamente obiettivo della narrativa gazzettiera può tenere presente una vecchia storiella inclusa anni fa da Moni Ovadia nei suoi spettacoli.
Nell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche radio Erevan pare fosse nota per il rigore della propria agenda. Un giorno quindi lo speaker legge senza tradire nessuna emozione una notizia sensazionale: "Compagni, stamattina sulla Piazza Rossa a Mosca stanno regalando automobili."
Immediatamente il resto della redazione e i piani alti del Partito finiscono nel panico: ma come è possibile che sia arrivata una nota del genere e che sia stata letta come se nulla fosse? Il direttore della radio si precipita in studio: lo speaker gli mostra la nota arrivata da Mosca e tutto risulta regolarissimo.
Tocca a radio Erevan risolvere la grana.
Un addetto ha un'idea: "Proviamo a cercare il vecchio Abrahamowicz, quell'ebreo che vive dietro il Matenadaran... lui le ha passate tutte: i turchi, la guerra, Stalin... sicuramente saprà dirci cosa fare."
Lo mandano a cercare, e il vecchio Abrahamowicz non si fa pregare. Arriva in radio e si fa mettere dietro il microfono. "Non preoccupatevi, ci penso io alla smentita, e lo farò senza che nessuno ci perda la faccia!"
La redazione, che si era già vista al gran completo sulla tradotta per Vladivostok, tira un sospiro di sollievo.
"Compagni in ascolto, salute! Qui Itzak Abrahamowicz da radio Erevan. Ho il piacere di confermare la notizia data qualche ora fa per cui sulla Piazza Rossa di Mosca starebbero donando automobili..."
Gli astanti raggelano.
"...con alcune precisazioni. Innanzitutto, l'evento non riguarda la Piazza Rossa di Mosca, ma via Rustaveli qui a Erevan; poi, non si tratta propriamente di automobili ma di biciclette. E insomma, non è che proprio le regalano. Le rubano...!"
venerdì 15 ottobre 2021
Alitalia fa rotta verso Fanculo. Ultima parte?
Ma qualcosa ci dice che in questo caso saremo pessimi profeti.
mercoledì 6 ottobre 2021
Orditura Luana SRL - Via Garigliano 10/12 59013 Montemurlo (PO) - Tel 0574682957
"Non ci si inventa imprenditori in un giorno. Ho fatto una lunga gavetta e tutt’ora seguo in prima persona l’azienda, perché il lavoro ogni giorno ti mette alla prova, ma alla fine la determinazione è quella che ti fa emergere. Purtroppo, con un certo rammarico, devo constatare che manca un po' di umiltà e la volontà di voler imparare, perché lo spazio per lavorare ci sarebbe."
Luana Coppini, padrona"L’Orditura di Luana Coppini è una delle tante eccellenze del nostro distretto. Un’azienda lungimirante che ha saputo trasformarsi da semplice orditura a centro servizi per il tessile. [...] Il tessile è ancora il motore trainante della nostra economia ed è importante investire sulla formazione delle persone, per non disperdere un patrimonio immenso di competenze e qualità. Mi rivolgo in particolare ai sindaci e agli imprenditori ai quali dico: apriamo un confronto con la Regione, perché il ricambio generazionale e la formazione rischiano di diventare il vero problema per la sopravvivenza del distretto".
Mauro Lorenzini, borgomastro a Montemurlo, ex sindacalista tessile
Nella foto a corredo dell'articolo, Luciana Coppini col marito e con Mauro Lorenzini.
In questo scritto si evita di proposito di pubblicarne immagini; i nostri lettori non hanno certo bisogno di spiegazioni sul perché.
"... La nostra assistita ha risposto a tutte le domande in modo franco secondo quanto a sua conoscenza. Non è mancata l’occasione per rammentare quanto l’attività da lei svolta come imprenditrice fosse improntata a spirito di condivisione con tutti i lavoratori".
In questo articolo la determinata, umile e volenterosa Luana d'Orazio compare in una foto natalizia in allegria -come i bambini degli impiegati alla ItalPetrolCemeTermoTessilFarmoMetalChimica- insieme alla padrona improntata a spirito di condivisione con tutti i lavoratori che -ipsa dixit- segue in prima persona l'azienda.
"Secondo quanto raccolto dall’ingegner Carlo Gino, incaricato dalla Procura di esaminare il macchinario, l’apparecchio sarebbe stato montato in modo non conforme alla sicurezza sul lavoro, così da velocizzare i tempi di produzioni.
L’analisi del perito confermerebbe le ipotesi degli inquirenti sulla manomissione dell’orditoio sul quale la giovane lavorava ignara dei rischi che correva.
La perizia di 69 pagine contiene informazioni secondo le quali la presenza di una staffa sporgente e non protetta avrebbe trascinato la ragazza in una morsa. "La macchina presentava una evidente manomissione con un altrettanto evidente nesso causale con l’infortunio", sostiene l’ingegnere Gini. "La funzione di sicurezza della saracinesca era stata completamente disabilitata per cui l’operatore poteva accedere alla zona pericolosa, anche in modalità automatica, senza alcuna protezione". Nella relazione Gini sottolinea come la manomissione dei macchinari fosse "consuetudine di lavoro", al punto che "la saracinesca non veniva abbassata da tempo". A provarlo, le "varie ragnatele che si erano andate a formare tra le parti fisse e quelle mobili".
Nel frattempo continuano le indagini della procura di Prato, che lavora per chiarire anche quali mansioni doveva compiere Luana al netto del suo contratto da apprendista, che prevederebbe l’assistenza di un tutor. Rimangono tre le persone indagate: il titolare dell’azienda, Luana Coppini; suo marito Daniele Faggi, secondo gli inquirenti "amministratore di fatto della ditta"; e l’addetto alla manutenzione Mario Cusimano. Sono accusati di omicidio colposo e rimozione delle tutele antinfortunistiche."
La procura ha chiuso le indagini, ecco come è morta Luana d'Orazio.
La procura ha anche ordinato un accertamento utile a misurare gli effetti della manomissione sulla produttività e redditività del macchinario. La guardia di finanza ha lavorato diverse settimane stabilendo, pare, che a saracinesca alzata l'orditoio avrebbe incrementato la sua produttività dell'8 per cento senza però riuscire a dire se e di quanto sarebbe aumentato il fatturato. Non è escluso che consentire al macchinario di funzionare anche senza la protezione antinfortunistica, servisse solo a rendere più fluido il lavoro senza che ciò rivestisse un particolare interesse economico.
L'otto per cento.
martedì 5 ottobre 2021
Gabriele Toccafondi, Limoges, Barbara Balzerani e le elezioni a Sesto Fiorentino
Etimologicamente dovrebbe derivare da Limoges, cittadina del Massiccio Centrale prossima al centro dell'Esagono e lontana da qualsiasi ipotizzabile linea di fronte.
Nel 1914 -Joseph Joffre ne era sicuro- un ufficiale destinato alla guarnigione di Limoges difficilmente avrebbe procurato danni alla République con alzate di inventiva tipo assalti frontali in giubba blu orizzonte e pantaloni rosso ciliegia contro le mitragliatrici, e al tempo stesso non avrebbe potuto risentirsi per una deminutio capitis di sostanza, ma legalissima e formalmente ineccepibile.
Nell'autunno del 2021 un ben vestito di nome Gabriele Toccafondi était limogé tramite elezioni amministrative al comune di Sesto Fiorentino.
Quello di Gabriele Toccafondi è un nome ricorrente in questa sede, dove difficilmente si è avuto modo di parlarne bene, come si nota dalla piccola ma eloquente raccolta di link qui riproposta.
Firenze è preda del degrado e dell'insicurezza per colpa di un'amministrazione buonista accecata dall'ideologia. Nel 2013 la propaganda "occidentalista" pestava i piedini per la sorte di due fucilieri di marina detenuti per aver ucciso cittadini di una superpotenza nucleare. Gabriele Toccafondi intendeva imporre alla città di Firenze una compartecipazione alla loro causa che non aveva alcun riscontro presso la cittadinanza.
Firenze: il PDL, Boutique Pound e le menzogne di Gabriele Toccafondi. Nel 2012 quel ben vestito fece ufficialmente finta di non conoscere certi ingombranti compagni di strada, dal cui milieu pochi mesi prima era emerso un individuo dispostissimo alle soluzioni radicali in materia di 'nsihurezzeddegrado.
Il PDL di Firenze e le tende canadesi. Nel 2011 gli esponenti delle formazioni "occidentaliste" erano ancora costretti a far finta di tenere al bene comune e a mostrarsi ogni tanto in carne ed ossa, sia pure con la discreta compagnia di un congruo numero di gendarmi a tutela contro il peggio. Luca Morisi e i suoi strepitosi risultati erano ancora di là da venire. Qui si cimentarono in sei nell'erezione di una tenda canadese. E che erezione, commentarono i realisti.
Oriana Fallaci è morta da cinque anni? E chi se ne frega...! «Il Pdl ricorda Oriana Fallaci, la sinistra no. La politica è fare delle scelte, noi le abbiamo fatte e ne andiamo fieri», sgazzettava ancora nel 2011 Gabriele Toccafondi. Nel 2021 i limiti di certe scelte, con i costruttivi esiti anche dell'occupazione dell'Afghanistan a rimorchio degli USA, si sono mostrati con una perentorietà persino maggiore delle attese. Non è stato difficile prevedere come sarebbe finita, è stato soltanto un po' lungo attendere l'avverarsi delle previsioni.
In tempi più recenti Gabriele Toccafondi non ha apprezzato una presentazione libraria tenutasi al Centro Popolare Autogestito Firenze Sud che chi scrive frequenta da oltre venticinque anni. Costruttivamente si è dunque data visibilità a Barbara Balzerani, l'autrice al centro delle rimostranze sue e delle gazzette amiche, e al libro presentato in quell'occasione.
Gabriele Toccafondi a Sesto Fiorentino ha ottenuto circa 1300 voti e pare destinato a un ruolo di lobbista aeroportuale in un contesto che di certi temi non vuole nemmeno sentir parlare.
Una Limoges metaforica ma sperabilmente non meno efficace.
A differenza di chi gode di un ottimo tenore di vita grazie al democratismo rappresentativo, le persone serie hanno la memoria lunga. Per questo abbiamo celebrato l'arrivo in guarnigione del signor Toccafondi ordinando i volumi che ancora ci mancavano della bibliografia di Barbara Balzerani, tutti disponibili sul sito dell'editore DeriveApprodi. Ci riproponiamo di sottoporne le recensioni all'attenzione dei lettori.
lunedì 13 settembre 2021
11 settembre e Oriana Fallaci. Firenze, Emanuele Cocollini (Lega): "Sosteniamo iniziativa Presidente Milani, Oriana Fallaci e suo pensiero patrimonio comune della Città"
A cominciare dalle intenzioni.
Ci siamo fatti promotori, abbiamo sostenuto e sosteniamo il coraggio dell’iniziativa del Presidente Milani di voler ricordare Oriana Fallaci nel giorno della sua morte, il 15 settembre ed anche in relazione ad un rapporto da ricucire con la sua amata città.
Soltanto su una cosa il signor Cocollini ha ragione: per organizzare un'iniziativa del genere occorre davvero del coraggio.
A chi ha deciso di strumentalizzare anche il ricordo di questo giorno solenne, a vent’anni dagli attentati nel cuore di Manhattan, ci sentiamo di rispondere attraverso le parole di Oriana, scritte all’indomani dell’11/09, proprio a dimostrazione della fondatezza delle sue idee e di quanto il suo pensiero sia ancora attuale.
L'11 settembre era ed è una giornata qualsiasi.
La "fondatezza" delle "idee" di quella "scrittrice" era oggetto di scherno prima dell'11 settembre del 2001, e vieppiù lo è stata dopo allora. Se il signor Cocollini è convinto che il "pensiero" di Oriana Fallaci sia ancora attuale, ammette di fatto l'inutilità e la demenzialità delle guerre statunitensi e la mediocrità dell'operato degli yankee di complemento, in qualsiasi settore e disciplina di impiego.
“Ho saputo che anche in Italia[*] alcuni gioiscono come l'altra sera alla Tv gioivano i palestinesi di Gaza. «Vittoria! Vittoria!». Uomini, donne, bambini. Ammesso che chi fa una cosa simile possa essere definito uomo, donna, bambino. Ho saputo che alcune cicale di lusso, politici o cosiddetti politici, intellettuali o cosiddetti intellettuali, nonché altri individui che non meritano la qualifica di cittadini, si comportano sostanzialmente nello stesso modo. Dicono: «Bene. Agli americani gli sta bene» ». E sono molto molto, molto arrabbiata. Arrabbiata d' una rabbia fredda, lucida, razionale. Una rabbia che elimina ogni distacco, ogni indulgenza”.
Ci sentiamo di ribadire che ci uniamo e ci uniremo sempre al ricordo della nostra più illustre concittadina e che stiamo e staremo sempre dalla parte dell’Occidente libero e degli Stati Uniti. God Bless America". (s.spa.)Il signor Cocollini -prosit- ribadisca e unisca quello che pensa meglio.
[*] Il nome dello stato che occupa la penisola italiana è presente nella citazione originale. Come nostro uso ce ne scusiamo con i lettori, specie con quanti avessero appena finito di pranzare.
mercoledì 25 agosto 2021
Christoph Reuter - Il fallimento della missione occidentale in Afghanistan era perfettamente prevedibile
All'inizio di luglio ho incontrato un importante capo militare talebano e gli ho chiesto quando i suoi uomini sarebbero arrivati a Kabul. Mi rispose "Sono già lì". Il fallimento della missione in Afghanistan e gli sviluppi futuri.
giovedì 19 agosto 2021
Roberto Hamza Piccardo, le gazzette e la caduta di Kabul
Nell'immediato, al piagnisteo collettivo sono sfuggiti in pochissimi. Tra questi Roberto Hamza Piccardo, traduttore e divulgatore del Libro non eccessivamente propenso alla visibilità mediatica, che anche solo per questo merita qualche minuto di attenzione.
Sono passati quarantasei anni e la Storia, cioè la cronaca, ci ha dato un’altra prova che contro i popoli non si vince. Dico la cronaca poiché, la Storia ha bisogno di tempo, documenti, studio e riflessione, deve lasciar decantare i fatti e poi leggerli con maggior serenità e onestà intellettuale.I talebani, mentre sto scrivendo sono entrati a Kabul mentre la ritiranda coalizione occidentale che sta cercando di mettere in salvo il salvabile, qualche centinaio di collaborazionisti, ma più ancora documenti e prove di un fallimento clamoroso, caricandole in fretta e furia sui capaci aerei della USAF o distruggendole sul posto. Il tutto sotto lo sguardo nervoso di qualche migliaia di marines con l’indice sul grilletto che non vedono l’ora che questa storia finisca per tornarsene a casa.Nel 1975 erano i vietcong e i regolari nord vietnamiti che avevano preso Saigon (oggi Ho Ci Min Ville) e le immagini della rotta statunitense mi testimoniarono quello che era già stato evidente nel caso algerino di 13 anni prima e ora clamoroso in quello afghano: contro i popoli non si può vincere.I popoli non hanno alternative: non possono tornarsene a casa, vincono o soccombono e per gente come gli algerini, i vietcong e gli afghani, soccombere era molto peggio che morire.Qui non si tratta di conDIvidere l’ideologia dei mujahidin algerini, o quella dei vietcong e neppure quella dei talebani anche se con i primi e questi ultimi esiste un robusto tessuto comune: la fede islamica che ci accomuna; la questione di fondo è che i popoli possono permettersi di pagare un prezzo che i colonizzatori, gli invasori (compresi i collaborazionisti locali) non possono pagare.Bisognerebbe sterminarli, nel senso letterale del verbo, cioè fare “un deserto e chiamarlo pace” come Tacito fa dire al comandante dei Caledoni (oggi scozzesi) che descrive il modus operandi romano quando arringa le truppe che dovranno scontrarsi con le loro legioniNon basta decimarlo, un popolo, non basta usare contro di esso la forza e l’organizzazione militare anche più sofisticata, non basta spendere come hanno fatto gli USA e i loro alleati 1300 miliardi di dollari, non basta.Ora, mentre cominciano a essere pubblicati su media occidentali racconti sulle atrocità dei vincitori che servono più che altro a giustificare il fatto che contro mostri del genere la guerra era stata necessaria, ci auguriamo che il popolo afghano sappia ritrovare, nei suoi tempi e modi, quell’unità d’intenti che li ha visti vincitori da quasi due secoli contro tutti gl’invasori: inglesi, sovietici e infine contro la Coalizione di cui disgraziatamente abbiamo fatto parte anche noi italiani.E che, come ci ha insegnato la tradizione del Profeta Muhammad (pbls) a cui sostengono di riferirsi, sappiano essere giusti e misericordiosi con quelli del loro popolo che per debolezza o altre circostanze si trovano oggi tra gli sconfitti.
[*] Un rapido calcolo. Lo stato che occupa la penisola italiana ha destinato all'occupazione dell'Afghanistan circa nove miliardi di euro. Ammettiamo che la cifra vada divisa tra sessantatré milioni di contribuenti. Si tratta di circa centoquaranta euro, spalmati in vent'anni. Sette euro l'anno a testa. Una cifra abbordabilissima, chissà che a Roma non stiano già pensando di ripetere l'esperienza.