sabato 22 settembre 2018

Una petizione per cancellare Oriana Fallaci dalla toponomastica fiorentina



Anni fa col collega di malefatte telematiche Miguel Martinez ci siamo divertiti parecchio con i ridicoli "attivisti" di Avaaz, un'organizzazione fumosa e nel migliore dei casi inconcludente che accampava decine di milioni di iscritti e che non vedeva nulla di stridente nel caldeggiare l'aggressione occidentale a paesi sovrani e al tempo stesso difendere il veganismo o i cagnolini randagi.
In poche parole mettemmo in piedi una petizione all'insegna del più sfrenato liberismo turbocapitalista in cui si chiedeva l'abolizione della luce rossa dei semafori, che consideravamo una pastoia burocratica colpevole di aver bloccato gli investimenti in campo stradale. Prima di sparire la petizione fu firmata da Joseph Goebbels, dai papi dei primi due secoli dell'era cristiana e da altre eminenti personalità. Pare che l'eliminazione della petizione dalla piattaforma fosse dovuta proprio all'autorevole sostegno di Capitan Harlock e di Paolino Paperino. L'assurdità della proposta perorata, invece, a quanto sembra non fu un problema per nessuno.
Cialtroneria ad elevato grado di purezza, insomma.
Da qualche tempo i tedofori della "petizione in rete" sono dei signori che si fanno chiamare change.org.
Change.org presenta una piattaforma analoga a quella di Avaaz e c'è da temere che offra altrettante garanzie di serietà; apparentemente fanno eccezione, rispetto a tanto autorevole precursore, dei form che consentono di indirizzare esplicitamente le petizioni a qualcuno in grado di contribuire al loro accoglimento; nel nostro caso si tratta del borgomastro Dario Nardella e dell'assessore alla toponomastica Andrea Vannucci.
A suo tempo abbiamo accolto con incredula ripugnanza la decisione dell'amministrazione fiorentina di dedicare una piazza e una fermata della tramvia ad Oriana Fallaci, al punto che evitiamo abitualmente di servirci del tram proprio per evitare di passare da quelle parti.
In un momento di noia abbiamo pensato dunque di fornire ai nostri lettori un divertissement, che consiste in una petizione in cui si esorta l'amministrazione a tornare sui propri passi, a rivedere la decisione presa e a cancellare Oriana Fallaci dalla toponomastica.
Siamo consapevolissimi del fatto che potremo contare sul sostegno di Archimede Pitagorico e di Bilbo Baggins.
Alcuni dei motivi per procedere in merito sono comunque raccolti qui, in un'antologia tutt'altro che lusinghiera che ci pregiamo di indicare nuovamente all'attenzione delle persone serie.
La scelta di proporre invece Mario Rigoni Stern, scrittore ed essere umano di ben altra levatura e di ben altri meriti, si basa anche sul fatto che pur essendo stato insignito della cittadinanza onoraria fiorentina nel 2006, non risulta a tutt'oggi rappresentato nella toponomastica.
Adoperarsi perché a questo si ponga rimedio, togliendo ovviamente di mezzo la memoria di un individuo che non ha avuto alcun rispetto per la città e per la parte più consapevole e attiva della sua popolazione, costituisce a nostro modo di vedere un discreto esempio di comportamento costruttivo.

venerdì 21 settembre 2018

Alastair Crooke - Secondo Kissinger è tempo che gli USA rinuncino ai loro antichi assunti



Traduzione da Strategic Culture, 30 luglio 2018.

In una conversazione con Edward Luce del Financial Times sul conto del presidente in carica negli USA, Kissinger ha detto: "Penso che Trump possa rivelarsi una di quelle figure che nella storia fanno di quando in quando la loro comparsa per segnare la fine di un'epoca e per costringere a rinunciare ai vecchi assunti." Proseguendo nella conversazione, ha precisato quanto voleva dire aggiungendo che "Questo non significa che egli ne sia consapevole, o che sta pensando a qualche grandiosa alternativa. Potrebbe essere semplicemente un caso."
Com'era lecito aspettarsi, Luce pensa che l'incontro fra Trump e Putin possa rappresentare un possibile punto minimo per la diplomazia ameriKKKana, e un tradimento verso i servizi statunitensi che attestano le intromissioni russe nelle elezioni del 2016; arriva a citare il titolo del Daily News di New York, secondo il quale Trump in quest'occasione si sarebbe comportato in maniera tale da rientreare nel "plateale tradimento".
Kissinger, che fornisce ragguagli sia a Trump che a Putin, rifiuta esplicitamente di abboccare. Considerata la situazione, gli ribatte, l'incontro con Trump si doveva fare: "L'incontro doveva avere luogo. Io stesso l'ho perorato per diversi anni. La questione è passata in secondo piano a causa degli affari interni ameriKKKani. Si è trattato senza dubbio di un'occasione persa. Ma penso che si debba farne qualche cosa."
Perché si è trattato di un incontro così importante? E che cos'è il qualche cosa che bisogna farne? Luce si impantana nella poca chiarezza dei messaggi di Kissinger e lamenta il fatto che è difficile capire in che senso vada inteso il suo discorso sull'economia. Solo che Kissinger è chiaro quando parla, e a prima vista si tratta di cose di fondamentale importanza, come è di fondamentale importanza il dove vuole andare a parare.
Russia e Cina stanno entrambe sfidando l'ordine mondiale costruito dagli Stati Uniti, e lo stanno facendo insieme: stanno sfidando l'AmeriKKKa magari non nel contesto di un'alleanza formale in piena regola ma in un partenariato strategico, politico ed economico. Secondo Kissinger, "La NATO ha sbagliato a pensare che sia in atto un'evoluzione storica che la porterà a percorrere tutto il continente euroasiatico; non ha compreso che da qualche parte lungo il cammino avrebbe incontrato qualcosa di molto diverso dalle entità rispondenti all'idea occidentale di stati liberaldemocratici e orientati al mercato."
Esattamente. Per anni sia i governi repubblicani che quelli democratici hanno sostenuto che l'attrazione gravitazionale delle istituzioni internazionali dominate dagli USA, i flussi commerciali e anche la cultura popolare avrebbero man mano riplasmato sia la Russia che la Cina trasformandole in partecipanti entusiasti, condiscendenti (e sottomessi) di un mondo globalizzato e consumista guidato dagli Stati Uniti.
La NATO, braccio armato della diffusione di quest'ordine in tutto il pianeta, va avanti incessante, finché nella sua marcia attraverso il continente euroasiatico non finisce per scontrarsi con due grossi scogli culturalmente non occidentali la cui presenza era, dal punto di vista di Kissinger, ovvia: la Russia e la Cina.
Kissinger, facendo riferimento alla recente scomparsa di Brzezinski, spiega chiaramente a Luce perché l'incontro di Helsinki sia tanto importante: "Zbig è stato una figura quasi unica per la mia generazione," dice Kissinger. "Entrambi abbiamo pensato che le idee in merito all'ordine mondiale fossero il problema fondamentale della nostra epoca. Come potevamo realizzarlo? Avevamo idee piuttosto diverse. Ma tutti e due eravamo soprattutto preoccupati di far arrivare la diplomazia a un livello di influenza tale da raggiungere lo scopo."
Luce chiede: "[E] chi si sta ponendo questioni simili oggi?" Kissinger risponde, con devastante calma: "Oggi non esiste alcun dibattito."
Per caso o di proposito -secondo Kissinger Trump contrassegna la fine di un'epoca e la costringe a fare a meno dei propri "vecchi assunti", fra i quali le concezioni di Fukuyama sulla fine della storia e sull'ultimo uomo, e quella di una convergenza sui valori liberali occidentali. "Negli anni Quaranta del XX secolo i leader europei avevano chiara la direzione da seguire," osserva Kissinger, ma "oggi come oggi per lo più cercano soltanto di evitare guai." "Non è che stiano facendo un buon lavoro in questo senso," lo interrompe Luce. "Questo è vero," risponde laconicamente Kissinger con un enigmatico sorriso.
Nell'Unione Europea evitare guai significa essenzialmente un'Europa confortevolmente attaccata al proprio ruolo sostanziale in politica estera: fare da trampolino per la battaglia di contrasto all'"aggressione russa", compiacere Washington acclamando la NATO e ripetere la tiritera dell'"aggressione russa" sono cose che non vengono mai messe in discussione. Sono la conditio sine qua non in Europa per dormire fra quattro guanciali o per ambire a qualche carica statale. Quella del contrapporsi alla Russia è stata una posizione adottata senza riflettere e senza porsi domande. Senza porsi domande fino a quando Trump si è liberato di questo "vecchio assunto" e ha iniziato la distensione con la Russia.
I "gravi, gravi pericoli" da cui Kissinger vuole metterci in guardia -e non sembra che stia semplicemente premendo perché si torni alle sue vecchie tattiche di triangolazione tipiche dei tempi di Nixon per dividere la Cina dalla Russia e mettere gli USA nel mezzo a soffiare sul fuoco della competizione e della rivalità fra le due.
Kissinger probabilmente comprende che anche queste triangolazioni sono diventate un "vecchio assunto". Egli sottolinea come la NATO abbia completamente fallito a comprendere la "quasi mistica" tolleranza russa per le sofferenze, dice Luce. Il fatto è che l'essenziale per Kissinger è che la NATO ha mal interpretato il profondo desiderio di rispetto dei russi. Il desiderio di essere rispettati in quanto tali.
Kissinger non sta ammonendo sul fatto che gli USA mancano di una strategia basata sulla triangolazione. Sta dicendo piuttosto che stiamo inavvertitamente andando verso la guerra perché ci basiamo su fantasie utopistiche secondo cui il mondo è destinato a un futuro esclusivamente centrato sull'AmeriKKKa. L'incontro si doveva tenere, ma lo stesso Kissinger afferma che "Ci troviamo in un periodo molto, molto serio per il mondo."
Trump non avrebbe potuto triangolare nemmeno se avesse voluto. Trump non può offrire quasi nulla al signor Putin. Il Congresso e lo stato profondo hanno fatto e strafatto per ingabbiare qualsiasi spazio di manovra Trump potesse avere nei confronti della Russia. Anche il capitale politico di Trump si è indebolito: è continuamente minacciato di azioni legali o di impeachment. Che cosa può fare?
Inoltre la possiblità di separare la Russia dalla Cina non esiste. Entrambi i paesi stanno affrontando una guerra non convenzionale ad opera degli USA e dell'Europa, che hanno intrapreso una guerra economica basata sul dollaro, in cui le armi sono le sanzioni e le tariffe. Per contrastare un'egemonia del dollaro che è diventata un'arma è ovvio che Russia e Cina debbano coordinare e concordare una controstrategia finanziaria, se vogliono mettere in atto una difesa che funzioni.
Ecco dove si trova l'essenza di quello che Kissinger ha definito un periodo molto serio per il mondo. Kissinger dice, nel seguito della conversazione, che l'AmeriKKKa rischia di trovarsi come un'isola fra due oceani e senza il controllo di alcun ordine mondiale; in altre parole, in un'epoca in cui regna un ordine frammentato e disordinato. Un'epoca in cui l'AmeriKKKa potrà anche avere in mano le redini della comunicazione, che saranno tuttavia indebolite dal fatto che l'AmeriKKKa è un paese polarizzato e non più un paese unito. Un paese di fatto senza più freni.
Che fare, allora? Kissinger lo dice: curare il funzionamento della diplomazia, almeno. Tump può anche cercare di cavare sangue dalle rape, date le limitate possibilità politiche cui può accedere, e sperare che dopo novembre si ritroverà presidente plenipotenziario quanto basta per portare a termine il suo tentativo di distensione.

lunedì 17 settembre 2018

Alastair Crooke - Per Trump l'Unione Europea è un alleato che vale zero



Traduzione da Strategic Culture, 23 luglio 2018

Magari è un'errata valutazione, ma un numero non piccolo di commentatori ha fatto pensare che il Presidente Trump a Helsinki intendesse fare tabula rasa della triangolazione alla Kissinger esistente fra USA, Russia e Cina. Si tratta di un'ipotesi ben fondata. Lo stesso Trump aveva abbracciato la linea di Kissinger in una conferenza stampa del 2015: gli USA avrebbero dovuto sempre cercare di tenere divise Russia e Cina in modo da non trovarsele coalizzate contro.
"...Una delle cose peggiori che può succedere al nostro paese è il riavvicinamento della Russia alla Cina. Le abbiamo fatte avvicinare noi, con i grandi accordi fatti nel settore petrolifero. Le abbiamo fatte avvicinare noi. Per il nostro paese è una prospettiva terribile. Sono diventate amiche a causa della nostra leadership incompetente. Io credo che con Putin mi troverei molto bene, no? E, dico, i più forti siamo noi [gli USA]. Non credo che serviranno le sanzioni; sono convinto che andremo molto, molto d'accordo."
Un discorso sensato, ma a Helsinki Trump ha fatto qualcosa di molto meno strategico e di molto più terra terra, qualcosa che è più in accordo con la sua filosofia basata sull'arte dell'accordo.
Nel corso del tempo abbiamo sviluppato un modello mentale abbastanza preciso di come "si suppone che si comporterà un Presidente e di come si svilupperà un processo politico. Ovviamente Trump non corrisponde a questo modello," scrive Jim Rickards. "[George W.] Bush e Obama erano completamente orientati al processo. Si poteva prevedere con ampio anticipo il corso degli eventi mentre si facevano strada nei processi decisionali della West Wing e di Capitol Hill." Nel caso di Trump, continua Rickards, "un processo esiste, ma non si conforma né a una linea temporale né a un copione esistente. Sembra che Trump sia per la maggior parte del tempo l'unico a prendervi parte. Nessun altro a Washington pensa in questo modo. Chi è dell'ambiente tenta di evitare confronti e inasprimenti e a fare compromessi fin dall'inizio, compiendo in modo raffinato il percorso attraverso il processo politico."
"Ecco qui il processo di Trump:
- Identificare un grande obiettivo (il taglio delle tasse, l'equilibrio commerciale, il muro...).
- Identificare i punti di pressione da usare contro chiunque si metta nel mezzo (le elezioni, le tariffe, i posti di lavoro e così via).
- Minacciare in modo estremo l'oppositore, rifacendosi ai punti di pressione di cui sopra.
- Se l'oppositore lascia perdere, venire a più miti consigli, cantare vittoria e tornarsene a casa con gli allori.
- Se l'oppositore ribatte, raddoppiare la posta. Se Trump dichiara l'intenzione di sottoporre a dazio cinquanta miliardi di importazioni dalla Cina e la Cina reagisce in proporzione, Trump rilancia al raddoppio e i miliardi di importazioni diventano cento. Trump alza la posta fino a quando non vince."
Alla fine questo gioco al rialzo può sfociare in negoziati che portino almeno all'idea che Trump abbia vinto, come nel caso della Corea del Nord, anche se si tratta di una vittoria più di figura che concreta.
Insomma, se vediamo il vertice di Helsinki nell'ottica dell'arte dell'accordo, cosa ne viene fuori? Russia e USA hanno tali divergenze e così pochi sono i punti di vista condivisi che le prospettive per arrivare a un accordo strategico globale sono assai scarse. Il Presidente Trump non può offire gran che alla Russia; togliere le sanzioni non dipende da lui ma dal Congresso, e non può, per come stanno le cose oggi, cedere sulla questione dell'Ucraina nonostante Trump abbia chiaro che USA ed Europa con il colpo della Maidan a Kiev si sono procurati una bella gatta da pelare.
"Quindi", come scrive l'editorialista russo Rotislav Ishchenko (qui una traduzione dal russo) "la situazione è quella in cui due parti, anche prima che inizino i negoziati, sanno che non riusciranno ad accordarsi e non si sono neppure preparate a farlo dal momento che dopo le trattative non era previsto di sottoscrivere alcunché.Al tempo stesso entrambe le parti avevano bisogno che l'iniziativa fosse un successo." Ishchenko prosegue: "Trump ovviamente minaccia l'Unione Europea con una possibile intesa con la Russia. E anche Putin ha bisogno di mostrare all'Europa che non è l'unica con cui si può trattare.
 La posizione dell'Europa è chiara. Non è una coincidenza il fatto che Trump, elencando i nemici degli USA (la UE, la Cina, la Russia) abbia messo in chiaro che considera la Russia un problema minore [rispetto alla UE] perché in pratica con essa non ci sono contraddizioni sul piano dell'economia (il Nord Stream 2 non conta). Non è la Cina, con cui gli USA hanno i maggiori negativi dal punto di vista della bilancia commerciale, ma l'Unione Europea -che Trump definisce tranquillamente come il principale competitore commerciale- a ricevere benefici economici ingiustificati tramite accordi politici con gli USA, e che resta il loro principale avversario.
[Trump così] risolve le sue contraddizioni politiche e militari con la Russia [e di conseguenza] riduce a zero il valore della UE come alleato di Washington... L'Europa era abituata a servirsi del proprio ruolo di trampolino per la lotta contro la Russia come [essenziale] argomento per tenere Trump lontano dal compiere questo ultimo passo, la completa separazione dalla UE. E sperava di poter continuare a farlo.
Negli ultimi tempi la Merkel, dopo il summit della NATO, ha iniziato a dire senza infingimenti... [che l'ostilità di Trump verso la UE non ha giustificazione], perché l'Europa si batte con la Russia in nome degli interessi degli USA.
Per l'Unione Europea era essenziale che questa argomentazione continuasse a funzionare. Altrimenti Washington avrebbe avuto assai più in comune con Mosca che con Bruxelles. E l'Europa non è pronta a un aspro confronto con gli USA. Occupata com'era a riposare sugli allori [ovvero sulla propria convinzione di avere dalla propria una sorta di superiorità morale nel campo dei valori], l'Europa non si è impegnata -a differenza della Cina, per esempio- in una diversificazione dei propri legami economici ed è apparsa fortemente dipendente dall'accesso al mercato ameriKKKano.
"Dal momento che non si sono azzardati a precedere Trump nella normalizzazione dei rapporti con la Russia, i leader dell'Unione Europea temevano fatalmente che Trump e Putin, a dispetto delle difficoltà, avrebbero fatto l'impossibile per arrivare a qualche accordo, specie perché entrambi si sono rivelati gente capace di prendere in un istante decisioni che cambiano il destino del mondo.
La posizione assunta dall'Unione Europea ha incrementato il valore del vertice anche per la Russia. A Mosca possono aspettare fino a quando Washington non sarà pronta a riconciliarsi. Se si considera che l'Unione Europea ha ovviamente l'intenzione di mettersi di mezzo per cercare di salvaguardare un assetto geopolitico da cui trae vantaggio ma che non va bene né a Trump né a Putin, la Russia ha anche interesse a ben figurare davanti al mondo in occasione di questo vertice, e a mostrare che c'è la possibilità di arrivare ad accordi definitivi ed esaurienti."
Insomma, Trump si sta servendo di Helsinki per "minacciare in modo estremo l'oppositore", ovvero l'Unione Europea, impedendole di giocare la carta della propria utilità nei confronti dell'AmeriKKKa nella perenne contesa con la Russia. Il recente comunicato finale della NATO in ogni caso suona come un'accusa piuttosto precisa nei confronti della Russia e del suo comportamento.
Sia Trump che Putin si sono assunti un considerevole rischio politico con questa messa in scena della "fine della Guerra Fredda" In alcuni settori degli USA Trump ha levato reazioni straordinariamente isteriche e ha provocato molti commenti agli editoriali dello Washington Post che definivano il linguaggio che ha caratterizzato l'eloquio di Trump alla conferenza stampa come una "apostasia" e "un cancro in mezzo a noi". (Il vocabolo apostasia è il linguaggio con cui lo jihadismo violento taccia chi non crede.)
Non c'è dubbio che il latente odio per la Russia sia uscito allo scoperto. Questa acredine non sarà una sorpresa per Putin, anche se il registro linguistico estremo che la élite ha usato nei confronti di Trump metterà i russi al corrente di quello che rischiano loro nel caso Trump venisse per un motivo o per l'altro rimosso dalla propria carica.
Cosa implica il ricorso a un linguaggio simile? Le radici della russofobia in AmeriKKKa sono profonde. La loro origine risale all'epoca della partecipazione di attivismi del trotzkismo ameriKKKano alla rivoluzione bolscevica, ampiamente finanziata e orchestrata da Wall Street. I banchieri di New York non fornirono soltanto denaro, ma agevolarono un facile passaggio in Russia a rivoluzionari come Trotzky ed altri. L'assassinio dei killer trotzkisti (e di molte altre persone) ad opera di Stalin negli anni Trenta è alla base del linguaggio forcaiolo russo che ancora circola negli USA, anche se qualcuno ne ha dimenticato l'origine. Esistono conventicole negli USA che non hanno mai perdonato i repulisti staliniani.
Ovviamente quello che irrita la maggior parte della gente in AmeriKKKa e nelle élite liberali europee è il fatto che Putin consideri l'AmeriKKKa come al proprio livello morale e come dotata di pari competenze nel settore dell'intelligence. L'AmeriKKKa è convinta di aver vinto una volta per tutte: ha vinto la Guerra Fredda sotto il profilo culturale, nel campo dei sistemi di governo e dell'economia. Questo arrogarsi la "fine della storia", e la condizione di estasi che ne è derivata, le hanno evitato il bisogno di trattare la Russia come qualcosa di diverso dal popolo "psicologicamente sconfitto" che essa, peraltro, non era.
In ultima analisi il risentimento dello establishment occidentale nasce dal rifuto dei russi di sottostare a quella sconfitta che, secondo questo modo di vedere, si erano meritata: Putin ha rifiutato di incasellare la Russia nell'ordine mondiale a guida ameriKKKana e ha preferito che, in qualche modo, la Russia rimanesse Russia, secondo una cultura propria.
Quali sono le implicazioni per l'Europa? Per l'Europa si tratta di una catastrofe. Significa che il dialogo degli USA con Putin è destinato a continuare. Da che parte schierarsi allora, per Washington o per Mosca? Restare leali alla vecchia sovranità dimezzata o cercare di aderire a qualcosa di nuovo, prima che ci pensi qualcun altro?
A differenza della Russia l'Europa non può permettersi di aspettare. Incontrando Putin, Trump ha tolto gli USA dallo stallo e ha tolto all'Unione Europea il diritto di fare la stessa mossa. Questo rischia di complicare la politica europea più di quanto non facciano le sfide che essa deve già affrontare.
E Trump? I "flussi del denaro" indicano che sarà incriminato o messo in stato d'accusa dopo le elezioni di metà mandato. C'è da dubitarne. A fronte di tutte le chiacchiere di John Brennan su "reati e malefatte di estrema gravità" formulate col preciso linguaggio giuridico dell'impeachment, non esiste alcun reato. E se anche ve ne fossero, sono cose che come tali possono emergere da un trimestre molto diverso. Ed è probabile che Trump sopravviverà all'isteria imperante.