venerdì 24 giugno 2016

Firenze: basta col degrado e con l'insicurezza dei negozi extracomunitari nel centro storico!


Old England Store.
Finiamola con questo fòmite d'nsihurezzeddegràdo che vende alcolici in centro!

giovedì 23 giugno 2016

Paolo Ermini e il giardino di Oriana Fallaci



Un certo Paolo Ermini viene lautamente retribuito per fare il capogazzettiere del "Corriere Fiorentino".
Il "Corriere Fiorentino" a sua volta fa l'edizione locale del "Corriere della Sera", famoso tra le gazzette per la sua autoattribuita obiettività, per la sua autoattribuita serietà, per la sua autoattribuita autorevolezza. La propaganda "occidentalista" tiene moltissimo all'autoattribuita etichetta di "libera informazione" e questo per i nostri lettori è un concetto scontato.
Fare il capogazzettiere pare consista nel tirar sera producendo a scadenze più o meno fisse qualche riga piagnucolosa su temi il più possibile scollegati dal reale. A meno che la committenza non dia delle consegne precise. Un esempio di quanto succede in questi casi lo ha riportato recentemente Miguel Martinez; nel giugno 2016 si sono tenute delle consultazioni amministrative che nella zona di Firenze si sono tradotte in un'ampia disconferma del governo in carica. Il boiscàut di Rignano che ne presiederebbe le sorti si è trovato a constatare de visu che mutuare programma e pratica politica dai sedicenti avversari e trescare a scena aperta con i polipregiudicati che li rappresentano sul territorio (fidando nella certezza che i sudditi si bevano comunque tutto) va bene fino ad un certo punto.
In questa situazione una volta fatto l'interesse di chi comanda davvero gli scampoli di "occidentalismo" ancora in condizioni di cianciare trattano stolidamente temi che da un pezzo hanno smesso di essere remunerativi sul piano elettorale, e che a Firenze molto più che altrove non sono serviti ad altro che a tirare loro addosso la sorridente sufficienza del pubblico.
Uno di questi temi è la cura del ritratto agiografico di Oriana Fallaci.
Oriana Fallaci è un individuo che da vivo ha fatto quanto in suo potere per essere tollerato con fastidio, e che da morto non c'è più neppure bisogno di tollerare con fastidio. Il particolarissimo e già ricordato rapporto con la realtà che accomuna i ben vestiti della politica istituzionale e i ben vestiti che scribacchiano sulle gazzettine fa sì che in quella che non troppo tempo fa si piccava di essere la sesta o la quinta potenza industriale del mondo le due categorie giustifichino il proprio reddito sfornando inezie, fanfaluche, castronerie e storielle praticamente a getto continuo: le presunte virtù profetiche di una che ad un passo dalla morte pensava a quelli che si picchiano al pallonaio e la necessità (che si postula ineludibile) di perpetuarne la memoria sono uno di questi temi ricorrenti. In pratica funziona così: in media un paio di volte l'anno un ben vestito che ricopre una carica elettiva viene imbeccato da un ben vestito che "lavora" in una gazzetta, e a sua volta gli promette a breve qualche interessante variazione toponomastica.
Nel corso degli anni gli "occidentalisti" hanno visto gratificare le loro figure di riferimento con guiderdoni da barzelletta: rampe autostradali, vicoli ciechi, parcheggi infarciti di cassonetti, slarghi lordati da scritte a spray e via di questo passo; le perorazioni a favore dei casi più imbarazzanti sono state di solito messe a tacere.
In una situazione come questa non sarebbe affatto fuori luogo che ad Oriana Fallaci venisse appropriatamente intestata la via che conduce ad un immondezzaio; l'iniziativa ci troverebbe, e non certo da oggi, completamente d'accordo.
Qualcuno deve aver tratto le stesse conclusioni, e deve aver suggerito ai peroratori di questa causa di limitare i possibili danni dedicando alla "scrittrice" un giardino. Si eviterebbe anche il sicuro deprezzamento che una "via Oriana Fallaci" procurerebbe agli immobili che vi sorgono: ad orecchio "occidentalista" non esiste motivazione più concreta di questa, di solito accampata con generosità nei confronti di centri sociali ed occupazioni in genere.
Paolo Ermini non ha gradito e ha benedetto la sorte che nel giro di pochi mesi gli ha consentito di tornare un'altra volta sulla questione: mandare qualche galoppino a tenere il conto di scritte sui muri e deiezioni sulle cantonate per mantenere il salutare clima d'insihurezzeddegràdo che in questa sede dileggiamo da sempre è affare di due minuti: per arrivare a sera ci vuole ben altro. Di qui un editoriale di sei righe, a nostro avviso degno di considerazioni sprezzanti periodo per periodo, frase per frase, vocabolo per vocabolo a partire dal titolo.
Molti degli spunti per le considerazioni qui espresse vengono dalla limitata antologia aneddotica da noi raccolta; rimandiamo subito ad essa i lettori, nel caso non abbiano ben chiaro di cosa stiamo parlando, per non appesantire di richiami il rimanente del testo.


Giardino Fallaci? Rinunciateci
Ma per carità, signor Ermini. Nessunissimo problema.
Palazzo Vecchio pensa di intitolare alla giornalista scrittrice lo spazio verde della Fortezza da Basso. Ecco perché sarebbe un errore.
I motivi sarebbero molti: tra i primi che ci vengono in mente il fatto che zanzare, processionarie, ortiche, rovi ed altre commendevoli creature use agli spazi verdi non hanno commesso nulla che imponga di stigmatizzarle in questo modo.
Pensate a un giardino: il verde, le panchine, il ghiaino, la vasca dei cigni. Chiacchierate per passare un po’ il tempo. Ecco, tutto questo vi fa venire in mente Oriana Fallaci?
Ovviamente no: nulla di quanto è rilassato, costruttivo, piacevole o semplicemente umano può far venire in mente un elemento del genere.
Eppure da Palazzo Vecchio insistono. Come ha ripetuto sabato scorso l’assessore allo sport Andrea Vannucci, i nostri amministratori intendono dedicarle proprio un giardino.
Ad ogni domanda la sua risposta. Se si vogliono evitare risposte spiacevoli si possono evitare le domande. Anche perché se fossimo stati nei panni del signor Vannucci avremmo da molto tempo fornito ad ogni postulante in tema una risposta definitiva e di facile interpretazione.
Importante come quello della Fortezza, ma pur sempre un giardino.
Esatto. E pare proprio cara grazia.
Il verde, il ghiaino, la vasca dei cigni. Qualche ora di relax.
Proprio vero. Il verde, il ghiaino, la vasca dei cigni che per le persone normali in una società normale significano qualche ora di relax. Per le persone normali in una società normale, si ripete.
Esattamente l’immaginario della più grande giornalista italiana.
Nessun dubbio che l'immaginario distopico di quell'individuo presentasse tutt'altri contenuti. Sul "più grande" e i due vocaboli che seguono non si può che citare il Signor G.: due miserie in un corpo solo.
Che si è sbattuta una vita, dall’inizio alla fine, per vedere la sua memoria conservata tra i pesci rossi.
Il concetto di sbattimento di molti gazzettieri non ha nulla a che vedere con la realtà e con la vita quotidiana delle persone serie, che non si dedicano a tempo pieno ad angariare personale domestico o alberghiero e in generale chiunque reputano inferiore a loro. In ogni caso è realistico supporre che al signor Ermini non toccheranno neppure i pesci rossi. Se ne stia pur tranquillo dunque, ed eviti pure di sbattersi.
La Fallaci era impeto, dedizione.
Quel che è giusto è giusto: nessuno nega che nel calpestare il prossimo Oriana Fallaci profondesse impetuosa dedizione.
Libertà delle idee.
Più correttamente libertà di invettiva e libertà di insulto. Nulla di strano: le idee, per gli "occidentalisti", sono soltanto questo.
Battaglie.
Volare di stracci.
Lei era agorà. Piazza.
Lei era skàta.
Il signor Ermini si picca di conoscere il greco e non avrà problemi con la traduzione.
Lei, con il suo coraggio (e forse anche con una buona dose di incoscienza) all’opera su ogni fronte di guerra. Dal Vietnam al Medio Oriente.
Le guerre se le è andate a cercare e vista la perenne conflittualità che dicono la caratterizzasse -il tipo di persona che riesce a rimanere antipatica anche salutando al mattino, ammesso e non concesso che si degni di salutare- anche in questo non ci sarebbe nulla di notevole. 
Lei, a tu per tu con tutti i potenti del mondo, da Kissinger ad Arafat.
I quali potenti del mondo da Kissinger ad Arafat, vista la sinecura dei loro ruoli, vivevano risaputamente nell'ansia e nell'attesa dell'incontro con "la più grande", cercando disperatamente di non sfigurare. Ma per favore.
Una nemica feroce di ogni dittatore. O dei falsi democratici.
Visto che chi fosse o meno un dittatore o un falso democratico era lei a deciderlo, tutto si gioca nell'ambiente egoriferito della "scrittrice".
Lei, sangue e merda, come diceva della politica Rino Formica.
Questa è senz'altro una considerazione interessante: alla prima occasione Paolo Ermini faccia scrivere all'ufficio toponomastica e chieda se è prevista la dedica di una pubblica via alle suddette materie organiche. In fondo, rispetto all'idea di una dedica ad Oriana Fallaci si tratterebbe di modifiche assolutamente trascurabili.
Il profilo tradito di Oriana la fiorentina - E perché mai Firenze dovrebbe tradirne il profilo?
E perché mai un individuo che ha trascorso anni a inveire e a minacciare -a volte in modo tanto colorito quanto ridicolo- chiunque gli rimanesse antipatico dovrebbe aspirare a qualcosa di più di una gelida indifferenza scostante, prima e dopo la morte?
Firenze e la Toscana erano la sua cultura, la sua radice più forte, la sua identità, anche se ormai viveva i suoi giorni lontano da qui (a New York). Ma senza mai dimenticare la sua terra, la sua città.
Naturalmente la verità è opposta. Costei abbandonò sdegnata una città e una terra colpevoli di non tributare al suo ego i riconoscimenti continui cui credeva di aver diritto.
Secondo un assennato ed equilibrato punto di vista, Oriana Fallaci era l'equivalente mediatico della tizia che per andare a fare spese in qualche negozio costoso lascia l'auto in doppia fila sbarrando il passo alle ambulanze, e che quando torna pretende anche di avere ragione.
Per tutto questo si era scagliata contro la tenda dei somali che nel 2000 avevano ridotto a latrina piazza San Giovanni.
No. Oriana Fallaci espresse nero su bianco l'intenzione di dare ad essa fuoco. Con gli occupanti dentro, si presume. Quindi, Paolo Ermini pretenderebbe venisse dedicata una strada ad una straricca viziata che si comportava come si comporta una qualsiasi spaghettifresser di terza media quando usa il Libro dei Ceffi per fare il bullo di quartiere.
Per tutto questo si era scatenata contro l’idea di organizzare qui il Social Forum nel 2002: temeva che dopo le tragiche giornate di Genova i black bloc devastassero il centro, sfregiandone i capolavori.
Chiunque non fosse un mangiaspaghetti o un Paolo Ermini sapeva che un conto era il Social Forum, un'altra e del tutto diversa questione era la parata di potenti che l'anno prima aveva sporcato la città di Genova per mettere a punto le proprie nefandezze. All'epoca la feccia "occidentalista" era impegnata in blocco nella distruzione del dissenso, e circolarono le voci più spassose dalla decapitazione del David di Michelangiolo alla devastazione degli Uffizi.
Scattò la mobilitazione della sinistra e dei sindacati che (saggiamente) riuscirono a fare della manifestazione una festa popolare, salvo poi additare la Fallaci come una visionaria.
In quei giorni, che furono forse i più esaltanti della vita di chi scrive, della mobilitazione di questo o di quello non si accorse  nessuno. Da una parte c'era un aggregato di ben vestiti, dall'altra la parte seria e consapevole del popolo. Di tempo da perdere dietro alle sigle non ce n'era, così come tra i non molti titoli di cui fu gratificata Oriana Fallaci -le cui mosse erano attese dai più come si attendono quelle del protagonista di un film comico- ve ne erano di assai più repellenti, ma non certo quello di visionaria.
Ma aveva ragione lei.
No, Ermini.
Non aveva ragione lei.
Non aveva mai ragione lei.
E con questo chiuso il discorso.
I pazzi, semmai, furono tutti quelli che pur di non tornare sulle decisioni prese preferirono assistere all’ingabbiamento delle statue di piazza Signoria.
Paolo Ermini divulga una versione degli eventi che non ha alcun rapporto con il reale, il che  è prassi ordinaria per gli "occidentalisti" in ogni campo della vita associata.  Il clima di terrore montato dalla feccia politicante e della marmaglia gazzettiera fu tale che l'amministrazione comunale non poté che assecondare le pretese meno mestruali di qualcuno di questi indossatori di cravatte. La più alta autorità governativa locale dovette addirittura bruciare benzina per portare Oriana Fallaci in giro per la città, a mostrarle come non fosse affatto in corso alcun tentativo di demolirne gli edifici monumentali.
Dal Social Forum di Firenze l'"occidentalismo" politico fiorentino uscì letteralmente con le ossa fracassate e piombò in un ridicolo che a distanza di quindici anni tiene ancora allegri i veri protagonisti di quelle giornate. Vale solo la pena ricordare che un certo Paolo Soderi, che  aveva sporcato per settimane le gazzette con le sue visioni di distruzione imminente e che aveva solertemente caldeggiato la blindatura degli esercizi commerciali lungo le vie del corteo (almeno tre giorni di vendite perse) dopo qualche anno venne scaraventato in galera come un pizzamafia qualunque, e non certo per aver cercato di fare la rivoluzione.
 La fine in città - Poco meno di dieci anni fa Oriana Fallaci decise di tornare a Firenze per morirci.
E logicamente nessuno se ne accorse. Figuriamoci dispiacersene. 
 Una scelta d’amore, che lasciava da parte ogni recriminazione per un rapporto contrastato.
Tradotto nel linguaggio delle persone serie, significa che non aveva più neppure il fiato di inveire. Non di rapporto contrastato si deve parlare, ma di autentico e sincero disprezzo. Entro una certa misura, ognuno ha quello che si merita.
Ora però non fatela morire una seconda volta.
Tranquillo, Ermini. A nessuno importa niente.
Se non trovate uno spazio decente da dedicarle lasciate perdere. Lasciate la Fortezza alla comunità di stranieri che avete spostato lì per liberare piazza Indipendenza, avvilita in un degrado che sicuramente l’avrebbe fatta infuriare.
Ecco dove stava la questione fondamentale: i'ddegràdo, a braccetto coll'insihurézza! Va notato anche il ripetuto ricorso da parte di Paolo Ermini ad espressioni scatologiche e riferimenti alle deiezioni umane. Nulla di strano, la loro puntigliosa trattazione è parte sostanziale della linea editoriale della gazzetta in cui "lavora", e nessuno ha dubbi sul fatto che la visione del mondo degli "occidentalisti" sia con ogni evidenza dominata da ambienti e panorami davvero poco invitanti.
Per ricordarla ci sarà pur sempre un angolo della coscienza di chi l’ha apprezzata. 
E allora il signor Ermini veda di accontentarsene, e di trovare qualche altro pretesto per arrivare alla fine delle sue giornate "lavorative".

Nella foto in alto c'è un giardino abbastanza particolare; in esso, Oriana Fallaci ha trovato una collocazione definitiva e fin troppo appariscente.
Sulla lapide la "scrittrice" viene definita ricorrendo alla declinazione maschile.
Senza virgolette.



domenica 12 giugno 2016

Firenze: Francesca Lorenzi cambia nome e si rivolta contro la moschea.


Quando deve rivoltarsi contro le moschee,
Francesca Lorenzi si fa chiamare "San Jacopino" o anche "Il quartiere".

I pennaioli de "La Nazione" (sì, quella gazzettina lì) tengono le rivolte in ben strano concetto, al pari del gazzettaio in generale.
L'undici giugno del 2016 hanno scribacchiato appunto di un quartiere in rivolta e di un rione arrabbiato.
La faccenda pare grave.
Una sommaria scorsa dei flash di agenzia però non fa notare nulla di strano: niente sedi della gendarmeria incendiate, nessuna armeria saccheggiata, niente interruzioni nelle linee telefoniche, niente problemi di traffico quando basta il più inoffensivo dei cortei per procurarne qualcuno, niente centri commerciali con le vetrine fracassate, niente simboli del potere ammucchiati ai crocevia in attesa del rogo, niente comunicati da parte di qualche comitato di insorti.
Men che meno luoghi di culto danneggiati in qualche modo.
Sicché viene da pensare che abbiano esagerato.
Anche perché se qualcuno si azzarda a fare appena appena un po' più sul serio, invece di lodarne l'intraprendenza "La Nazione" ne trae di che tirare avanti almeno quindici giorni col solito gnè gnè, battuta in questo solo da quel morto in piedi di Paolo Ermini e dal suo "Corriere Fiorentino", di prassi abituati a contare pisciate e scritte sui muri e a concedere taumaturgicamente di esistere o meno ad ambienti, organizzazioni e persone che hanno almeno la signorilità di trattare gazzette e gazzettisti con meno di un millesimo del disprezzo che meriterebbero.

Poi si va a leggere l'articolo e si scopre che il quartiere in rivolta ed il rione arrabbiato si chiamano Francesca Lorenzi.
Se ne conclude che Francesca Lorenzi quando deve rivoltarsi contro le moschee cambia nome in San Jacopino.
Detto Il Quartiere dagli amici.
O forse in Il Quartiere, detto San Jacopino. Chissà.
Francesca Lorenzi è indispettita per ragioni sue con un gruppo di credenti che si ritrova per la preghiera del venerdi in uno dei fondi commerciali dismessi di cui Firenze gronda, specie nei quartieri periferici.
Solo che è difficile rivoltarsi da soli, quale che sia il motivo, specie se si pesa una sessantina di chili scarsi e se il bersaglio della rivoltosa insurrezione è rappresentato da un fitto gruppo di maschi adulti già alle prese con le difficoltà della vita quotidiana in un "paese" di gazzettieri impiccioni e di cialtroni incompetenti, ed ipso facto con pochissima voglia di scherzare.
Meglio ricorrere alla delazione tramite giornalino e sperare che il colpo vada a segno.
Speranza fallace, se si vuole infierire coi giochi di parole.
Non sapendo letteralmente a cosa attaccarsi, la Rossella Conte che firma il pezzo è costretta ad allungare la broda con note incredibili. Una spiata fra gli spiragli della ex cartoleria, maledizione, non ha messo in luce né rastrelliere di AK47 né autobombe in via di approntamento. E dire che ci sperano tanto.
All’interno l’arredamento è spoglio, fatta eccezione per i lunghi tappeti, molto morbidi dove i musulmani pregano comodi.
Come si azzardano. Abbiano almeno il buon gusto di inginocchiarsi sull'impiantito di graniglia.
Ma non basta.
Spesso all’esterno, denunciano i residenti, ci sono decine e decine di scarpe lasciate in strada, una accanto all’altra.
Insomma, scarpe in divieto di sosta.
Addirittura appaiate.
In attesa della Delta Force si chiami almeno il carro attrezzi.
Ma poi, peggio del peggio,
sembrerebbe che "ogni venerdì – raccontano – ci siano delle riunioni di preghiera, senza alcuna formale comunicazione e richiesta di autorizzazioni.
Si immagini la faccia di un sottufficiale della gendarmeria che vede presentarsi una denuncia con motivazioni del genere.
"Non accettiamo zone franche dell’illegalità, tanto più in un momento di massima allerta terroristica" si ribella il quartiere.
Le ribellioni, come si è detto, sono una cosa un po' più seria.
Sarebbe una cosa un po' più seria anche la "legalità", ma gli "occidentalisti" ne hanno un concetto tanto singolare quanto ben noto alle persone serie, sul quale è inutile soffermarsi oltre.
Ed il "momento di massima allerta terroristica" va avanti da una quindicina d'anni con i risultati che sappiamo e che solo le gazzette e le Francesca Lorenzi (alias San Jacopino, alias Il Quartiere) fanno finta di non conoscere.
Ovviamente
"Non abbiamo niente contro queste persone – dice – ma ci vorrebbe più controllo, non vogliamo che San Jacopino, un quartiere già con tanti problemi, si trasformi in un ghetto da cui tenersi lontani". La paura, infatti, è che in questi posti si infiltrino persone con doppi fini che non farebbero altro che peggiorare le condizioni di vita del quartiere.
Insomma, si mandi la polizia politica e speriamo che salti fuori almeno qualche Adidas con la matricola limata.
Quali siano questi doppi fini e in che modo potrebbero peggiorare le condizioni di vita del quartiere non è ovviamente dato saperlo. Quando si arriva al perché di certe iniziative e alle distinte dettagliate di rischi e pericoli concreti gazzettieri e committenza diventano stranamente laconici: probabilmente gli passa persino la voglia di contare le paia di scarpe. Il rischio più probabile è che durante gli incontri del venerdi qualcuno tratti il Grande Satana da Grande Satana e lo stato sionista da stato sionista, ma l'obiettività e l'indipendenza cui certi signori dicono di tenere tanto non arrivano neppure a fargli mettere nero su bianco un dato di fatto che le persone serie trovano del tutto ovvio, logico e normale.
In questa sede non si riconosce alcun diritto all'oblio; qualche tempo fa ha avuto ad accorgersene un certo Matteo Calì, cacciato da un convegno in cui doveva essere il relatore principale grazie ad uno scritto in cui ci limitavamo ad avanzare qualche considerazione poco condiscendente sulla sua persona e sulla sua competenza.

Un motore di ricerca qualsiasi è dunque sufficiente perché dal recentissimo passato di Francesca Lorenzi emerga una candidatura alle elezioni amministrative per una formazione "occidentalista", finita con il plebiscito di trentotto preferenze su oltre centoottantasettemila voti validi.
Su Youtube esiste anche una negletta videointervista di propaganda, in cui questa Lorenzi lamenta il proprio status di drop out dal mercato del lavoro in un ambiente arredato con cura ed eleganza, che fa ovviamente a pugni con la perentoria tristezza di una simile condizione.
La cosa fa pensare che non ci sia da preoccuparsi eccessivamente per le sue condizioni economiche, tanto più che si è laureata in agraria a trentasei anni rispettando con ossequio la tradizione che vuole i politici "occidentalisti" invecchiare in ateneo fin quando non si libera un posto in qualche ministero.
Esiste anche una schedatura sul Libro dei Ceffi in cui si inventariano cani, roba di pallone ed altro ciarpame conformista ed inutile, come in milioni di altre schedature conformiste ed inutili. La mala parata elettorale ha anche consigliato alla Lorenzi di mettersi a trescare con un divorziato fannullone e in sovrappeso incapace di laurearsi anche in dodici anni ma sperabilmente in grado di farle raschiare qualche preferenza in più al prossimo giro di ruota.
In chiusura dell'articolo interviene una certa Arianna Xekalos, cui devono aver chiesto aiuto per avere un avallo minimanente autorevole. Purtroppo per chi ha ideato questa roba si tratta con ogni evidenza di altre braccia sottratte alle costruttive fatiche del lavoro domestico, che altro non hanno saputo fare che caldeggiare la nuova fattispecie di reato di scarpa in divieto di sosta. La formazione politica cui appartiene questa Xekalos è il "Movimento Cinque Stelle", da considerare a buon diritto il successore dei partiti "occidentalisti" per quanto riguarda la preparazione e la competenza dell'elettorato passivo.

sabato 11 giugno 2016

Sesto Fiorentino, Firenze, i comitatini fastidiosi e la gentrificazione dei centri storici. Il caso di Palazzo Santarelli (I).



Nel giugno 2016 si sono svolte nella penisola italiana consultazioni elettorali amministrative di una certa portata. Nel complesso il partito di "governo" ne è uscito molto ridimensionato senza che la feccia "occidentalista" se ne avvantaggiasse in alcun modo, con buona pace di divorziati obesi e buoni a nulla incapaci di laurearsi anche in dodici anni che nei mesi scorsi hanno tanto finto di affannarsi per il bene comune e che hanno dovuto vedersela anche con la morte di un proprio commensale, schiantatosi con la macchina al ritorno da una mangiata al ristorante.
Il comune di Sesto Fiorentino è il caso più vicino alla città di Firenze. Sesto è amministrata bene e sfoggia fra le altre cose realtà culturali di ottimo livello. La cosa ha probabilmente una sua importanza nel mantenere le istanze più autentiche dell'"occidentalismo" a livelli puramente rappresentativi, e al tempo la consapevolezza politica degli elettori a livelli fastidiosamente vicini a quelli del secolo scorso.
Tutto questo si è tradotto in una brutta battuta d'arresto per le formazioni filogovernative che, forti da sempre nella zona di suffragi oltremodo abbondanti, pensavano di far ingurgitare agli abitanti di Sesto Fiorentino una serie di "grandi opere" di utilità più che discutibile.
La cosa non è piaciuta né al boiscàut di Rignano attualmente Primo Ministro nello stato che occupa la penisola italiana, né a certe gazzette, che hanno colto l'occasione per addossare ad elettori che per una volta non sono riusciti a prendere in giro la colpa di aver cancellato duemila posti di lavoro.
Il marketing editoriale ha sicuramente sopravvalutato il numero di sudditi ancora propenso a credere a certe panzane; qualche anno fa il rutilare di gazzettine "occidentaliste" avrebbe senza dubbio accusato di terrorismo quella massa di ingrati, ma è probabile che la controproducenza di certe iniziative sia stata interiorizzata persino da quegli ambienti, già fracassati a suo tempo da un'ondata di fallimenti ovvia e naturale.
La cosa essenziale è che a mettere i bastoni tra le ruote ai governativi, e a farlo con uno dei pochi strumenti incruenti ancora a disposizione, è stato un movimento d'opinione privo di vere e proprie rappresentanze, informale e poco ammanicato. Uno di quei comitatini che la politica istituzionale loda o disprezza in pari misura a seconda del tornaconto e delle convenienze. E che il Primo Ministro in carica tratta con lo stesso disprezzo del suo più ingombrante predecessore, da molti anni smaccato punto di riferimento suo e di quanto rimane del suo "partito".

A Firenze la realtà dei comitatini, che agisce per lo più sul piano concreto senza dare troppo peso a costrutti teorici e massimi sistemi, continua allegramente a rompere le uova nel paniere all'amministrazione locale e alla vorace gentrificazione in corso. Una delle poche zone centrali della città in cui è ancora ridotto a livelli fisiologici il numero delle mangioteche, dei resort e delle mescite alla moda con relativi padroni capacissimi di tutto perché certi comportamenti sono ammissibili solo dai trecento euro a notte in su è il quartiere di Santo Spirito; l'amico e sodale di malefatte telematiche Miguel Martinez pubblica spesso sul blog Kelebek materiali inerenti, ed esiste una "Amici del Nidiaci in Oltrarno in difesa del Bartlett-Nidiaci-Palazzo Santarelli storico spazio dei bambini di San Frediano in Firenze". La storia di Palazzo Santarelli e del suo utilizzo è qui descritta con cura, ivi compresa la sua sottrazione all'uso pubblico dopo una provvidenziale falla sul tetto.
Cercando in giro, Martinez ha trovato anche "Palazzo Santarelli Firenze - Un'impresa di Salvatore Leggiero". Un blog con tre o quattro articoli appena, che mostra in sostanza come questo signor Leggiero stia comprando Firenze di pietra e la stia rifacendo di cartongesso.
Uno degli articoli presenta il filmato in alto, in cui i monosillabi di questo Leggiero intercalano una certa Sabina Cappellacci (che dice di lavorare in una SPA che dice di occuparsi di libertà finanziaria) che sembra proprio che parli dei vantaggi del cartongesso sulla pietra.
Ad un certo punto sullo sfondo si muove anche uno in sovrappeso.
"...'Spetta, son sporca...?[*] Ciao siamo qui con il mio amico Salvatore nel Grand Canyon e... Non sapevamo cosa fare oggi quindi abbiam deciso di prendere così un elicottero, en passant fare un giretto e andare a mangiare da qualche parte più tardi e poi ritornare a casa e continuare a non far nulla perché questo è il nostro stile di vita ed abusivamente[?] negli ultimi periodi, giusto? ...Sì, questa vita un po' da VIP dove... così ci si sveglia la mattina si fa colazione e non si fa niente fino alla sera ed è molto molto piacevole! Certo, certo! Ringraziamo Alfio Bardolla per la possibilità che ci ha dato di vivere in total wealth, in total wealth!"
[*]No, Sabina. Almeno non in viso.