giovedì 2 gennaio 2025

Alastair Crooke - Siria: l'arroganza imperiale e le sue conseguenze



Traduzione da Strategic Culture, 1 gennaio 2025.


In Siria il presidente Assad è caduto e i tecnocrati salafiti hanno preso il potere.
Solo che la situazione non è così semplice.
A un certo livello il crollo era prevedibile. È noto che da alcuni anni Assad era sotto l'influenza egiziana e dagli Emirati Arabi Uniti, che facevano pressione perché rompesse con l'Iran e la Russia e passasse all'Occidente. Per tre o quattro anni Assad ha preso atto della situazione e si è gradatamente mosso in questo senso. L'Iran in particolare si è trovato a dover affrontare ostacoli sempre più consistenti riguardo ai contesti operativi in cui collaborava con le forze siriane. Il mutato atteggiamento di Assad per gli iraniani era un messaggio chiaro.
La situazione finanziaria della Siria era catastrofica. Dopo anni di sanzioni imposte dai Cesari degli USA, cui si è aggiunta la perdita di tutti i proventi dall'agricoltura e dalle fonti energetiche che gli USA hanno sequestrato nel nord est del Paese da loro occupato, l'economia siriana era semplicemente inesistente.
Senza dubbio, quella di avvicinarsi allo stato sionista e a Washington è stata presentata ad Assad come l'unica soluzione pratica al suo dilemma. Con tono di implorazione, gli è stato fatto capire che la "normalizzazione" avrebbe potuto portare all'abolizione delle sanzioni. Secondo gli ambienti a lui vicini Assad, fino all'ultimo minuto prima della "invasione" da parte dello HTS, era apparso convinto del fatto che gli Stati arabi vicini a Washington avrebbero preferito che fosse lui a rimanere alla guida del Paese piuttosto che vedere la Siria cadere preda dei fanatici salafiti.
Per essere chiari, Mosca e Tehran avevano avvertito Assad che il suo esercito (nel suo complesso) era troppo fragile, troppo sottopagato, troppo infiltrato e troppo corrotto dai servizi segreti stranieri, perché ci si potesse aspettare che difendesse efficacemente la Repubblica Araba di Siria. Assad è stato anche ripetutamente avvertito della minaccia rappresentata dagli jihadisti di Idlib che stavano preparandosi a conquistare Aleppo. Il Presidente non solo ha ignorato gli avvertimenti, ma li ha confutati.
Non una ma due volte gli è stato offerto l'aiuto di ragguardevoli contingenti esteri. Anche negli ultimi giorni del suo governo, intanto che le milizie di Jolani avanzavano. E Assad ha rifiutato. "Siamo forti", ha detto a un interlocutore in occasione della prima offerta. "Il mio esercito sta fuggendo", ha dovuto ammettere nella seconda.
Assad non è stato abbandonato dai suoi alleati. Solo che era ormai troppo tardi. Aveva fatto un salto mortale di troppo. Due dei principali attori (Russia e Iran) sono dovuti rimanere inerti e non potevano passare all'azione senza il suo consenso.
Un conoscente siriano della famiglia Assad che aveva parlato a lungo con il Presidente poco prima dell'invasione di Aleppo lo aveva trovato sorprendentemente saldo e sicuro di sé; si era detto sicuro del fatto che i duemilacinquecento uomini di stanza ad Alepppo fossero abbastanza per affrontare le minacce di Jolani, e aveva fatto cenno al fatto che anche il presidente egiziano al Sissi sarebbe stato pronto a intervenire con aiuti per la Siria. L'Egitto temeva ovviamente che gli islamisti dei Fratelli Musulmani prendessero il potere, in quello che era uno Stato laico baathista.
Ibrahim Al-Amine, redattore di Al-Akhbar, ha riportato sensazioni simili su Assad:
Assad sembrava essere diventato più fiducioso sul fatto che Abu Dhabi fosse in grado di risolvere i sui problemi con gli statunitensi e con alcuni Paesi europei, e aveva sentito molte volte fare cenno a miglioramenti economici se avesse adottato una strategia che avesse come obiettivo l'uscita dall'alleanza con le forze della Resistenza. Uno dei collaboratori di Assad, che è rimasto con lui fino alle ultime ore prima che lasciasse Damasco, dice che Assad sperava sempre che accadesse qualcosa di grosso che fermasse l'attacco delle fazioni armate. Credeva che "la comunità araba e la comunità internazionale" avrebbero preferito che lui rimanesse al potere, piuttosto che gli islamisti prendessero in mano il governo della Siria.
Tuttavia, anche mentre le forze di Jolani percorrevano l'autostrada M5 dirette a Damasco la famiglia Assad in generale e i vertici dell'esecutivo non stavano facendo alcuno sforzo per prepararsi a partire o per avvertire gli amici più stretti di pensare a un'eventualità del genere, ha riferito l'interlocutore. Anche mentre Assad si dirigeva a Hmeimin per dirigersi poi a Mosca non è stato inviato agli amici alcun consiglio di espatriare.
Questi ultimi hanno affermato di non sapere, dopo la silenziosa partenza di Assad verso Mosca, chi esattamente abbia ordinato -e quando- all'esercito siriano di ritirarsi e di prepararsi alla transizione.
Assad ha compiuto una breve visita a Mosca il 28 novembre, il giorno successivo agli attacchi dello HTS nella provincia di Aleppo e all'inizio della sua rapida avanzata verso sud (nonché giorno successivo al cessate il fuoco in Libano). Le autorità russe non hanno detto nulla sugli incontri avuti da Assad a Mosca e la sua famiglia ha dichiarato che il Presidente è tornato dalla Russia mantenendo il massimo riserbo.
Successivamente, Assad è partito definitivamente per Mosca (il 7 dicembre, dopo aver fatto compiere svariati voli verso Dubai a un aereo privato, oppure l'8 dicembre). Anche in questo caso non ha detto a quasi nessuno dei suoi parenti più stretti che stava andandosene definitivamente.
Cosa ha spinto Assad a comportamenti così poco in linea con la sua condotta abituale? Nessuno lo sa, ma i membri della famiglia hanno ipotizzato che Bashar Al-Assad sia rimasto emotivamente sconvolto dalla grave malattia della moglie Asma, a cui è molto legato.
In tutta franchezza, mentre i tre attori principali avevano ben chiara la piega che gli eventi stavano prendendo (la fragilità dello Stato non era una sorpresa), l'ostinazione con cui Assad ha negato l'evidenza e la conseguente rapidità dell'epilogo militare sono state una sorpresa. Una sorpresa che è diventata un disastro imprevisto.
Cosa è stato a scatenare gli eventi? Erdogan ha chiesto per diversi anni ad Assad di aprire innanzitutto trattative con la "legittima opposizione siriana", in secondo luogo di riscrivere la Costituzione e infine di incontrarsi faccia a faccia, cosa che Assad si è sempre rifiutato di fare. Tutte e tre le potenze in gioco hanno fatto pressione su Assad affinché negoziasse con la "opposizione", ma Assad non ha voluto e non ha voluto incontrare Erdogan, tantopiù che i due si detestano. Uno stato di cose che ha causato molta frustrazione.
Erdogan adesso ha senz'altro messo le mani sulla ex Siria. Il sentimento irredentista ottomano è alle stelle, e sitibondo di revanscismo turco. Altri -gli abitanti delle città più laiche della Turchia- accolgono invece con meno entusiasmo questa esibizione del nazionalismo religioso turco.
Erdogan, tuttavia, potrebbe già trovarsi -o trovarcisi di qui a non molto- a rimpiangere l'acquisto. Sì, la Turchia in Siria è il nuovo padrone di casa. Solo che questo implica il fatto che è lui Erdogan, adesso, il responsabile morale di ciò che accadrà. Che lo HTS abbia combattuto per procura al posto dei turchi non è un mistero per nessuno. Le minoranze vengono colpite a morte, sta aumentando la frequenza di certe brutali esecuzioni settarie e lo stesso settarismo sta diventando più estremo. La ripartenza dell'economia non si vede, non esistono entrate per o Stato e non esiste materia prima per le raffinerie di carburanti perché il greggio in precedenza arrivava dall'Iran.
La pensata di Erdogan, quella di una AlQaeda col nome cambiato e con una riverniciatura filooccidentale, ha sempre rischiato di rivelarsi inconsistente come le uccisioni settarie stanno crudelmente dimostrando. Riuscirà Jolani a imporre la sua AlQaeda in giacca e cravatta ai suoi seguaci eterodossi? Abu Ali al-Anbari, che verso il 2012-2013 era il principale assistente di al-Baghdadi, ha dato di Jolani questo sprezzante giudizio:
È un individuo egoriferito e di una doppiezza astuta. Non si preoccupa dei suoi soldati, è disposto a sacrificare il loro sangue per farsi un nome nei media; gli brillano gli occhi quando si sente nominare sui canali satellitari.
In ogni caso, un risultato indubbio è che la manovra di Erdogan ha riacceso il settarismo sunnita, un tempo (e per lo più) quiescente, oltre che l'imperialismo ottomano. Le conseguenze saranno molteplici e si ripercuoteranno in tutta la regione. L'Egitto è già in ansia, così come il re Abdullah in Giordania.
Nello stato sionista in molti hanno accolto la fine della Repubblica Araba di Siria come una vittoria, dal momento che la linea di rifornimento dell'Asse della Resistenza è stata troncata proprio al centro. Il capo della sicurezza dello stato sionista Ronan Bar è stato probabilmente informato da Ibrahim Kalin, capo dell'intelligence turca, in occasione di un incontro a Istanbul il 19 novembre della prevista invasione da Idlib in tempo perché lo stato sionista potesse istituire il cessate il fuoco in Libano e ostacolare il passaggio delle forze di Hezbollah in Siria. Lo stato sionista ha immediatamente bombardato tutti i valichi di frontiera tra Libano e Siria.
Tuttavia, nello stato sionista potrebbero trovarsi a constatare che il riaccendersi dello zelo salafita non è loro amico e che in ultima analisi non andrà nemmeno a loro vantaggio.
Il 17 gennaio 2025 l'Iran firmerà con la Russia il tanto atteso accordo in materia di difesa.
La Russia si concentrerà sulla guerra in Ucraina e si terrà lontana dal pantano mediorientale. Si focalizzerà sulla lenta ristrutturazione globale in atto e sul tentativo di far sì che Trump, a tempo debito, riconosca gli interessi di sicurezza dello Heartland asiatico e dei BRICS e si arrivi a concordare una qualche frontiera della sfera di sicurezza del Rimland (atlantista), in modo da accordarsi su come collaborare sulle questioni di stabilità strategica globale e di sicurezza europea.

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