Traduzione da Strategic Culture, 10 gennaio 2025.
La scorsa settimana [la prima del gennaio 2025, n.d.t.] il Ministro della Difesa russo Lavrov ha respinto come insoddisfacenti le proposte di pace per l'Ucraina avanzate dall'entourage di Trump. In sostanza i russi sono convinti che chiedere di congelare il conflitto non colga l'essenza della situazione. Dal punto di vista russo simili idee -conflitti congelati, cessate il fuoco e forze di pace- non sono attinenti al "quadro generale" basato su un trattato che i russi sostengono dal 2021.
Senza una conclusione netta e permanente del conflitto, i russi preferiranno lasciare che sia il campo di battaglia a decidere, anche a rischio di un diniego da parte degli USA che porti a una continua escalation anche nucleare.
La domanda è piuttosto questa: è possibile una pace duratura tra Stati Uniti e Russia?
La morte dell'ex presidente Jimmy Carter ci ricorda la turbolenta "rivoluzione" della linea politica degli anni Settanta cristallizzata negli scritti del consigliere per la sicurezza nazionale di Carter Zbig Brzezinski, una rivoluzione che da allora ha reso tormentose le relazioni tra Stati Uniti e Russia.
Ai tempi di Carter si è verificato un rimarchevole punto di inflessione con l'invenzione da parte di Brzezinski del conflitto identitario armato, e l'amplissimo impiego da parte sua degli stessi strumenti identitari al fine di portare le società occidentali sotto il controllo di una élite tecnocratica "[che pratica] una sorveglianza continua su ogni cittadino ... [insieme alla] manipolazione del comportamento e del funzionamento intellettuale di tutte le persone...".
Nei suoi fondamentali scritti, Brzezinski sosteneva in poche parole l'edificazione e il controllo di una sfera identitaria cosmopolita che avrebbe sostituito le culture comunitarie, ovvero i valori nazionali. È nella reazione ostile a questa visione tecnocratica del "controllo" che possiamo identificare le radici dei problemi che oggi deflagrano ovunque e su ogni fronte a livello mondiale.
In parole povere, gli eventi attuali sono per molti versi una replica dei turbolenti anni Settanta. La marcia odierna verso norme antidemocratiche è iniziata con il The Crisis of Democracy (1975) della Commissione Trilaterale, che è stata il precursore del Forum Economico Mondiale di Davos e del Gruppo Bilderberg, con le banche internazionali e le multinazionali incoronate (per dirla con Brzezinski) come la principale forza creativa al posto dello "Stato-nazione come unità fondamentale della vita organizzata dell'uomo".
Che la Russia facesse venire l'orticaria a solo nominarla non era una novità introdotta da Brzezinski. Risale piuttosto allo Hudson Institute degli anni '70 e al senatore Henry "Scoop" Jackson, due volte candidato alla nomination democratica per le elezioni presidenziali del 1972 e del 1976. Jackson (di origine norvegese) odiava il comunismo, odiava i russi e aveva un grande sostegno all'interno del Partito Democratico.
Brzezinski, di origine polacca, condivideva la russofobia di Scoop Jackson. Convinse il presidente Carter (nel 1979) a sostenere in Afghanistan una cultura identitaria radicalizzata e jihadista per contrastare la cultura laica e socialista di Kabul sostenuta da Mosca. L'esito della guerra in Afghanistan è stato poi presentato come una grande vittoria ameriKKKana, ma non lo è stata.
Eppure -e questo è il punto- la rivendicazione della vittoria ha comunque rafforzato l'idea che una insurrezione islamica potesse costituire il lubrificatore ideale per i piani indirizzati al rovesciamento degli esecutivi invisi; un'idea tuttora forte, come testimoniano le vicende nella Siria di oggi.
Ma Brzezinski aveva anche altri consigli da dare al Presidente Carter. Nel suo La grande scacchiera (1997), Brzezinski sosteneva che gli USA e Kiev avrebbero all'occorrenza potuto far leva su antiche e complesse questioni culturali e linguistiche (come era stato fatto in Afghanistan) per farne il perno di un'iniziativa diretta contro il cuore del potere continentale e sottrarre alla Russia il controllo dell'Ucraina: "Senza l'Ucraina la Russia non sarebbe mai diventata una potenza continentale; controllando l'Ucraina invece la Russia può e vuole esserlo", puntualizzava. La sua idea era che si dovesse fare i modo che la Russia finisse invischiata in un pantano identitario e culturale analogo anche in Ucraina.
Perché questa decisione politica si è rivelata tanto dannosa per le prospettive di una pace definitiva tra Stati Uniti e Russia? Perché Kiev, incoraggiata dalla CIA, ha promosso l'affermazione identitaria del tutto falsa secondo cui "l'Europa finisce con l'Ucraina" e che al di là di essa si trovino "gli Slavi".
Questa manipolazione, da sola, ha permesso a Kiev di trasformarsi in un'icona della guerra culturale e identitaria totale contro la Russia, nonostante il fatto che la lingua ucraina (correttamente nota come ruteno) non sia certo una lingua germanica. E nonostante il fatto che non sia reperibile alcun DNA vichingo (germanico) tra gli ucraini occidentali di oggi.
Nel suo desiderio di sostenere Kiev e di compiacere Biden, l'UE si è buttata a pesce sul revisionismo strategico ucraino per cui l'Ucraina verrebbe concepita come un baluardo dei "valori europei" contro quelli russi, ovvero asiatici. Si trattava di un perno, sia pure fallace, attorno al quale si poteva forgiare l'unità europea in un momento in cui il dato reale segnava invece un venire meno della coesione dell'Unione Europea.
È dunque possibile una "pace sostenibile" con la Russia? Se si cerca di arrivare a costruire una nuova Ucraina intesa come istmo bellicoso dell'Europa e dei suoi "valori" contrapposto alla "retrograda sfera slava" la pace non è possibile. La sua premessa sarebbe del tutto falsa e porterebbe sicuramente a nuovi conflitti in futuro. Mosca rifiuterebbe quasi certamente un accordo su basi del genere.
Eppure nell'opinione pubblica statunitense cresce l'inquietudine per il fatto che la guerra in Ucraina sembra destinata a un'escalation senza fine, e il concreto timore dell'opinione pubblica è che Biden e i falchi del Congresso stiano portando gli Stati Uniti verso un olocausto nucleare.
Noi -l'umanità- continueremo a pencolare sul ciglio dell'annientamento se un "accordo" proposto da Trump e limitato all'Ucraina verrà rifiutato da Mosca? L'urgenza di arrestare questo scivolare verso l'escalation è evidente; tuttavia lo spazio di manovra politica si riduce continuamente, poiché la stringente pretesa dei falchi di Washington e di Bruxelles perché venga sferrato un attacco fatale contro la Russia non si indebolisce.
Inoltre, visto dalla prospettiva degli uomini di Trump, il compito di negoziare con Putin è tutt'altro che semplice. L'opinione pubblica occidentale non è mai stata psicologicamente preparata a considerare con realismo l'idea che potesse affermarsi una Russia più forte. Al contrario, ha dovuto sopportare gli "esperti" occidentali che dileggiavano le forze armate russe e denigravano come incompetente una leadership russa che le televisioni occidentali presentavano come animata da pura malvagità.
Tenendo presente il prolifico contributo di Brzezinski sulla democrazia e il suo successivo fissarsi sul concetto di una "sfera identitaria" controllata da una élite di tecnocrati, non è difficile capire come mai un Paese frammentato come gli USA si trovi in difficoltà mentre il mondo sta scivolando verso una realtà multipolare definita da criteri culturali.
Certo, non è del tutto vero che gli USA non abbiano una cultura comune, nonostante l'ampia varietà delle culture immigrate negli Stati Uniti; è vero invece che quella che viene considerata la loro cultura tradizionale si trova sotto assedio. Questo, dopo tutto, è stato il tema fondamentale delle recenti elezioni presidenziali; e lo è stato anche nelle contese elettorali di molti altri Paesi.
L'idea che gli inviati di Trump si recheranno dapprima a Mosca e ne torneranno a mani vuote, e che a quel punto Trump si precipiterà a concludere un accordo con l'Ucraina, non riflette quello che Mosca ha sempre sottolineato. Serve un accordo basato su un trattato che definisca l'architettura di sicurezza, e i limiti precisi tra gli interessi in materia della massa continentale e di quella oceanica.
Un accordo del genere sarà visto da molti statunitensi come un cedimento, come una rinuncia alla supremazia e alla "grandezza" degli Stati Uniti? Senza dubbio sarà inteso in questo modo, perché Trump sancirebbe di fatto la sconfitta dell'AmeriKKKa e riposizionerebbe gli Stati Uniti come uno Stato tra pari in un nuovo consesso di potenze, ovvero in un mondo multipolare.
Si tratta di un grande interrogativo. Riuscirà Trump a intraprendere questa strada e a mettere da parte l'orgoglio statunitense? Un buon modo di procedere comporterebbe il tornare al nodo gordiano originale e scioglierlo: cioè risolvere il problema dato dalla mancanza di un trattato scritto del secondo dopoguerra che ponesse dei limiti all'avanzata della NATO e, così facendo, porre fine alla pretesa che l'avanzamento della NATO ovunque si verifichi non sia affare di nessuno se non suo.
Purtroppo un altro modo per controbilanciare quella che sembra proprio una sconfitta statunitense e della NATO in Ucraina potrebbe essere la distruzione della Repubblica Islamica dell'Iran. I consiglieri falchi di Trump potrebbero prenderla in considerazione per dare un segnale di virilità.
I negoziati, in ultima analisi, riguardano gli interessi e la capacità di risolvere l'enigma di due parti che percepiscono il modo in cui "l'altro" si vede percepito, se come debolezza o come forza. Trump, se si trovasse in una impasse letterale in Ucraina, potrebbe limitarsi ad alzare i toni sul piano metafisico per ribadire che lui solo ha la visione che serve a salvare l'AmeriKKKa dalla terza guerra mondiale. Per salvare l'AmeriKKKa da se stessa.
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