lunedì 27 gennaio 2025

Su una autobiografia di Ali Khamenei, Guida Suprema della Repubblica Islamica dell'Iran


Alla fine del 2024 un piccolo editore lucchese ha pubblicato la traduzione di una autobiografia di Ali Khamenei, dal 1989 guida Suprema della Repubblica Islamica dell'Iran.
In condizioni normali un libro del genere non avrebbe attirato l'attenzione di nessuno al di fuori di qualche centinaio di appassionati, e si tratta di una stima molto generosa. La "libera informazione" ha invece statuito che l'iniziativa travalicava i limiti della liceità democratica e l'ha stigmatizzata nella sua interezza con particolare riferimento una presentazione del libro tenuta da una minuscola associazione romana, contro la quale sarebbero stati annunciati anche picchettaggi e manifestazioni.
Il fatto che a levare i più alti lai fosse un foglietto infarcito di sionisti di complemento, di yankee di rincalzo e di "occidentalisti" di vario sovrappeso che dal 1997 fa letteralmente il liberista con i soldi pubblici ci è sembrato sufficiente ad occuparci del libro il più approfonditamente possibile come abbiamo fatto e come continueremo a fare in altri casi analoghi. Se certi signori denigrano qualcosa, la persona seria può adottare l'atteggiamento esattamente opposto fidando di avere buone probabilità di trovarsi nel giusto.
Abbiamo dunque ordinato l'autobiografia ricevendola con diversi giorni di ritardo sul preventivato; chissà che la richiesta non sia stata superiore alle attese, grazie a una pubblicità pur non desiderata.
Il libro non contiene rivelazioni sconvolgenti o dettagli inediti. A contrariare i ben vestiti del sionismo gazzettiero -ammesso e non concesso che il libro si siano degnati di leggerlo- possono essere stati la pessima considerazione che Ruhullah Musavi Khomeini aveva dello stato sionista e quella -venata tuttavia della pietà sarcastica che si riserva ai servi mediocri- che Khamenei aveva della polizia politica dello Shah, che lo stesso stato sionista supervisionava e addestrava. Comprensibilmente, chi si occupa (per lo più non gratis) dell'autonominata "unica democrazia del Medio Oriente" e dell'ancor più autonominato "esercito più etico del mondo" non apprezza troppo.
Vale la pena ricordare che l'Autore fa più volte riferimento ai Mujaheddin e-Khalq, i Mujaheddin del Popolo, ricordando l'ondata di attentati con cui nel 1981 essi avrebbero letteralmente decapitato i vertici della Repubblica Islamica già molto duramente impegnata nella Guerra Imposta dall'Iraq. Lo stesso Khamenei ne rimase vittima, uscendone gravemente invalido. A non apprezzare troppo in questo caso potrebbero essere i cantori di una "dissidenza" che si vorrebbe compendiata di giovani donne tartassate e incarcerate.
Giovani donne che persino gli agenti della repressione avrebbero ogni cura di scegliere con criteri rispettosissimi dell'appetibilità mediatica.
Simili incisi sono piuttosto utili quando si ha a che fare con le gazzette "occidentaliste" perché il loro registro linguistico utilizza in modo estremamente generoso il vocabolo terrorista, finendo normalmente con includere nel suo significato chiunque non procuri un reddito a loro o ai loro padroni. In questa sede invece non si accorda all'Occidente, e men che meno ai suoi apologeti col ristorante in nota spese, alcuna superiorità etica. E si considera un piacevole dovere schernire una "libera informazione" per cui gli scontri di piazza e peggio vanno benissimo quando sono a Tehran, e al tempo stesso plaude alla tecnologia che nelle strade di Firenze consente di sanzionare il minimo segno di dissenso senza che la gendarmeria debba neppure scomodarsi di persona.

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