Traduzione da Strategic Culture, 2 dicembre 2024.
La lunga guerra per ribadire la supremazia dell'Occidente e dello stato sionista sta cambiando forma. Su uno dei fronti è cambiato il peso assegnato alla Russia e alla guerra in Ucraina.In Medio Oriente, teatro e forma delle ostilità stanno cambiando in maniera apprezzabile.
La famosa dottrina di Georges Kennan sull'Unione Sovietica ha costituito per lungo tempo la base della politica statunitense, un tempo diretta contro l'URSS e poi contro la Russia. La tesi sostenuta da Kennan nel 1946 era che gli Stati Uniti dovevano lavorare con pazienza e determinazione per contrastare la minaccia sovietica e per rafforzare e aggravare le fratture interne del sistema sovietico, fino a quando le sue contraddizioni non ne avrebbero provocato il collasso. Più recentemente, lo Atlantic Council ha attinto alla dottrina Kennan per suggerire l'idea che le sue linee generali dovrebbero servire come base della politica statunitense nei confronti dell'Iran. “La minaccia che l'Iran rappresenta per gli Stati Uniti assomiglia a quella costituita dall'Unione Sovietica dopo la Seconda Guerra Mondiale. A questo proposito, la politica delineata da George Kennan per affrontare l'Unione Sovietica può essere in qualche modo applicata anche all'Iran”, si legge nel rapporto dello Atlantic.
La famosa dottrina di Georges Kennan sull'Unione Sovietica ha costituito per lungo tempo la base della politica statunitense, un tempo diretta contro l'URSS e poi contro la Russia. La tesi sostenuta da Kennan nel 1946 era che gli Stati Uniti dovevano lavorare con pazienza e determinazione per contrastare la minaccia sovietica e per rafforzare e aggravare le fratture interne del sistema sovietico, fino a quando le sue contraddizioni non ne avrebbero provocato il collasso. Più recentemente, lo Atlantic Council ha attinto alla dottrina Kennan per suggerire l'idea che le sue linee generali dovrebbero servire come base della politica statunitense nei confronti dell'Iran. “La minaccia che l'Iran rappresenta per gli Stati Uniti assomiglia a quella costituita dall'Unione Sovietica dopo la Seconda Guerra Mondiale. A questo proposito, la politica delineata da George Kennan per affrontare l'Unione Sovietica può essere in qualche modo applicata anche all'Iran”, si legge nel rapporto dello Atlantic.
Nel corso degli anni questa dottrina si è sclerotizzata in un'intera rete di intese sulla sicurezza, basata sulla convinzione archetipica che l'AmeriKKKa sia forte e che la Russia sia debole. Di questa debolezza la Russia era tenuta ad essere consapevole, si diceva; gli strateghi russi quindi non potevano secondo logica permettersi di pensare a qualcosa che non fosse il sottomettersi alla potenza rappresentata dalla forza militare della NATO nel suo insieme, destinata a soverchiare una debole Russia. E se gli strateghi russi avessero imperterriti e incauti sfidato l'Occidente, si diceva, le contraddizioni interne non avrebbero fatto altro che causare la polverizzazione della Russia.
I neocon statunitensi e l'intelligence occidentale non hanno mai prestato orecchio a quanti dissentivano perché erano (e in gran parte sono ancora) convinti della fondatezza della dottrina Kennan. Negli Stati Uniti gli ambienti della politica estera semplicemente non potevano accettare la possibilità che una tesi così fondamentale fosse sbagliata. L'intero approccio rifletteva più una cultura radicata che un'analisi razionale, anche a fronte di dati di fatto che indicavano una realtà differente.
Così, gli USA hanno aumentato la pressione sulla Russia consegnando quantitativi sempre maggiori di sistemi d'arma all'Ucraina, collocando missili a gittata intermedia con capacità nucleare sempre più vicini ai confini russi e, più recentemente, lanciando ATACMS nel cuore del territorio russo.
L'obiettivo era quello di spingere la Russia in una situazione in cui non avrebbe potuto esimersi dal fare concessioni all'Ucraina, come ad esempio accettare un congelamento del conflitto, ed essere costretta a sedersi per il negoziato a un tavolo dove sarebbe stata l'Ucraina a dettare le regole per giungere a una soluzione accettabile per gli Stati Uniti. L'alternativa era quella di mettere la Russia nell'angolo rappresentato dal ricorso al nucleare.
La strategia statunitense si basa, in ultima analisi, sulla convinzione che gli Stati Uniti possano ingaggiare una guerra nucleare con la Russia e avervi la meglio e che la Russia dovrebbe capire che avrebbe tutto da perdere se dovesse ricorrere al nucleare. Oppure, sull'idea che sotto la pressione della NATO la rabbia dei russi caccerebbe Putin dal suo incarico se facesse concessioni significative all'Ucraina. Dal punto di vista degli USA si tratterebbe di un risultato "vantaggioso per tutti".
Inaspettatamente, però, è apparsa sulla scena una nuova arma che libera il Presidente Putin dal tertium non datur di dover porgere la mano dei negoziati all'Ucraina o di ricorrere alla deterrenza nucleare. Possono essere gli avvenimenti sul campo a decidere le sorti della guerra. In effetti, la "trappola" di George Kennan è collassata.
Il missile Oreshnik (utilizzato per attaccare il complesso Yuzhmash a Dnietropetrovsk) fornisce alla Russia un'arma mai vista prima: un sistema missilistico a medio raggio che mette efficacemente in scacco la minaccia nucleare occidentale.
La Russia adesso può affrontare l'escalation occidentale minacciando credibilmente ritorsioni estremamente distruttive ma di tipo convenzionale al tempo stesso. La Russia ha inveretito il paradigma: adesso è l'Occidente che deve pensare a una escalation nucleare, oppure limitarsi a fornire all'Ucraina armi come l'ATACMS o lo Storm Shadow che non modificheranno il corso del conflitto. Se la NATO dovesse intensificare ulteriormente l'escalation, rischierebbe un attacco di rappresaglia con i missili Oreshnik in Ucraina o su qualche obiettivo in Europa, che lo lascerebbe con il dilemma di come reagire.
Putin lo ha detto: "Se colpirete ancora in Russia, risponderemo attaccando con gli Oreshnik una struttura militare in un'altra nazione. Daremo un preavviso, in modo che i civili possano evacuare. Non c'è nulla che possiate fare per impedirlo; non avete un sistema antimissile che possa fermare un attacco che arriva a Mach 10".
Le carte in tavola sono cambiate.
Naturalmente, ci sono altre ragioni che vanno oltre il desiderio degli addetti alla sicurezza in servizio permanente di convincere Trump a continuare la guerra in Ucraina, al fine di addossargli la responsabilità di un conflitto cui aveva promesso di porre fine immediatamente.
Sono i britannici in particolare, e anche altri paesi in Europa, a volere che la guerra continui perché sono particolarmente coinvolti nella situazione dal punto di vista finanziario: detengono circa venti miliardi di dollari di obbligazioni ucraine ormai al default, oppure hanno fatto da garanti presso il Fondo Monetario internazionale per i prestiti contratti dall'Ucraina. L'Europa non può permettersi i costi di un default completo. Né l'Europa può permettersi di assumersi tutti gli oneri nel casol'amministrazione Trump dovesse rinunciare a sostenere finanziariamente l'Ucraina. Per questo motivo essi operano in accordo con la struttura interagenzie degli Stati Uniti perché la guerra continui anche se Trump dovesse intraprendere una politica di tutt'altro segno. All'Europa interessa che la guerra continui per motivi finanziari. Al "deep state" negli USA, perché il proseguire della guerra disturberebbe Trump e la sua agenda interna.
L'altro teatro della "guerra globale" riflette un paradosso speculare: "lo stato sionista è forte e l'Iran è debole". Il punto centrale non è solo il suo fondamento culturale, ma il fatto che l'intero mondo politico sionista e statunitense condividono la narrazione secondo cui l'Iran è un Paese debole e tecnicamente arretrato.
L'aspetto più significativo è dato dai pluriennali fallimenti in cose come la capacità di comprendere le strategie e di riconoscere i cambiamenti nelle capacità, nei punti di vista e nella consapevolezza della parte avveersa.
La Russia sembra aver risolto alcuni dei problemi fisici generali degli oggetti che volano a velocità ipersonica. L'uso di nuovi materiali compositi ha permesso allo stadio di crociera planante di effettuare un volo guidato a lunga distanza praticamente in condizioni di formazione di plasma. Questo stadio si dirige verso il bersaglio come un meteorite, come una palla di fuoco. La temperatura sulla sua superficie arriva a duemila gradi, ma lo stadio di crociera può essere guidato in modo affidabile.
L'Iran sembra aver risolto i problemi che comporta un avversario che gode della supremazia aerea. L'Iran ha creato una deterrenza basata sull'evoluzione degli sciami di droni a basso costo abbinati a missili balistici con testate ipersoniche di precisione. Contrappone droni da mille dollari e missili di precisione a basso costo contro costosissimi velivoli pilotati; ci sono voluti vent'anni per questo rovesciamento.
La guerra dello stato sionista, tuttavia, sta cambiando forma in altri modi. La guerra a Gaza e in Libano ha messo a dura prova le disponibilità di effettivi nello stato sionista; le forze armate hanno subito pesanti perdite; le truppe sono esauste; i riservisti stanno perdendo coinvolgimento e non si presentano in servizio.
Lo stato sionista è arrivato al limite della sua capacità di schierare uomini sul terreno; ci sarebbero ancora da arruolare gli studenti ortodossi, gli Haredim Yeshiva; un atto che potrebbe far cadere la coalizione di governo.
In breve, il numero di effettivi nell'esercito sionista è sceso sotto i livelli necessari ad assolvere ai compiti ordinati dal comando supremo. L'economia sta implodendo e le divisioni sul fronte interno sono aspre e laceranti. Questo è dovuto soprattutto al fatto, ingiusto, che sono i cittadini sionisti laici ad andare a morire mentre altri rimangono esenti dal servizio militare: un destino riservato ad alcuni ma non ad altri.
Questa tensione ha avuto un ruolo importante nella decisione di Netanyahu di accettare il cessate il fuoco in Libano. Il crescente astio nei confronti dell'esenzione di cui godono gli Haredim ortodossi ha rischiato di far cadere la sua coalizione.
Adesso esistono -metaforicamente parlando- due realtà diverse: Il Regno di Giuda da una parte e lo stato sionista dall'altra. Alla luce di questi profondi antagonismi sono in molti nello stato sionista a considerare la guerra con l'Iran come la catarsi che condurrà di nuovo all'unità un popolo diviso e che, in caso di vittoria, porrà fine a tutte le guerre dello stato sionista.
Fuori dai confini la guerra si allarga e cambia forma: per adesso in Libano prosegue a bassa intensità, ma la Turchia ha scatenato un'importante operazione militare (si parla di circa quindicimila uomini) all'assalto ad Aleppo, in cui sono coinvolti jihadisti e miliziani di Idlib addestrati dagli Stati Uniti e dalla Turchia. L'intelligence turca ha senza dubbio i suoi obiettivi, ma gli Stati Uniti e lo stato sionista sono interessati in modo particolare a interrompere le rotte di rifornimento di armi a Hezbollah in Libano.
La selvaggia aggressività dello stato sionista nei confronti di non combattenti, donne e bambini e la pulizia etnica bella e buona messa in atto contro la popolazione palestinese hanno radicalizzato una regione e un sud del mondo incolleriti. Con le sue iniziative lo stato sionista sta distruggendo il vecchio ethos. Il Medio Oriente non è più "conservatore". Si sta preparando anzi qualcosa di molto diverso.
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