21 ottobre 2025

"...Nicolas...? Vive la racaille!"

Sarkozy e Bruni
Il 21 ottobre 2025 la "libera informazione" incensa ancora una volta -e purtroppo è verosimile che non sarà l'ultima- Nicolas Sarkozy.
Quello che da Ministro degli Interni della République definì racaille i giovani delle banlieue, contro i quali prospettò quell'accanimento che è la norma tra i ben vestiti in sovrappeso che fanno i liberisti con i fondi del Dipartimento per l'Editoria.
Gli stessi, per capirci, che prima vanno al ristorante e poi danno di terrorista a chiunque non gli procuri un reddito.
Ora gli è toccato -sia pure con tutti i riguardi che si devono a uno con la cravatta e con la moglie di bell'aspetto- farsi la zampogna e andare a bussare all'uscio della Santé. Dove sperabilmente per lui cercheranno di evitargli troppi incontri con una racaille capacissima di farlo a pezzi: lui è ricco, non è mica uno Yvan Colonna qualsiasi.
Se non andava lui da solo sarebbero andati loro a prenderlo a casa, e sarebbe stato peggio. Invece in questo modo ha avuto agio di atteggiarsi a perseguitato, riunire una claque di sostenitori e esprimere una serie di buoni propositi. Riuscirà senz'altro a monetizzare la scomodissima esperienza e soprattutto ad accorciarla di non poco.
Gli hanno dato cinque anni. Perché dicono che abbia preso soldi da al-Qadhdhāfī per finanziare la campagna elettorale che lo avrebbe fatto diventare Président.
Nel 2011 Sarkozy avrebbe cordialmente ricambiato l'aiuto del fondatore della Grande Jamahiria Araba di Libia Popolare e Socialista scatenandogli contro la NATO e i paesi arabi più ricchi.
Insegnando così nel migliore dei modi a molte persone serie cosa succede a chi si fida degli occidentali.

17 ottobre 2025

Alastair Crooke - Gli USA e lo stato sionista attendono dai palestinesi i segni di una sottomissione umiliante




Traduzione da Strategic Culture, 15 ottobre 2025.

Trump: "Il problema in Vietnam è stato che... abbiamo smesso di combattere per vincere. Avremmo vinto facilmente. Avremmo vinto facilmente in Afghanistan. Avremmo vinto facilmente ogni guerra. Ma siamo diventati politicamente corretti: 'Ah, prendiamola con filosofia!'. Ecco: adesso non siamo più politicamente corretti. Giusto per capirci: noi vinciamo. Adesso, noi vinciamo“. Sarebbe stato tutto facile insomma, anche in Afghanistan.
Cosa voleva dire Trump parlando del Vietnam? Voleva dire "avremmo vinto facilmente in Vietnam, se non ci fossimo dedicati al woke e a 'diversità, equita e inclusione'". Alcuni veterani potrebbero anche allargare il discorso: "Sai, avevamo abbastanza potenza di fuoco: avremmo potuto ammazzare tutti".
"Non importa dove vai a cercare", aggiunge Trump, “non importa cosa pensi: non esiste nulla come la forza militare di cui disponiamo; [neppure] Roma... Nessuno dovrebbe mai pensare di poter attaccare gli Stati Uniti".
Il punto è che nella cerchia di Trump di oggi non solo non si teme la guerra, ma circola anche questa infondata illusione della potenza militare statunitense. Hegseth ha detto: "Siamo l'esercito più potente della storia del pianeta, senza eccezioni. Nessun altro può nemmeno avvicinarsi al paragone". A questo, Trump aggiunge: "[Anche] il nostro mercato è il più grande del mondo: nessuno può vivere senza di esso".
L'impero anglo-statunitense si sta mettendo all'angolo da solo, sta imboccando un "declino terminale", come afferma il filosofo francese Emmanuel Todd. Trump sta cercando di imporre una nuova Bretton Woods per ristabilire l'egemonia del dollaro; con le minacce, le intimidazioni, i dazi doganali o, se necessario, la guerra.
Todd è convinto che mentre l'impero anglo-statunitense sta crollando gli Stati Uniti si stiano scagliando furibondi contro il mondo intero e si stiano autodistruggendo nel tentativo di riguadagnare le proprie colonie (cioè l'Europa) per ottenere rapidamente dei vantaggi finanziari.
L'idea di Trump sulla soverchiante potenza militare statunitense corrisponde a una dottrina di dominio e sottomissione. Una dottrina che va contro tutta la narrativa precedente sui valori occidentali. Ciò che è chiaro è che questo cambiamento nella linea politica è legato a doppio filo al credo escatologico ebraico ed evangelico. Esso condivide con i nazionalisti ebrei la convinzione di essere anch'essi, alleati di Trump, vicini a una condizione di predominio quasi universale.
"Abbiamo schiacciato i progetti nucleari e balistici dell'Iran: ci sono ancora, ma li abbiamo fatti regredire con l'aiuto del presidente Trump", si vanta Netanyahu. "Avevamo un'alleanza precisa, e in questo contesto abbiamo condiviso l'onere [con gli Stati Uniti] e siamo arrivati a neutralizzare l'Iran". Secondo Netanyahu, “Lo stato sionista è emerso da questa vicenda come potenza dominante in Medio Oriente, ma abbiamo ancora una cosa da fare: quello che è iniziato a Gaza finirà a Gaza".
"Dobbiamo deradicalizzare Gaza, come è stato fatto in Germania o in Giappone dopo la seconda guerra mondiale", ha insistito Netanyahu a Euronews. Questa sottomissione, tuttavia, si sta rivelando difficile da ottenere.
Il mantenimento della supremazia statunitense impone di passare all'attacco su più fronti, perché la guerra contro la Russia, che avrebbe dovuto impartire al mondo una lezione pratica sull'arte del dominio anglosionista- si è inaspettatamente rivelata un fiasco. 
E adesso il tempo sta per scadere, per la crisi del deficit e del debito statunitense.
Questo dato di fatto, nonostante in Trump si presenti come brama di dominio, sta alimentando anche impulsi nichilistici verso la guerra e sta contemporaneamente frammentando le strutture occidentali. In tutto il mondo stanno nascendo aspre tensioni. Il quadro generale è che in Russia hanno capito come stanno le cose: il vertice in Alaska non ha dato frutti, e Trump non è seriamente intenzionato a ridefinire le relazioni con Mosca.
A Mosca ci si attende una escalation degli Stati Uniti in Ucraina, un attacco più devastante contro l'Iran, una qualche azione punitiva e dimostrativa in Venezuela o anche entrambe le cose. Il team di Trump sembra essere entrato in uno stato agitatorio.
Gli oligarchi ebrei e l'ala destra dell'esecutivo nello stato sionista, in questo quadro emergente, hanno bisogno per la loro stessa esistenza che l'AmeriKKKa rimanga una potenza militare temuta, proprio come promette Trump. Senza la soverchiante potenza militare statunitense e senza la centralità dell'uso del dollaro nel commercio, la supremazia ebraica diventa nient'altro che una chimera escatologica.
Una crisi legata all'abbandono del dollaro come moneta commerciale o un crollo del mercato obbligazionario –contrapposto all'ascesa di Cina, Russia e BRICS– diventano una minaccia esistenziale contro ogni fantasia suprematista.
Nel luglio 2025 Trump ha detto ai membri del suo governo: "I BRICS sono stati ideati per danneggiarci; i BRICS sono stati creati per declassare il nostro dollaro e togliergli la condizione di standard".
Cosa succederà adesso? Chiaramente l'obiettivo principale degli Stati Uniti e dello stato sionista è quello di "bruciare" la psiche di Hamas con una sconfitta; se non riscontreranno attestazioni tangibili di una totale sottomissione, l'obiettivo di fondo diventerà probabilmente quello di cacciare tutti i palestinesi da Gaza e di insediare al loro posto dei coloni ebrei.
Il ministro sionista Smotrich alcuni anni fa andava dicendo che alla totale estromissione della popolazione palestinese e araba non sottomessa si sarebbe finalmente arrivati solo durante "una grave crisi o una guerra a tutto campo", come quella avvenuta nel 1948 quando ottocentomila palestinesi furono cacciati dalle loro case. Ma a tutt'oggi -nonostante due anni di massacri- i palestinesi non sono fuggiti e non si sono sottomessi.
Quindi lo stato sionista, nonostante Netanyahu si vanti di aver schiacciato Hamas, deve ancora sconfiggere i palestinesi a Gaza; alcuni media ebraici definiscono l'accordo di Sharm el-Sheik "una sconfitta".
Le ambizioni di Netanyahu e della destra dello stato sionista non si limitano a Gaza, ma si estendono molto oltre: mirano a fondare uno Stato su tutta la "Terra di Israele", ovvero la Grande Israele. La loro definizione di questo progetto coloniale è ambigua, ma probabilmente vogliono il Libano meridionale fino al fiume Litani, gran parte della Siria meridionale fino a Damasco, parti del Sinai e forse anche zone della Transgiordania oggi sotto controllo giordano.
Quindi, nonostante due anni di guerra, secondo il parere del professor Mearsheimer lo stato sionista vuole ancora una Grande Israele senza palestinesi.
"Inoltre", aggiunge Mearsheimer,
bisogna pensare ai suoi obiettivi nei confronti dei Paesi vicini. Lo stato sionista vuole dei vicini deboli. Vuole distruggerli, i suoi vicini. Vuole fare in Iran ciò che ha fatto in Siria. È molto importante capire che [anche se] la questione nucleare è di fondamentale importanza per lo stato sionista in Iran, esso ha obiettivi di più ampia portata, ovvero distruggere l'Iran e trasformarlo in una serie di piccoli Stati. E gli Stati che non distrugge, come l'Egitto e la Giordania, li vuole economicamente dipendenti dallo Zio Sam, in modo che lo Zio Sam abbia un enorme potere coercitivo su di loro. Quindi, lo stato sionista sta pensando seriamente a come trattare tutti i propri vicini in modo da essere sicuro che restino deboli e che non rappresentino in nessun modo una minaccia.
Lo stato sionista sta scopertamente cercando di provocare il crollo e la neutralizzazione dell'Iran, come ha sottolineato Netanyahu:
Abbiamo schiacciato i progetti nucleari e balistici dell'Iran: ci sono ancora, ma li abbiamo fatti regredire con l'aiuto del presidente Trump... L'Iran [ora] sta sviluppando missili balistici intercontinentali con una gittata di ottomila chilometri. Aggiungete altri tremila chilometri e potranno colpire New York, Washington, Boston, Miami, Mar-a-Lago.
Mentre in Egitto comincia a prendere forma un possibile accordo per un cessate il fuoco, il quadro regionale più ampio è che gli Stati Uniti e lo stato sionista sembrano intenzionati a provocare un confronto tra sunniti e sciiti per circondare e indebolire l'Iran. La dichiarazione congiunta emessa qualche giorno fa da Unione Europea e Consiglio per la Cooperazione nel Golfo sulle rivendicazioni di sovranità degli Emirati Arabi Uniti su Abu Musa e le isole Tunb conferma la crescente convinzione di Tehran secondo cui le potenze occidentali stanno ancora una volta utilizzando le monarchie del Golfo come strumenti per fomentare l'instabilità regionale.
Insomma, non ci sono di mezzo delle isole o il petrolio, ma la creazione di un nuovo fronte per indebolire l'Iran.
Si vuole ridefinire l'intero Medio Oriente per assecondare l'egemonia dello stato sionista; i grandi donatori ebrei vogliono garantire uno stato di cose in cui gli Stati Uniti sostengano lo stato sionista senza condizioni. Di qui i cospicui finanziamenti destinati ai media mainstream e ai social media per garantire un sostegno trasversale allo stato sionista in tutta la società ameriKKKana.
Il secondo anniversario del 7 ottobre pone una domanda: qual è il bilancio? La collaborazione tra Stati Uniti e stato sionista è riuscita a distruggere la Repubblica Araba di Siria, trasformandola in un infernale macello; la Russia ha perso il suo punto d'appoggio nella regione; lo Stato Islamico è stato riportato in vita; il settarismo è in aumento. Hezbollah è stato decapitato ma non distrutto. La regione sta andndo verso la balcanizzazione, la frammentazione e l'abbrutimento.
È stato messo in atto il ripristino automatico delle sanzioni contro l'Iran e il 18 ottobre verrà a scadenza lo stesso accordo sul nucleare. Trump si ritrova quindi ad avere carta bianca. Può esprimersi con un ultimatum che esige la capitolazione iraniana o, se lo desidera, passare militarmente all'azione.
D'altro canto, se guardiamo agli obiettivi iniziali della Resistenza, ovvero esaurire militarmente lo stato sionista, mettere in piedi una guerra intestina all'interno di esso e mettere in discussione dal punto di vista morale e pratico il principio del sionismo che conferisce diritti esclusivi alla popolazione appartenente a un dato gruppo piuttosto che a un altro, allora si potrebbe dire che la Resistenza -sia pure a un costo molto, molto alto- ha avuto un certo successo.
Ancora più significativo è il fatto che le sanguinose guerre dello stato sionista gli sono già costate il sostegno una generazione di giovani statunitensi, che non tornerà più. Qualunque siano le circostanze dell'uccisione di Charlie Kirk, la sua morte ha liberato nella politica repubblicana il genio dominatore dello stato sionista prima di ogni altra cosa.
Lo stato sionista ha già perso il sostegno di gran parte dell'Europa e negli Stati Uniti l'intollerante insistenza di Trump e dei sostenitori dello stato sionista sull'appoggio ad esso e alle sue iniziative ha suscitato un'intensa reazione contraria al Primo Emendamento.
Questo mette lo stato sionista sulla strada per perdere sostegno in USA. E questo potrebbe essere di una tale importanza per lo stato sionista da indurlo a rivalutare in modo radicale la natura del sionismo. Cosa che era, ovviamente, l'obiettivo dichiarato di Seyed Nasrallah.
In che modo? Accelerando la colonizzazione e lasciando un mosaico di roccaforti sioniste a sopravvivere in mezzo al ristagno dell'economia e all'isolamento globale. Sembra una situazione sostenibile? Quale sarà il futuro che attende le prossime generazioni nello stato sionista?

14 ottobre 2025

Toscana. Sulle elezioni del 12 e 13 ottobre 2025


"Liberiamo la Toscana dai nemici della Nazione"

Firenze, 10 ottobre 2025 in piazza San Lorenzo.
Chiusura della campagna elettorale per le elezioni in Toscana.
"Liberiamo la Toscana dai nemici della Nazione", dicevano.
L'invito è stato accolto, sia pure nei limiti dovuti alla crescente disaffezione per i riti del democratismo rappresentativo.
A quanto pare anche questa volta gli elettori toscani hanno dimostrato di avere le idee piuttosto chiare su quale sia la loro Nazione e su quali siano i suoi e i loro nemici.
Nemici che stavolta non sono stati capaci nemmeno di tirare fuori un gatto arrosto.
E che continuano a fare da decine di anni sempre gli stessi errori, primo tra i quali insultare chi vive in una realtà dove esistono centri urbani nella cui piazza principale c'è la Casa del Popolo invece della chiesa.
Prima che la propaganda, i contenuti mediatici e soprattutto l'agenda politica si uniformassero nella ricerca di ogni aspetto repellente, abietto, svilente o semplicemente sporco della vita associata, Giovannino Guareschi era un autore abbastanza citato dagli "occidentalisti".
Abbastanza citato e per nulla compreso.
L'ultimo comizio lo tenne Peppone il sabato pomeriggio. La mattina parlò in piazza un pezzo grosso del partito avversario, quello dell'altra lista, insomma. Era uno venuto di città e sapeva quello che voleva."Libereremo anche questa cittadella dagli invasori rossi!" gridò "dai servi dello straniero, dai nemici di Cristo!" e tutti gli picchiarono le mani.
Poi verso sera, dalla stessa tribuna, parlò Peppone.
La piazza era piena come un uovo perché tutti si aspettavano che Peppone avrebbe urlato cose da matti e chi sa dove sarebbe arrivato. Peppone invece non urlò; parlò poco e con molta calma: "Cittadini" disse "vi saluto. Il mio Partito può ordinarmi di dire quello che vuole, ma io vi dirò quello che voglio io. Io sono qui semplicemente per salutarvi. In questi anni io e i miei compagni abbiamo fatto un sacco di cose: io non so quante saranno state le cose buone e quante le bestialità. Comunque, se abbiamo sbagliato, questo dipendeva non dalla nostra buona volontà, ma dalla nostra ignoranza e poca pratica. Io sarò stato il sindaco più bestia dell'universo, ma posso assicurarvi che l'intenzione era di fare il bene del paese". Peppone si asciugò il sudore che gli colava dalla fronte."Cittadini: noi non abbiamo nessuna speranza di vincere e abbiamo presentato una lista semplicemente perché vogliamo vedere se proprio ci mandate via con una pedata nel sedere, oppure se ci mandate via con buona grazia. Insomma vogliamo vedere se abbiamo meritato il benservito oppure neanche quello. Siamo come scolari che hanno fatto il compito e lo presentano alla signora maestra: vediamo se abbiamo meritato zero oppure cinque oppure la sufficienza. La quale ognuno esprima liberamente il suo giudizio e quando non saremo più sindaco non toglietemi il saluto perché se vi abbiamo pestato i piedi non l'abbiamo fatto apposta. Errare umanorum."
Peppone si frugò in tasca e tirò fuori qualcosa.
"Cittadini" disse "quando cinque anni fa sono andato sindaco io avevo in tasca un sigaro toscano e cinquecento lire: adesso che per cinque anni ho fatto il sindaco ho in tasca duecentottanta lire e mezzo sigaro: questa è la mia storia."
Don Camillo, che ascoltava appostato dietro le imposte socchiuse della finestra della canonica, era rimasto a bocca aperta.

Venne la notte e poi spuntò l'alba della domenica famosa. Don Camillo andò a votare verso le dieci. Peppone e i suoi votarono alla spicciolata e tutto funzionò senza un inciampo. Votarono anche il lunedì, fino alle due del pomeriggio. Poi il paese si spopolò e venne la sera. Il martedì a mezzogiorno arrivò in canonica il Barchini; aveva gli occhi fuori dalla testa:"Reverendo" ansimò "hanno vinto loro!". Don Camillo balzò in piedi stringendo i pugni, poi tornò a sedersi. Gli venne voglia di attaccarsi alle campane e incominciare a suonare a morto, gli venne voglia di mettersi a gridare, di pestare i pugni sulla tavola. Non fece niente di tutto questo. "Libereremo la cittadella dagli invasori rossi, dai servi dello straniero, dai nemici di Cristo…": gli venne in mente il discorso pieno di tracotanza del famoso pezzo grosso venuto apposta dalla città per sbalordire il popolo. "Cretino!" gridò. "Con tutte le sue lauree e la sua cultura si è fatto fregare da un disgraziato che non sa neanche fare una "O" col bicchiere!…"


10 ottobre 2025

Alastair Crooke - "Muoversi rapidi e spaccare tutto": la nuova dottrina che apre a una nuova epoca di sottomissione



Traduzione da Strategic Culture, 8 ottobre 2025.

In Occidente sono in atto cambiamenti tanto dirompenti quanto poco vistosi. Vi ha messo radici una nuova dottrina politica: il pensiero populista occidentale conservatore (e più recente) si sta ristrutturando in qualcosa di più rude, più cattivo e molto meno sentimentale o tollerante.
Aspira anche ad affermarsi come dominantore, come deliberatamente coercitivo e radicale. Aspira a buttare per aria gli elementi che costituiscono l'ordine esistente per vedere se all'atterraggio si ripresentano in un assetto vantaggioso per gli Stati Uniti, vale a dire in grado di procurar loro maggiori rendite di posizione.
Quello che veniva chiamato ordine basato sulle regole -sempre che sia mai esistito davvero, al di là della narrativa- è finito in brandelli. La situazione di oggi è quella di una guerra senza limiti, senza regole, senza legge e in completo disprezzo della Carta delle Nazioni Unite. I limiti imposti dall'etica, in particolare, vengono rifiutati in alcune realtà dell'Occidente e bollati come debolezze e come relativismo morale. L'essenziale è lasciare gli avversari sbalorditi e immobili, come figurine di cartone.
Al tempo stesso la politica estera dello stato sionista e degli USA ha subito una profonda trasformazione: essa ignora di proposito qualsiasi regola, per scioccare. Muoversi rapidi e spaccare tutto. Negli ultimi mesi lo stato sionista ha usato la forza militare in Cisgiordania, in Iran, in Siria, in Libano, nello Yemen, in Qatar e in Tunisia, oltre che a Gaza. A giugno gli USA e lo stato sionista, che sono Paesi nucleari, hanno bombardato gli impianti nucleari della Repubblica Islamica dell'Iran, un firmatario del Trattato di non proliferazione nucleare sotto la protezione dell'AIEA.
Questo fenomeno del muoversi rapidi e spaccare tutto è emerso con chiarezza quando lo stato sionista, con il sostegno degli Stati Uniti, ha lanciato il suo attacco a sorpresa contro la Repubblica Islamica dell'Iran il 12 giugno. In secondo luogo è emerso con chiarezza anche nella rapidità burocratica -che ha colto molti di sorpresa- con cui Francia, Regno Unito e Germania -i tre membri europei del JCPOA- hanno attuato il ripristino automatico di tutte le sanzioni previste dal JCPOA contro l'Iran. I tentativi diplomatici dell'Iran sono stati spazzati via senza pietà.
Il ripristino automatico delle sanzioni, chiaramente, è avvenuto in tutta fretta per anticipare l'imminente eclissarsi dell'intero inquadramento del JCPOA, perché dopo il 18 ottobre il JCPOA non esisterà più.
Mentre la Russia e la Cina considerano illegale, viziata dal punto di vista procedurale e giuridicamente nulla la manovra di ripristino automatico delle sanzioni orchestrata dagli Stati Uniti, si palesa una realtà agghiacciante. La Repubblica Islamica dell'Iran vede inesorabilmente avvicinarsi la prospettiva di un ultimatum statunitense e sionista che la costringe a capitolare completamente alla volontà statunitense, oppure ad affrontare un attacco militare devastante.
Questa nuova dottrina di potenza è emersa da un Occidente in crisi finanziaria, ed essendo nata dalla disperazione potrebbe benissimo fallire. La più ampia crisi occidentale di opposizione allo establishment tuttavia non è -come pensano molti progressisti o tecnocrati burocratici- il mero risultato di un deplorevole sussulto reazionario "bianco" in senso razziale.
Come ha scritto Giuliano da Empoli sul Financial Times:
Fino a poco tempo fa, le élite economiche, i finanzieri, gli imprenditori e i manager delle grandi aziende facevano affidamento su una classe politica di tecnocrati –o aspiranti tali– di destra e di sinistra, moderati, ragionevoli, più o meno indistinguibili gli uni dagli altri... che governavano i loro paesi sulla base dei principi della democrazia liberale, in conformità con le regole del mercato, talvolta temperate da considerazioni sociali. A Davos, questo era il comune sentire.
Il crollo del liberalismo globale e delle sue illusioni, insieme alla struttura tecnocratica di governance che lo accompagnava, ha semplicemente confermato, agli occhi delle nuove élite, che la sfera tecnocratica degli "esperti" non era né competente né radicata nella realtà.
Ecco dunque che la "strategia ombrello" dell'ordine internazionale basato sulle regole è finita. La nuova era è quella del dominio imposto con la forza, sia da parte dello stato sionista che degli Stati Uniti. Questa dottrina è incentrata sul dominio inteso come lo intende lo stato sionista, al quale gli altri devono logicamente sottomettersi. E questa sottomissione deve arrivare tramite pressioni finanziarie o tramite la forza militare. A simboleggiare la nuova dottrina, il cambio di denominazione che negli Stati Uniti ha subito il Dipartimento della Difesa, diventato "Dipartimento della Guerra".
Spiega da Empoli:
Le nuove élite tecnologiche statunitensi, i Musk, gli Zuckerberg e i Sam Altman di questo mondo, non hanno nulla in comune con i tecnocrati di Davos. La loro filosofia di vita non si basa sulla gestione competente dell'ordine esistente ma -al contrario- su un desiderio irrefrenabile di stravolgere tutto. Ordine, prudenza e rispetto delle regole sono anatema, per chi si è fatto un nome muovendosi rapidamente e spaccando tutto.
Per loro stessa natura e per loro esperienza i signori della tecnologia sono più affini ai leader nazionalisti populisti -i Trump, i Netanyahu, i Ben Gavir e gli Smotrich- e, in modo diverso, alla fazione evangelica da cui è emerso Charlie Kirk piuttosto che alle classi politiche moderate di Davos che essi disprezzano in blocco.
Kirk credeva che la sua vocazione divina fosse quella di essere un combattente, un guerriero nella guerra culturale. "Alcuni sono chiamati a guarire i malati", disse una volta. "Altri sono chiamati a ricomporre matrimoni in crisi". Kirk dichiarò che la sua vocazione era quella di "combattere il male e proclamare la verità. Tutto qui". Un commentatore lo definì la politicizzazione del cristianesimo evangelico per assicurarsi l'esclusiva su Gesù.
Stephen Miller, vice capo di gabinetto alla Casa Bianca, ha detto che "il giorno in cui Charlie è morto, gli angeli hanno pianto, ma quelle lacrime si sono trasformate in fuoco nei nostri cuori. E quel fuoco brucia con una giusta furia che i nostri nemici non possono comprendere o capire".
Qual è la visione comune di queste fazioni occidentali apparentemente disparate che ora abbracciano questa dottrina politica più dura, più crudele e massai meno portata al sentimento o alla ricerca del consenso?
A quale scopo si butta all'aria in tanti pezzi il Medio Oriente in modo così brutale, come Gaza ha mostrato a tutto il mondo? L'egemonia regionale dello stato sionista e il controllo statunitense sulle risorse energetiche della regione? Sono questi gli obiettivi? Certamente, ma c'è di più.
La nuova dottrina degli uomini di Trump, della destra sionista e dei miliardari ebrei che lo sostengono è comunque dominata da obiettivi bellici. Non si tratta solo del dominio dello stato sionista e della altrui sottomissione, come sostiene l'inviato statunitense Tom Barrack. Significa anche "mettere sotto controllo l'Iran". Il ripristino automatico delle sanzioni, quindi, è un passo verso la guerra di vaste proporzioni per sottomettere l'Iran.
Un miliardario ebreo statunitense, intervenuto tempo fa a una conferenza degli Zionists of AmeriKKKa, ha prefigurato un conflitto più ampio che si estende all'interno dell'AmeriKKKa: Rober Shillman ha affermato che il suo generoso finanziamento all'organizzazione era destinato a "affrontare i nemici dello stato sionista e del popolo ebraico [ovunque], alla difesa dagli islamisti che vogliono distruggere lo stato sionista e dai radicali di sinistra che odiano gli ebrei e vogliono distruggere il popolo ebraico".
Questo vortice che attraversa il Medio Oriente ha comunque qualcosa a che fare con il piglio bellicoso apparentemente separato e distinto che Trump ha dimostrato nei confronti del Venezuela... e con il concomitante e lucroso accordo fatto con l'Argentina? Certamente. L'essenziale è portare i giacimenti di scisto dell'Argentina e le enormi riserve petrolifere del Venezuela sotto il controllo degli Stati Uniti, per dare agli Stati Uniti il dominio energetico globale con cui mitigare la minaccia dei crescenti deficit statunitensi che stanno travolgendo il governo degli USA.
La situazione di stallo in Venezuela è collegata al progetto mediorientale in quanto costituisce un altro aspetto di un più ampio progetto egemonico, quello di consolidare il dominio statunitense nell'emisfero occidentale oltre che in Medio Oriente.
Come ha fatto l'Occidente ad arrivare fino a questo punto nella propria bellicosa brama di dominio? La metafisica fondamentale che sta alla base del passaggio a questo radicalismo anarchico è -a quanto pare- da rintracciarsi in un periodo di riflessione statunitense su avidità, equità, libertà e dominio. Come sostiene Evan Osnos in The Haves and Have Yachts, negli ultimi cinquant'anni gli oligarchi e i magnati della tecnologia hanno rifiutato in misura sempre maggiore ogni limite alla loro capacità di accumulare ricchezza, rifiutando l'idea che i loro immensi patrimoni comportino una responsabilità speciale nei confronti dei loro concittadini.
Hanno fatta propria un'etica libertaria che li concepisce semplicemente come individui privati, responsabili del proprio destino e autorizzati a godere delle proprie ricchezze come meglio credono. Più significativamente, tuttavia, non hanno rinunciato alla prerogativa di usare il loro denaro per plasmare il governo e la società secondo la loro visione tecno-autarchica. Il modello che ne è risultato, delineato nel libro di Osnos, è improntato a "una semplice aritmetica: il denaro che genera denaro".
La lezione che i signori della tecnologia hanno assimilato è che quando uno Stato o una qualsiasi altra entità diventa incompetente, l'unica cura storica per tale sclerosi politica non è il dialogo né il compromesso; è ciò che i romani chiamavano proscriptio, una purga con tanto di sigillo formale. Silla la conosceva. Cesare la perfezionò. Augusto la istituzionalizzò. Prendete gli interessi della élite, negate loro ogni risorsa, spogliateli delle loro proprietà e costringeteli all'obbedienza... o sono guai seri.
Le élite trumpiane e tecnologiche di oggi sono affascinate dall'antica nozione di grandezza –intesa come grandezza individuale– e dal contributo che essa grandezza può offrire alla civiltà. Tipicamente, in questo concetto c'è sempre un forte elemento da outsider, laddove un outsider è una sorta di trasgressore anarchico che si mette in gioco con un'energia cui i navigati padroni del campo non sono più in grado di arrivare.
Tutti pensiamo a Trump, quando leggiamo queste parole. C'è chiaramente un'affinità nemmeno tanto recondita tra il conservatorismo populista di oggi e il radicalismo anarchico. Il che porta alla domanda: i cambiamenti politici spregiudicati, la costante incertezza, i post irregolari su Truth Social sono in realtà segni di disperazione, intanto che la grandezza degli Stati Uniti si affievolisce visibilmente? Oppure ci stanno preparando a qualcosa di ancora più controcorrente, ancora più radicale come un tentativo di riforma finanziaria globale?
"Da questo momento in poi, l'unica missione del Dipartimento della Guerra appena ripristinato è questa: combattere la guerra, prepararsi alla guerra e prepararsi a vincere, senza tregua e senza compromessi", ha detto martedì il Segretario alla Guerra degli Stati Uniti ai generali riuniti a Washington.
Il mondo è in fiamme e in Europa la paura sta arrivando a livelli altissimi. In ogni dove è tutto un gridare ai russi che starebbero ovunque tramando nell'ombra. Stanno davvero preparando qualcosa di grosso o è solo una strategia europea volta a spaventare gli Stati Uniti per coinvolgerli in un progetto diretto a indebolire e a mandare in pezzi la Russia?
Il crollo dell'Unione Sovietica ha messo in mano alla “vecchia” Europa - alle grandi nazioni europee- gli enormi mercati dell'Europa orientale, dei Balcani e dell'ex Unione Sovietica; ha anche dato all'Europa risorse ed energia a basso costo. Il progetto dell'Unione Europea in sé è stato effettivamente comprato con il profumo dei soldi, con la promessa di una facile ricchezza.
Con il crollo di quella ricchezza -Trump ha appena impresso alla crisi una notevole accelerazione- e senza lo smembramento del mercato russo, a quale prezzo la Francia, la Germania o lo stato che occupa la penisola italiana potranno mantenere il loro precedente peso politico o la loro influenza globale? Più precisamente, i leader europei si stanno chiedendo: "Adesso, come posso fare per farmi rieleggere?".
La politica del rischio calcolato di una minaccia russa viene spinta dagli europei oltre il limite del rischio. Ma né l'Europa né gli Stati Uniti sembrano avere il coraggio che serve ad affrontare una guerra vera e propria. E certamente nemmeno i loro cittadini.

03 ottobre 2025

Alastair Crooke - Il clima politico negli USA, ottavo fronte dello stato sionista


Traduzione da Strategic Culture, 2 ottobre 2025.

 La seconda fase del "passaggio di consegne" da Trump agli europei nella guerra in Ucraina è stata chiaramente definita nel suo post su Truth Social del 23 settembre. Nella prima fase del passaggio di consegne Trump si è sfilato dal ruolo di principale fornitore di armamenti a Kiev e ha indicato che d'ora in poi l'Europa dovrà pagare praticamente tutto, acquistando le armi da produttori statunitensi.
Naturalmente, Trump sa che l'Europa è fiscalmente “al verde”. Non ha i soldi per finanziarsi, figuriamoci una guerra in piena regola. Inoltre ha girato il coltello nella piaga di questa crisi fiscale sfidando gli Stati della NATO a essere i primi a varare sanzioni contro tutto l'export energetico russo. Anche questo ovviamente non accadrà. Sarebbe una follia.
In questo ultimo post su Truth Social Trump porta la linea di Keith Kellogg fino ai limiti dell'assurdo. "L'Ucraina, con il sostegno della UE, può riportare il Paese [l'Ucraina stessa] ai suoi confini originari facendo sembrare la Russia una 'tigre di carta'... e chissà, forse andare anche oltre!". Certamente; Kiev che avanza fino alle porte di Mosca. Ci provi con qualcun altro, signor Trump. Ovvio che sta meleggiando tanto Kellogg quanto gli europei.
Poi, dopo l'incontro di Trump con Zelensky, con la Francia, la Germania e il Regno Unito alle Nazioni Unite, è stata proposta una bozza di risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU che faceva eco alla richiesta dell'Europa e della Coalizione dei Volenterosi, che pretendeva nientemeno che una capitolazione russa. Trump ha permesso ai funzionari statunitensi di partecipare attivamente alla discussione sulla risoluzione, ma poi, all'ultimo momento, ha fatto porre il veto degli Stati Uniti.
In questo modo contorto Trump riesce così a guardare in due direzioni contemporaneamente, come un Giano. Da un lato, sostiene senza mezze misure l'Ucraina esaltando il suo "grande spirito" e adottando la linea di Kellogg secondo cui Putin si troverebbe in grossi guai. Dall'altro, si impegna invece al tempo stesso a "non limitare la possibilità di colloqui di pace, né ad esacerbare ulteriormente le tensioni".
Putin può anche tollerare la "schizofrenia di Giano" di Trump; le forze russe avanzano su tutti i fronti più importanti. Il punto fondamentale è che la Casa Bianca ha fatto intendere di non essere interessata a una guerra con la Russia. E questo è ovvio. C'è comunque una guerra più preoccupante, che cova all'interno degli Stati Uniti.
Questa guerra è l'ottavo fronte dello stato sionista; Netanyahu ha recentemente iniziato a chiamarlo proprio così. L'ottavo fronte è in AmeriKKKa. Ed è lì proprio perché l'AmeriKKKa domina i media mondiali.
Il cosiddetto progetto di "ordine basato sulle regole" (se mai è realmente esistito, al di là della narrativa) è stato ridotto in carta straccia dallo stato sionista. Molto deliberatamente e a sangue freddo.
Tom Barrack, amico di lunga data di Trump e inviato in Medio Oriente, quando gli è stato chiesto quale fosse in definitiva l'obiettivo degli Stati Uniti nella regione, ha respinto categoricamente ogni discorso di "pace": "Quando parliamo di pace, ci illudiamo", ha detto Barrack. "Non c'è mai stata pace. [Alcuni] potrebbero dire che stanno combattendo per i confini e i limiti territoriali. [Ma non è] per questo che stanno combattendo. Un confine o un limite territoriale è [semplicemente] la moneta di scambio in una trattativa". Ha continuato: "In definitiva, qualcuno vuole il predominio, il che significa che qualcun altro deve sottomettersi. In quella parte del mondo... non esiste una parola araba per sottomissione. Non riescono a concepire il concetto di sottomissione...".
Una guerra senza limiti, senza regole, senza legge e, in particolare, senza confini etici diventa il prerequisito per conseguire la sottomissione totale di ogni opposizione.
L'ex consigliere per la sicurezza nazionale di Netanyahu, Meir Ben Shabbat, scrivendo con Asher Fredman su Foreign Affairs a settembre, ha affermato che "lo stato sionista non rispetta più i limiti che i suoi vicini credevano non avrebbe mai superato. Lo stato sionista non concederà l'immunità a nessun leader di gruppi ostili, indipendentemente dalla loro caratura politica o dal dove si trovino". Quando Ben Shabbat scrive "ostile", si tratta di un eufemismo per dire "che non si sottomette".
Questa è la nuova dottrina per il predominio dello stato sionista a cui tutti gli altri devono logicamente sottomettersi, insiste Barrack. Il ministro degli Affari strategici Ron Dermer ha suggerito che un grado di sottomissione sufficiente a far sentire lo stato sionista "completamente al sicuro" potrebbe emergere solo da una coscienza arabo-musulmana segnata da una sconfitta totale e "deradicalizzante".
L'idea dell'ottavo fronte di Netanyahu deriva quindi dall'assunto che il predominio dello stato sionista (inteso come lo intende l'inviato statunitense Barrack) richiede una certa presa anche in AmeriKKKA. Lo stato sionista non può arrivare al predominio da solo: ha bisogno del sostegno incondizionato dell'AmeriKKKa a garantirgli il flusso di denaro, armamenti e supporto operativo necessari.
Fino a poco tempo fa, questo sostegno incondizionato era garantito grazie ai miliardari ebrei straricchi, che elargivano denaro a politici e influencer e acquistavano a viso aperto i media mainstream. Tuttavia, l'ascesa dei media alternativi come principale fonte di notizie per gli statunitensi ha cambiato le carte in tavola e ha diffuso un'ondata di timore nell'ambiente dei miliardari ebrei.
L'assassinio di Charlie Kirk è avvenuto in un momento in cui molteplici pressioni venivano esercitate su di lui da miliardari ebrei timorosi che l'elettorato giovanile statunitense si stesse rivoltando contro lo stato sionista, come ha sottolineato Max Blumenthal. Il conflitto con i grandi finanziatori ebrei di Kirk ha fatto emergere il più ampio tema del loro dominio sulla politica degli influencer statunitensi. La controversia che ne è seguita ha portato a un massiccio sforzo da parte dei miliardari schierati con lo stato sionista per prendere il controllo dei media alternativi statunitensi, in particolare di Tik Tok. Tutte le piattaforme social statunitensi hanno algoritmi che favoriscono lo stato sionista, Tik Tok no. I miliardari che stanno per acquistare Tik Tok insistono sul fatto che i sui algoritmi debbano essere "riprogrammati".
Quello che [i sionisti] si trovano a dover affrontare", afferma Blumenthal, "è uno tsunami politico [di riallineamento politico] negli Stati Uniti, e non hanno modo di fermarlo. Ed è per questo che, sulla scia della morte di Kirk e già nei giorni che l'hanno preceduta, alcuni di questi uomini d'affari sionisti hanno avviato una campagna di acquisizione totale dei media statunitensi. È come una pressione a tutto campo negli Stati Uniti. Netanyahu aveva intrapreso una guerra su sette fronti nella regione, e ora gli Stati Uniti sono diventati l'ottavo fronte. Essi vogliono impedire a chiunque di esprimersi, in qualsiasi parte dell'ecosistema digitale online, semplicemente comprandosi ogni cosa.
Pochi tra i miliardari che hanno sostenuto l'organizzazione di Kirk, TPU.S.A, hanno fatto più di Robert Shillman per gettare luce sulla natura dell'ottavo fronte delle ostilità: "Con questa penna e il mio libretto degli assegni, sono io che fornisco le munizioni!", ha proclamato il miliardario tra gli applausi, durante un gala dell'organizzazione sionista di destra Zionist Organization of America (ZoA) nel 2021.
Io brandisco la penna per fornire munizioni [donazioni] a quelle organizzazioni -come la ZoA- che si trovano in prima linea in questa battaglia contro i nemici dello stato sionista e del popolo ebraico, difendendoli dagli islamisti che vogliono distruggere lo stato sionista e dai radicali di sinistra che odiano gli ebrei e vogliono distruggere il popolo ebraico.
In che modo questa vicenda si traduce nelle pressioni su Trump affinché persista nel perseguire lo sforzo bellico dell'Ucraina contro la Russia? Cosa accomuna i ricchissimi donatori ebrei, i classici russofobi statunitensi e lo establishment europeo nel comune impegno a fare pressione su Trump affinché si comporti duramente con la Russia? La risposta è che i finanziatori e le élite vicine allo stato sionista, tanto statunitensi quanto europee, condividono l'interesse di vedere la Russia preoccupata (e, a loro avviso, indebolita) per la guerra in Ucraina. La loro preoccupazione particolare è la prospettiva di una guerra in Medio Oriente. Non vogliono vedere la Russia o la Cina impegnarsi direttamente a sostegno della Repubblica Islamica dell'Iran, qualora fosse attaccata militarmente. Queste élite temono per il futuro dello stato sionista, in particolare se l'Iran dovesse essere sostenuto dagli alleati dei BRICS. Preferiscono una Russia impantanata e che non torni a essere un attore in Medio Oriente, cosa che potrebbe ostacolare le ambizioni di supremazia dello stato sionista in tutta la regione.
Ricordiamo che nel 1992 l'allora sottosegretario alla Difesa Paul Wolfowitz -autore della cosiddetta Dottrina Wolfowitz- dichiarò che con l'uscita dei sovietici dal Medio Oriente gli Stati Uniti erano diventati l'unica superpotenza incontrastata nella regione e che potevano così perseguire la loro agenda su scala mondiale. Wolfowitz sottolineò il disimpegno della Russia come fattore cruciale per il raggiungimento dell'egemonia statunitense sul Medio Oriente.
Ricordiamo anche che, sulla scia dell'invocazione del ripristino automatico delle sanzioni contro l'Iran da parte di Francia, Regno Unito e Germania avvenuto il 28 agosto, Russia e Cina hanno firmato congiuntamente delle dichiarazioni in cui denunciavano il voto procedurale dei tre Paesi come "illegale e viziato a livello di procedura". In un certo senso, l'iniziativa ha fornito alla Cina e alla Russia il destro per ignorare qualsiasi sanzione successiva imposta all'Iran in base alla clausola del ripristino automatico. È la prima volta che Russia e Cina sfidano direttamente il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e indicano implicitamente che ignoreranno qualsiasi sanzione di questo tipo.
Tuttavia, da un altro punto di vista, la denuncia congiunta del ripristino delle sanzioi potrebbe aprire la porta a un ritorno nella regione da parte della Russia -e della Cina- attraverso il sostegno militare alla Repubblica Islamica dell'Iran, qualora essa venisse attaccata dallo stato sionista, dagli Stati Uniti o da entrambi.
Con la Russia attualmente impegnata in Ucraina, è meno probabile che esssa intenda sostenere direttamente l'Iran in caso di attacco; la Russia è molto attenta ai rischi di un'eccessiva espansione. Se la guerra in Ucraina dovesse finire, la Russia potrebbe avere meno scrupoli ad intervenire direttamente a sostegno dell'Iran. Lo stesso varrebbe per la Cina, nel caso il conflitto in Ucraina dovesse arrivare a un qualche esito.
L'ultima cosa che il triumvirato degli influenti sionisti ebrei, dei falchi statunitensi antirussi e delle élite europee che sostengono lo stato sionista vorrebbero è proprio il ritorno della Russia in Medio Oriente. Per loro sarebbe un incubo.
Quando all'inviato statunitense Tom Barrack è stato chiesto se lo stato sionista sentisse la necessità di un altro "attacco definitivo" contro l'Iran, ha risposto:
Sembra che si stiano avvicinando a grandi passi verso una risoluzione dell'intero problema -perché Gaza è un problema, no? Immagino che limitarsi a tenere sotto controllo Gaza, Hezbollah e gli Houthi non sia sufficiente, se non si tiene sotto controllo il regime iraniano. Non ho informazioni su ciò che intendono fare, ma non lo escluderei... Dobbiamo tagliare la testa a quei serpenti e interrompere il flusso dei fondi. È l'unico modo per fermare Hezbollah.
Quindi l'uccisione improvvisa di Charlie Kirk è avvenuta, "inaspettatamente", in un momento cruciale della corsa di Netanyahu al predominio regionale, mettendo in evidenza come il sostegno verso lo stato sionista stia venendo meno in un intera generazione di giovani statunitensi.
L'omicidio di Kirk ha inavvertitamente sbloccato anche la fase successiva della guerra culturale che covava da tempo negli Stati Uniti. L'assassinio di Kirk è già diventato significativo quanto qualsiasi altro evento analogo nella storia recente degli Stati Uniti.
Se le parole di Rober Shillman al suo uditorio ebraico con cui lo esortava ad "affrontare i nemici dello stato sionista e del popolo ebraico, difendendosi dagli islamisti che vogliono distruggere stato lo sionista e dai radicali di sinistra che odiano gli ebrei e vogliono distruggere il popolo ebraico" non fossero una dichiarazione di guerra abbastanza chiara e dettagliata, allora si legga che cosa ha detto Stephen Miller, vice capo di gabinetto della Casa Bianca, rivolgendosi alla folla presente al servizio funebre di Charlie Kirk. I centomila presenti hanno risposto con un applauso scrosciante.
La Luce sconfiggerà l'Oscurità. Prevarrà sulle forze della malvagità e del male. Loro non possono immaginare che cosa non hanno risvegliato. Non possono avere contezza di quale esercito sia sorto in tutti noi. Perché noi difendiamo ciò che è buono, ciò che è virtuoso, ciò che è nobile. E a coloro che cercano di incitare alla violenza contro di noi, a coloro che cercano di fomentare l'odio contro di noi: cosa avete? Non avete nulla. Siete malvagità, invidia, odio. Non siete nulla. Non potete produrre nulla. Noi siamo quelli che costruiscono, noi siamo quelli che creano, noi siamo quelli che innalzano l'umanità.