17 ottobre 2025

Alastair Crooke - Gli USA e lo stato sionista attendono dai palestinesi i segni di una sottomissione umiliante




Traduzione da Strategic Culture, 15 ottobre 2025.

Trump: "Il problema in Vietnam è stato che... abbiamo smesso di combattere per vincere. Avremmo vinto facilmente. Avremmo vinto facilmente in Afghanistan. Avremmo vinto facilmente ogni guerra. Ma siamo diventati politicamente corretti: 'Ah, prendiamola con filosofia!'. Ecco: adesso non siamo più politicamente corretti. Giusto per capirci: noi vinciamo. Adesso, noi vinciamo“. Sarebbe stato tutto facile insomma, anche in Afghanistan.
Cosa voleva dire Trump parlando del Vietnam? Voleva dire "avremmo vinto facilmente in Vietnam, se non ci fossimo dedicati al woke e a 'diversità, equita e inclusione'". Alcuni veterani potrebbero anche allargare il discorso: "Sai, avevamo abbastanza potenza di fuoco: avremmo potuto ammazzare tutti".
"Non importa dove vai a cercare", aggiunge Trump, “non importa cosa pensi: non esiste nulla come la forza militare di cui disponiamo; [neppure] Roma... Nessuno dovrebbe mai pensare di poter attaccare gli Stati Uniti".
Il punto è che nella cerchia di Trump di oggi non solo non si teme la guerra, ma circola anche questa infondata illusione della potenza militare statunitense. Hegseth ha detto: "Siamo l'esercito più potente della storia del pianeta, senza eccezioni. Nessun altro può nemmeno avvicinarsi al paragone". A questo, Trump aggiunge: "[Anche] il nostro mercato è il più grande del mondo: nessuno può vivere senza di esso".
L'impero anglo-statunitense si sta mettendo all'angolo da solo, sta imboccando un "declino terminale", come afferma il filosofo francese Emmanuel Todd. Trump sta cercando di imporre una nuova Bretton Woods per ristabilire l'egemonia del dollaro; con le minacce, le intimidazioni, i dazi doganali o, se necessario, la guerra.
Todd è convinto che mentre l'impero anglo-statunitense sta crollando gli Stati Uniti si stiano scagliando furibondi contro il mondo intero e si stiano autodistruggendo nel tentativo di riguadagnare le proprie colonie (cioè l'Europa) per ottenere rapidamente dei vantaggi finanziari.
L'idea di Trump sulla soverchiante potenza militare statunitense corrisponde a una dottrina di dominio e sottomissione. Una dottrina che va contro tutta la narrativa precedente sui valori occidentali. Ciò che è chiaro è che questo cambiamento nella linea politica è legato a doppio filo al credo escatologico ebraico ed evangelico. Esso condivide con i nazionalisti ebrei la convinzione di essere anch'essi, alleati di Trump, vicini a una condizione di predominio quasi universale.
"Abbiamo schiacciato i progetti nucleari e balistici dell'Iran: ci sono ancora, ma li abbiamo fatti regredire con l'aiuto del presidente Trump", si vanta Netanyahu. "Avevamo un'alleanza precisa, e in questo contesto abbiamo condiviso l'onere [con gli Stati Uniti] e siamo arrivati a neutralizzare l'Iran". Secondo Netanyahu, “Lo stato sionista è emerso da questa vicenda come potenza dominante in Medio Oriente, ma abbiamo ancora una cosa da fare: quello che è iniziato a Gaza finirà a Gaza".
"Dobbiamo deradicalizzare Gaza, come è stato fatto in Germania o in Giappone dopo la seconda guerra mondiale", ha insistito Netanyahu a Euronews. Questa sottomissione, tuttavia, si sta rivelando difficile da ottenere.
Il mantenimento della supremazia statunitense impone di passare all'attacco su più fronti, perché la guerra contro la Russia, che avrebbe dovuto impartire al mondo una lezione pratica sull'arte del dominio anglosionista- si è inaspettatamente rivelata un fiasco. 
E adesso il tempo sta per scadere, per la crisi del deficit e del debito statunitense.
Questo dato di fatto, nonostante in Trump si presenti come brama di dominio, sta alimentando anche impulsi nichilistici verso la guerra e sta contemporaneamente frammentando le strutture occidentali. In tutto il mondo stanno nascendo aspre tensioni. Il quadro generale è che in Russia hanno capito come stanno le cose: il vertice in Alaska non ha dato frutti, e Trump non è seriamente intenzionato a ridefinire le relazioni con Mosca.
A Mosca ci si attende una escalation degli Stati Uniti in Ucraina, un attacco più devastante contro l'Iran, una qualche azione punitiva e dimostrativa in Venezuela o anche entrambe le cose. Il team di Trump sembra essere entrato in uno stato agitatorio.
Gli oligarchi ebrei e l'ala destra dell'esecutivo nello stato sionista, in questo quadro emergente, hanno bisogno per la loro stessa esistenza che l'AmeriKKKa rimanga una potenza militare temuta, proprio come promette Trump. Senza la soverchiante potenza militare statunitense e senza la centralità dell'uso del dollaro nel commercio, la supremazia ebraica diventa nient'altro che una chimera escatologica.
Una crisi legata all'abbandono del dollaro come moneta commerciale o un crollo del mercato obbligazionario –contrapposto all'ascesa di Cina, Russia e BRICS– diventano una minaccia esistenziale contro ogni fantasia suprematista.
Nel luglio 2025 Trump ha detto ai membri del suo governo: "I BRICS sono stati ideati per danneggiarci; i BRICS sono stati creati per declassare il nostro dollaro e togliergli la condizione di standard".
Cosa succederà adesso? Chiaramente l'obiettivo principale degli Stati Uniti e dello stato sionista è quello di "bruciare" la psiche di Hamas con una sconfitta; se non riscontreranno attestazioni tangibili di una totale sottomissione, l'obiettivo di fondo diventerà probabilmente quello di cacciare tutti i palestinesi da Gaza e di insediare al loro posto dei coloni ebrei.
Il ministro sionista Smotrich alcuni anni fa andava dicendo che alla totale estromissione della popolazione palestinese e araba non sottomessa si sarebbe finalmente arrivati solo durante "una grave crisi o una guerra a tutto campo", come quella avvenuta nel 1948 quando ottocentomila palestinesi furono cacciati dalle loro case. Ma a tutt'oggi -nonostante due anni di massacri- i palestinesi non sono fuggiti e non si sono sottomessi.
Quindi lo stato sionista, nonostante Netanyahu si vanti di aver schiacciato Hamas, deve ancora sconfiggere i palestinesi a Gaza; alcuni media ebraici definiscono l'accordo di Sharm el-Sheik "una sconfitta".
Le ambizioni di Netanyahu e della destra dello stato sionista non si limitano a Gaza, ma si estendono molto oltre: mirano a fondare uno Stato su tutta la "Terra di Israele", ovvero la Grande Israele. La loro definizione di questo progetto coloniale è ambigua, ma probabilmente vogliono il Libano meridionale fino al fiume Litani, gran parte della Siria meridionale fino a Damasco, parti del Sinai e forse anche zone della Transgiordania oggi sotto controllo giordano.
Quindi, nonostante due anni di guerra, secondo il parere del professor Mearsheimer lo stato sionista vuole ancora una Grande Israele senza palestinesi.
"Inoltre", aggiunge Mearsheimer,
bisogna pensare ai suoi obiettivi nei confronti dei Paesi vicini. Lo stato sionista vuole dei vicini deboli. Vuole distruggerli, i suoi vicini. Vuole fare in Iran ciò che ha fatto in Siria. È molto importante capire che [anche se] la questione nucleare è di fondamentale importanza per lo stato sionista in Iran, esso ha obiettivi di più ampia portata, ovvero distruggere l'Iran e trasformarlo in una serie di piccoli Stati. E gli Stati che non distrugge, come l'Egitto e la Giordania, li vuole economicamente dipendenti dallo Zio Sam, in modo che lo Zio Sam abbia un enorme potere coercitivo su di loro. Quindi, lo stato sionista sta pensando seriamente a come trattare tutti i propri vicini in modo da essere sicuro che restino deboli e che non rappresentino in nessun modo una minaccia.
Lo stato sionista sta scopertamente cercando di provocare il crollo e la neutralizzazione dell'Iran, come ha sottolineato Netanyahu:
Abbiamo schiacciato i progetti nucleari e balistici dell'Iran: ci sono ancora, ma li abbiamo fatti regredire con l'aiuto del presidente Trump... L'Iran [ora] sta sviluppando missili balistici intercontinentali con una gittata di ottomila chilometri. Aggiungete altri tremila chilometri e potranno colpire New York, Washington, Boston, Miami, Mar-a-Lago.
Mentre in Egitto comincia a prendere forma un possibile accordo per un cessate il fuoco, il quadro regionale più ampio è che gli Stati Uniti e lo stato sionista sembrano intenzionati a provocare un confronto tra sunniti e sciiti per circondare e indebolire l'Iran. La dichiarazione congiunta emessa qualche giorno fa da Unione Europea e Consiglio per la Cooperazione nel Golfo sulle rivendicazioni di sovranità degli Emirati Arabi Uniti su Abu Musa e le isole Tunb conferma la crescente convinzione di Tehran secondo cui le potenze occidentali stanno ancora una volta utilizzando le monarchie del Golfo come strumenti per fomentare l'instabilità regionale.
Insomma, non ci sono di mezzo delle isole o il petrolio, ma la creazione di un nuovo fronte per indebolire l'Iran.
Si vuole ridefinire l'intero Medio Oriente per assecondare l'egemonia dello stato sionista; i grandi donatori ebrei vogliono garantire uno stato di cose in cui gli Stati Uniti sostengano lo stato sionista senza condizioni. Di qui i cospicui finanziamenti destinati ai media mainstream e ai social media per garantire un sostegno trasversale allo stato sionista in tutta la società ameriKKKana.
Il secondo anniversario del 7 ottobre pone una domanda: qual è il bilancio? La collaborazione tra Stati Uniti e stato sionista è riuscita a distruggere la Repubblica Araba di Siria, trasformandola in un infernale macello; la Russia ha perso il suo punto d'appoggio nella regione; lo Stato Islamico è stato riportato in vita; il settarismo è in aumento. Hezbollah è stato decapitato ma non distrutto. La regione sta andndo verso la balcanizzazione, la frammentazione e l'abbrutimento.
È stato messo in atto il ripristino automatico delle sanzioni contro l'Iran e il 18 ottobre verrà a scadenza lo stesso accordo sul nucleare. Trump si ritrova quindi ad avere carta bianca. Può esprimersi con un ultimatum che esige la capitolazione iraniana o, se lo desidera, passare militarmente all'azione.
D'altro canto, se guardiamo agli obiettivi iniziali della Resistenza, ovvero esaurire militarmente lo stato sionista, mettere in piedi una guerra intestina all'interno di esso e mettere in discussione dal punto di vista morale e pratico il principio del sionismo che conferisce diritti esclusivi alla popolazione appartenente a un dato gruppo piuttosto che a un altro, allora si potrebbe dire che la Resistenza -sia pure a un costo molto, molto alto- ha avuto un certo successo.
Ancora più significativo è il fatto che le sanguinose guerre dello stato sionista gli sono già costate il sostegno una generazione di giovani statunitensi, che non tornerà più. Qualunque siano le circostanze dell'uccisione di Charlie Kirk, la sua morte ha liberato nella politica repubblicana il genio dominatore dello stato sionista prima di ogni altra cosa.
Lo stato sionista ha già perso il sostegno di gran parte dell'Europa e negli Stati Uniti l'intollerante insistenza di Trump e dei sostenitori dello stato sionista sull'appoggio ad esso e alle sue iniziative ha suscitato un'intensa reazione contraria al Primo Emendamento.
Questo mette lo stato sionista sulla strada per perdere sostegno in USA. E questo potrebbe essere di una tale importanza per lo stato sionista da indurlo a rivalutare in modo radicale la natura del sionismo. Cosa che era, ovviamente, l'obiettivo dichiarato di Seyed Nasrallah.
In che modo? Accelerando la colonizzazione e lasciando un mosaico di roccaforti sioniste a sopravvivere in mezzo al ristagno dell'economia e all'isolamento globale. Sembra una situazione sostenibile? Quale sarà il futuro che attende le prossime generazioni nello stato sionista?

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