14 ottobre 2025

Toscana. Sulle elezioni del 12 e 13 ottobre 2025


"Liberiamo la Toscana dai nemici della Nazione"

Firenze, 10 ottobre 2025 in piazza San Lorenzo.
Chiusura della campagna elettorale per le elezioni in Toscana.
"Liberiamo la Toscana dai nemici della Nazione", dicevano.
L'invito è stato accolto, sia pure nei limiti dovuti alla crescente disaffezione per i riti del democratismo rappresentativo.
A quanto pare anche questa volta gli elettori toscani hanno dimostrato di avere le idee piuttosto chiare su quale sia la loro Nazione e su quali siano i suoi e i loro nemici.
Nemici che stavolta non sono stati capaci nemmeno di tirare fuori un gatto arrosto.
E che continuano a fare da decine di anni sempre gli stessi errori, primo tra i quali insultare chi vive in una realtà dove esistono centri urbani nella cui piazza principale c'è la Casa del Popolo invece della chiesa.
Prima che la propaganda, i contenuti mediatici e soprattutto l'agenda politica si uniformassero nella ricerca di ogni aspetto repellente, abietto, svilente o semplicemente sporco della vita associata, Giovannino Guareschi era un autore abbastanza citato dagli "occidentalisti".
Abbastanza citato e per nulla compreso.
L'ultimo comizio lo tenne Peppone il sabato pomeriggio. La mattina parlò in piazza un pezzo grosso del partito avversario, quello dell'altra lista, insomma. Era uno venuto di città e sapeva quello che voleva."Libereremo anche questa cittadella dagli invasori rossi!" gridò "dai servi dello straniero, dai nemici di Cristo!" e tutti gli picchiarono le mani.
Poi verso sera, dalla stessa tribuna, parlò Peppone.
La piazza era piena come un uovo perché tutti si aspettavano che Peppone avrebbe urlato cose da matti e chi sa dove sarebbe arrivato. Peppone invece non urlò; parlò poco e con molta calma: "Cittadini" disse "vi saluto. Il mio Partito può ordinarmi di dire quello che vuole, ma io vi dirò quello che voglio io. Io sono qui semplicemente per salutarvi. In questi anni io e i miei compagni abbiamo fatto un sacco di cose: io non so quante saranno state le cose buone e quante le bestialità. Comunque, se abbiamo sbagliato, questo dipendeva non dalla nostra buona volontà, ma dalla nostra ignoranza e poca pratica. Io sarò stato il sindaco più bestia dell'universo, ma posso assicurarvi che l'intenzione era di fare il bene del paese". Peppone si asciugò il sudore che gli colava dalla fronte."Cittadini: noi non abbiamo nessuna speranza di vincere e abbiamo presentato una lista semplicemente perché vogliamo vedere se proprio ci mandate via con una pedata nel sedere, oppure se ci mandate via con buona grazia. Insomma vogliamo vedere se abbiamo meritato il benservito oppure neanche quello. Siamo come scolari che hanno fatto il compito e lo presentano alla signora maestra: vediamo se abbiamo meritato zero oppure cinque oppure la sufficienza. La quale ognuno esprima liberamente il suo giudizio e quando non saremo più sindaco non toglietemi il saluto perché se vi abbiamo pestato i piedi non l'abbiamo fatto apposta. Errare umanorum."
Peppone si frugò in tasca e tirò fuori qualcosa.
"Cittadini" disse "quando cinque anni fa sono andato sindaco io avevo in tasca un sigaro toscano e cinquecento lire: adesso che per cinque anni ho fatto il sindaco ho in tasca duecentottanta lire e mezzo sigaro: questa è la mia storia."
Don Camillo, che ascoltava appostato dietro le imposte socchiuse della finestra della canonica, era rimasto a bocca aperta.

Venne la notte e poi spuntò l'alba della domenica famosa. Don Camillo andò a votare verso le dieci. Peppone e i suoi votarono alla spicciolata e tutto funzionò senza un inciampo. Votarono anche il lunedì, fino alle due del pomeriggio. Poi il paese si spopolò e venne la sera. Il martedì a mezzogiorno arrivò in canonica il Barchini; aveva gli occhi fuori dalla testa:"Reverendo" ansimò "hanno vinto loro!". Don Camillo balzò in piedi stringendo i pugni, poi tornò a sedersi. Gli venne voglia di attaccarsi alle campane e incominciare a suonare a morto, gli venne voglia di mettersi a gridare, di pestare i pugni sulla tavola. Non fece niente di tutto questo. "Libereremo la cittadella dagli invasori rossi, dai servi dello straniero, dai nemici di Cristo…": gli venne in mente il discorso pieno di tracotanza del famoso pezzo grosso venuto apposta dalla città per sbalordire il popolo. "Cretino!" gridò. "Con tutte le sue lauree e la sua cultura si è fatto fregare da un disgraziato che non sa neanche fare una "O" col bicchiere!…"


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