Traduzione da Strategic Culture, 8 ottobre 2025.
In Occidente sono in atto cambiamenti tanto dirompenti quanto poco vistosi. Vi ha messo radici una nuova dottrina politica: il pensiero populista occidentale conservatore (e più recente) si sta ristrutturando in qualcosa di più rude, più cattivo e molto meno sentimentale o tollerante.
Aspira anche ad affermarsi come dominantore, come deliberatamente coercitivo e radicale. Aspira a buttare per aria gli elementi che costituiscono l'ordine esistente per vedere se all'atterraggio si ripresentano in un assetto vantaggioso per gli Stati Uniti, vale a dire in grado di procurar loro maggiori rendite di posizione.
Quello che veniva chiamato ordine basato sulle regole -sempre che sia mai esistito davvero, al di là della narrativa- è finito in brandelli. La situazione di oggi è quella di una guerra senza limiti, senza regole, senza legge e in completo disprezzo della Carta delle Nazioni Unite. I limiti imposti dall'etica, in particolare, vengono rifiutati in alcune realtà dell'Occidente e bollati come debolezze e come relativismo morale. L'essenziale è lasciare gli avversari sbalorditi e immobili, come figurine di cartone.
Al tempo stesso la politica estera dello stato sionista e degli USA ha subito una profonda trasformazione: essa ignora di proposito qualsiasi regola, per scioccare. Muoversi rapidi e spaccare tutto. Negli ultimi mesi lo stato sionista ha usato la forza militare in Cisgiordania, in Iran, in Siria, in Libano, nello Yemen, in Qatar e in Tunisia, oltre che a Gaza. A giugno gli USA e lo stato sionista, che sono Paesi nucleari, hanno bombardato gli impianti nucleari della Repubblica Islamica dell'Iran, un firmatario del Trattato di non proliferazione nucleare sotto la protezione dell'AIEA.
Questo fenomeno del muoversi rapidi e spaccare tutto è emerso con chiarezza quando lo stato sionista, con il sostegno degli Stati Uniti, ha lanciato il suo attacco a sorpresa contro la Repubblica Islamica dell'Iran il 12 giugno. In secondo luogo è emerso con chiarezza anche nella rapidità burocratica -che ha colto molti di sorpresa- con cui Francia, Regno Unito e Germania -i tre membri europei del JCPOA- hanno attuato il ripristino automatico di tutte le sanzioni previste dal JCPOA contro l'Iran. I tentativi diplomatici dell'Iran sono stati spazzati via senza pietà.
Il ripristino automatico delle sanzioni, chiaramente, è avvenuto in tutta fretta per anticipare l'imminente eclissarsi dell'intero inquadramento del JCPOA, perché dopo il 18 ottobre il JCPOA non esisterà più.
Mentre la Russia e la Cina considerano illegale, viziata dal punto di vista procedurale e giuridicamente nulla la manovra di ripristino automatico delle sanzioni orchestrata dagli Stati Uniti, si palesa una realtà agghiacciante. La Repubblica Islamica dell'Iran vede inesorabilmente avvicinarsi la prospettiva di un ultimatum statunitense e sionista che la costringe a capitolare completamente alla volontà statunitense, oppure ad affrontare un attacco militare devastante.
Questa nuova dottrina di potenza è emersa da un Occidente in crisi finanziaria, ed essendo nata dalla disperazione potrebbe benissimo fallire. La più ampia crisi occidentale di opposizione allo establishment tuttavia non è -come pensano molti progressisti o tecnocrati burocratici- il mero risultato di un deplorevole sussulto reazionario "bianco" in senso razziale.
Come ha scritto Giuliano da Empoli sul Financial Times:
Fino a poco tempo fa, le élite economiche, i finanzieri, gli imprenditori e i manager delle grandi aziende facevano affidamento su una classe politica di tecnocrati –o aspiranti tali– di destra e di sinistra, moderati, ragionevoli, più o meno indistinguibili gli uni dagli altri... che governavano i loro paesi sulla base dei principi della democrazia liberale, in conformità con le regole del mercato, talvolta temperate da considerazioni sociali. A Davos, questo era il comune sentire.
Il crollo del liberalismo globale e delle sue illusioni, insieme alla struttura tecnocratica di governance che lo accompagnava, ha semplicemente confermato, agli occhi delle nuove élite, che la sfera tecnocratica degli "esperti" non era né competente né radicata nella realtà.
Ecco dunque che la "strategia ombrello" dell'ordine internazionale basato sulle regole è finita. La nuova era è quella del dominio imposto con la forza, sia da parte dello stato sionista che degli Stati Uniti. Questa dottrina è incentrata sul dominio inteso come lo intende lo stato sionista, al quale gli altri devono logicamente sottomettersi. E questa sottomissione deve arrivare tramite pressioni finanziarie o tramite la forza militare. A simboleggiare la nuova dottrina, il cambio di denominazione che negli Stati Uniti ha subito il Dipartimento della Difesa, diventato "Dipartimento della Guerra".
Spiega da Empoli:
Le nuove élite tecnologiche statunitensi, i Musk, gli Zuckerberg e i Sam Altman di questo mondo, non hanno nulla in comune con i tecnocrati di Davos. La loro filosofia di vita non si basa sulla gestione competente dell'ordine esistente ma -al contrario- su un desiderio irrefrenabile di stravolgere tutto. Ordine, prudenza e rispetto delle regole sono anatema, per chi si è fatto un nome muovendosi rapidamente e spaccando tutto.
Per loro stessa natura e per loro esperienza i signori della tecnologia sono più affini ai leader nazionalisti populisti -i Trump, i Netanyahu, i Ben Gavir e gli Smotrich- e, in modo diverso, alla fazione evangelica da cui è emerso Charlie Kirk piuttosto che alle classi politiche moderate di Davos che essi disprezzano in blocco.
Kirk credeva che la sua vocazione divina fosse quella di essere un combattente, un guerriero nella guerra culturale. "Alcuni sono chiamati a guarire i malati", disse una volta. "Altri sono chiamati a ricomporre matrimoni in crisi". Kirk dichiarò che la sua vocazione era quella di "combattere il male e proclamare la verità. Tutto qui". Un commentatore lo definì la politicizzazione del cristianesimo evangelico per assicurarsi l'esclusiva su Gesù.
Stephen Miller, vice capo di gabinetto alla Casa Bianca, ha detto che "il giorno in cui Charlie è morto, gli angeli hanno pianto, ma quelle lacrime si sono trasformate in fuoco nei nostri cuori. E quel fuoco brucia con una giusta furia che i nostri nemici non possono comprendere o capire".
Qual è la visione comune di queste fazioni occidentali apparentemente disparate che ora abbracciano questa dottrina politica più dura, più crudele e massai meno portata al sentimento o alla ricerca del consenso?
A quale scopo si butta all'aria in tanti pezzi il Medio Oriente in modo così brutale, come Gaza ha mostrato a tutto il mondo? L'egemonia regionale dello stato sionista e il controllo statunitense sulle risorse energetiche della regione? Sono questi gli obiettivi? Certamente, ma c'è di più.
La nuova dottrina degli uomini di Trump, della destra sionista e dei miliardari ebrei che lo sostengono è comunque dominata da obiettivi bellici. Non si tratta solo del dominio dello stato sionista e della altrui sottomissione, come sostiene l'inviato statunitense Tom Barrack. Significa anche "mettere sotto controllo l'Iran". Il ripristino automatico delle sanzioni, quindi, è un passo verso la guerra di vaste proporzioni per sottomettere l'Iran.
Un miliardario ebreo statunitense, intervenuto tempo fa a una conferenza degli Zionists of AmeriKKKa, ha prefigurato un conflitto più ampio che si estende all'interno dell'AmeriKKKa: Rober Shillman ha affermato che il suo generoso finanziamento all'organizzazione era destinato a "affrontare i nemici dello stato sionista e del popolo ebraico [ovunque], alla difesa dagli islamisti che vogliono distruggere lo stato sionista e dai radicali di sinistra che odiano gli ebrei e vogliono distruggere il popolo ebraico".
Questo vortice che attraversa il Medio Oriente ha comunque qualcosa a che fare con il piglio bellicoso apparentemente separato e distinto che Trump ha dimostrato nei confronti del Venezuela... e con il concomitante e lucroso accordo fatto con l'Argentina? Certamente. L'essenziale è portare i giacimenti di scisto dell'Argentina e le enormi riserve petrolifere del Venezuela sotto il controllo degli Stati Uniti, per dare agli Stati Uniti il dominio energetico globale con cui mitigare la minaccia dei crescenti deficit statunitensi che stanno travolgendo il governo degli USA.
La situazione di stallo in Venezuela è collegata al progetto mediorientale in quanto costituisce un altro aspetto di un più ampio progetto egemonico, quello di consolidare il dominio statunitense nell'emisfero occidentale oltre che in Medio Oriente.
Come ha fatto l'Occidente ad arrivare fino a questo punto nella propria bellicosa brama di dominio? La metafisica fondamentale che sta alla base del passaggio a questo radicalismo anarchico è -a quanto pare- da rintracciarsi in un periodo di riflessione statunitense su avidità, equità, libertà e dominio. Come sostiene Evan Osnos in The Haves and Have Yachts, negli ultimi cinquant'anni gli oligarchi e i magnati della tecnologia hanno rifiutato in misura sempre maggiore ogni limite alla loro capacità di accumulare ricchezza, rifiutando l'idea che i loro immensi patrimoni comportino una responsabilità speciale nei confronti dei loro concittadini.
Hanno fatta propria un'etica libertaria che li concepisce semplicemente come individui privati, responsabili del proprio destino e autorizzati a godere delle proprie ricchezze come meglio credono. Più significativamente, tuttavia, non hanno rinunciato alla prerogativa di usare il loro denaro per plasmare il governo e la società secondo la loro visione tecno-autarchica. Il modello che ne è risultato, delineato nel libro di Osnos, è improntato a "una semplice aritmetica: il denaro che genera denaro".
La lezione che i signori della tecnologia hanno assimilato è che quando uno Stato o una qualsiasi altra entità diventa incompetente, l'unica cura storica per tale sclerosi politica non è il dialogo né il compromesso; è ciò che i romani chiamavano proscriptio, una purga con tanto di sigillo formale. Silla la conosceva. Cesare la perfezionò. Augusto la istituzionalizzò. Prendete gli interessi della élite, negate loro ogni risorsa, spogliateli delle loro proprietà e costringeteli all'obbedienza... o sono guai seri.
Le élite trumpiane e tecnologiche di oggi sono affascinate dall'antica nozione di grandezza –intesa come grandezza individuale– e dal contributo che essa grandezza può offrire alla civiltà. Tipicamente, in questo concetto c'è sempre un forte elemento da outsider, laddove un outsider è una sorta di trasgressore anarchico che si mette in gioco con un'energia cui i navigati padroni del campo non sono più in grado di arrivare.
Tutti pensiamo a Trump, quando leggiamo queste parole. C'è chiaramente un'affinità nemmeno tanto recondita tra il conservatorismo populista di oggi e il radicalismo anarchico. Il che porta alla domanda: i cambiamenti politici spregiudicati, la costante incertezza, i post irregolari su Truth Social sono in realtà segni di disperazione, intanto che la grandezza degli Stati Uniti si affievolisce visibilmente? Oppure ci stanno preparando a qualcosa di ancora più controcorrente, ancora più radicale come un tentativo di riforma finanziaria globale?
"Da questo momento in poi, l'unica missione del Dipartimento della Guerra appena ripristinato è questa: combattere la guerra, prepararsi alla guerra e prepararsi a vincere, senza tregua e senza compromessi", ha detto martedì il Segretario alla Guerra degli Stati Uniti ai generali riuniti a Washington.
Il mondo è in fiamme e in Europa la paura sta arrivando a livelli altissimi. In ogni dove è tutto un gridare ai russi che starebbero ovunque tramando nell'ombra. Stanno davvero preparando qualcosa di grosso o è solo una strategia europea volta a spaventare gli Stati Uniti per coinvolgerli in un progetto diretto a indebolire e a mandare in pezzi la Russia?
Il crollo dell'Unione Sovietica ha messo in mano alla “vecchia” Europa - alle grandi nazioni europee- gli enormi mercati dell'Europa orientale, dei Balcani e dell'ex Unione Sovietica; ha anche dato all'Europa risorse ed energia a basso costo. Il progetto dell'Unione Europea in sé è stato effettivamente comprato con il profumo dei soldi, con la promessa di una facile ricchezza.
Con il crollo di quella ricchezza -Trump ha appena impresso alla crisi una notevole accelerazione- e senza lo smembramento del mercato russo, a quale prezzo la Francia, la Germania o lo stato che occupa la penisola italiana potranno mantenere il loro precedente peso politico o la loro influenza globale? Più precisamente, i leader europei si stanno chiedendo: "Adesso, come posso fare per farmi rieleggere?".
La politica del rischio calcolato di una minaccia russa viene spinta dagli europei oltre il limite del rischio. Ma né l'Europa né gli Stati Uniti sembrano avere il coraggio che serve ad affrontare una guerra vera e propria. E certamente nemmeno i loro cittadini.
Nessun commento:
Posta un commento