26 settembre 2025

Penisola italiana. Coscienza di classe, competenza e maturità politica nel 2025

I temi principali che i burocrati dibattevano in attesa del caffè erano quelli che Giovanni ascoltava da trent'anni, sempre gli stessi: lo sport, la politica e i fatti di cronaca nera. Soprattutto questi ultimi accendevano di più gli animi dei colleghi del Ministero. Accadimenti straordinari avvenivano ogni giorno, da trent'anni. Ogni giorno una strage, una faida tragica di famiglia, crollo di dighe, esplosioni di delinquenza, i suicidi più atroci erano al centro dei loro animosi discorso. Tutte le mattine non mancava uno solo di questi argomenti da dibattere: "Per me è stato lui, per me non è stato lui... per me l'assassino è il fratello... l'amante" e via discorrendo. Alla fine, sempre, prima di chiudersi nei rispettivi uffici, gli impiegati si trovavano d'accordo che l'istituzione di una sana pena di morte avrebbe messo a tacere definitivamente tutta la violenza di questo mondo.

 E intanto i colleghi di stanza blateravano e vomitavano la loro rabbia per tutte le ingiustizie di questo schifoso mondo pieno di froci, di comunisti, di drogati e di ministri corrotti.

 Vincenzo Cerami, Un borghese piccolo piccolo, 1976.

24 settembre 2025

Alastair Crooke - "Prima di tutto lo stato sionista". Ecco quale genio è uscito dalla lampada


Traduzione da Strategic Culture, 22 settembre 2025.

"Gaza è in fiamme; lo Stato ebraico non cederà", proclama entusiasta il Ministro della Difesa Katz: "Le forze armate dello stato sionista stanno colpendo con il pugno di ferro le infrastrutture terroristiche". In realtà, nelle ultime settimane lo stato sionista ha colpito "infrastrutture" in Cisgiordania, Iran, Siria, Libano, Yemen e Tunisia, oltre che a Gaza.
Il progetto che chiamavano di "ordine basato sulle regole" (ammesso che sia mai esistito davvero, al di là della narrativa) è diventato carta straccia ed è stato sostituito da un sionismo violento: genocidio, attacchi proditori intanto che si fa finta di intraprendere negoziati di pace, assassinii e decapitazione delle leadership politiche. È una guerra senza limiti, senza regole, senza legge e in completo disprezzo della Carta delle Nazioni Unite. I limiti imposti dall'etica, in particolare, vengono liquidati come mero "relativismo morale".
La politica estera dello stato sionista sta subendo una profonda trasformazione. Una trasformazione che deve essere intesa come una virata di centoottanta gradi nei confronti dell'essenza stessa del pensiero sionista. Una rotta che da Ben Gurion porta a Kahane, come ha scritto Yossi Klein.
La strategia dello stato sionista negli ultimi decenni si è sempre basata sulla speranza di arrivare a una vera e propria "deradicalizzazione" sia dei palestinesi che della regione in generale. Una chimera, che nelle intenzioni dovrebbe rendere "sicuro" lo stato sionista. Fin dai tempi della fondazione, il sacro obiettivo dei sionisti è sempre stato questo.
Il ministro degli Affari strategici Ron Dermer sostiene che a un mutamento così radicale nella coscienza collettiva si potrà arrivare solo bombardando gli oppositori fino alla loro totale sottomissione, lezione che egli trae dalla Seconda guerra mondiale. Per lo meno questo aspetto, nella politica estera dello stato sionista, è chiaro: in guerra, si segue la legge della giungla.
Ma c'è un altro aspetto, forse più preoccupante: le norme e i principi etici che lo stato sionista cerca apertamente di distruggere sono, in ultima analisi, norme e principi proclamati dagli Stati Uniti. Solo che quando c'è di mezzo lo stato sionista gli USA mettono da parte la loro etica tradizionale in una maniera stupefacente. Invece di criticare il ricorso dello stato sionista a iniziative militari contrarie ad ogni etica o di mettervi un freno, l'amministrazione Trump le imita: attacchi proditori intanto che finge di intavolare negoziati, tentativi di decapitazione e attacchi missilistici contro navi sconosciute al largo del Venezuela che vaporizzano gli equipaggi.
Gli Stati Uniti si stanno comportando apertamente in questo modo, e come lo stato sionista ignorano il diritto e le convenzioni internazionali.
Sembra che le personalità fondamentali dello establishment statunitense mostrino una sempre maggiore predilezione per le strategie militari dello stato sionista e che stiano addirittura passando dall'etica morale della cosiddetta "guerra giusta" a una più vicina all'etica ebraica di Amalek. Questo significa aggiornare il software morale occidentale all'insegna della "giustizia" alternativa rappresentata dalla guerra senza quartiere.
Lo stato sionista ha un futuro? In questo momento esso sta portando avanti una seconda Nakba a Gaza e in Cisgiordania; la società ebraica resta intrappolata fra repressione e negazione, proprio come nel 1948. Lo storico israeliano Ilan Pappe ha scritto nel 2006, nella sua fondamentale opera sulla Nakba del 1948, che è indispensabile "recuperare [gli eventi del 1948] dall'oblio":
Una volta presa la decisione [il 10 marzo 1948], ci vollero sei mesi per completare la missione. A missione finita più della metà della popolazione autoctona della Palestina, quasi ottocentomila persone, era stata sradicata. Cinquecentotrentuno villaggi... distrutti e undici quartieri urbani svuotati dei loro abitanti. Il piano... e soprattutto la sua sistematica attuazione nei mesi successivi, furono un caso di esplicita operazione di pulizia etnica. Una cosa considerata oggi dal diritto internazionale come un crimine contro l'umanità...
La storia del 1948 non è complicata... È la semplice ma terribile storia della pulizia etnica della Palestina, un crimine contro l'umanità che lo stato sionista ha voluto negare e far dimenticare al mondo. Recuperarlo dall'oblio è un nostro dovere, non solo come atto di ricostruzione storiografica o come dovere professionale, ma anche come iniziativa sul piano morale. È il primo passo che dobbiamo compiere se vogliamo che la riconciliazione abbia una possibilità.
Recentemente ho scritto di come il controverso documentario della regista Neta Shoshani sulla Nakba del 1948 abbia mostrato come nello stato sionista i limiti dettati dall'etica e dalla legge siano stati cancellati in una sanguinosa ridda di stupri. La Shoshani afferma che la perdita assoluta di ogni limite etico -nessuno è stato chiamato a risponderne e non c'è stata alcuna giustizia- ha messo in pericolo la legittimità del progetto di fondazione dello Stato. Se questo venir meno si verificasse di nuovo -come nel caso della guerra attualmente in corso- "potrebbe essere la cosa che porrà fine allo stato sionista".
Le considerazioni della Shoshani alludono al trauma che gli ebrei laici liberali subiscono a fronte delle condotte e dello stile di vita della loro società, in gran parte laica e liberale, che vengono stravolte dalla svolta verso gli obiettivi militaristici ed escatologici della destra. Il ministro delle Finanze Smotrich ha recentemente dichiarato che il popolo ebraico sta vivendo "il processo della redenzione e del ritorno della presenza divina a Sion, mentre si impegna nella 'conquista della terra'".
Molti ebrei europei erano giunti nel nuovo Stato in cerca di sicurezza e protezione, ma anche per partecipare al progetto sionista in Palestina.
Per ora, Netanyahu afferma di avere da Trump un sostegno "al 100%" e "credito illimitato" per il putiferio scatenato in tutta la regione. Come scrive Ben Caspit, citando un alto diplomatico dello stato sionista:
Il fatto che Rubio sia arrivato qui pochi giorni dopo l'attacco [di Doha] e non abbia espresso quasi nessuna critica –anzi– è un ulteriore avallo per l'operazione dello stato sionista a Gaza... lo stato sionista non ha mai ricevuto un'apertura di credito tanto generosa e tanto lunga, da nessuna amministrazione ameriKKKana.
E Trump sembra allontanarsi dalla nomea di "pacificatore globale" per concentrarsi più specificamente sulla dimostrazione del "grandioso eccezionalismo" ameriKKKano attraverso dazi, sanzioni o operazioni militari. In questo modo dimostra quanto l'AmeriKKKa sia dominatrice, se non propriamente grande.
Eppure ci sono problemi, e sono fin troppo evidenti: negli anni scorsi lo stato sionista era stato in gran parte relegato ai margini della Conferenza Nazionale dei Conservatori degli Stati Uniti. Questa volta invece lo Stato ebraico e le sue guerre non si potevano tralasciare. L'ultima conferenza dei conservatori è scivolata in una serie di schermaglie tra i "realisti" neoconservatori che sostengono lo stato sionista e coloro che chiedono: "Perché dobbiamo infilarci in guerre come queste? Perché gli infiniti problemi dello stato sionista sarebbero una responsabilità degli Stati Uniti? Perché dovremmo accettare [lo stato sionista come parte del] prima l'AmeriKKKa?" Il direttore di The American Conservative è sbottato: "Non dovremmo, c***o!"
La tensione all'interno del Partito Repubblicano è evidente: i sostenitori del MAGA desiderano sostenere Trump, ma i grandi donatori e i commentatori ebrei, come il falco filosionista Max Abrahms, hanno deriso gli "isolazionisti del MAGA" estimatori di Tucker Carlson presenti alla conferenza, raffigurati come degli "invasati" per la loro determinazione a disimpegnarsi dal Medio Oriente.
Trump ha avvertito Netanyahu che il genocidio a Gaza sta indebolendo il sostegno di cui lo stato sionista gode tra i repubblicani, in particolare tra i giovani. Trump non ha modificato la sua linea di incondizionato sostegno allo stato sionista -quale che ne sia il motivo- ma ha preso atto dell'aria che tira nella sua base elettorale.
Se Trump ha davvero notato il cambiamento, a Netanyahu non importa. Come riferisce Amir Tibon su Haaretz:
Se Trump pensa che le sue considerazioni sull'indebolirsi dell'influenza dello stato sionista sul Congresso saranno un campanello d'allarme per Netanyahu, si sbaglia. Nello stato sionista non avevano bisogno di Trump per sapere che il loro Paese sta perdendo la battaglia per il favore dell'opinione pubblica mondiale.
Netanyahu e Ron Dermer... hanno pacificamente preso atto della perdita di sostegno che lo stato sionista sta subendo a livello internazionale, del suo crescente isolamento, delle minacce di sanzioni e dei mandati di arresto per i suoi leader, compreso lo stesso Netanyahu. I due sembrano non curarsene, e il motivo, ironicamente, è dato proprio dallo stesso individuo che lancia l'allarme: Donald Trump.
Dal punto di vista di Netanyahu, finché il sostegno di Trump regge, niente di tutto questo ha importanza.
Ebbene, le guerre dello stato sionista gli hanno alienato una generazione di giovani conservatori statunitensi che non rivedrà più. Quali che siano le circostanze in cui è stato ucciso Charlie Kirk, la sua morte ha liberato nella politica repubblicana un genio dominatore, che è uscito dalla lampada dicendo "lo stato sionista prima di tutto".
Quando darà un'occhiata in giro, Netanyahu scoprirà che lo stato sionista ha perso il sostegno statunitense. E anche quello del resto del mondo.

18 settembre 2025

Alastair Crooke - Mantenere la supremazia e continuare con la escalation. Trump e l'influenza dei sostenitori dello stato sionista



Traduzione da Strategic Culture, 16 settembre 2025.


L'attacco contro i negoziatori di Hamas riuniti a Doha per discutere della "proposta" di Witkoff per Gaza non è un'altra "operazione" da ignorare in silenzio, come nel caso della eliminazione di quasi tutto l'esecutivo dello Yemen.
Esso segna piuttosto la fine di un'epoca, e apre per il Qatar una realtà nuova.
Si tratta di un evento storico. Per decenni il Qatar ha giocato una partita molto redditizia, sostenendo i jihadisti radicali di An Nusra in Siria per fare leva contro l'Iran e al tempo stesso ospitando basi militari statunitensi e mantenendo una partnership strategica con Washington. Doha si è presentata come mediatrice: andava a cena con gli jihadisti e intanto agevolava le cose al Mossad.
Questo tenere il piede in due scarpe è stata la cosa che ha conferito al Qatar la reputazione di eterno beneficiario delle crisi, in Medio Oriente e in Afghanistan. Anche quando lo stato sionista, l'Iran o l'Arabia Saudita erano sotto attacco, Doha ne usciva vincitrice. I qatarioti contavano con calma i profitti derivanti dal loro gas e traevano utili dal ruolo di intermediari indispensabili.
Ora questa favola è finita: non ci saranno più zone franche. La cosa più significativa è che gli Stati Uniti (secondo quanto riportato dall'emittente sionista Channel 11) avevano approvato l'azione, di cui Trump è stato informato a cose fatte. Nonostante abbia espresso delle riserve sull'attacco, Trump ha detto di plaudire a qualsiasi eliminazione di appartenenti ad Hamas.
Avremmo dovuto prevederlo. L'attacco a Doha è stato l'ennesimo attacco a sorpresa di Trump e dello stato sionista; una prassi iniziata con l'attacco a sorpresa contro la leadership di Hezbollah riunita per discutere un'iniziativa di pace degli Stati Uniti, procedura poi adottata identica per decapitare i vertici della Repubblica Islamica dell'Iran il 13 giugno, proprio mentre Trump faceva pubblicità ai colloqui per il JCPOA con i negoziatori di Witkoff, che sarebbero iniziati nei giorni successivi.
Questa volta lo stato sionista ha colpito usando come esca per riunire i leader di Hamas in un unico luogo a Doha la "proposta di pace" di Trump per Gaza. Il piano di Witkoff per Gaza sembra una burla, o forse un deliberato falso. Lo stato sionista aveva già deciso di porre fine al ruolo del Qatar.
La logica dello stato sionista è tanto semplice quanto cinica, e prescinde dal numero di basi statunitensi presenti o dall'importanza del gas per l'economia mondiale. L'uccisione di Ismail Haniyeh a Tehran, gli attacchi alla Siria e al Libano, l'operazione in Qatar sono tutti anelli di una stessa catena. Netanyahu -e la maggioranza dei cittadini dello stato sionista gli esprime in questo il proprio sostegno- dimostra con metodo che per lui in Medio Oriente non esistono territori proibiti, né legge, né Convenzione di Vienna.
Il sostegno al genocidio e alla pulizia etnica messi in atto dallo stato sionista, la mancanza di un serio impegno nella preparazione di un percorso politico per una soluzione in Ucraina, fare la guerra intanto che si invoca la pace. Ecco di cosa consiste nella sua essenza l'approccio di Trump. Esso contempla l'esercizio di una supremazia con riserva di escalation, sia in patria che all'estero.
L'intera idea del Make AmeriKKKa Great Again (MAGA) sembra basarsi sul ricorso calibrato alla bellicosità, ai dazi o alla potenza militare per mantenere nel tempo questa supremazia basata sulla prerogativa dell'escalation. Trump sembra pensare che il raggiungimento della supremazia in patria e all'estero sia l'essenza del MAGA. E che a tanto si possa arrivare attraverso un esercizio calibrato della prepotenza, rivenduto alla base MAGA asserendo che simili minacce possano portare alla "pace" o a negoziare un "cessate il fuoco".
L'enfasi su questa supremazia con riserva di escalation ha anche a che fare con l'intento, nella mentalità di Trump, di far diventare le guerre delle colossali iniziative che portino agli Stati Uniti dei vantaggi economici. L'idea di trasformare Gaza in un progetto di investimento redditizio sottolinea questo stretto legame tra guerra e guadagno. Lo stesso vale per l'Ucraina, che per gli USA è diventata un'ottima lavanderia per il denaro sporco.
Non si creda che gli Stati Uniti non torneranno a dedicarsi a una guerra in particolare, a tempo debito. Ecco perché la prospettiva di una escalation non viene mai completamente abbandonata o rimossa, poiché il suo persistere permette di ricorrervi in un qualche modo in un secondo momento (cioè in Ucraina).
Sono tutti segnali che a Mosca hanno fatto suonare un campanello d'allarme. Il viaggio di Trump ad Anchorage -dal punto di vista russo- doveva serivre a capire (se possibile) quanto fossero strette le catene che legano Trump, quale sia la sua libertà di agire in modo autonomo, cosa voglia e cosa potrebbe fare in futuro.
Per i russi, la visita ha dimostrato quali siano questi limiti.
Yuri Ushakov, principale consigliere di Putin in materia di politica estera, ha spiegato che a Tianjin, in occasione del vertice dell'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, ci sono state discussioni con tutti gli alleati strategici della Russia; si è capito che c'era stato un ritardo nel varo delle sanzioni contro la Russia da parte di Trump, ma che non era stato organizzato niente per continuare i negoziati. Nessuna struttura, nessun gruppo di lavoro, nessun ulteriore scambio per preparare il cosiddetto incontro a tre fra Trump, Zelensky e Putin. Nessuna preparazione per una agenda, nessuna indicazione sui termini.
Tutto questo ha messo in chiaro le intenzioni di Trump per il futuro: nessuna struttura, nessun segnale, nessun concreto impegno per la pace. Al contrario, i russi vedono un regime Trump che sta prendendo tempo per fare l'opposto, con i piani europei per il riarmo dell'Ucraina.
L'aggressione congiunta dello stato sionista e degli USA contro l'Iran -e poi l'attacco contro il Qatar- sono eventi che si inquadrano nella stessa cornice ideologica e che confermano il predominio dei sostenitori dello stato sionista e di coloro che, nell'ambiente di Trump, nutrono antichi rancori contro la Russia per ragioni religiose dello stesso tipo.
Il predominio di questa politica incentrata sullo stato sionista ha frammentato la base MAGA di Trump. Più in generale, ha compromesso in modo permanente il soft power globale e l'affidabilità diplomatica degli Stati Uniti. Eppure Trump, tenuto saldamente in questa morsa, non osa sfuggirle: farlo significherebbe rischiare l'autodistruzione.
Lo stato sionista sta portando avanti una seconda Nakba (pulizia etnica e genocidio) a Gaza e in Cisgiordania, e la società ebraica si trova in gran parte intrappolata nella repressione e nella negazione proprio come nel 1948. Il controverso documentario della regista Neta Shoshani sulla guerra del 1948 è stato vietato nello stato sionista perché ha messo in luce molte delle manchevolezze dell'etica che stava alla base della costruzione dell'identità del nascente stato.
La Shoshani ha scritto recentemente del suo film:
Improvvisamente mi sono resa conto che negli ultimi due terribili anni l'intera questione dell'etica nello stato sionista è stata completamente distrutta. Ho capito che un ethos ha un grande potere, che è quello di mantenere una società entro certi limiti. E anche se questi limiti vengono violati -e sono stati certamente violati già nel 1948- c'era ancora qualcosa nel codice morale della società che almeno le faceva provare vergogna. Per decenni questo ethos ha salvaguardato la società [dello stato sionista] e l'esercito, costringendoli a rimanere entro certi limiti. E quando questa etica viene meno, succedono cose davvero spaventose. Da questo punto di vista il film era difficile da guardare fin dall'inizio, ma dopo gli ultimi due anni è diventato insopportabile... Se il 1948 è stata una guerra di indipendenza, la guerra adesso in corso potrebbe essere quella che segnerà la fine dello stato sionista.
La Shoshani vuole mettere in guardia sul fatto che quando i limiti etici di una società vengono cancellati con un bagno di sangue (come è successo nel 1948), il loro venir meno può mettere a repentaglio la legittimità dell'intero progetto, portando all'autodistruzione uno stato che si è spinto oltre ogni umano limite.
Questa oscura intuizione, molto pertinente ai giorni nostri, potrebbe essere proprio uno dei tentacoli che legano senza riserve Trump alla sopravvivenza finale dello stato sionista, anche se probabilmente ci sono altri robusti ma non visibili laccioli.
Tutto questo avviene in un momento in cui gli Stati Uniti si stanno allontanando sempre più dalla bozza del 1992 della Defence Planning Guidance (DPG) nota come "Dottrina Wolfowitz", che invitava gli Stati Uniti a mantenere una superiorità militare indiscussa per impedire l'emergere di rivali e, se necessario, ad agire unilateralmente per proteggere i propri interessi e scoraggiare potenziali concorrenti.
L'attuale bozza della Strategia per la Difesa Nazionale sta togliendo l'occhio dalla Cina per concentrarsi sulla sicurezza del suolo patrio e dell'emisfero occidentale. Le truppe saranno richiamate, dapprincipio per rafforzare i confini. Will Schryver scrive:
A quanto sembra Elbridge Colby si è accorto del fatto puro e semplice che è troppo tardi per arrestare il dominio della Cina sul Pacifico occidentale, e sapeva già che una guerra contro la Russia era impensabile. L'unica opzione strategicamente significativa rimasta è l'Iran.
Colby forse sa anche che qualsiasi ulteriore fallimento militare degli Stati Uniti smaschererebbe fatalmente la spavalderia geostrategica di Trump, mostrandola per il bluff che è.
Potremmo quindi assistere a una nuova serie di importanti cambiamenti geopolitici, adesso che Trump sta abbandonando i suoi sforzi per cercare di passare come un pacificatore globale.
Probabilmente Trump stesso non sa cosa vuole fare. Con le tante fazioni che cercano di inserirsi nello spazio strategico vacante, probabilmente si rivolgerà a quelle tattiche di guerra dello stato sionista per le quali prova tanta ammirazione.

11 settembre 2025

Alastair Crooke - Dopo il vertice della OCS di Tianjin Donald Trump riuscirà a reagire? La sfida cinese è arrivata davvero in un momento qualsiasi?

 



 Traduzione da Strategic Culture, 8 settembre 2025.

Il guanto della sfida. Il vertice della Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai è stato una chiara dimostrazione di uno stato di cose in cui esiste una potenza in forte ascesa e una potenza che sta visibilmente indebolendosi. La straordinaria parata militare è stata la controparte del vertice e ha parlato molto chiaro: Volete sfidarci? Noi siamo pronti.
La Cina ha lanciato la sfida con tempismo perfetto. Si potrebbe quasi pensare che ci avessero davvero pensato in anticipo. "Sono l'inchiostro cinese e l'inchiostro russo adesso a scrivere la Storia", ha osservato un commentatore russo.
I sistemi politici occidentali sono in subbuglio, assediati da un populismo che promette di tutto ma che non ha gli strumenti per risolvere nulla. Le alleanze occidentali sono lacerate dal dubbio e dall'incertezza: la stabilità politica si incrina sotto la pressione dei fallimenti delle politiche occidentali di prestito e di spesa. Anche The Economist ammette che "una nuova realtà sta prendendo piede".
La reazione di Trump allo spettacolo della OCS è stata una frecciatina sarcastica a quella che egli vede come una "cospirazione" diretta contro gli USA. Tuttavia, se in quel raduno di "amici" si sente come se avesse fatto da tappezzeria, è perché ha scelto di non andare a Tianjin. La colpa è solo sua. E se la OCS dovesse essere intesa in Occidente come antioccidentale, anche questo sarebbe in gran parte dovuto a Trump e al modo che ha scelto per inquadrare il futuro degli Stati Uniti.
Xi ha sottolineato quest'ultimo punto nel suo discorso di apertura: "L'umanità si trova ancora una volta a scegliere tra pace o guerra, dialogo o confronto, risultati vantaggiosi per tutti o giochi a somma zero".
Purtroppo, Trump è probabilmente troppo impegnato con la pretesa grandezza dell'eccezionalismo statunitense perché ci si possa aspettare da lui una risposta ponderata. Ma d'altra parte, Trump sembra spesso sfidare l'ovvio.
L'Occidente reagirà in termini psicologici con un antagonismo sulla difensiva. Gli Stati Uniti chiaramente non si sono preparati psicologicamente a considerare le potenze della OCS su un piano di parità. Secoli di superiorità colonialista hanno plasmato una cultura in cui l'unico modello ammissibile è quello di una egemonia che impone una dipendenza filooccidentale.
Riconoscere che Cina, Russia o India hanno fatto parte a sé rispetto all'"ordine basato sulle regole" e che hanno costruito una sfera separata e non occidentale implica chiaramente accettare la fine dell'egemonia globale occidentale. E significa anche accettare il fatto che sia finita l'era dell'egemonia nel suo complesso. Le classi dirigenti statunitensi ed europee non sono assolutamente dell'umore adatto a una cosa del genere. Gli strati dirigenti europei continuano convintamente a mugugnare con ostilità contro la Russia.
Gli europei si sono senz'altro accorti della scossa, ma non hanno capito cosa l'abbia causata esattamente e hanno quindi deciso di rispondere con la maleducazione. Friedrich Merz ha affermato con convinzione: "Putin è un criminale di guerra. È forse l'autore dei più gravi crimini di guerra su vasta scala della nostra epoca. Dobbiamo essere chiari su come trattare i criminali di guerra: non c'è spazio per la clemenza".
La realtà (e il poco che sappiamo) di ciò che è venuto fuori dalla parata di Piazza Tienanmen in Cina causerà senza dubbio costernazione a Washington, Bruxelles e Londra. Il presidente Xi ha dichiarato che l'ascesa della Cina è "inarrestabile", facendo vedere oltre diecimila soldati che marciano in perfetta sincronia e rivelando le nuove e impressionanti armi cinesi: un missile balistico intercontinentale nucleare con una gittata di ventimila chilometri, un sistema di intercettazione laser e giganteschi droni sottomarini.
In particolare, il presidente Xi ha messo in mostra -per la prima volta- la forza nucleare terrestre, marittima e aerea dell'Esercito Popolare di Liberazione: una triade completa e letale.
Alla parata per celebrare la vittoria Xi ha sfilato con orgoglio insieme ai suoi alleati, gli stessi che gli Stati Uniti hanno messo sotto sanzioni. Ha preso posto sul palco con Kim Jong Un alla sua sinistra e Putin alla sua destra: una formazione simbolica che in pochi avrebbero potuto prevedere. Allo stesso modo, il clima di aperta cordialità fra Putin, Xi e il primo ministro Modi era chiaramente reale e non una posa.
Anche i risultati pratici del vertice lasceranno perplessi gli occidentali. L'annuncio del gasdotto Siberia 2, osserva Bloomberg, pone effettivamente fine alle mire degli Stati Uniti in materia di predominio energetico.
Come riporta l'editoriale di Bloomberg, "la Cina potrebbe ora smettere di importare più della metà del gas naturale dall'estero; entro l'inizio degli anni '30 la quota di gas russo rispondente al fabbisogno cinese potrebbe raggiungere il 20%. Gli analisti hanno rapidamente calcolato che l'entrata in servizio del Siberia 2 equivale a un calo della domanda di circa quaranta milioni di tonnellate di gas all'anno".
"Questo significa che molti progetti di produzione di gas su cui gli Stati Uniti avevano scommesso non hanno più senso".
Quali saranno le altre conseguenze? Gli Stati Uniti e l'Europa non prenderanno alla leggera questi avvenimenti. Nella loro ostilità, la loro rabbia si concentrerà probabilmente prima di tutto sulla Russia (tramite l'Ucraina) e al tempo stesso sull'Iran, alleato strategico della Russia e della Cina.
Durante il vertice, Xi ha proposto la creazione di un nuovo ordine internazionale in materia di sicurezza ed economia, sfidando esplicitamente l'attuale sistema istituzionale guidato dagli Stati Uniti. Ha descritto l'iniziativa come un passo verso la costruzione di un mondo multipolare. E agli annunci ha immediatamente fatto seguito la prima iniziativa concreta della OCS.
Cina e Russia hanno fatto causa comune con l'Iran nel respingere l'iniziativa europea di ripristinare automaticamente le sanzioni dell'ONU contro Tehran. Una lettera firmata congiuntamente dai ministri degli Esteri di Cina, Russia e Iran e indirizzata al Segretario Generale delle Nazioni Unite ha riportato in termini inequivocabili che l'attivazione della clausola di snapback da parte dei tre negoziatori europei "contravviene chiaramente alla risoluzione e pertanto è ipso facto viziata dal punto di vista giuridico e procedurale". La linea adottata dagli europei "costituisce un abuso dell'autorità e delle funzioni del Consiglio di sicurezza dell'ONU, oltre a distogliere i suoi membri e la comunità internazionale dalle cause profonde del fallimento dell'attuazione del JCPOA e della risoluzione 2231 del Consiglio di Sicurezza dell'ONU".
Si tratta di termini duri, che tuttavia potrebbero non essere sufficienti a impedire l'automatica entrata in vigore delle sanzioni entro trenta giorni dalla trasmissione della lettera dei negoziatori europei al Consiglio di Sicurezza, avvenuta il 28 agosto.
I negoziatori europei sostengono che la loro iniziativa in realtà conferisce agibilità all'Iran per negoziare un ritorno alla piena conformità al JCPOA, ma ciò è smentito dal fatto che essi subordinano il periodo di negoziazione di trenta giorni a nuove richieste relative all'inventario missilistico dell'Iran e alla sua posizione in politica estera, che vengono postulati come parte integrante di qualsiasi accordo. Essi sono perfettamente consapevoli del fatto che questi ulteriori elementi non saranno mai accettati dall'Iran.
Francia, Germania e Regno Unito stanno quindi mettendo l'Iran davanti alla prospettiva di un'azione militare, attraverso l'introduzione di condizioni irrealizzabili.
È chiaro che la dichiarazione di Cina e Russia implica che esse non rispetteranno il ripristino di alcuna sanzione che venisse imposta all'Iran.
Trump afferma periodicamente di non volere la guerra con l'Iran, ma ciononostante il 22 giugno ha già colpito gli impianti nucleari iraniani.
Il quadro del ripristino delle sanzioni, con le sue condizioni punitive, è secondo ogni apparenza inteso a provocare un fallimento diplomatico e non è nato dal nulla.
Ricordiamo che è stato Trump, nel febbraio 2025, a firmare un memorandum presidenziale nazionale -che è una ingiunzione legalmente vincolante- in cui si afferma che gli obiettivi degli Stati Uniti sono quelli di "negare all'Iran l'arma nucleare e i missili balistici intercontinentali" e che "la rete e la campagna di aggressione regionale dell'Iran vengano neutralizzate", che il Segretario al Tesoro dovrebbe esercitare la massima pressione possibile con le sanzioni e che il rappresentante degli Stati Uniti presso l'ONU dovrebbe collaborare con i principali alleati per completare il ripristino delle sanzioni e delle restrizioni a livello internazionale nei confronti dell'Iran, ritenendo l'Iran "responsabile della violazione del Trattato di non proliferazione nucleare". Queste sono alcune tra le molte disposizioni incluse nel memorandum.
Il memorandum presidenziale del febbraio 2025 ha posto le basi per un'eventuale azione militare contro l'Iran o per la sua capitolazione totale. L'idea di privare l'Iran dei suoi missili e dei suoi legami con gli alleati regionali è sempre stata destinata al fallimento. Eppure, queste richieste stanno riemergendo con le ultime richieste dei negoziatori europei. E chi c'è dietro tutto questo? Trump. E, dietro di lui, Netanyahu.
Il primo round è già stato giocato e ora le forze dietro le quinte stanno spingendo perché si passi al secondo. Esse vedono l'Iran rafforzarsi, lo stato sionista indebolirsi e il periodo adatto a cogliere l'occasione avvicinarsi alla fine. Hanno fretta.
L'altra parte della ripicca dell'Occidente a fronte dell'"insolenza" con cui la OCS si sta tenendo alla larga dalla sua supremazia, probabilmente prenderà forma in Ucraina. Gli europei e Zelensky chiederanno che si faccia più pressione sulla Russia, sia dal punto di vista militare che finanziario.
La Russia ha senza dubbio informato gli altri Paesi presenti a Tianjin che intende comunicare a Trump che continuerà con l'operazione militare speciale fino al completo raggiungimento di tutti gli obiettivi prefissati, dal momento che Washington sembra incapace di controllare gli ucraini e gli europei. Se la situazione dovesse prendere una piega diversa, la Russia è disponibile a intraprendere un percorso diplomatico per porre fine al conflitto, ma alle sue condizioni. Lo sforzo principale tuttavia sarà quello di assicurarsi la vittoria sul campo di battaglia. Se Trump dovesse reagire con una escalation, la Russia risponderà in modo adeguato.
Trump vive sotto enormi pressioni ed è soggetto a (sconosciuti) vincoli. Ma quello che abbiamo constatato più volte con Trump è che egli sfida l'ovvio. Riesce a sopravvivere alle difficoltà, a superarle e, in un certo senso, a prosperare proprio grazie ad esse. Le avversità sono la sua linfa vitale. Ha una qualche inspiegabile e indomabile caratteristica che coloro che lo conoscono bene affermano di percepire.
Trump riuscirà a reagire al dopo Tianjin? Il suo insistito pretendere che gli Stati Uniti hanno il diritto all'egemonia finanziaria porterà ora -vista la riottosità dei Paesi dell'OCS- a un indebolimento dell'AmeriKKKa? Il momento in cui la Cina ha lanciato il guanto di sfida è stato del tutto casuale o la situazione finanziaria dell'Occidente è più fragile di quanto si pensi generalmente?
Trump sarebbe in grado di arrivare a quella distensione sul nucleare che gli varrebbe la candidatura al Nobel, a dispetto delle pastoie che lo trattengono?

08 settembre 2025

Alastair Crooke - Da Tel Aviv il "nuovo e violento sionismo" prodromo di una geopolitica imperiale fatta di sottomissione e di obbedienza

Traduzione da Strategic Culture, 1 settembre 2025.

 La strategia dello stato sionista degli ultimi decenni continua a basarsi sulla speranza di arrivare a una vera e propria trasformazione che deradicalizzi sia i palestinesi sia la regione in generale. Una deradicalizzazione che renderà "sicuro" lo stato sionista. Questo è stato il sacro scopo dei sionisti sin dalla fondazione dello stato. Oggi, il termine in codice per indicare questa chimera è "Accordi di Abramo".
Anna Barsky scrive su Ma'ariv (in ebraico) il 24 agosto che Ron Dermer -ministro per gli affari strategici di Netanyahu, ex ambasciatore a Washington e importante "consigliere" di Trump- "vede la realtà con freddo occhio politico. È convinto che un vero accordo [su Gaza] non sarà mai concluso con Hamas, ma [solo] con gli Stati Uniti. Ciò che serve, dice Dermer, è che gli ameriKKKani facciano propria la linea politica dello stato sionista, gli stessi cinque punti approvati dal Consiglio dei Ministri: disarmo di Hamas, ritorno di tutti gli ostaggi, completa smilitarizzazione di Gaza, controllo della sicurezza nella Striscia in mano allo stato sionista e un governo civile alternativo che non sia né di Hamas né dell'Autorità Palestinese".
Dal punto di vista di Dermer, un accordo parziale per il rilascio degli ostaggi –che Hamas ha accettato– sarebbe un disastro politico. Al contrario, se Washington dovesse approvare la linea di Dermer facendone un proprio piano, secondo la Barsky Dermer concluderebbe che "avremmo una situazione vantaggiosa per tutti". Inoltre, secondo la logica di Dermer, "la mera apertura di un accordo parziale darebbe a Hamas due o tre mesi di respiro, durante i quali potrebbe rafforzarsi e persino cercare di arrivare a uno scenario conclusivo diverso da quello degli statunitensi, uno che gli si adatti meglio [ad Hamas]". "Questo, secondo Dermer, è lo scenario veramente pericoloso", scrive la Barsky.
Dermer ha insistito per anni sul fatto che lo stato sionista non può arrivare alla pace senza prima arrivare a una trasformazione deradicalizzante di tutti i palestinesi. "Se lo facciamo nel modo giusto", dice Ron Dermer, "lo stato sionista ne uscirà più forte -e anche gli Stati Uniti!".
Alcuni anni prima, quando fu chiesto a Dermer quale fosse secondo lui la soluzione al conflitto palestinese, egli rispose che sia la Cisgiordania che Gaza dovevano essere completamente disarmate. Tuttavia, più importante del disarmo era l'assoluta necessità che tutti i palestinesi fossero parimenti "deradicalizzati". Quando gli fu chiesto di spiegarsi meglio, Dermer fece riferimento con aria di approvazione all'esito della Seconda Guerra Mondiale: i tedeschi furono sì sconfitti, ma la cosa ancor più significativa fu che i giapponesi furono completamente "deradicalizzati" e resi imbelli dalla fine delle ostilità:
In Giappone le truppe statunitensi sono rimaste per settantacinque anni. In Germania le truppe statunitensi sono rimaste per settantacinque anni. Se qualcuno pensa che fossero questi gli accordi iniziali, si sta prendendo in giro. Dapprima si è trattato di un'imposizione. Poi hanno capito che per loro era un bene. E col tempo c'è stato un interesse reciproco a mantenere questo stato di cose.
Trump è a conoscenza della tesi di Dermer, ma a quanto pare è Netanyahu a esitare istintivamente. La Barsky scrive poi:
Un accordo parziale [con Hamas] porterà quasi certamente alle dimissioni di Smotrich e di Ben Gvir [dal governo]... Il governo andrà in pezzi... Un accordo parziale significa la fine del governo di destra... Netanyahu lo sa bene, ed è per questo che esita con difficoltà. Eppure si può tirare la corda fino a un certo punto.
Trump sembra accettare la tesi di Dermer: "Penso che vogliano morire, ed è molto, molto grave", ha detto Trump di Hamas prima di partire per il suo recente viaggio in Scozia in agosto. "Si è arrivati al punto in cui siete voi [cioè lo stato sionista] che dovrete portare a termine il lavoro".
Ma l'idea di Dermer di infliggere agli avversari una sconfitta tale da bruciare loro la coscienza non ha mai riguardato solo Hamas. Essa riguardava tutti i palestinesi, tutta la regione nel suo complesso e, naturalmente, l'Iran in particolare.
Gideon Levy scrive che dobbiamo essere grati all'ex capo dell'intelligence militare Aharon Haliva, che su Channel 12 ha ammesso che
"Abbiamo bisogno di un genocidio ogni pochi anni; il massacro del popolo palestinese è un atto legittimo, persino fondamentale". Ecco come parla un generale moderato dell'IDF... uccidere cinquantamila persone è "necessario".
Questa "necessità" non ha più un fondamento razionale. Si è trasformata in sete di sangue. Benny Barbash, drammaturgo cittadino dello stato sionista, scrive che molti concittadini che incontra -anche alle manifestazioni a favore di uno scambio tra ostaggi e prigionieri- ammettono francamente:
"Senti, mi dispiace davvero dirtelo, ma dei bambini che muoiono a Gaza non mi importa nulla. Né della fame che c'è o non c'è. Davvero non mi interessa. Te lo dico chiaramente: per quanto mi riguarda, da quelle parti possono anche morire tutti".
"Il genocidio come prerogativa dell'IDF, per il bene delle generazioni future"; "Per ogni [cittadino dello stato sionista] del 7 ottobre, devono morire cinquanta palestinesi. Dei bambini adesso non importa. Non parlo per vendetta, ma per lanciare un messaggio alle generazioni future. Non c'è niente da fare, hanno bisogno di una Nakba ogni tanto e poi di provarne il peso", cita Gideon Levy le sobrie considerazioni del generale Haliva (sottolineatura aggiunta).
Occorre interpretare tutto questo come indice di un profondo mutamento nel nucleo del pensiero sionista, che passa da Ben Gurion a Kahane. Yossi Klein scrive (in ebraico su Haaretz) che
Siamo davvero arrivati alla barbarie, ma questa non è la fine del sionismo... [Questa barbarie] non ha ucciso il sionismo. Al contrario, gli ha conferito rilevanza. Il sionismo ha avuto varie versioni, ma nessuna assomigliava a questa nuova, aggiornata e violenta variante rappresentata dal sionismo di Smotrich e di Ben Gvir...
Il vecchio sionismo non aveva più rilevanza. Esso ha fondato uno Stato e fatto rinascere la sua lingua. Non ha più obiettivi... Se oggi chiedeste a un sionista che cos'è il suo sionismo, non saprebbe come rispondere. "Sionismo" era diventata una parola vuota... Fino all'arrivo di Meir Kahane. Egli è stato foriero di un sionismo aggiornato i cui obiettivi sono chiari: espellere gli arabi e insediare gli ebrei. Questo è un sionismo che non si nasconde dietro belle parole. Sentir parlare di "evacuazione volontaria" lo fa ridere. Il "trasferimento" lo incanta. Lo apartheid lo inorgoglisce... Essere sionisti oggi significa essere Ben Gvir. Non essere sionisti significa essere antisemiti. Un antisemita [oggi] è qualcuno che legge Haaretz...
Smotrich ha dichiarato a fine agosto che il popolo ebraico sta vivendo fisicamente "il processo di redenzione e il ritorno della presenza divina a Sion, mentre è impegnato nella 'conquista della terra'".
È questo filone di pensiero apocalittico che sta influenzando l'amministrazione Trump in vari modi: sta trasformando la linea etica dell'amministrazione in una posizione del tipo "la guerra è guerra e deve essere totale". Qualunque cosa in meno deve essere vista come un mero scrupolo morale. Questa è l'interpretazione talmudica che deriva dalla storia dello sterminio degli Amalekiti; si veda Jonathan Muskat in Times of Israel.
Ecco quindi il nuovo asservimento di Washington verso la decapitazione delle leadership intransigenti (Yemen, Siria e Iran); il sostegno alla neutralizzazione politica di Hezbollah e degli sciiti in Libano, l'assassinio dei capi di Stato riottosi -come è stato discusso per l'Imam Kamenei- come operazioni di ordinaria amministrazione e la sovversione delle strutture statali (come previsto per l'Iran il 13 giugno).
La conversione dello stato sionista a questo sionismo revisionista –e la sua influenza sulle fazioni chiave della linea statunitense– è proprio il motivo per cui la guerra tra Iran e stato sionista è ormai percepita come inevitabile.
La Guida Suprema della Repubblica Islamica dell'Iran ha espresso chiaramente il proprioo comprenderne le implicazioni in un discorso pubblico all'inizio di questa settimana:
Questa ostilità [statunitense] è la stessa da quarantacinque anni ed è passata attraverso amministrazioni, partiti e presidenti statunitensi diversi. Sempre la stessa ostilità, le stesse sanzioni e le stesse minacce contro la Repubblica Islamica e il popolo iraniano. La domanda è: perché? In passato, hanno nascosto la vera ragione dietro etichette come terrorismo, diritti umani, diritti delle donne o democrazia. Se la dichiaravano, la formulavano in modo più educato, dicendo: "Vogliamo che l'Iran cambi comportamento".
Ma l'uomo oggi al potere in AmeriKKKa è stato finalmente chiaro e ha svelato il vero obiettivo: "Il nostro conflitto con l'Iran, con il popolo iraniano, è dovuto al fatto che l'Iran deve obbedire all'AmeriKKKa". Questo è ciò che noi, la nazione iraniana, dobbiamo capire chiaramente. In altre parole: una potenza mondiale si aspetta che l'Iran, con tutta la sua storia, la sua dignità e la sua eredità di grande nazione, se ne stia semplicemente sottomesso. Questo è il vero motivo di tutta quella ostilità.
Quelli che dicono "Perché non negoziate direttamente con l'AmeriKKKa per risolvere le vostre questioni?" guardano solo alla superficie. Non è questo il vero problema. Il vero problema è che gli Stati Uniti vogliono che l'Iran obbedisca ai loro ordini. Il popolo iraniano è profondamente offeso da un insulto così grave e si opporrà con tutte le sue forze a chiunque nutra false aspettative nei suoi confronti... Il vero obiettivo degli Stati Uniti è la sottomissione dell'Iran. Gli iraniani non accetteranno mai questo grave insulto.
Nella tesi di Dermer, deradicalizzare significa "instaurare un dispotismo leviatanico che riduca la regione a una totale impotenza, anche a livello spirituale, intellettuale e morale. Il Leviatano totale è un potere unico, assoluto e illimitato, spirituale e temporale, sugli altri esseri umani", come ha osservato il dottor Henri Hude, ex capo del Dipartimento di Etica e Diritto della prestigiosa Accademia Militare di Saint-Cyr in Francia.
Anche l'ex difensore civico dell'IDF, il maggiore generale (in pensione) Itzhak Brik, ha avvertito che la leadership politica israeliana sta "giocando con l'esistenza stessa dello stato sionista":
Vogliono ottenere tutto attraverso la pressione militare, ma alla fine non otterranno nulla. Hanno messo lo stato sionista sull'orlo di due situazioni insostenibili: lo scoppio di una guerra su vasta scala in Medio Oriente [e, o, in secondo luogo] il proseguimento della guerra di logoramento. In entrambe le situazioni lo stato sionista non sarà in grado di sopravvivere a lungo.
Così, mentre il sionismo si trasforma in quella che Yossi Klein ha definito "barbarie all'ultimo stadio", sorge la domanda: questa guerra senza limiti potrebbe funzionare, nonostante il profondo scetticismo di Hude e Brik? Il terrorizzante operato dello stato sionista potrebbe imporre al Medio Oriente una resa incondizionata "che gli consentirebbe di cambiare profondamente, militarmente, politicamente e culturalmente, e di trasformarsi in un satellite dello stato sionista all'interno di una Pax AmeriKKKana globale"?
La risposta chiara che il dottor Hude dà nel suo libro Philosophie de la Guerre è che la guerra senza limiti non può essere la soluzione, perché non può garantire una "deterrenza" duratura o una deradicalizzazione:
Al contrario, essa è la causa più certa della guerra. Cessando di essere razionale, disprezzando avversari che sono più razionali di lui, suscitando avversari ancora meno razionali di lui, il Leviatano cadrà; e anche prima della sua caduta, nessuna sicurezza è garantita.
Hude indica anche come questa estrema ”volontà di potenza" senza limiti contenga inevitabilmente al suo interno la psiche dell'autodistruzione.
Per funzionare, un Leviatano deve rimanere razionale e potente. Cessando di essere razionale, disprezzando gli avversari più razionali e suscitando l'ira degli avversari meno razionali di lui, il Leviatano finisce per cadere. E cadrà.
Questo è precisamente il motivo per cui l'Iran, già adesso, sa che deve prepararsi alla Grande Guerra mentre il Leviatano si leva. E così deve fare anche la Russia, perché si tratta di una guerra unica, che verrà condotta contro i recalcitranti al nuovo ordine ameriKKKano.