11 settembre 2025

Alastair Crooke - Dopo il vertice della OCS di Tianjin Donald Trump riuscirà a reagire? La sfida cinese è arrivata davvero in un momento qualsiasi?

 



 Traduzione da Strategic Culture, 8 settembre 2025.

Il guanto della sfida. Il vertice della Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai è stato una chiara dimostrazione di uno stato di cose in cui esiste una potenza in forte ascesa e una potenza che sta visibilmente indebolendosi. La straordinaria parata militare è stata la controparte del vertice e ha parlato molto chiaro: Volete sfidarci? Noi siamo pronti.
La Cina ha lanciato la sfida con tempismo perfetto. Si potrebbe quasi pensare che ci avessero davvero pensato in anticipo. "Sono l'inchiostro cinese e l'inchiostro russo adesso a scrivere la Storia", ha osservato un commentatore russo.
I sistemi politici occidentali sono in subbuglio, assediati da un populismo che promette di tutto ma che non ha gli strumenti per risolvere nulla. Le alleanze occidentali sono lacerate dal dubbio e dall'incertezza: la stabilità politica si incrina sotto la pressione dei fallimenti delle politiche occidentali di prestito e di spesa. Anche The Economist ammette che "una nuova realtà sta prendendo piede".
La reazione di Trump allo spettacolo della OCS è stata una frecciatina sarcastica a quella che egli vede come una "cospirazione" diretta contro gli USA. Tuttavia, se in quel raduno di "amici" si sente come se avesse fatto da tappezzeria, è perché ha scelto di non andare a Tianjin. La colpa è solo sua. E se la OCS dovesse essere intesa in Occidente come antioccidentale, anche questo sarebbe in gran parte dovuto a Trump e al modo che ha scelto per inquadrare il futuro degli Stati Uniti.
Xi ha sottolineato quest'ultimo punto nel suo discorso di apertura: "L'umanità si trova ancora una volta a scegliere tra pace o guerra, dialogo o confronto, risultati vantaggiosi per tutti o giochi a somma zero".
Purtroppo, Trump è probabilmente troppo impegnato con la pretesa grandezza dell'eccezionalismo statunitense perché ci si possa aspettare da lui una risposta ponderata. Ma d'altra parte, Trump sembra spesso sfidare l'ovvio.
L'Occidente reagirà in termini psicologici con un antagonismo sulla difensiva. Gli Stati Uniti chiaramente non si sono preparati psicologicamente a considerare le potenze della OCS su un piano di parità. Secoli di superiorità colonialista hanno plasmato una cultura in cui l'unico modello ammissibile è quello di una egemonia che impone una dipendenza filooccidentale.
Riconoscere che Cina, Russia o India hanno fatto parte a sé rispetto all'"ordine basato sulle regole" e che hanno costruito una sfera separata e non occidentale implica chiaramente accettare la fine dell'egemonia globale occidentale. E significa anche accettare il fatto che sia finita l'era dell'egemonia nel suo complesso. Le classi dirigenti statunitensi ed europee non sono assolutamente dell'umore adatto a una cosa del genere. Gli strati dirigenti europei continuano convintamente a mugugnare con ostilità contro la Russia.
Gli europei si sono senz'altro accorti della scossa, ma non hanno capito cosa l'abbia causata esattamente e hanno quindi deciso di rispondere con la maleducazione. Friedrich Merz ha affermato con convinzione: "Putin è un criminale di guerra. È forse l'autore dei più gravi crimini di guerra su vasta scala della nostra epoca. Dobbiamo essere chiari su come trattare i criminali di guerra: non c'è spazio per la clemenza".
La realtà (e il poco che sappiamo) di ciò che è venuto fuori dalla parata di Piazza Tienanmen in Cina causerà senza dubbio costernazione a Washington, Bruxelles e Londra. Il presidente Xi ha dichiarato che l'ascesa della Cina è "inarrestabile", facendo vedere oltre diecimila soldati che marciano in perfetta sincronia e rivelando le nuove e impressionanti armi cinesi: un missile balistico intercontinentale nucleare con una gittata di ventimila chilometri, un sistema di intercettazione laser e giganteschi droni sottomarini.
In particolare, il presidente Xi ha messo in mostra -per la prima volta- la forza nucleare terrestre, marittima e aerea dell'Esercito Popolare di Liberazione: una triade completa e letale.
Alla parata per celebrare la vittoria Xi ha sfilato con orgoglio insieme ai suoi alleati, gli stessi che gli Stati Uniti hanno messo sotto sanzioni. Ha preso posto sul palco con Kim Jong Un alla sua sinistra e Putin alla sua destra: una formazione simbolica che in pochi avrebbero potuto prevedere. Allo stesso modo, il clima di aperta cordialità fra Putin, Xi e il primo ministro Modi era chiaramente reale e non una posa.
Anche i risultati pratici del vertice lasceranno perplessi gli occidentali. L'annuncio del gasdotto Siberia 2, osserva Bloomberg, pone effettivamente fine alle mire degli Stati Uniti in materia di predominio energetico.
Come riporta l'editoriale di Bloomberg, "la Cina potrebbe ora smettere di importare più della metà del gas naturale dall'estero; entro l'inizio degli anni '30 la quota di gas russo rispondente al fabbisogno cinese potrebbe raggiungere il 20%. Gli analisti hanno rapidamente calcolato che l'entrata in servizio del Siberia 2 equivale a un calo della domanda di circa quaranta milioni di tonnellate di gas all'anno".
"Questo significa che molti progetti di produzione di gas su cui gli Stati Uniti avevano scommesso non hanno più senso".
Quali saranno le altre conseguenze? Gli Stati Uniti e l'Europa non prenderanno alla leggera questi avvenimenti. Nella loro ostilità, la loro rabbia si concentrerà probabilmente prima di tutto sulla Russia (tramite l'Ucraina) e al tempo stesso sull'Iran, alleato strategico della Russia e della Cina.
Durante il vertice, Xi ha proposto la creazione di un nuovo ordine internazionale in materia di sicurezza ed economia, sfidando esplicitamente l'attuale sistema istituzionale guidato dagli Stati Uniti. Ha descritto l'iniziativa come un passo verso la costruzione di un mondo multipolare. E agli annunci ha immediatamente fatto seguito la prima iniziativa concreta della OCS.
Cina e Russia hanno fatto causa comune con l'Iran nel respingere l'iniziativa europea di ripristinare automaticamente le sanzioni dell'ONU contro Tehran. Una lettera firmata congiuntamente dai ministri degli Esteri di Cina, Russia e Iran e indirizzata al Segretario Generale delle Nazioni Unite ha riportato in termini inequivocabili che l'attivazione della clausola di snapback da parte dei tre negoziatori europei "contravviene chiaramente alla risoluzione e pertanto è ipso facto viziata dal punto di vista giuridico e procedurale". La linea adottata dagli europei "costituisce un abuso dell'autorità e delle funzioni del Consiglio di sicurezza dell'ONU, oltre a distogliere i suoi membri e la comunità internazionale dalle cause profonde del fallimento dell'attuazione del JCPOA e della risoluzione 2231 del Consiglio di Sicurezza dell'ONU".
Si tratta di termini duri, che tuttavia potrebbero non essere sufficienti a impedire l'automatica entrata in vigore delle sanzioni entro trenta giorni dalla trasmissione della lettera dei negoziatori europei al Consiglio di Sicurezza, avvenuta il 28 agosto.
I negoziatori europei sostengono che la loro iniziativa in realtà conferisce agibilità all'Iran per negoziare un ritorno alla piena conformità al JCPOA, ma ciò è smentito dal fatto che essi subordinano il periodo di negoziazione di trenta giorni a nuove richieste relative all'inventario missilistico dell'Iran e alla sua posizione in politica estera, che vengono postulati come parte integrante di qualsiasi accordo. Essi sono perfettamente consapevoli del fatto che questi ulteriori elementi non saranno mai accettati dall'Iran.
Francia, Germania e Regno Unito stanno quindi mettendo l'Iran davanti alla prospettiva di un'azione militare, attraverso l'introduzione di condizioni irrealizzabili.
È chiaro che la dichiarazione di Cina e Russia implica che esse non rispetteranno il ripristino di alcuna sanzione che venisse imposta all'Iran.
Trump afferma periodicamente di non volere la guerra con l'Iran, ma ciononostante il 22 giugno ha già colpito gli impianti nucleari iraniani.
Il quadro del ripristino delle sanzioni, con le sue condizioni punitive, è secondo ogni apparenza inteso a provocare un fallimento diplomatico e non è nato dal nulla.
Ricordiamo che è stato Trump, nel febbraio 2025, a firmare un memorandum presidenziale nazionale -che è una ingiunzione legalmente vincolante- in cui si afferma che gli obiettivi degli Stati Uniti sono quelli di "negare all'Iran l'arma nucleare e i missili balistici intercontinentali" e che "la rete e la campagna di aggressione regionale dell'Iran vengano neutralizzate", che il Segretario al Tesoro dovrebbe esercitare la massima pressione possibile con le sanzioni e che il rappresentante degli Stati Uniti presso l'ONU dovrebbe collaborare con i principali alleati per completare il ripristino delle sanzioni e delle restrizioni a livello internazionale nei confronti dell'Iran, ritenendo l'Iran "responsabile della violazione del Trattato di non proliferazione nucleare". Queste sono alcune tra le molte disposizioni incluse nel memorandum.
Il memorandum presidenziale del febbraio 2025 ha posto le basi per un'eventuale azione militare contro l'Iran o per la sua capitolazione totale. L'idea di privare l'Iran dei suoi missili e dei suoi legami con gli alleati regionali è sempre stata destinata al fallimento. Eppure, queste richieste stanno riemergendo con le ultime richieste dei negoziatori europei. E chi c'è dietro tutto questo? Trump. E, dietro di lui, Netanyahu.
Il primo round è già stato giocato e ora le forze dietro le quinte stanno spingendo perché si passi al secondo. Esse vedono l'Iran rafforzarsi, lo stato sionista indebolirsi e il periodo adatto a cogliere l'occasione avvicinarsi alla fine. Hanno fretta.
L'altra parte della ripicca dell'Occidente a fronte dell'"insolenza" con cui la OCS si sta tenendo alla larga dalla sua supremazia, probabilmente prenderà forma in Ucraina. Gli europei e Zelensky chiederanno che si faccia più pressione sulla Russia, sia dal punto di vista militare che finanziario.
La Russia ha senza dubbio informato gli altri Paesi presenti a Tianjin che intende comunicare a Trump che continuerà con l'operazione militare speciale fino al completo raggiungimento di tutti gli obiettivi prefissati, dal momento che Washington sembra incapace di controllare gli ucraini e gli europei. Se la situazione dovesse prendere una piega diversa, la Russia è disponibile a intraprendere un percorso diplomatico per porre fine al conflitto, ma alle sue condizioni. Lo sforzo principale tuttavia sarà quello di assicurarsi la vittoria sul campo di battaglia. Se Trump dovesse reagire con una escalation, la Russia risponderà in modo adeguato.
Trump vive sotto enormi pressioni ed è soggetto a (sconosciuti) vincoli. Ma quello che abbiamo constatato più volte con Trump è che egli sfida l'ovvio. Riesce a sopravvivere alle difficoltà, a superarle e, in un certo senso, a prosperare proprio grazie ad esse. Le avversità sono la sua linfa vitale. Ha una qualche inspiegabile e indomabile caratteristica che coloro che lo conoscono bene affermano di percepire.
Trump riuscirà a reagire al dopo Tianjin? Il suo insistito pretendere che gli Stati Uniti hanno il diritto all'egemonia finanziaria porterà ora -vista la riottosità dei Paesi dell'OCS- a un indebolimento dell'AmeriKKKa? Il momento in cui la Cina ha lanciato il guanto di sfida è stato del tutto casuale o la situazione finanziaria dell'Occidente è più fragile di quanto si pensi generalmente?
Trump sarebbe in grado di arrivare a quella distensione sul nucleare che gli varrebbe la candidatura al Nobel, a dispetto delle pastoie che lo trattengono?

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