08 settembre 2025

Alastair Crooke - Da Tel Aviv il "nuovo e violento sionismo" prodromo di una geopolitica imperiale fatta di sottomissione e di obbedienza

Traduzione da Strategic Culture, 1 settembre 2025.

 La strategia dello stato sionista degli ultimi decenni continua a basarsi sulla speranza di arrivare a una vera e propria trasformazione che deradicalizzi sia i palestinesi sia la regione in generale. Una deradicalizzazione che renderà "sicuro" lo stato sionista. Questo è stato il sacro scopo dei sionisti sin dalla fondazione dello stato. Oggi, il termine in codice per indicare questa chimera è "Accordi di Abramo".
Anna Barsky scrive su Ma'ariv (in ebraico) il 24 agosto che Ron Dermer -ministro per gli affari strategici di Netanyahu, ex ambasciatore a Washington e importante "consigliere" di Trump- "vede la realtà con freddo occhio politico. È convinto che un vero accordo [su Gaza] non sarà mai concluso con Hamas, ma [solo] con gli Stati Uniti. Ciò che serve, dice Dermer, è che gli ameriKKKani facciano propria la linea politica dello stato sionista, gli stessi cinque punti approvati dal Consiglio dei Ministri: disarmo di Hamas, ritorno di tutti gli ostaggi, completa smilitarizzazione di Gaza, controllo della sicurezza nella Striscia in mano allo stato sionista e un governo civile alternativo che non sia né di Hamas né dell'Autorità Palestinese".
Dal punto di vista di Dermer, un accordo parziale per il rilascio degli ostaggi –che Hamas ha accettato– sarebbe un disastro politico. Al contrario, se Washington dovesse approvare la linea di Dermer facendone un proprio piano, secondo la Barsky Dermer concluderebbe che "avremmo una situazione vantaggiosa per tutti". Inoltre, secondo la logica di Dermer, "la mera apertura di un accordo parziale darebbe a Hamas due o tre mesi di respiro, durante i quali potrebbe rafforzarsi e persino cercare di arrivare a uno scenario conclusivo diverso da quello degli statunitensi, uno che gli si adatti meglio [ad Hamas]". "Questo, secondo Dermer, è lo scenario veramente pericoloso", scrive la Barsky.
Dermer ha insistito per anni sul fatto che lo stato sionista non può arrivare alla pace senza prima arrivare a una trasformazione deradicalizzante di tutti i palestinesi. "Se lo facciamo nel modo giusto", dice Ron Dermer, "lo stato sionista ne uscirà più forte -e anche gli Stati Uniti!".
Alcuni anni prima, quando fu chiesto a Dermer quale fosse secondo lui la soluzione al conflitto palestinese, egli rispose che sia la Cisgiordania che Gaza dovevano essere completamente disarmate. Tuttavia, più importante del disarmo era l'assoluta necessità che tutti i palestinesi fossero parimenti "deradicalizzati". Quando gli fu chiesto di spiegarsi meglio, Dermer fece riferimento con aria di approvazione all'esito della Seconda Guerra Mondiale: i tedeschi furono sì sconfitti, ma la cosa ancor più significativa fu che i giapponesi furono completamente "deradicalizzati" e resi imbelli dalla fine delle ostilità:
In Giappone le truppe statunitensi sono rimaste per settantacinque anni. In Germania le truppe statunitensi sono rimaste per settantacinque anni. Se qualcuno pensa che fossero questi gli accordi iniziali, si sta prendendo in giro. Dapprima si è trattato di un'imposizione. Poi hanno capito che per loro era un bene. E col tempo c'è stato un interesse reciproco a mantenere questo stato di cose.
Trump è a conoscenza della tesi di Dermer, ma a quanto pare è Netanyahu a esitare istintivamente. La Barsky scrive poi:
Un accordo parziale [con Hamas] porterà quasi certamente alle dimissioni di Smotrich e di Ben Gvir [dal governo]... Il governo andrà in pezzi... Un accordo parziale significa la fine del governo di destra... Netanyahu lo sa bene, ed è per questo che esita con difficoltà. Eppure si può tirare la corda fino a un certo punto.
Trump sembra accettare la tesi di Dermer: "Penso che vogliano morire, ed è molto, molto grave", ha detto Trump di Hamas prima di partire per il suo recente viaggio in Scozia in agosto. "Si è arrivati al punto in cui siete voi [cioè lo stato sionista] che dovrete portare a termine il lavoro".
Ma l'idea di Dermer di infliggere agli avversari una sconfitta tale da bruciare loro la coscienza non ha mai riguardato solo Hamas. Essa riguardava tutti i palestinesi, tutta la regione nel suo complesso e, naturalmente, l'Iran in particolare.
Gideon Levy scrive che dobbiamo essere grati all'ex capo dell'intelligence militare Aharon Haliva, che su Channel 12 ha ammesso che
"Abbiamo bisogno di un genocidio ogni pochi anni; il massacro del popolo palestinese è un atto legittimo, persino fondamentale". Ecco come parla un generale moderato dell'IDF... uccidere cinquantamila persone è "necessario".
Questa "necessità" non ha più un fondamento razionale. Si è trasformata in sete di sangue. Benny Barbash, drammaturgo cittadino dello stato sionista, scrive che molti concittadini che incontra -anche alle manifestazioni a favore di uno scambio tra ostaggi e prigionieri- ammettono francamente:
"Senti, mi dispiace davvero dirtelo, ma dei bambini che muoiono a Gaza non mi importa nulla. Né della fame che c'è o non c'è. Davvero non mi interessa. Te lo dico chiaramente: per quanto mi riguarda, da quelle parti possono anche morire tutti".
"Il genocidio come prerogativa dell'IDF, per il bene delle generazioni future"; "Per ogni [cittadino dello stato sionista] del 7 ottobre, devono morire cinquanta palestinesi. Dei bambini adesso non importa. Non parlo per vendetta, ma per lanciare un messaggio alle generazioni future. Non c'è niente da fare, hanno bisogno di una Nakba ogni tanto e poi di provarne il peso", cita Gideon Levy le sobrie considerazioni del generale Haliva (sottolineatura aggiunta).
Occorre interpretare tutto questo come indice di un profondo mutamento nel nucleo del pensiero sionista, che passa da Ben Gurion a Kahane. Yossi Klein scrive (in ebraico su Haaretz) che
Siamo davvero arrivati alla barbarie, ma questa non è la fine del sionismo... [Questa barbarie] non ha ucciso il sionismo. Al contrario, gli ha conferito rilevanza. Il sionismo ha avuto varie versioni, ma nessuna assomigliava a questa nuova, aggiornata e violenta variante rappresentata dal sionismo di Smotrich e di Ben Gvir...
Il vecchio sionismo non aveva più rilevanza. Esso ha fondato uno Stato e fatto rinascere la sua lingua. Non ha più obiettivi... Se oggi chiedeste a un sionista che cos'è il suo sionismo, non saprebbe come rispondere. "Sionismo" era diventata una parola vuota... Fino all'arrivo di Meir Kahane. Egli è stato foriero di un sionismo aggiornato i cui obiettivi sono chiari: espellere gli arabi e insediare gli ebrei. Questo è un sionismo che non si nasconde dietro belle parole. Sentir parlare di "evacuazione volontaria" lo fa ridere. Il "trasferimento" lo incanta. Lo apartheid lo inorgoglisce... Essere sionisti oggi significa essere Ben Gvir. Non essere sionisti significa essere antisemiti. Un antisemita [oggi] è qualcuno che legge Haaretz...
Smotrich ha dichiarato a fine agosto che il popolo ebraico sta vivendo fisicamente "il processo di redenzione e il ritorno della presenza divina a Sion, mentre è impegnato nella 'conquista della terra'".
È questo filone di pensiero apocalittico che sta influenzando l'amministrazione Trump in vari modi: sta trasformando la linea etica dell'amministrazione in una posizione del tipo "la guerra è guerra e deve essere totale". Qualunque cosa in meno deve essere vista come un mero scrupolo morale. Questa è l'interpretazione talmudica che deriva dalla storia dello sterminio degli Amalekiti; si veda Jonathan Muskat in Times of Israel.
Ecco quindi il nuovo asservimento di Washington verso la decapitazione delle leadership intransigenti (Yemen, Siria e Iran); il sostegno alla neutralizzazione politica di Hezbollah e degli sciiti in Libano, l'assassinio dei capi di Stato riottosi -come è stato discusso per l'Imam Kamenei- come operazioni di ordinaria amministrazione e la sovversione delle strutture statali (come previsto per l'Iran il 13 giugno).
La conversione dello stato sionista a questo sionismo revisionista –e la sua influenza sulle fazioni chiave della linea statunitense– è proprio il motivo per cui la guerra tra Iran e stato sionista è ormai percepita come inevitabile.
La Guida Suprema della Repubblica Islamica dell'Iran ha espresso chiaramente il proprioo comprenderne le implicazioni in un discorso pubblico all'inizio di questa settimana:
Questa ostilità [statunitense] è la stessa da quarantacinque anni ed è passata attraverso amministrazioni, partiti e presidenti statunitensi diversi. Sempre la stessa ostilità, le stesse sanzioni e le stesse minacce contro la Repubblica Islamica e il popolo iraniano. La domanda è: perché? In passato, hanno nascosto la vera ragione dietro etichette come terrorismo, diritti umani, diritti delle donne o democrazia. Se la dichiaravano, la formulavano in modo più educato, dicendo: "Vogliamo che l'Iran cambi comportamento".
Ma l'uomo oggi al potere in AmeriKKKa è stato finalmente chiaro e ha svelato il vero obiettivo: "Il nostro conflitto con l'Iran, con il popolo iraniano, è dovuto al fatto che l'Iran deve obbedire all'AmeriKKKa". Questo è ciò che noi, la nazione iraniana, dobbiamo capire chiaramente. In altre parole: una potenza mondiale si aspetta che l'Iran, con tutta la sua storia, la sua dignità e la sua eredità di grande nazione, se ne stia semplicemente sottomesso. Questo è il vero motivo di tutta quella ostilità.
Quelli che dicono "Perché non negoziate direttamente con l'AmeriKKKa per risolvere le vostre questioni?" guardano solo alla superficie. Non è questo il vero problema. Il vero problema è che gli Stati Uniti vogliono che l'Iran obbedisca ai loro ordini. Il popolo iraniano è profondamente offeso da un insulto così grave e si opporrà con tutte le sue forze a chiunque nutra false aspettative nei suoi confronti... Il vero obiettivo degli Stati Uniti è la sottomissione dell'Iran. Gli iraniani non accetteranno mai questo grave insulto.
Nella tesi di Dermer, deradicalizzare significa "instaurare un dispotismo leviatanico che riduca la regione a una totale impotenza, anche a livello spirituale, intellettuale e morale. Il Leviatano totale è un potere unico, assoluto e illimitato, spirituale e temporale, sugli altri esseri umani", come ha osservato il dottor Henri Hude, ex capo del Dipartimento di Etica e Diritto della prestigiosa Accademia Militare di Saint-Cyr in Francia.
Anche l'ex difensore civico dell'IDF, il maggiore generale (in pensione) Itzhak Brik, ha avvertito che la leadership politica israeliana sta "giocando con l'esistenza stessa dello stato sionista":
Vogliono ottenere tutto attraverso la pressione militare, ma alla fine non otterranno nulla. Hanno messo lo stato sionista sull'orlo di due situazioni insostenibili: lo scoppio di una guerra su vasta scala in Medio Oriente [e, o, in secondo luogo] il proseguimento della guerra di logoramento. In entrambe le situazioni lo stato sionista non sarà in grado di sopravvivere a lungo.
Così, mentre il sionismo si trasforma in quella che Yossi Klein ha definito "barbarie all'ultimo stadio", sorge la domanda: questa guerra senza limiti potrebbe funzionare, nonostante il profondo scetticismo di Hude e Brik? Il terrorizzante operato dello stato sionista potrebbe imporre al Medio Oriente una resa incondizionata "che gli consentirebbe di cambiare profondamente, militarmente, politicamente e culturalmente, e di trasformarsi in un satellite dello stato sionista all'interno di una Pax AmeriKKKana globale"?
La risposta chiara che il dottor Hude dà nel suo libro Philosophie de la Guerre è che la guerra senza limiti non può essere la soluzione, perché non può garantire una "deterrenza" duratura o una deradicalizzazione:
Al contrario, essa è la causa più certa della guerra. Cessando di essere razionale, disprezzando avversari che sono più razionali di lui, suscitando avversari ancora meno razionali di lui, il Leviatano cadrà; e anche prima della sua caduta, nessuna sicurezza è garantita.
Hude indica anche come questa estrema ”volontà di potenza" senza limiti contenga inevitabilmente al suo interno la psiche dell'autodistruzione.
Per funzionare, un Leviatano deve rimanere razionale e potente. Cessando di essere razionale, disprezzando gli avversari più razionali e suscitando l'ira degli avversari meno razionali di lui, il Leviatano finisce per cadere. E cadrà.
Questo è precisamente il motivo per cui l'Iran, già adesso, sa che deve prepararsi alla Grande Guerra mentre il Leviatano si leva. E così deve fare anche la Russia, perché si tratta di una guerra unica, che verrà condotta contro i recalcitranti al nuovo ordine ameriKKKano.


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