20 agosto 2025

Solidarietà a Leonardo Pistoia di Viareggio

Le gazzette amano presentarsi come espressioni di "libera informazione" e puntello della democrazia. Questo, a sentire chi ci scrive. In concreto, e da anni, sono invece alle prese con tirature da ridimensionare, vendite a rotta di collo, bilanci tenuti in piedi dal Dipartimento dell'Editoria (sempre che basti), e linee editoriali surreali dove la gara a chi ospita le opinioni e gli intenti più sporchi anche dal punto di vista morale pare non avere seri limiti.
A tutto questo nel mese di agosto si aggiunge anche una costante scarsità di argomenti.
Nel 2025 i foglietti della costa toscana hanno chiuso i numeri dedicando spazio a Leonardo Pistoia. Che sarebbe un ventunenne di Viareggio cui piace quella politica che si regge su ideali e principi anche se molto rara. O almeno così garantisce la sua autoschedatura sul Libro dei Ceffi (qui su Archive).
Gli ideali e i principi che apprezza gli hanno fatto guadagnare qualche ora di relativa notorietà come organizzatore di passeggiate serali antidegrado, come fanno da svariati anni i minicandidati "occidentalisti" a qualche consultazione elettorale.

🚶Non mi fermo. Dopo Ferragosto torneremo in strada per la Camminata per la Sicurezza.
📍Viareggio – Torre del Lago
La data precisa verrà comunicata a breve, ma una cosa è certa: questa volta dobbiamo essere ancora di più.
La sicurezza non è un privilegio, è un diritto. E per difenderlo dobbiamo esserci tutti, uniti, determinati e visibili.
Porta amici, familiari, colleghi: ogni persona conta, ogni passo è importante.
💪Insieme possiamo fare la differenza.
#CamminataPerLaSicurezza #Viareggio #TorreDelLago #UnitiperlaSicurezza #NonMiFermo

 Da questo punto di vista Viareggio è un po' vivace: si vede che vi esistono ambienti sociali favorevoli ai guitti dell'"occidentalismo" più abietto. A testimonianza della serietà dell'intento anche l'esistenza di una pagina personale su Wikipedia, presente in Google ma precipitosamente cancellata da qualcuno, probabilmente convinto che il giovane Pistoia per adesso non abbia fatto nulla che gli valga l'inclusione tra le grandi figure di interesse enciclopedico come Albert Einstein o Alvaro Vitali.
L'impegno gli sarebbe costato anche un'aggressione, denunciata con toni da sceneggiatura.



📣 DENUNCIA PRESENTATA 📣
A chi ancora parla, insinua o mette in dubbio: ecco la risposta.
Ho sporto denuncia ufficiale per lesioni personali aggravate e all’interno c’è riportato nero su bianco anche l’avvertimento che mi è stato dato da chi mi ha aggredito.
Non mi farò intimidire, non mi fermerò e non mi piegherò davanti a chi vuole screditarmi o fermare questa battaglia.
La verità è scritta negli atti ufficiali, e chi continua a diffamare dovrà assumersene la responsabilità.
Questa non è solo una mia lotta: è la lotta di tutti noi per una città sicura, libera dalla paura e dal controllo dei criminali.
Io non mollo. Anzi, vado avanti con ancora più forza.💪🔥
#Verità #Giustizia #IoNonMollo #TorreDelLago #Sicurezza
Una cosa che avrebbe rafforzato la sua determinazione e che gli ha attirato qualche attestazione di solidarietà (qui su Archive).
Invece dopo Ferragosto Leonardo Pistoia -che secondo le gazzette non svolgerebbe alcuna attività lavorativa- è stato arrestato come un indesiderabile qualsiasi, e non certo per aver organizzato un colpo di Stato.
Sequestro di persona, maltrattamenti in famiglia, lesioni personali. Il gazzettaio riferisce anche delle dichiarazioni della sua vittima, sottoposta da mesi a continue violenze psicologiche, minacce, danneggiamenti, percosse e a un'aggressione fisica sotto la minaccia di un coltello e di un manganello effettivamente reperiti dalla gendarmeria.
Al momento in cui scriviamo è verosimile che ad attendere Leonardo Pistoia sia un futuro piuttosto difficile, e non è nel nostro stile spingerci oltre con l'infierire sui motivi che lo hanno fatto associare alla casa circondariale di competenza. Motivi che probabilmente non sono nemmeno estranei alla sua familiarità con l'ambiente di Torre del Lago, una località che ha il pregio di attirare frequentatori le cui propensioni hanno senz'altro il merito del non prestarsi a equivoci.
Tanto basti per adoperarsi nei modestissimi limiti del possibile a far sì che Leonardo Pistoia abbia qualche difficoltà ad avvalersi del diritto all'oblio per i prossimi cinque, dieci, venti o trent'anni. Internet ha una memoria più che discreta, cosa che chi apprezza la politica che si regge su ideali e principi anche se molto rara tiene senz'altro in buona considerazione. 


Oltre che su Blogspot, questo scritto viene pubblicato anche su Poliverso/Friendica e su iononstoconoriana.com



17 agosto 2025

Alastair Crooke - La Russia intende avere piena comprensione dei vincoli cui Trump è soggetto




Traduzione da Strategic Culture, 15 agosto 2025.

Un altro giro di negoziati tra l'inviato di Trump Steve Witkoff e la leadership russa? Un incontro tra Witkoff e il presidente Putin è ormai imminente. Intanto il generale Keith Kellogg si è recato a Kiev. Questo avviene mentre il cosiddetto ultimatum di Trump sta per scadere, anche se lo stesso Trump mette in dubbio che le sanzioni che potrebbero seguire possano davvero recare qualche fastidio a Putin.
È cambiato qualcosa, al di là del fatto che la Russia sta avanzando sempre più rapidamente lungo tutta la linea del fronte?
Da un certo punto di vista in effetti non è cambiato nulla. La posizione russa rimane quella espressa dal presidente Putin il 14 giugno 2024. È la posizione degli Stati Uniti è cambiata? Neppure.
All'inizio di questo mese il generale Kellogg -suggeritore di Trump- ha per l'appunto suggerito che gli Stati Uniti schierassero tutti i loro sottomarini dotati di missili balistici per vedere se Putin stesse bluffando. Il punto è proprio questo: Kellogg continua a credere che Putin stia bluffando. Sembra che il generale e coloro che nella squadra di governo stanno dalla sua parte non riescano a capire o a interiorizzare quello che Putin va dicendo loro dal giugno 2024: "sono le cause profonde che contano".
Per Kellogg e compagni, a un cessate il fuoco secondo i criteri fissati dallo stesso Kellogg si potrà arrivare solo facendo pressione su Putin.
Il presidente della Commissione per gli affari internazionali della Federazione Russa Grigory Karasin è anch'egli impegnato nei negoziati. E ha esposto molto chiaramente la situazione: "Tutti i contenuti emotivi che dominano attualmente lo spazio mediatico, con tutte queste dichiarazioni e tutti questi riferimenti a grandi nomi come quello di Trump, dovrebbero essere presi con calma", ha detto Karasin alla Izvestia:
Ci saranno contatti con lui [Witkoff] che riveleranno ciò che gli Stati Uniti pensano realmente -non la versione buona per l'opinione pubblica- sul ruolo assolutamente distruttivo attualmente svolto dai paesi dell'Unione Europea che controllano strettamente il regime di Zelensky. Si discuterà di tutto questo. Credo che almeno, dopo questi contatti, saremo a conoscenza di tutti gli aspetti sostanziali. Pertanto dobbiamo rimanere pazienti, composti e resistere alla tentazione di reagire in modo emotivo.
Sembra che, dal punto di vista russo, lo scopo sia quello di conoscere bene quali siano i limiti entro cui Trump può muoversi.
Ed è nel contesto di questi limiti che vanno interpretate le dichiarazioni di Trump sull'invio di due sottomarini nucleari della classe Ohio a “pattugliare le coste” della Russia. Le dichiarazioni di Trump e del suo stretto consigliere Kellogg sui sottomarini riflettono un'errata interpretazione del ruolo dei sottomarini di seconda linea, che devono rimanere silenti e invisibili sul fondo dell'oceano e non devono assolutamente essere messi in mostra.
Trump dunque ha fatto una considerazione sciocca, forse pensata più che altro a pro del fronte interno. Trump è sottoposto a molteplici pressioni. Si trova all'angholo a causa delle sempre più gravi accuse mosse contro Epstein, sul cui conto sarebbero in arrivo altre rivelazioni. E come molti altri presidenti degli Stati Uniti deve guardarsi sia dallo stato sionista -a causa della rete di donatori e di grandi interessi economici- sia, come Clinton, da minacce di livello ben più basso e ben più pericolose.
La vecchia guardia repubblicana guidata da Mitch McConnell e dal senatore Graham ha capito che è in un momento di debolezza e ha intravisto un'occasione per indebolire la fazione MAGA e per togliere il GOP dalla sua sbandata populista e reincanalarlo verso una leadership unipartitica tradizionale in stile country club.
Una potente commissione del Senato ha votato, con un forte sostegno sia dei democratici che dei repubblicani alleati di Trump, perché venga sottoposta al voto dell'intero Senato una proposta di spesa che include un miliardo di dollari di aiuti all'Ucraina, nonostante l'amministrazione avesse chiesto al Congresso di eliminare questi fondi dalla richieste di bilancio per la difesa.
Il senatore repubblicano Murkowski e la democratica Shaheen, entrambi membri della Commissione Bilancio, hanno presentato ciascuno per proprio conto un disegno di legge che prevede 54,6 miliardi di dollari in aiuti all'Ucraina nei prossimi due anni. Per diventare legge, la proposta Murkowski-Shaheen dovrà affrontare una dura battaglia.
Trump ovviamente aveva basato la campagna elettorale sulla promessa, fatta all'elettorato MAGA, di non stanziare ulteriori fondi per la guerra in Ucraina. Se il provvedimento da un miliardo di dollari dovesse essere approvato i suoi sostenitori MAGA, già infuriati per quello che ritengono essere un insabbiamento del caso Epstein, si sentirebbero traditi una volta di più.
Farsi vedere col Congresso che gli mette i piedi in testa è una cosa che nessun Presidente può permettersi, tanto meno su una promessa elettorale fondamentale. Un presidente deve cercare di dominare il Congresso e di non diventare il suo burattino, soprattutto perché la perentorietà del Senato sulla questione delle sanzioni mira a bloccare la strada di Trump verso una normalizzazione strategica con la Russia.
È possibile quindi che la dichiarazione di Trump sul dispiegamento dei sommergibili sia stata fatta più che altro per mandarla a dire al Congresso, per mettere in primo piano un approccio intransigente nei confronti della Russia e per far capire che ha altri strumenti a disposizione, oltre alle sanzioni su cui è scettico.
I grattacapi per Trump tuttavia non finiscono con l'impasse per l'Ucraina. Nello stato sionista lo establishment della "Giudea" (i coloni messianici) ha respinto i tentativi di Witkoff di fermare il genocidio e la messa alla fame degli abitanti di Gaza. Le immagini della carestia stanno danneggiando Trump; secondo il quotidiano ebraico Yedioth Ahronoth -che cita fonti vicine a Netanyahu- egli avrebbe dato il via libera a una massiccia operazione militare a condizione che i negoziati giungano a un punto morto. "La situazione sta andando verso la completa occupazione della Striscia. Se al capo dello Stato Maggiore la cosa non piace, che si dimetta", è il consiglio senza mezzi termini che viene dall'entourage di Netanyahu.
La guerra di Gaza sta influenzando il sentire politico statunitense, soprattutto tra i giovani. E ne ha anche sui giovani europei. Trump recentemente ha avvertito un donatore ebreo che la sua base sta arrivando "a odiare lo stato sionista". La base di Trump si sta disperdendo.
Dopo una reazione negativa di vaste proporzioni alla decisione dell'amministrazione Trump di tagliare i fondi federali di emergenza alle città e agli Stati che boicottano lo stato sionista, agli Interni sono stati costretti a mettere in programma la rimozione del divieto di boicottaggio. La disposizione adesso si applica solo alle violazioni delle disposizioni su diversità, equità e inclusione e su quelle per l'immigrazione. La base MAGA vede sempre più le politiche all'insegna del "prima lo stato sionista" come un tradimento del "prima l'AmeriKKKa" delle promesse elettorali.
Quindi, secondo l'analisi di Grigory Karasin, "i contatti con Steve Witkoff dovrebbero rivelare la vera posizione degli Stati Uniti [i suoi vincoli e limiti], in contrasto con le dichiarazioni ad alta voce che arrivano dalla Casa Bianca alla vigilia della scadenza dei termini dell'ultimatum sul conflitto in Ucraina e l'introduzione di nuove sanzioni anti-russe".
Witkoff, d'altra parte, sta probabilmente cercando di sondare l'esistenza di un qualsiasi margine di agibilità nella posizione dichiarata dalla Russia, e di esplorare la possibilità di imporre una qualche scadenza per il raggiungimento di accordi con Kiev. Mosca si è detta disponibile a un quarto incontro per dei colloqui a Istanbul. Il clamore mediatico e la vicenda dei sottomarini missilistici fanno parte delle tipiche tattiche che Trump mette in atto in vista di qualche negoziato.
La realtà che il clamore nasconde, tuttavia, è che Trump ha poche carte da giocare per aumentare la pressione sulla Russia. Gli arsenali sono vuoti e ricorrere a missili a più lungo raggio susciterebbe le ire dei sostenitori di MAGA, che accuserebbero Trump di portare l'AmeriKKKa verso la terza guerra mondiale.
A servire davvero a Trump sarebbe un qualche cosa che lo metta al sicuro dalle pressioni del Senato che minacciano di legarlo mani e piedi a sanzioni infinite e all'escalation dei finanziamenti all'Ucraina. Qualcosa che faccia almenoi presagire la fine del conflitto entro un lasso di tempo ragionevole. È possibile? C'è da dubitarne. Kiev sembra aver imboccato una strada che porta lentamente all'autodistruzione. È troppo presto per capire chi potrebbe emergere dal caos.
Paradossalmente, la provocazione di Trump con quel "navigare lungo le coste russe" con sottomarini della classe Ohio, per quanto assurda, ha fornito a Mosca il pretesto per proporre qualcosa che era da tempo nel cassetto del presidente Putin. La Russia ha annunciato ufficialmente il ritiro dalle restrizioni che si era autoimposta nell'ambito della moratoria sul dispiegamento di missili a medio e corto raggio (Trattato INF) e ha giustificato questa decisione con le iniziative degli Stati Uniti, che da tempo hanno dispiegato sistemi simili in Europa e nella regione dell'Asia-Pacifico, violando così lo status quo. Per la prima volta la Russia sottolinea ufficialmente che la minaccia dei missili a medio e corto raggio statunitensi non proviene solo dall'Europa, ma anche dalla regione dell'Asia-Pacifico.
A livello di logica formale la revoca della moratoria sul dispiegamento di questi missili da parte di Mosca non è altro che una risposta simmetrica alla precedente escalation di Washington. Ma a un livello più profondo, la Russia non sta solo rispondendo: sta creando una nuova architettura strategica senza che in questo intervengano limiti imposti a livello internazionale. E tra le altre cose la Russia dispone della produzione in serie del missile Oreshnik, oltre ad avere nella regione dell'Asia-Pacifico uno stretto alleato come la Corea del Nord.
Questo cambiamento di paradigma intende avere effetti strategici. Se in passato Mosca si affidava ai trattati e al gioco pulito, oggi punta sull'imprevedibilità, sui fronti interconnessi e sul reagire alle minacce.

12 agosto 2025

Dodici agosto


"...proseguendo poi la sua corsa per centoquarantaquattro metri".

Catanzaro, 12 agosto 2009, ore 23.45 circa.

07 agosto 2025

Alastair Crooke - Un altro attacco statunitense contro l'Iran sarebbe un inutile gesto teatrale

 


Traduzione da Strategic Culture, 4 agosto 2025.

Il presidente degli Stati Uniti, angustiato da una vicenda Epstein che non vuole saperne di passare in secondo piano e messo sotto pressione dai falchi a causa del sensibile collasso dell'Ucraina, sta sparando una raffica di minacce geopolitiche su tutti i fronti. Innanzitutto e soprattutto contro la Russia, ma in secondo luogo contro l'Iran.
"L'Iran è proprio malvagio. Le dichiarazioni degli iraniani sono intrise di malvagità. Sono stati colpiti. Non possiamo permettere loro di avere armi nucleari. Stanno ancora parlando di arricchimento dell'uranio. Chi è che parla così? È proprio stupido. Non lo permetteremo".
Una escalation di qualche genere con la Russia è chiaramente all'ordine del giorno, ma Trump ha minacciato anche di attaccare nuovamente i siti nucleari iraniani. Se lo facesse si tratterebbe di un gesto dimostrativo completamente scollegato dalla realtà delle cose sulla situazione in Iran.
Un altrio attacco, direbbero, significherebbe un'ulteriore regressione -o proprio la parola fine- per la capacità dell'Iran di mettere insieme un'arma nucleare.
E questa sarebbe una bugia.
Theodore Postol, professore emerito di scienza, tecnologia e sicurezza internazionale al MIT, viene considerato il massimo esperto statunitense in materia di armi nucleari e loro sistemi di lancio. Postol esprime alcune osservazioni tecniche controintuitive che questo articolo ha l'intenzione di tradurre in termini politici e che indicano con chiarezza come un ulteriore attacco ai tre siti nucleari colpiti dagli Stati Uniti il 22 giugno sarebbe inutile.
Sarebbe inutile per quanto riguarda l'obiettivo ostentato da Trump, ma un attacco potrebbe comunque esserci, sia pure solo come messinscena volta a facilitare altri e differenti obiettivi come il tentativo di rovesciare la Repubblica Islamica e favorire le ambizioni egemoniche dello stato sionista nella regione.
In parole povere la convincente argomentazione del professor Postol è che l'Iran non ha bisogno di ricostruire il suo precedente programma nucleare per costruire una bomba. Quell'epoca è finita. Sia gli Stati Uniti che lo stato sionista credono -e con ragione, afferma Postol- che la maggior parte delle scorte di uranio altamente arricchito dell'Iran siano sopravvissute all'attacco e siano disponibili.
"I tunnel di Esfahan sono profondi. Sono tanto profondi che gli Stati Uniti non hanno nemmeno provato a farli crollare con le bombe bunker buster. Supponendo che il materiale non sia stato spostato, ora si trova intatto nei tunnel. Dopo una settimana dall'attacco l'Iran aveva già sbloccato l'ingresso di un tunnel".
Insomma, l'attacco statunitense non ha ritardato di anni il programma iraniano. È altamente probabile che la maggior parte dell'uranio altamente arricchito iraniano sia sopravvissuto agli attacchi, pensa Postol.
L'AIEA afferma che al momento dell'attacco l'Iran possedeva 408 kg di uranio arricchito al 60%. Probabilmente gli iraniani lo hanno spostato prima dell'attacco di Trump; secondo Postol lo si sarebbe potuto portare facilmente altrove usando il cassone di un pick up ("o anche un carro trainato da un asino!"). Ma il punto è che nessuno sa dove si trovi quell'uranio arricchito. E quasi certamente è disponibile.
L'argomento essenziale del professor Postol -che evita di accennare a implicazioni politiche- è il paradosso per cui più l'uranio è arricchito, più facile diventa arricchirlo ulteriormente. Di conseguenza l'Iran potrebbe accontentarsi di un impianto di centrifugazione molto più piccolo. Esattamente: molto, molto più piccolo degli impianti su scala industriale di Fordow o di Natanz, progettati per ospitare rispettivamente migliaia e decine di migliaia di centrifughe.
Postol ha elaborato lo schema tecnico di una cascata di 174 centrifughe con cui l'Iran potrebbe arrivare in solo quattro o cinque settimane ad avere l'uranio arricchito -sotto forma di gas esafluoruro- sufficiente a realizzare un ordigno. Nel 2023 l'AIEA aveva trovato particelle di uranio arricchito all'83,7%: un livello militare. Probabilmente si è trattato di un esperimento con cui gli iraniani avrebbero dimostrato a se stessi che erano in grado di farlo quando e come volevano, suggerisce il professor Postol.
Lo schema della cascata di centrifughe di Postol aveva lo scopo di sottolineare il fatto che avendo a disposizione dell'uranio arricchito al 60% occorrono pochi o punti sforzi per proseguire l'arricchimento fino all'83,7%. Eccola qui, la storia dell'arricchimento in segreto.
La cosa che potrebbe risultare ancora più scioccante ad occhi inesperti è che Postol ha ulteriormente dimostrato che una cascata di 174 centrifughe potrebbe essere installata in uno spazio di soli sessanta metri quadrati -la superficie di un modesto appartamento cittadino- e consumerebbe solo poche decine di kilowatt.
Insomma, qualche impianto di arricchimento di dimensioni del genere si potrebbe nascondere ovunque in un paese vasto come l'Iran; aghi in un pagliaio. Anche la conversione dell'uranio in uranio metallico 235 comporterebbe il ricorso a impianti di piccole dimensioni; la si potrebbe eseguire in una struttura di centoventi, massimo centocinquanta metri quadrati.
Sempre a proposito di alcuni dei luoghi comuni che circondano la realtà iraniana, la costruzione di una bomba atomica sferica richiede non più di quattordici chilogrammi di uranio metallico 235 circondato da un riflettore. "Non si tratta di alta tecnologia, è roba da capanno degli attrezzi". Basta assemblare i pezzi e non servono test. Postol afferma che "Little Boy è stato sganciato su Hiroshima senza molti test; è sbagliato pensare che servano test". Ecco sfatato l'altro luogo comune per cui "sapremmo se l'Iran fosse arrivato ad avere capacità nucleari militari perché potremmo rilevare sismicamente il test di una qualsiasi arma".
Una piccola bomba atomica di questo tipo peserebbe solo centocinquanta chili. Le testate di alcuni missili iraniani lanciati contro lo stato sionista durante la guerra dei dodici giorni, sia detto per confronto, ne pesavano tra i quattrocentosessanta e i cinquecento.
Ted Postol è attento a non azzardare valutazioni sulle implicazioni politiche. Eppure sono assolutamente chiare: non ha senso un altro bombardamento su Fordow, Natanz e Isfahan. La stalla è aperta e i buoi sono scappati.
Il professor Postol, come massimo esperto tecnico in materia nucleare, fornisce informazioni al Pentagono e al Congresso. Conosce il direttore dell'intelligence nazionale Tulsi Gabbard, e secondo quanto riferito l'ha messa al corrente della situazione prima dell'attacco di Trump contro Fordow il 22 giugno sostenendo che gli Stati Uniti probabilmente non sarebbero stati in grado di distruggere la sala delle centrifughe, che a Fordow è molto profonda. Altri funzionari del Pentagono, pare, non sarebbero stati della stessa opinione.
Sappiamo che gli Stati Uniti non hanno nemmeno provato a far crollare i tunnel sotto Isfahan con le bombe bunker buster e che si sono accontentati di cercare di bloccare i vari ingressi dei tunnel verso il sito di Isfahan ricorrendo ad armi convenzionali, come i vecchi missili Tomahawk lanciati da sottomarini.
Ripetere l'esercitazione del 22 giugno sarebbe un mero gesto teatrale completamente privo di obiettivi concreti e realistici. Allora perché mai Trump ci starebbe ancora pensando? Durante la sua recente visita in Scozia, ha dichiarato ai giornalisti che l'Iran sta inviando "segnali negativi" e che qualsiasi tentativo di riavviare il suo programma nucleare verrebbe immediatamente represso:
"Abbiamo spazzato via il loro potenziale nucleare. Possono ricominciare. Se lo faranno, lo spazzeremo via più velocemente di quanto vi ci voglia per muovere un dito".
Ci sono diverse possibilità: Trump potrebbe sperare che un ulteriore attacco possa finalmente –secondo lui e altri– provocare la caduta del governo iraniano. Potrebbe anche provare l'istinto di rifuggire da un'escalation contro la Russia, per il pericolo di arrivare a un punto in cui il conflitto potrebbe diventare incontrollabile. E alla fine potrebbe concludere che sarebbe più facile presentare un attacco all'Iran come una dimostrazione della "forza" degli Stati Uniti da presentare poi con un'ulteriore dichiarazione del tipo "colpito e affondato", indipendentemente dai risultati concreti.
Infine, potrebbe pensare di attaccare nella convinzione che lo stato sionista voglia questo attacco, e che anzi ne abbia un disperato bisogno.
La motivazione più probabile potrebbe essere proprio questa. Solo che nell'attuale epoca della geostrategia gli impressionanti miglioramenti nell'accuratezza degli armamenti balistici e ipersonici russi e iraniani -che possono distruggere con precisione un obiettivo con danni collaterali trascurabili e che l'Occidente non è praticamente in grado di intercettare- hanno cambiato le regole del gioco.
E hanno fatto cambiare anche tutto il calcolo geostrategico, specialmente per lo stato sionista. Un ulteriore attacco all'Iran, lungi dal rivelarsi vantaggioso, potrebbe scatenare contro lo stato sionista una risposta devastante a mezzo missili.
Del resto tutte le narrazioni di Trump sono un po' un teatrino. Un teatrino in cui si ostenta sostegno allo stato sionista mentre il vero obiettivo è quello di far crollare e di balcanizzare l'Iran e di indebolire la Russia.
Postol riferisce che un colonnello dell'esercito sionista avrebbe detto a Netanyahu che attaccando l'Iran "probabilmente ce la prenderemmo con uno Stato dotato di armi nucleari". È probabile che Tulsi Gabbard abbia detto lo stesso a Trump.
Il professor Postol è d'accordo. L'Iran deve essere considerato una potenza nucleare non dichiarata, anche se la sua situazione effettiva viene accuratamente celata.

05 agosto 2025

Di Gazzette e di ristoranti. O di ristoranti e di gazzette

Per i gazzettieri agosto è un mese molto parco di argomenti. O meglio, di argomenti ce ne sarebbero quanti se ne vogliono, ma per chi fa giornata riempiendo gli spazi tra una pubblicità e l'altra e sperando che il Dipartimento per l'Editoria non perda in generosità è meglio annàcce cor bemollo, come avrebbe scritto il Belli, e non pestare troppi calli.
La divorante e deliberata deindustrializzazione della penisola italiana ha avuto d'altronde diverse conseguenze. Soprattutto al di fuori del palinsesto dei mass media e dell'agenda delle gazzette, che con la realtà hanno un rapporto che si potrebbe definire piuttosto libero. Ha finalmente tappato la bocca ai sindacati -che hanno roinàho l'ihàglia, lo sanno tutti- e messo a disposizione dei padroni una quantità impressionante di mano d'opera a costi ridicoli; di contro ha contribuito a instradare molte persone verso una piccola imprenditoria di esercizi commerciali che durano lo spazio di un mattino, di startup -che è il nome socialmente decoroso di quanti fanno il giro delle banche col cappello in mano- di "servizi" opinabili se non peggio, e soprattutto di posti dove si cuoce roba, o per lo meno la si taglia in piccole parti prima di metterla nei piatti. Si cuoce roba, o per lo meno la si taglia in piccole parti prima di metterla nei piatti, e si cerca di venderla a un prezzo che va dalle sette alle venti volte quello che vale. Un'esperienza che dipende da location, premium, valore aggiunto e altre cose irritanti che contribuiscono in ogni caso a concretizzare tentativi -per lo più ridicoli- di drenare ulteriore denaro. Una cosa che infastidisce ancora di più quando si rifà al ricordo di antiche spartanità elegiache e vite avventurose mai viste nemmeno in foto: osterie domenicane, locande del viandante, covi di bucanieri e via cianciando.
 Di quello che sono stati capaci di fare (e magari di pretendere) col succo di frutta fermentato abbiamo già scritto.
Ad accomunare tutto l'aggregato, la convinzione maturata chissà dove, chissà come e chissà perché che il bacino di potenziali clienti disposti a spendere centinaia di euro per qualcosa che in capo a qualche ora finisce nella fossa biologica sia inesauribile.
Sul piano gazzettiero la cosa è stata ben accolta, con interi numeri dedicati al lifestyle e al gusto. Solo che le vendite delle gazzette vanno a rotta di collo, cartaceo o digitale che sia, e sarebbe interessante valutare quanta influenza vi abbia la decisione di trattare temi del genere con una cadenza che rasenta la monografia; chissà perché qualcuno dovrebbe separarsi da del denaro per leggere di qualche milanese che vorrebbe imporre con autorevolezza il valore aggiunto della location premium con cui è decisissimo a vendere pasta scondita a trenta euro la porzione. E a separarsi da altro denaro dopo qualche tempo, per compartecipare allo scoramento dello stesso milanese che frigna perché non ci è riuscito. L'insofferenza velenosa che tanti ben vestiti nutrono nei confronti di chiunque non si affretti a corrispondergli cifre ragguardevoli per succo di frutta fermentato e roba cotta fa capire che si tratta di esborsi dovuti, di patenti per l'accesso alla società civile ancora prive di imposizione formale e delle relative sanzioni solo per un malaugurato accidente burocratico.
Insomma, bene che vada il rischio d'impresa è tutta colpa tua.
Ah, e dei sindacati.
E dei giovani che non vogliono lavorare (e ci sarebbe da stupirsi del contrario).
E dei comunisti.
Ovviamente per documentarsi sulla pratica che c'è dietro a tante teorie -pardon, theorie- non occorre essere esperti di marketing. Non occorre nemmeno comprare le gazzette.
Chi scrive ha un aneddoto da aggiungere in proprio, che a differenza della roba delle gazzette il rapporto con la realtà lo ha piuttosto stretto e che rappresenta solo uno dei motivi per cui ritiene i ristoranti dei luoghi da frequentare il meno possibile.
Anni fa ci recammo a cena in un locale sulle colline del Chianti fiorentino.
Un tale che diceva di essere un amico -e finché lo dice soltanto va anche bene- aveva rilevato da tempo una bottega di alimentari e ne aveva fatto un ristorante piuttosto rinomato; turisti nordeuropei molto presenti nella clientela, ottime recensioni, locale curato eccetera.
A notte, al momento del conto, gli dicemmo che ci aspettavamo di fare una buona dormita; avremmo avuto, l'indomani, una giornata piuttosto impegnativa.
Ne avemmo in cambio un'occhiata di sufficienza e l'asserzione che non si capiva da cosa ci si dovesse riposare, visto che non facevamo una sega tutto il giorno.
Parole testuali.
Gli mettemmo in mano il centinaio e più euro che gli stakhanov della cucina si erano duramente sudati maneggiando un'affettatrice e un coltello da formaggi (lui stava in sala, in cucina neanche ci aveva messo piede e la cena era stata per lo più a base di assaggi di salumi e pecorini), salutammo e ce ne andammo.
Poi vennero il 2020 e la pandemia, che costrinse la vita sociale a limiti molto rigidi.
Gli si saranno seccati i cespiti?
L'impresa avrà barcollato?
Moglie, figli ("Sta' diritto", "A me mi non si dice" e "Questa casa non è un albergo". Pare quasi di sentirlo, povero brambilla) e tutto il resto si saranno rivelate declinazioni di un unico concetto, quello di soldi in uscita?
Non riusciamo davvero a impietosirci.

01 agosto 2025

Alastair Crooke - Il movimento MAGA si sente tradito: è la fine per il mito di Trump?




Traduzione da Strategic Culture, 29 luglio 2025.

Il polverone del caso Epstein cresce. E diventa un catalizzatore per il profondo senso di alienazione che le masse provano nei confronti di alcuni strati della classe dirigente. Il pubblico, sia pure a malincuore, è rassegnato a interiorizzare il fatto che i suoi "governanti" siano dei mentitori e dei ladri abituali. Nonostante questo -in particolare all'interno della fazione del MAGA- ha comunque avuto sentore che all'interno del ceto governativo potrebbero covare vizi che considera troppo esecrabili anche solo per immaginarli. La gente ha capito che Trump era in un modo o nell'altro -sia pure solo come spettatore- legato ad ambienti in preda alla depravazione più totale.
È improbabile che la cosa gli verrà facilmente perdonata, o che gli sia perdonata proprio. Trump è stato eletto per smantellare tutte queste intricate reti di oligarchie, strutture di potere e servizi segreti che agiscono per interessi poco chiari. È quello che aveva promesso, il suo America First.
Cercare di distogliere l'attenzione del pubblico dalla vicenda Epstein probabilmente non avrà successo. Sfruttare, abusare e distruggere la vita di non si sa quante bambine secondo una condotta diabolicamente dissoluta in cui si mescolano potere e ricchezza è una cosa che va a toccare corde morali profonde: è impossibile cercare di sviare l'attenzione puntando il dito contro le mene finanziarie e altri giochetti da privilegiati. L'abuso -e peggio- inflitto a dei bambini appartiene a una categoria a sé stante, a una categoria infernale.
Trump può anche sostenere di non aver fatto nulla di giuridicamente sanzionabile. Sta di fatto che ormai è compromesso, e compromesso molto seriamente. Di conseguenza, come presidente potrebbe ritrovarsi a essere un'anatra zoppa, a meno che non si venga fuori un deus ex machina abbastanza potente da distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica.
Tanto per essere chiari, Trump resisterà con tutte le sue forze alla prospettiva di diventare un'anatra zoppa. Ed è qui che diventa pericoloso sul piano geopolitico. Trump ha bisogno di qualcosa che diventi una notizia distraente, ha bisogno di “vittorie”.
Ora come ora però si trova in una posizione di debolezza, in cui gli organismi per la sicurezza dello Stato e i loro alleati al Congresso stanno prendendo sempre di più il controllo della situazione. Allo stesso modo, molti esponenti della rete che collega politici e funzionari statunitensi, britannici e dello stato sionista a profondi legami commerciali e di intelligence saranno estremamente contrari a che venga fatta piena luce sul loro mondo. Singoli individui, tra cui la detenuta Ghislaine Maxwell, potrebbero rivelarsi pericolosi proprio come qualcuno che sta annegando e che in preda al panico si aggrappa alla persona più vicina facendola annegare con lui.
Il pedestre entourage che si occupa di politica estera per Trump ha limitato le iniziative presidenziali in materia erigendo una gabbia le cui sbarre hanno nomi come "arroganza" e "superbia".
Per l'Ucraina, Trump ha dato a Mosca cinquanta giorni di tempo per capitolare all'ultimatum di cessate il fuoco di Kellogg, se non vuole che la parola passi al cannone.
Le sanzioni del 100% sulle triangolazioni, che colpiscono principalmente le importazioni energetiche della Cina e dell'India dalla Russia, sono state categoricamente respinte dalla Cina e probabilmente lo saranno anche dall'India. Trump subirà le pressioni dei falchi del Congresso affinché faccia qualcosa per infliggere un duro colpo alla Russia.
Il problema è che l'arsenale è vuoto. Né gli Stati Uniti né l'Europa dispongono di scorte di armi significative in vista di una guerra. Anche se ordinassero missili o altre armi adesso, ci vorrebbero mesi prima della loro consegna.
Invece Trump di qualche diversivo o di qualche vittoria ne ha bisogno alla svelta.
Dal momento che negli arsenali non c'è gran che, Trump può solo far salire efficacemente la tensione usando missili a lungo raggio contro Mosca o contro San Pietroburgo. I missili Tomahawk con una gittata di duemila chilometri nell'arsenale degli Stati Uniti ci sono (e ne è stato discusso con la squadra di governo di Trump, secondo quanto riferito da David Ignatius).
E se questi missili Tomahawk, che sono vecchi, fossero abbattuti facilmente dalle forze russe? Beh, allora rimarrebbe un vuoto. Un vuoto grave. Perché non c'è nulla di intermedio tra qualche partita di armamenti dal valore simbolico (una manciata di missili Patriot) e le armi nucleari tattiche presenti nelle basi statunitensi, che potrebbero essere lanciate dai caccia schierati in Gran Bretagna.
A questo punto Trump piomberebbe verso un conflitto di vaste proporzioni con la Russia.
Un piano B esiste? Beh... sì. In alternativa all'escalation contro la Russia, si potrebbe bombardare di nuovo l'Iran.
Gli iraniani ritengono probabile un altro attacco contro la Repubblica Islamica, e Trump ha detto che potrebbe farlo. Quindi l'Iran si sta preparando al meglio per tale eventualità.
È possibile che Trump sia stato informato che la conseguenza di un attacco su larga scala contro l'Iran sarebbe l'effettiva smilitarizzazione dello stato sionista a mezzo missili balistici, con profonde ripercussioni sulla politica statunitense e sulla regione.
È anche possibile che Trump faccia finta di nulla e che preferisca a considerare lo stato sionista "tanto bravo", come disse durante l'attacco a sorpresa del 13 giugno.
E in Medio Oriente cosa sta succedendo? Sembra che Netanyahu stia brigando per aiutare Trump. Gaza è già una cosa scandalosa, sono scandalosi i crimini di guerra che vi vengono commessi, in una situazione che ha ottime prospettive di peggioramento.
Max Blumenthal riferisce che "quando Tucker Calson ha affermato che Epstein aveva legami con i servizi segreti dello stato sionista [e che questo spiegava] perché Trump sta insabbiando [il caso Epstein], nello stato sionista devono essersi spaventati. Neftali Bennett, ex primo ministro israeliano, è stato convocato per dichiarare che aveva avuto a che fare ogni giorno con il Mossad e che Jeffrey Epstein non lavorava per il Mossad e non era un agente per lo stato sionista. Ha poi minacciato Carson, dicendo "non lo tollereremo". Anche il ministro per gli Affari della diaspora ha denunciato Tucker Carson. È come se il rapporto tra il movimento conservatore statunitense e lo stato sionista si stesse incrinando a causa di Epstein", suggerisce Blumenthal.
Netanyahu forse intuisce che negli USA lo stato sionista rischia di passare qualche guaio, dato che i giovani statunitensi e i sostenitori del MAGA si stanno rivoltando contro un Trump che avrebbe tradito lo America First, sarebbe "corresponsabile" del massacro di Gaza, della guerra civile settaria in Siria guidata dagli USA e dallo stato sionista, dell'attacco contro l'Iran e del sacco del Libano.
Secondo i sondaggi, l'81% degli statunitensi vuole che vengano resi pubblici tutti i documenti relativi a Epstein. Due terzi –tra cui l'84% dei democratici e il 53% dei repubblicani– pensano che il governo stia nascondendo le prove relative alla lista dei suoi clienti e alla sua morte. Attualmente, il 53% disapprova l'operato di Trump.
Netanyahu è (forse di conseguenza) impegnato in una corsa frenetica per imporre la "Grande Israele". Imporre, perché la versione originale degli accordi di Abramo secondo ogni apparenza riguardavano la normalizzazione dei rapporti con lo stato sionista. Oggi, sotto la minaccia militare, gli Stati arabi sono costretti ad accettare le condizioni dello stato sionista e la sottomissione ad esso.
Si tratta di una parodia del vecchio concetto di un'alleanza di minoranze. Oggi le "minoranze" (che a volte sono maggioranze frammentate) vengono deliberatamente messe l'una contro l'altra. Gli Stati Uniti e lo stato sionista hanno nuovamente introdotto l'ISIS 2.0 in Medio Oriente. Le esecuzioni di alawiti, cristiani e sciiti in Siria ne sono la diretta conseguenza.
La prospettiva è quella di un Medio Oriente devastato, in cui solo le monarchie del Golfo fungono da isole obbedienti in mezzo a un panorama di guerre intestine, massacri su base etnica e balcanizzazione della politica.
Il nuovo Medio Oriente...?