17 agosto 2025

Alastair Crooke - La Russia intende avere piena comprensione dei vincoli cui Trump è soggetto




Traduzione da Strategic Culture, 15 agosto 2025.

Un altro giro di negoziati tra l'inviato di Trump Steve Witkoff e la leadership russa? Un incontro tra Witkoff e il presidente Putin è ormai imminente. Intanto il generale Keith Kellogg si è recato a Kiev. Questo avviene mentre il cosiddetto ultimatum di Trump sta per scadere, anche se lo stesso Trump mette in dubbio che le sanzioni che potrebbero seguire possano davvero recare qualche fastidio a Putin.
È cambiato qualcosa, al di là del fatto che la Russia sta avanzando sempre più rapidamente lungo tutta la linea del fronte?
Da un certo punto di vista in effetti non è cambiato nulla. La posizione russa rimane quella espressa dal presidente Putin il 14 giugno 2024. È la posizione degli Stati Uniti è cambiata? Neppure.
All'inizio di questo mese il generale Kellogg -suggeritore di Trump- ha per l'appunto suggerito che gli Stati Uniti schierassero tutti i loro sottomarini dotati di missili balistici per vedere se Putin stesse bluffando. Il punto è proprio questo: Kellogg continua a credere che Putin stia bluffando. Sembra che il generale e coloro che nella squadra di governo stanno dalla sua parte non riescano a capire o a interiorizzare quello che Putin va dicendo loro dal giugno 2024: "sono le cause profonde che contano".
Per Kellogg e compagni, a un cessate il fuoco secondo i criteri fissati dallo stesso Kellogg si potrà arrivare solo facendo pressione su Putin.
Il presidente della Commissione per gli affari internazionali della Federazione Russa Grigory Karasin è anch'egli impegnato nei negoziati. E ha esposto molto chiaramente la situazione: "Tutti i contenuti emotivi che dominano attualmente lo spazio mediatico, con tutte queste dichiarazioni e tutti questi riferimenti a grandi nomi come quello di Trump, dovrebbero essere presi con calma", ha detto Karasin alla Izvestia:
Ci saranno contatti con lui [Witkoff] che riveleranno ciò che gli Stati Uniti pensano realmente -non la versione buona per l'opinione pubblica- sul ruolo assolutamente distruttivo attualmente svolto dai paesi dell'Unione Europea che controllano strettamente il regime di Zelensky. Si discuterà di tutto questo. Credo che almeno, dopo questi contatti, saremo a conoscenza di tutti gli aspetti sostanziali. Pertanto dobbiamo rimanere pazienti, composti e resistere alla tentazione di reagire in modo emotivo.
Sembra che, dal punto di vista russo, lo scopo sia quello di conoscere bene quali siano i limiti entro cui Trump può muoversi.
Ed è nel contesto di questi limiti che vanno interpretate le dichiarazioni di Trump sull'invio di due sottomarini nucleari della classe Ohio a “pattugliare le coste” della Russia. Le dichiarazioni di Trump e del suo stretto consigliere Kellogg sui sottomarini riflettono un'errata interpretazione del ruolo dei sottomarini di seconda linea, che devono rimanere silenti e invisibili sul fondo dell'oceano e non devono assolutamente essere messi in mostra.
Trump dunque ha fatto una considerazione sciocca, forse pensata più che altro a pro del fronte interno. Trump è sottoposto a molteplici pressioni. Si trova all'angholo a causa delle sempre più gravi accuse mosse contro Epstein, sul cui conto sarebbero in arrivo altre rivelazioni. E come molti altri presidenti degli Stati Uniti deve guardarsi sia dallo stato sionista -a causa della rete di donatori e di grandi interessi economici- sia, come Clinton, da minacce di livello ben più basso e ben più pericolose.
La vecchia guardia repubblicana guidata da Mitch McConnell e dal senatore Graham ha capito che è in un momento di debolezza e ha intravisto un'occasione per indebolire la fazione MAGA e per togliere il GOP dalla sua sbandata populista e reincanalarlo verso una leadership unipartitica tradizionale in stile country club.
Una potente commissione del Senato ha votato, con un forte sostegno sia dei democratici che dei repubblicani alleati di Trump, perché venga sottoposta al voto dell'intero Senato una proposta di spesa che include un miliardo di dollari di aiuti all'Ucraina, nonostante l'amministrazione avesse chiesto al Congresso di eliminare questi fondi dalla richieste di bilancio per la difesa.
Il senatore repubblicano Murkowski e la democratica Shaheen, entrambi membri della Commissione Bilancio, hanno presentato ciascuno per proprio conto un disegno di legge che prevede 54,6 miliardi di dollari in aiuti all'Ucraina nei prossimi due anni. Per diventare legge, la proposta Murkowski-Shaheen dovrà affrontare una dura battaglia.
Trump ovviamente aveva basato la campagna elettorale sulla promessa, fatta all'elettorato MAGA, di non stanziare ulteriori fondi per la guerra in Ucraina. Se il provvedimento da un miliardo di dollari dovesse essere approvato i suoi sostenitori MAGA, già infuriati per quello che ritengono essere un insabbiamento del caso Epstein, si sentirebbero traditi una volta di più.
Farsi vedere col Congresso che gli mette i piedi in testa è una cosa che nessun Presidente può permettersi, tanto meno su una promessa elettorale fondamentale. Un presidente deve cercare di dominare il Congresso e di non diventare il suo burattino, soprattutto perché la perentorietà del Senato sulla questione delle sanzioni mira a bloccare la strada di Trump verso una normalizzazione strategica con la Russia.
È possibile quindi che la dichiarazione di Trump sul dispiegamento dei sommergibili sia stata fatta più che altro per mandarla a dire al Congresso, per mettere in primo piano un approccio intransigente nei confronti della Russia e per far capire che ha altri strumenti a disposizione, oltre alle sanzioni su cui è scettico.
I grattacapi per Trump tuttavia non finiscono con l'impasse per l'Ucraina. Nello stato sionista lo establishment della "Giudea" (i coloni messianici) ha respinto i tentativi di Witkoff di fermare il genocidio e la messa alla fame degli abitanti di Gaza. Le immagini della carestia stanno danneggiando Trump; secondo il quotidiano ebraico Yedioth Ahronoth -che cita fonti vicine a Netanyahu- egli avrebbe dato il via libera a una massiccia operazione militare a condizione che i negoziati giungano a un punto morto. "La situazione sta andando verso la completa occupazione della Striscia. Se al capo dello Stato Maggiore la cosa non piace, che si dimetta", è il consiglio senza mezzi termini che viene dall'entourage di Netanyahu.
La guerra di Gaza sta influenzando il sentire politico statunitense, soprattutto tra i giovani. E ne ha anche sui giovani europei. Trump recentemente ha avvertito un donatore ebreo che la sua base sta arrivando "a odiare lo stato sionista". La base di Trump si sta disperdendo.
Dopo una reazione negativa di vaste proporzioni alla decisione dell'amministrazione Trump di tagliare i fondi federali di emergenza alle città e agli Stati che boicottano lo stato sionista, agli Interni sono stati costretti a mettere in programma la rimozione del divieto di boicottaggio. La disposizione adesso si applica solo alle violazioni delle disposizioni su diversità, equità e inclusione e su quelle per l'immigrazione. La base MAGA vede sempre più le politiche all'insegna del "prima lo stato sionista" come un tradimento del "prima l'AmeriKKKa" delle promesse elettorali.
Quindi, secondo l'analisi di Grigory Karasin, "i contatti con Steve Witkoff dovrebbero rivelare la vera posizione degli Stati Uniti [i suoi vincoli e limiti], in contrasto con le dichiarazioni ad alta voce che arrivano dalla Casa Bianca alla vigilia della scadenza dei termini dell'ultimatum sul conflitto in Ucraina e l'introduzione di nuove sanzioni anti-russe".
Witkoff, d'altra parte, sta probabilmente cercando di sondare l'esistenza di un qualsiasi margine di agibilità nella posizione dichiarata dalla Russia, e di esplorare la possibilità di imporre una qualche scadenza per il raggiungimento di accordi con Kiev. Mosca si è detta disponibile a un quarto incontro per dei colloqui a Istanbul. Il clamore mediatico e la vicenda dei sottomarini missilistici fanno parte delle tipiche tattiche che Trump mette in atto in vista di qualche negoziato.
La realtà che il clamore nasconde, tuttavia, è che Trump ha poche carte da giocare per aumentare la pressione sulla Russia. Gli arsenali sono vuoti e ricorrere a missili a più lungo raggio susciterebbe le ire dei sostenitori di MAGA, che accuserebbero Trump di portare l'AmeriKKKa verso la terza guerra mondiale.
A servire davvero a Trump sarebbe un qualche cosa che lo metta al sicuro dalle pressioni del Senato che minacciano di legarlo mani e piedi a sanzioni infinite e all'escalation dei finanziamenti all'Ucraina. Qualcosa che faccia almenoi presagire la fine del conflitto entro un lasso di tempo ragionevole. È possibile? C'è da dubitarne. Kiev sembra aver imboccato una strada che porta lentamente all'autodistruzione. È troppo presto per capire chi potrebbe emergere dal caos.
Paradossalmente, la provocazione di Trump con quel "navigare lungo le coste russe" con sottomarini della classe Ohio, per quanto assurda, ha fornito a Mosca il pretesto per proporre qualcosa che era da tempo nel cassetto del presidente Putin. La Russia ha annunciato ufficialmente il ritiro dalle restrizioni che si era autoimposta nell'ambito della moratoria sul dispiegamento di missili a medio e corto raggio (Trattato INF) e ha giustificato questa decisione con le iniziative degli Stati Uniti, che da tempo hanno dispiegato sistemi simili in Europa e nella regione dell'Asia-Pacifico, violando così lo status quo. Per la prima volta la Russia sottolinea ufficialmente che la minaccia dei missili a medio e corto raggio statunitensi non proviene solo dall'Europa, ma anche dalla regione dell'Asia-Pacifico.
A livello di logica formale la revoca della moratoria sul dispiegamento di questi missili da parte di Mosca non è altro che una risposta simmetrica alla precedente escalation di Washington. Ma a un livello più profondo, la Russia non sta solo rispondendo: sta creando una nuova architettura strategica senza che in questo intervengano limiti imposti a livello internazionale. E tra le altre cose la Russia dispone della produzione in serie del missile Oreshnik, oltre ad avere nella regione dell'Asia-Pacifico uno stretto alleato come la Corea del Nord.
Questo cambiamento di paradigma intende avere effetti strategici. Se in passato Mosca si affidava ai trattati e al gioco pulito, oggi punta sull'imprevedibilità, sui fronti interconnessi e sul reagire alle minacce.

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