Traduzione da Strategic Culture, 16 settembre 2025.
L'attacco contro i negoziatori di Hamas riuniti a Doha per discutere della "proposta" di Witkoff per Gaza non è un'altra "operazione" da ignorare in silenzio, come nel caso della eliminazione di quasi tutto l'esecutivo dello Yemen.
Esso segna piuttosto la fine di un'epoca, e apre per il Qatar una realtà nuova.
Si tratta di un evento storico. Per decenni il Qatar ha giocato una partita molto redditizia, sostenendo i jihadisti radicali di An Nusra in Siria per fare leva contro l'Iran e al tempo stesso ospitando basi militari statunitensi e mantenendo una partnership strategica con Washington. Doha si è presentata come mediatrice: andava a cena con gli jihadisti e intanto agevolava le cose al Mossad.
Questo tenere il piede in due scarpe è stata la cosa che ha conferito al Qatar la reputazione di eterno beneficiario delle crisi, in Medio Oriente e in Afghanistan. Anche quando lo stato sionista, l'Iran o l'Arabia Saudita erano sotto attacco, Doha ne usciva vincitrice. I qatarioti contavano con calma i profitti derivanti dal loro gas e traevano utili dal ruolo di intermediari indispensabili.
Ora questa favola è finita: non ci saranno più zone franche. La cosa più significativa è che gli Stati Uniti (secondo quanto riportato dall'emittente sionista Channel 11) avevano approvato l'azione, di cui Trump è stato informato a cose fatte. Nonostante abbia espresso delle riserve sull'attacco, Trump ha detto di plaudire a qualsiasi eliminazione di appartenenti ad Hamas.
Avremmo dovuto prevederlo. L'attacco a Doha è stato l'ennesimo attacco a sorpresa di Trump e dello stato sionista; una prassi iniziata con l'attacco a sorpresa contro la leadership di Hezbollah riunita per discutere un'iniziativa di pace degli Stati Uniti, procedura poi adottata identica per decapitare i vertici della Repubblica Islamica dell'Iran il 13 giugno, proprio mentre Trump faceva pubblicità ai colloqui per il JCPOA con i negoziatori di Witkoff, che sarebbero iniziati nei giorni successivi.
Questa volta lo stato sionista ha colpito usando come esca per riunire i leader di Hamas in un unico luogo a Doha la "proposta di pace" di Trump per Gaza. Il piano di Witkoff per Gaza sembra una burla, o forse un deliberato falso. Lo stato sionista aveva già deciso di porre fine al ruolo del Qatar.
La logica dello stato sionista è tanto semplice quanto cinica, e prescinde dal numero di basi statunitensi presenti o dall'importanza del gas per l'economia mondiale. L'uccisione di Ismail Haniyeh a Tehran, gli attacchi alla Siria e al Libano, l'operazione in Qatar sono tutti anelli di una stessa catena. Netanyahu -e la maggioranza dei cittadini dello stato sionista gli esprime in questo il proprio sostegno- dimostra con metodo che per lui in Medio Oriente non esistono territori proibiti, né legge, né Convenzione di Vienna.
Il sostegno al genocidio e alla pulizia etnica messi in atto dallo stato sionista, la mancanza di un serio impegno nella preparazione di un percorso politico per una soluzione in Ucraina, fare la guerra intanto che si invoca la pace. Ecco di cosa consiste nella sua essenza l'approccio di Trump. Esso contempla l'esercizio di una supremazia con riserva di escalation, sia in patria che all'estero.
L'intera idea del Make AmeriKKKa Great Again (MAGA) sembra basarsi sul ricorso calibrato alla bellicosità, ai dazi o alla potenza militare per mantenere nel tempo questa supremazia basata sulla prerogativa dell'escalation. Trump sembra pensare che il raggiungimento della supremazia in patria e all'estero sia l'essenza del MAGA. E che a tanto si possa arrivare attraverso un esercizio calibrato della prepotenza, rivenduto alla base MAGA asserendo che simili minacce possano portare alla "pace" o a negoziare un "cessate il fuoco".
L'enfasi su questa supremazia con riserva di escalation ha anche a che fare con l'intento, nella mentalità di Trump, di far diventare le guerre delle colossali iniziative che portino agli Stati Uniti dei vantaggi economici. L'idea di trasformare Gaza in un progetto di investimento redditizio sottolinea questo stretto legame tra guerra e guadagno. Lo stesso vale per l'Ucraina, che per gli USA è diventata un'ottima lavanderia per il denaro sporco.
Non si creda che gli Stati Uniti non torneranno a dedicarsi a una guerra in particolare, a tempo debito. Ecco perché la prospettiva di una escalation non viene mai completamente abbandonata o rimossa, poiché il suo persistere permette di ricorrervi in un qualche modo in un secondo momento (cioè in Ucraina).
Sono tutti segnali che a Mosca hanno fatto suonare un campanello d'allarme. Il viaggio di Trump ad Anchorage -dal punto di vista russo- doveva serivre a capire (se possibile) quanto fossero strette le catene che legano Trump, quale sia la sua libertà di agire in modo autonomo, cosa voglia e cosa potrebbe fare in futuro.
Per i russi, la visita ha dimostrato quali siano questi limiti.
Yuri Ushakov, principale consigliere di Putin in materia di politica estera, ha spiegato che a Tianjin, in occasione del vertice dell'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, ci sono state discussioni con tutti gli alleati strategici della Russia; si è capito che c'era stato un ritardo nel varo delle sanzioni contro la Russia da parte di Trump, ma che non era stato organizzato niente per continuare i negoziati. Nessuna struttura, nessun gruppo di lavoro, nessun ulteriore scambio per preparare il cosiddetto incontro a tre fra Trump, Zelensky e Putin. Nessuna preparazione per una agenda, nessuna indicazione sui termini.
Tutto questo ha messo in chiaro le intenzioni di Trump per il futuro: nessuna struttura, nessun segnale, nessun concreto impegno per la pace. Al contrario, i russi vedono un regime Trump che sta prendendo tempo per fare l'opposto, con i piani europei per il riarmo dell'Ucraina.
L'aggressione congiunta dello stato sionista e degli USA contro l'Iran -e poi l'attacco contro il Qatar- sono eventi che si inquadrano nella stessa cornice ideologica e che confermano il predominio dei sostenitori dello stato sionista e di coloro che, nell'ambiente di Trump, nutrono antichi rancori contro la Russia per ragioni religiose dello stesso tipo.
Il predominio di questa politica incentrata sullo stato sionista ha frammentato la base MAGA di Trump. Più in generale, ha compromesso in modo permanente il soft power globale e l'affidabilità diplomatica degli Stati Uniti. Eppure Trump, tenuto saldamente in questa morsa, non osa sfuggirle: farlo significherebbe rischiare l'autodistruzione.
Lo stato sionista sta portando avanti una seconda Nakba (pulizia etnica e genocidio) a Gaza e in Cisgiordania, e la società ebraica si trova in gran parte intrappolata nella repressione e nella negazione proprio come nel 1948. Il controverso documentario della regista Neta Shoshani sulla guerra del 1948 è stato vietato nello stato sionista perché ha messo in luce molte delle manchevolezze dell'etica che stava alla base della costruzione dell'identità del nascente stato.
La Shoshani ha scritto recentemente del suo film:
Improvvisamente mi sono resa conto che negli ultimi due terribili anni l'intera questione dell'etica nello stato sionista è stata completamente distrutta. Ho capito che un ethos ha un grande potere, che è quello di mantenere una società entro certi limiti. E anche se questi limiti vengono violati -e sono stati certamente violati già nel 1948- c'era ancora qualcosa nel codice morale della società che almeno le faceva provare vergogna. Per decenni questo ethos ha salvaguardato la società [dello stato sionista] e l'esercito, costringendoli a rimanere entro certi limiti. E quando questa etica viene meno, succedono cose davvero spaventose. Da questo punto di vista il film era difficile da guardare fin dall'inizio, ma dopo gli ultimi due anni è diventato insopportabile... Se il 1948 è stata una guerra di indipendenza, la guerra adesso in corso potrebbe essere quella che segnerà la fine dello stato sionista.
La Shoshani vuole mettere in guardia sul fatto che quando i limiti etici di una società vengono cancellati con un bagno di sangue (come è successo nel 1948), il loro venir meno può mettere a repentaglio la legittimità dell'intero progetto, portando all'autodistruzione uno stato che si è spinto oltre ogni umano limite.
Questa oscura intuizione, molto pertinente ai giorni nostri, potrebbe essere proprio uno dei tentacoli che legano senza riserve Trump alla sopravvivenza finale dello stato sionista, anche se probabilmente ci sono altri robusti ma non visibili laccioli.
Tutto questo avviene in un momento in cui gli Stati Uniti si stanno allontanando sempre più dalla bozza del 1992 della Defence Planning Guidance (DPG) nota come "Dottrina Wolfowitz", che invitava gli Stati Uniti a mantenere una superiorità militare indiscussa per impedire l'emergere di rivali e, se necessario, ad agire unilateralmente per proteggere i propri interessi e scoraggiare potenziali concorrenti.
L'attuale bozza della Strategia per la Difesa Nazionale sta togliendo l'occhio dalla Cina per concentrarsi sulla sicurezza del suolo patrio e dell'emisfero occidentale. Le truppe saranno richiamate, dapprincipio per rafforzare i confini. Will Schryver scrive:
A quanto sembra Elbridge Colby si è accorto del fatto puro e semplice che è troppo tardi per arrestare il dominio della Cina sul Pacifico occidentale, e sapeva già che una guerra contro la Russia era impensabile. L'unica opzione strategicamente significativa rimasta è l'Iran.
Colby forse sa anche che qualsiasi ulteriore fallimento militare degli Stati Uniti smaschererebbe fatalmente la spavalderia geostrategica di Trump, mostrandola per il bluff che è.
Potremmo quindi assistere a una nuova serie di importanti cambiamenti geopolitici, adesso che Trump sta abbandonando i suoi sforzi per cercare di passare come un pacificatore globale.
Probabilmente Trump stesso non sa cosa vuole fare. Con le tante fazioni che cercano di inserirsi nello spazio strategico vacante, probabilmente si rivolgerà a quelle tattiche di guerra dello stato sionista per le quali prova tanta ammirazione.