16 luglio 2025

Alastair Crooke - Gli errori commessi dall'arroganza statunitense stanno cambiando la natura del conflitto mondiale



Traduzione da Strategic Culture, 15 luglio 2025.

La grande questione emersa dall'attacco statunitense del 22 giugno contro l'Iran –seconda solo a "che fine farà l'iran?"– è se Trump ritenga di poter imporre l'uso retorico dell'affermazione di aver "annientato" il programma nucleare iraniano per un periodo sufficientemente lungo da impedire allo stato sionista di colpire nuovamente l'Iran, e al tempo stesso di poter continuare a sbandierare il suo slogan ad effetto che è "ABBIAMO VINTO, adesso comando io e tutti faranno quello che dico io".
Queste erano le questioni chiave sul conflitto che dovevano essere discusse con Netanyahu durante la sua visita alla Casa Bianca questa settimana. A Netanyahu interessa essenzialmente continuare con la "guerra vera e propria", quindi ha esigenze diverse dalla strategia generale di Trump che è quella del cessate il fuoco. Ad essere implicito nel suo approccio del tipo "si arriva, si bombarda, ce ne andiamo e poi arriva il cessate il fuoco" nei confronti dell'Iran è che Trump potrebbe figurarsi di essere riuscito a creare lo spazio necessario a riprendere il suo obiettivo primario, quello di istituire per tutto il Medio Oriente un ordine più ampio incentrato sullo stato sionista e basato su accordi commerciali, legami economici, investimenti e connettività, per creare un'Asia occidentale guidata dal business con al centro Tel Aviv e con Trump come suo "presidente" de facto.
Una "super autostrada commerciale" che gli servirebbe a spingersi oltre, con gli Stati del Golfo che penetrano nel cuore dell'Asia meridionale dei BRICS per interromperne la connettività e tagliarne i corridoi.
Le condizioni indispensabili all'avvio di un ipotetico "Accordo di Abramo 2.0" -e Trump lo capisce chiaramente- sono la fine della guerra a Gaza, il ritiro dei militari dello stato sionista dalla Striscia e la sua ricostruzione. Nessuna sembra realisticamente raggiungibile.
Ciò che emerge piuttosto è che Trump continua ad essere ossessionato dall'illusione che la sua visione incentrata sullo stato sionista possa concretizzarsi ponendo semplicemente fine al genocidio a Gaza, mentre il mondo assiste inorridito al proseguimento della violenta campagna militare egemonica dello stato sionista in tutta la regione. Il difetto più evidente della premessa al ragionamento di Trump è che gli attacchi dello stato sionista e degli USA avrebbero in qualche modo punito l'Iran. È successo esattamente il contrario. L'Iran ne è uscito più unito, più risoluto e più ribelle. Lungi dal finire relegato a osservare passivamente da bordo campo, l'Iran ora, sulla scia dei recenti eventi, ha ripreso il suo posto di potenza regionale di primo piano. Un ruolo da cui sta preparando una risposta militare che potrebbe cambiare le carte in tavola in caso di ulteriori attacchi da parte dello stato sionista o degli USA.
A essere ignorato da tutte le millanterie occidentali sul successo dello stato sionista è che lo stato sionista aveva scelto di puntare tutto su un attacco a sorpresa del tipo shock and awe. Un attacco che avrebbe rovesciato la Repubblica Islamica in un colpo solo. Non ha funzionato: l'obiettivo strategico è stato fallito e il risultato è stato quello opposto. Ma la cosa più importante è che le tecniche utilizzate dallo stato sionista, che hanno richiesto mesi -se non anni- di preparazione, non si possono ripetere tali e quali adesso che i loro stratagemmi sono stati completamente smascherati.
L'errata interpretazione della realtà iraniana da parte della Casa Bianca indica che gli uomini di Trump si sono lasciati ingannare dall'insistente arroganza con cui lo stato sionista ha ribadito come l'Iran non fosse che un castello di carte destinato a crollare completamente una volta paralizzato dal primo assaggio della forza dimostrata dallo stato sionista con le decapitazioni a sorpresa del 13 giugno.
Si è trattato di un errore sostanziale, che fa parte di una serie di errori simili: che la Cina avrebbe capitolato appena minacciata dell'imposizione di dazi; che la Russia avrebbe potuto essere costretta a un cessate il fuoco anche contro i propri interessi; e che l'Iran sarebbe stato pronto a firmare un documento di resa incondizionata a fronte alle minacce di Trump dopo il 22 giugno.
Gli Stati Uniti hanno commesso degli errori che dimostrano, oltre a un costante distacco dalla realtà geopolitica, come l'arroganza e la spavalderia altro non siano che l'orpello della debolezza occidentale. Lo establishment statunitense si aggrappa a una supremazia ormai in declino, ma così facendo -per giunta senza nulla ottenere- ha invece accelerato la formazione di una potente alleanza geostrategica intenzionata a sfidare gli Stati Uniti.
La deriva occidentale verso il ricorso a mezzucci, menzogne e inganni è stata un campanello di allarme per gli altri Paesi: L'operazione "Spider Web" contro la flotta di bombardieri strategici russi alla vigilia dei colloqui di Istanbul e l'attacco a sorpresa degli Stati Uniti e dello stato sionista contro l'Iran due giorni prima di un previsto successivo round di colloqui sul nucleare tra Stati Uniti e Iran hanno rafforzato la decisione a resistere della Cina, della Russia e dell'Iran in particolare, ma più in generale in tutto il Sud del mondo.
L'intero quadro delle ostilità in atto per mantenere il primato del dollaro statunitense ne è uscito irreversibilmente alterato.
Tutti sono sul chi vive perché hanno constatato che a fronte della prospettata sconfitta della NATO in Ucraina, l'Occidente sta intensificando la nuova Guerra Fredda su molti fronti: nel Mar Baltico, nel Caucaso, nella periferia dell'Iran (tramite attacchi informatici) e, naturalmente, tramite un'escalation della guerra finanziaria su tutti i fronti. Trump sta nuovamente minacciando di sanzionare l'Iran e qualsiasi Stato che acquisti il suo petrolio. Lunedì 14 luglio Trump ha pubblicato su Truth Social che avrebbe imposto una nuova tariffa del 10% a "qualsiasi paese che si allinei alle politiche antiamericane dei BRICS".
Naturalmente, i vari Paesi si stanno preparando a contrastare questa escalation. La tensione sta aumentando ovunque.
L'Azerbaigian (e persino l'Armenia) vengono utilizzati come armi contro la Russia e l'Iran dalle potenze della NATO e dalla Turchia. L'Azerbaigian è stato utilizzato per facilitare il lancio di droni dello stato sionista contro l'Iran, e il suo spazio aereo è stato utilizzato anche da aerei dello stato sionista per sorvolare il Mar Caspio, in modo che fosse possibile lanciare verso Tehran missili da crociera stand-off dallo spazio aereo azero sul Mar Caspio.
Il Kurdistan iracheno, il Kazakistan e le zone di confine del Belucistan sono stati utilizzati come piattaforme per infiltrare unità di sabotaggio sia in Russia che in Iran, per preposizionare missili, droni e unità di sabotaggio per la guerra asimmetrica.
Sull'altro fronte di questa guerra in pieno dispiegamento Trump si sta affannando per concludere una serie di accordi "commerciali" in tutto il Pacifico, compresi quelli con l'Indonesia, la Thailandia e la Cambogia. L'obiettivo è quello di costruire una “gabbia” di tariffe speciali più elevate per arginare la pratica cinese di ricorrere a triangolazioni, ovvero di esportare merci in altri Paesi che poi le riesportano a loro volta negli USA.
Gli Stati Uniti hanno creato un precedente con il Vietnam, con una tariffa del 40% su queste triangolazioni, che è esattamente il doppio dell'imposta del 20% sui prodotti fabbricati in Vietnam.
Solo che la strategia shock and awe di Trump, che consiste nell'imporre dazi per rilanciare l'attività industriale statunitense e mantenere il resto del mondo soggetto all'egemonia del dollaro, non sta funzionando: Trump è stato costretto ad annunciare una moratoria di novanta giorni sui dazi del Liberation Day nella speranza che nel frattempo venissero conclusi novanta accordi, ma in realtà sono stati raggiunti solo tre "accordi quadro". L'amministrazione è stata quindi costretta a prorogare ancora una volta la moratoria fino al 1° agosto. Bessent, segretario al Tesoro degli Stati Uniti, ha affermato che molti dei novanta Stati originariamente soggetti ai dazi non hanno nemmeno cercato di contattare gli Stati Uniti per raggiungere un accordo.
La facoltà di punire finanziariamente chi non fa quello che gli USA dicono sta venendo meno. L'alternativa alla rete del dollaro esiste. E non si tratta di una "nuova valuta di riserva".
L'alternativa è la soluzione prevista dalla Cina: una fusione delle piattaforme di pagamento al dettaglio Fintech con i sistemi digitali bancari e delle banche centrali, basata sulla blockchain e su altre tecnologie digitali. Gli Stati Uniti non possono replicare questo approccio perché la Silicon Valley e Wall Street sono in contesta tra loro e non collaboreranno.
Come ha osservato ironicamente Will Schryver un paio di anni fa:
La serie apparentemente infinita di errori causati dall'arroganza dell'impero ha rapidamente accelerato la formazione di quella che è senza dubbio la più potente alleanza militare/economica/geostrategica mai vista in tempi moderni: l'asse tripartito di Russia, Cina e Iran...
Pare incredibile, ma gli USA sono riusciti a passare dalla padella di una guerra regionale per procura contro la Russia alla brace di un conflitto globale che tutti e tre i loro avversari, in costante rafforzamento, considerano ormai una lotta per l'esistenza.
A mio avviso, si tratta quasi certamente della serie di errori geopolitici più inspiegabili e inquietanti che la storia ricordi.

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