10 luglio 2025

Alastair Crooke - Iran. Trump voleva una guerra perfetta e una vittoria sensazionale: il suo è il "Paese delle performance"...



Traduzione da Strategic Culture, 8 luglio 2025.

"A seconda di chi risponde alla domanda, il bombardamento statunitense degli impianti nucleari iraniani a Fordow, Natanz e Isfahan è stato un successo clamoroso che ha gravemente compromesso il programma nucleare di Tehran oppure un vistoso fuoco di paglia i cui risultati sono stati inferiori alle aspettative... Nel quadro generale, tutto questo non è altro che una recita".
Michael Wolff ha scritto quattro libri su Trump; a suo parere la questione principale, seconda solo a cosa succederà in Iran e a come gli iraniani potrebbero reagire, è data da come reagiranno quelli del MAGA.
E penso che [Trump] sia sinceramente preoccupato, [sottolinea Wolff]. Credo proprio che dovrebbe esserlo. Ci sono due temi essenziali agli occhi di questa coalizione: l'immigrazione e la guerra. Tutto il resto non è intoccabile e può essere oggetto di compromesso. Ma non è certo che su questi due temi siano possibili compromessi.
Il segnale lanciato da Hegseth ("non siamo in guerra con il popolo iraniano, ma solo con il suo programma nucleare") riflette chiaramente un messaggio che di fronte alla reazione dei MAGA ha perso ardimento: "Non fateci caso. Non stiamo davvero facendo la guerra"; ecco cosa stava cercando di dire Hegseth.
Quindi cosa succederà? Ci sono fondamentalmente quattro possibilità: la prima è che gli iraniani dicano "Va bene, ci arrendiamo", ma questo non succederà. La seconda è quella di una guerra prolungata tra Iran e stato sionista, con lo stato sionista che continuerà a subire attacchi mai subiti prima d'ora. La terza è il tentativo di rovesciare la Repubblica Islamica, anche se una cosa del genere non è mai successa in seguito ai soli attacchi aerei. Storicamente, iniziative del genere per mano degli statunitensi si sono sempre svolte in un contesto fatto di massacri, periodi di instabilità lunghi molti anni, terrorismo e caos.
Infine, c'è chi avverte che sarebbe in ballo un Armageddon nucleare con l'obiettivo di distruggere l'Iran. Ma sarebbe un caso di autolesionismo, poiché con esso arriverebbe probabilmente anche l'Armageddon di Trump alle elezioni di metà mandato.
“Mi spiego meglio”, dice Wolff:
Ho fatto molte telefonate, quindi credo di avere un'idea del percorso che ha portato Trump al punto in cui siamo [quello degli attacchi all'Iran]. Le telefonate sono uno dei principali metodi con cui cerco di capire cosa sta pensando (uso il termine "pensare" in senso lato).
Parlo con persone con cui Trump ha parlato al telefono. Voglio dire, l'organizzazione cognitiva di Trump è completamente esterna, e si manifesta in una serie continua di telefonate. Ed è piuttosto facile da seguire, perché Trump dice la stessa cosa a tutti. Quindi è un continuo ripetersi...
In sostanza, quando lo stato sionista ha attaccato l'Iran, lui si è eccitato molto e le sue telefonate erano tutte ripetizioni di un unico refrain: "Vinceranno? È una mossa vincente? È finita? Sono così bravi! È davvero uno spettacolo".
Quindi, ancora una volta, siamo nel mondo dello spettacolo. Questo è un palcoscenico e il giorno prima che attaccassimo l'Iran le sue telefonate ripetevano costantemente: Se lo facciamo, deve essere perfetto. Deve essere una vittoria. Deve sembrare perfetto. Nessuno deve morire.
Trump continua a dire ai suoi interlocutori: "Arrivamo, giù bombe e via! Una gran giornata. Una grande giornata, vogliamo. Vogliamo (eccoci, dice Wolff) una guerra perfetta". Poi, all'improvviso, Trump ha annunciato un cessate il fuoco che secondo Wolff "ha segnato la fine della guerra perfetta di Trump".
E così, all'improvviso, con lo stato sionista e l'Iran che sono sembrati proprio collaborare a mettere in scena questo perfetto film di guerra, "Trump si infastidisce, perché proprio perfetto non è".
Wolff continua:
Trump, a quel punto, era già entrato nel ruolo di uno che dice che "questa è la sua guerra". La sua guerra perfetta. Un drammone televisivo della più bell'acqua, una guerra che è servita per tirare fuori un titolo. E il titolo è ABBIAMO VINTO. Ora comando io e tutti faranno quello che gli dico io. Quello che abbiamo visto in seguito è stato il manifestarsi della sua frustrazione per come è andato a finire il drammone con il titolo eccezionale: nessuno sta facendo quello che lui dice.
Quali sono gli sviluppi di più ampia portata di questo episodietto? Beh, Wolff per esempio ritiene improbabile che Trump venga risucchiato in una guerra lunga e complicata. Perché? "Perché Trump, semplicemente, non ha la capacità di attenzione necessaria. È così. Ha già chiuso: arriva, giù bombe e via".
Nelle considerazioni di Wolff si trova un punto fondamentale da afferrare, per coglierne il più ampio significato strategico: Trump è avido di attenzione. Pensa in termini di titoli da generare, ogni giorno, ma non necessariamente alle politiche che derivano da quei titoli. Cerca il dominio quotidiano dei titoli e per questo vuole definirli attraverso un atteggiamento retorico, modellando la "realtà" per darne una sua "interpretazione" spettacolare in linea col suo stile.
I titoli diventano quindi, per così dire, la materia dell'iniziativa politica. Poi possono svilupparsi in politiche vere e proprie, oppure no.
Al contrario di quello che pensa Wolff, per Trump non sarà facile cavarsela togliendo semplicemente l'Iran da sotto i riflettori, nonostante egli sia capace di prove magistrali quando si tratta di trovare nuovi terreni di contesa. Fondamentalmente Trump si è impegnato a rispettare i sottolitoli per cui "L'Iran non avrà mai la bomba". Si noti che Trump non ha definito la questione in termini politici e si è anzi lasciato margini di manovra per una possibile rivendicazione di vittoria in un secondo momento.
Tuttavia c'è un altro punto fondamentale: l'attacco dello stato sionista all'Iran del 13 giugno avrebbe dovuto far crollare la Repubblica Islamica dell'Iran come un castello di carte. Questo si aspettava lo stato sionista, e chiaramente questo era quello che si aspettava anche Trump: "[Le telefonate di Trump alla vigilia dell'attacco a sorpresa dello stato sionista] erano tutte ripetizioni di un unico refrain: "Vinceranno? È una mossa vincente? È finita? Sono così bravi! È davvero uno spettacolo". Insomma, Trump aveva messo in conto il possibile crollo dello Stato iraniano.
Beh... no. Nessuna fine dei giochi. Nello stato sionista si staranno anche abbracciando gli uni con gli altri emozionati per la pièce teatrale del Mossad del 13 giugno, per la "professionalità" delle decapitazioni guidate dal Mossad, per gli omicidi di scienziati, per gli attacchi informatici e per i sabotaggi. Il Mossad è acclamato da molti nello stato sionista, ma si è trattato solo di successi tattici.
L'obiettivo strategico, il fine ultimo, è stato un fallimento: il castello di carte non solo non è crollato, ma ha reagito vigorosamente. Invece di indebolire la Repubblica Islamica dell'Iran, l'attacco è riuscito ad incendiare il sentimento nazionale sciita e iraniano. Ha ridato vigore a un fervore e a una passione nazionale che erano in gran parte sopiti. L'Iran in futuro sarà più risoluto.
Quindi, se l'attacco dello stato sionista del 13 giugno non ha avuto successo, perché mai le cose dovrebbero andare meglio in un secondo tentativo che troverebbe l'Iran prontissimo a reagire? Contro l'Iran Netanyahu potrebbe preferire una lunga guerra di logoramento che contribuisca alla "grande vittoria in cui spera. Ma Netanyahu adesso non può lasciarsi andare a illusioni del genere (né lo stato sionista può sopravvivere a una guerra di logoramento) senza un aiuto sostanziale da parte degli Stati Uniti (che potrebbe anche non arrivare).
Tuttavia, l'atteggiamento vistosamente ansioso (descritto anche dagli interlocutori di Wolff) di Trump nei confronti degli esiti più o meno rapidamente vittoriosi dell'attacco a sopresa sferrato dallo stato sionista è un indice del suo temperamento: "È una mossa vincente? È finita? Deve essere una vittoria: deve sembrare perfetta! Arrivamo, giù bombe e via!".
Questo modo di fare petulante rivolto al suo entourage denota più una mancanza di fiducia in se stesso che la volontà –o la capacità di concentrazione– necessarie a un lungo scontro privo di un ben definito momento in cui si possa dichiarare la fine dei giochi.
Inoltre, Trump sarà preoccupato -e con buoni motivi- degli effetti di una lunga guerra sulla sua base MAGA, così come sui suoi giovani elettori (che stanno già cominciando ad allontanarsi da lui, come suggeriscono i sondaggi centrati su di essi). La maggioranza di Trump in entrambe le Camere è incredibilmente precaria. Trecento milioni di dollari potrebbero ribaltare la situazione, in un senso o nell'altro.
Occorre ricordare anche un secondo dato di fondamentale importanza. Lo stato sionista è stato attaccato in un modo mai visto prima. A tutt'oggi lo stato sionista nasconde l'estensione dei danni inflittigli dai missili iraniani ma anche i suoi esperti in materia di sicurezza, man mano che prendono atto dell'entità dei danni causati al Paese, stanno arrivando all'amara conclusione che distruggere il “programma” iraniano con mezzi militari potrebbe essere impossibile. Sempre che si riesca a farlo, sarà solo tramite accordi diplomatici di qualche tipo.
Anche il rovesciamento della Repubblica Islamica si è rivelato una chimera. L'Iran non è mai stato così unito e risoluto come lo è oggi. Persino la minaccia di uccidere la Guida Suprema ha avuto l'effetto diametralmente opposto. Quattro autorità religiose sciite (Marja'iyya) -tra cui il celebre Grande Ayatollah Sistani in Iraq- hanno emesso sentenze per cui qualsiasi attacco alla Guida Suprema renderebbe valida una fatwa di jihad che obbligherebbe tutta la Ummah (comunità dei credenti) a unirsi alla guerra religiosa contro l'AmeriKKKa e contro lo stato sionista.
I negoziati tra Stati Uniti e Iran sembrano lontani dal raggiungere un accordo. La AIEA si è resa protagonista del problema, invece di contribuire in qualche modo alla soluzione. L'attenzione di Trump per la questione di un cessate il fuoco in Ucraina sembra si stia affievolendo, e anche per l'Iran alla fine il risultato potrebbe essere lo stesso: quello di lunghi negoziati che non portano a nulla, mentre l'Iran riprende silenziosamente il suo programma di arricchimento. E presumibilmente lo stato sionista scaglierà altri attacchi contro l'Iran, provocandone l'inevitabile risposta e una escalation.

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