Dunque, c'è uno grasso.
Uno grasso nato a Roma nel 1952.
Uno grasso nato a Roma nel 1952, che ha cambiato più "partiti" che calzini.
Uno grasso nato a Roma nel 1952, che ha cambiato più "partiti" che calzini e che dirige un giornalino che senza quei contributi per l'editoria che vorrebbe veder negati agli avversari politici sarebbe già affondato da anni, nell'indifferenza generale.
Uno grasso nato a Roma nel 1952, che ha cambiato più "partiti" che calzini, che dirige un giornalino che senza quei contributi per l'editoria che vorrebbe veder negati agli avversari politici sarebbe già affondato da anni nell'indifferenza generale e che dicono sia l'amplificatore delle "idee" dei neoconservatori amriki.
Con questo non vogliamo certo attribuire a uno grasso nato a Roma nel 1952 le centinaia di migliaia di morti delle guerre d'aggressione condotte col supporto propagandistico chi diffonde certe "idee" con tanto entusiasmo; sarebbe troppo onore e troppo onere.
Tuttavia un microepisodio verificatosi ad una conferenza stampa, in cui questo grasso si è messo in luce cercando di dare il via ad una rissa bizzosa, consente qualche riflessione sull'autoreferenzialità di gazzettieri e politici, arrivata a livelli siderali.
La riflessione più generale è che un episodio simile riguarda tutti, nel senso che tutti potremmo avere sei secondi di visibilità durante la conferenza stampa indetta da un non operaio per rivendicare innocenze e pulitezze. Nel caso di un mustad'af qualsiasi, questi sei secondi servirebbero a denigrare lui, i suoi amici, il suo lavoro, le sue idee, i suoi valori e quant'altro faccia di lui un essere umano e non un coso a servizio del marketing gazzettiero.
Invece questo qui, che è grasso ed è nato nel 1952, i suoi sei secondi li ha praticamente prenotati perché insieme con una piccola cerchia di personaggi consimili, su interventi perentori ed irruenti ai limiti del manesco, su asserzioni radicali e comparsate a beneficio di claque e gazzettieri amici, ha costruito negli anni quella costante presenza gazzettiera e televisiva che costituisce un tassello di quello sterminato mosaico di menzogne che ha completamente avulso la rappresentazione mediatica dal mondo reale. Il mainstream, nello stato che occupa la penisola italiana, è occupato in modo pressoché esclusivo da contenuti del genere, che hanno costi ridicoli ed evitano di dover lavorare sul serio.
Nulla a cui non si sia fatta, da anni, deplorevole abitudine.
L'attività quotidiana di quest'individuo, che come dicevamo è grasso, ha consistito però in ben altro. Per anni, la visibilità mediatica glie l'hanno garantita le battaglie in favore di guerre di aggressione che ha condotto, a beneficio dell'esecutivo peninsulare e delle scelte politiche e militari "occidentaliste". Il declinare del prestigio della lobby amriki dei "neocon", divenuto definitivo con la fine della presidenza Bush, lo ha costretto ad un ritorno alla piazzata intanto che i magnifici risultati del democracy export sono sotto gli occhi di tutti sia in Iraq -letteralmente sparito dalle cronache e talmente "rinato" e "ricostruito" che anche solo fare la spesa al mercato significa rischiare la vita ogni giorno- che in Afghanistan, per il quale a dieci anni dall'invasione c'è chi parla scopertamente di "guerra persa" confermando le previsioni che moltissime oscurate e disprezzatissime cassandre, colpevoli di avere molta cognizione di causa e zero potere per farla valere, avevano formulato già all'atto dell'aggressione.
In questa situazione le cose, per chi di visibilità mediatica vive, possono complicarsi parecchio. Finiti i bei tempi in cui questa ciurma sgomitava senza alcun ostacolo, restano per il momento i palchi oscenici di quart'ordine, come certe conferenze stampa in cui in un clima da avanspettacolo qualche straricco e strapotente, chiamato con ogni delicatezza in altra sede a spiegare un po' meglio come ha fatto a diventare così straricco e così strapotente, convoca quelli del giro perché gli tengano bordone. Giorgio Bocca ricordava anni fa, in Piccolo Cesare che questi stessi figuri per anni hanno occupato il mainstream con i loro proclami bellicisti e forcaioli, di solito emessi senza mai aver passato un giorno in galera né mai sentito l'odore di una ferita ai visceri; eppure bastava -e basta- obiettare alle loro ciarle per essere tacciati di terrorismo.
Entrano quasi ogni sera con la televisione nelle nostre case i dottori Stranamore, che si occupano del terrorismo, generali della Nato, politologi e polemologi a mezzo servizio Cia, segnati da complessi lombrosiani di distruzione, che la televisione attira come la lampara i pesci. Alcuni sembrano raggiungere l’orgasmo con le bombe atomiche — speleologiche, che scendono nelle caverne, penetrano nei cunicoli e mandano arrosto un po’ di umanità fastidiosa. Spesso hanno volti di bambini che però non trattengono il sorriso quando si prevede un’ecatombe.[ ...] Uno dei loro temi preferiti è come scatenare una di queste all’Iraq: o radere al suolo il paese, con bombardamenti aerei, colpendo naturalmente per sbaglio un po’ di inermi ma comunque superflui, oppure armare al Nord i kurdi e al Sud gli sciiti in una di quelle operazioni di intelligence non sempre ben perfezionate me quella di aver armato e isiruito i talebani. Non si capisce bene quali siano le accuse che rivolgono ai biechi tiranni, che consisterebbero nel fare, nel loro regno del male, le stesse cose che gli americani fanno in quello del bene; rifornire di continuo gli arsenali militari per la distruzione generale e controllare la produzione del petrolio nel vicino e nel lontano Oriente. Da che parte stiano la ragione e il torto non viene neppure discusso, è implicito per i dottori Stranamore ma anche per la maggioranza della platea televisiva che il feroce Saladino di Baghdad è il malvagio terrorista e noi i difensori della pace. Perché? Ma che domanda, perché siamo i più ricchi e i più forti. A volte si ha la vaga impressione, e dirlo sembra biasfemo, che si assista quasi a una rivincita di Hitler e della sua forte convinzione che l’unico governo possibile nel mondo sia il dominio indiscutibile della razza ariana, e che abbia una sua attualità la barzelletta del Fuhrer che torna, ricompatta i suoi tedeli e lì avvisa: 'Sì, ma questa volta cattivi’. Questo perdurare della legge della giungla nella modernità fornisce in continuazione i paradossi e le stupidità che a quanto pare sono il sale della nostra vita.
Ecco il clima che questo grasso, oggi ridotto allo starnazzo da sala stampa, ha validamente contribuito a creare e a mantenere. Non è sempre così brutto assistere a un declino.
La seconda e più scomoda riflessione è che mentre uno grasso nato nel 1952 faceva quello che gli pareva in una conferenza stampa -una roba che se se ne riferisse ad individui più normali, come un bracciante sudanese o un mozzo di peschereccio di Mazar al'Wali, se ne otterrebbe uno stupito sgranar d'occhi e la considerazione che non è possible esista al mondo gente che passa la giornata in quel modo- e le sue guerre da viziato assertore del suprematismo "occidentale" andavano a rotta di collo com'era giusto e prevedibile che fosse, migliaia di persone non solite frequentare conferenze stampa, e nemmeno convention elettorali o cocktail letterari o salotti o quel che vi pare basta che non ci sia da piegare la schiena, stavano facendo la fila a migliaia per sette posti di netturbino a sei mesi.
Di questa umanità qui, quelli come questo grasso si occupano solo quando c'è da usarla contro qualcuno. Come della realtà in generale, del resto. Il contrasto sempre più stridente tra un "opinionismo" sedicentemente elitario e la vita quotidiana di un "occidente" in via di costante e probabilmente irreparabile impoverimento è smaccato, quotidiano, palpabile; sarebbe costruttivo che costringesse quest'individuo, che è grasso, a dimagrire un po'.
Uno grasso nato a Roma nel 1952.
Uno grasso nato a Roma nel 1952, che ha cambiato più "partiti" che calzini.
Uno grasso nato a Roma nel 1952, che ha cambiato più "partiti" che calzini e che dirige un giornalino che senza quei contributi per l'editoria che vorrebbe veder negati agli avversari politici sarebbe già affondato da anni, nell'indifferenza generale.
Uno grasso nato a Roma nel 1952, che ha cambiato più "partiti" che calzini, che dirige un giornalino che senza quei contributi per l'editoria che vorrebbe veder negati agli avversari politici sarebbe già affondato da anni nell'indifferenza generale e che dicono sia l'amplificatore delle "idee" dei neoconservatori amriki.
Con questo non vogliamo certo attribuire a uno grasso nato a Roma nel 1952 le centinaia di migliaia di morti delle guerre d'aggressione condotte col supporto propagandistico chi diffonde certe "idee" con tanto entusiasmo; sarebbe troppo onore e troppo onere.
Tuttavia un microepisodio verificatosi ad una conferenza stampa, in cui questo grasso si è messo in luce cercando di dare il via ad una rissa bizzosa, consente qualche riflessione sull'autoreferenzialità di gazzettieri e politici, arrivata a livelli siderali.
La riflessione più generale è che un episodio simile riguarda tutti, nel senso che tutti potremmo avere sei secondi di visibilità durante la conferenza stampa indetta da un non operaio per rivendicare innocenze e pulitezze. Nel caso di un mustad'af qualsiasi, questi sei secondi servirebbero a denigrare lui, i suoi amici, il suo lavoro, le sue idee, i suoi valori e quant'altro faccia di lui un essere umano e non un coso a servizio del marketing gazzettiero.
Invece questo qui, che è grasso ed è nato nel 1952, i suoi sei secondi li ha praticamente prenotati perché insieme con una piccola cerchia di personaggi consimili, su interventi perentori ed irruenti ai limiti del manesco, su asserzioni radicali e comparsate a beneficio di claque e gazzettieri amici, ha costruito negli anni quella costante presenza gazzettiera e televisiva che costituisce un tassello di quello sterminato mosaico di menzogne che ha completamente avulso la rappresentazione mediatica dal mondo reale. Il mainstream, nello stato che occupa la penisola italiana, è occupato in modo pressoché esclusivo da contenuti del genere, che hanno costi ridicoli ed evitano di dover lavorare sul serio.
Nulla a cui non si sia fatta, da anni, deplorevole abitudine.
L'attività quotidiana di quest'individuo, che come dicevamo è grasso, ha consistito però in ben altro. Per anni, la visibilità mediatica glie l'hanno garantita le battaglie in favore di guerre di aggressione che ha condotto, a beneficio dell'esecutivo peninsulare e delle scelte politiche e militari "occidentaliste". Il declinare del prestigio della lobby amriki dei "neocon", divenuto definitivo con la fine della presidenza Bush, lo ha costretto ad un ritorno alla piazzata intanto che i magnifici risultati del democracy export sono sotto gli occhi di tutti sia in Iraq -letteralmente sparito dalle cronache e talmente "rinato" e "ricostruito" che anche solo fare la spesa al mercato significa rischiare la vita ogni giorno- che in Afghanistan, per il quale a dieci anni dall'invasione c'è chi parla scopertamente di "guerra persa" confermando le previsioni che moltissime oscurate e disprezzatissime cassandre, colpevoli di avere molta cognizione di causa e zero potere per farla valere, avevano formulato già all'atto dell'aggressione.
In questa situazione le cose, per chi di visibilità mediatica vive, possono complicarsi parecchio. Finiti i bei tempi in cui questa ciurma sgomitava senza alcun ostacolo, restano per il momento i palchi oscenici di quart'ordine, come certe conferenze stampa in cui in un clima da avanspettacolo qualche straricco e strapotente, chiamato con ogni delicatezza in altra sede a spiegare un po' meglio come ha fatto a diventare così straricco e così strapotente, convoca quelli del giro perché gli tengano bordone. Giorgio Bocca ricordava anni fa, in Piccolo Cesare che questi stessi figuri per anni hanno occupato il mainstream con i loro proclami bellicisti e forcaioli, di solito emessi senza mai aver passato un giorno in galera né mai sentito l'odore di una ferita ai visceri; eppure bastava -e basta- obiettare alle loro ciarle per essere tacciati di terrorismo.
Entrano quasi ogni sera con la televisione nelle nostre case i dottori Stranamore, che si occupano del terrorismo, generali della Nato, politologi e polemologi a mezzo servizio Cia, segnati da complessi lombrosiani di distruzione, che la televisione attira come la lampara i pesci. Alcuni sembrano raggiungere l’orgasmo con le bombe atomiche — speleologiche, che scendono nelle caverne, penetrano nei cunicoli e mandano arrosto un po’ di umanità fastidiosa. Spesso hanno volti di bambini che però non trattengono il sorriso quando si prevede un’ecatombe.[ ...] Uno dei loro temi preferiti è come scatenare una di queste all’Iraq: o radere al suolo il paese, con bombardamenti aerei, colpendo naturalmente per sbaglio un po’ di inermi ma comunque superflui, oppure armare al Nord i kurdi e al Sud gli sciiti in una di quelle operazioni di intelligence non sempre ben perfezionate me quella di aver armato e isiruito i talebani. Non si capisce bene quali siano le accuse che rivolgono ai biechi tiranni, che consisterebbero nel fare, nel loro regno del male, le stesse cose che gli americani fanno in quello del bene; rifornire di continuo gli arsenali militari per la distruzione generale e controllare la produzione del petrolio nel vicino e nel lontano Oriente. Da che parte stiano la ragione e il torto non viene neppure discusso, è implicito per i dottori Stranamore ma anche per la maggioranza della platea televisiva che il feroce Saladino di Baghdad è il malvagio terrorista e noi i difensori della pace. Perché? Ma che domanda, perché siamo i più ricchi e i più forti. A volte si ha la vaga impressione, e dirlo sembra biasfemo, che si assista quasi a una rivincita di Hitler e della sua forte convinzione che l’unico governo possibile nel mondo sia il dominio indiscutibile della razza ariana, e che abbia una sua attualità la barzelletta del Fuhrer che torna, ricompatta i suoi tedeli e lì avvisa: 'Sì, ma questa volta cattivi’. Questo perdurare della legge della giungla nella modernità fornisce in continuazione i paradossi e le stupidità che a quanto pare sono il sale della nostra vita.
Ecco il clima che questo grasso, oggi ridotto allo starnazzo da sala stampa, ha validamente contribuito a creare e a mantenere. Non è sempre così brutto assistere a un declino.
La seconda e più scomoda riflessione è che mentre uno grasso nato nel 1952 faceva quello che gli pareva in una conferenza stampa -una roba che se se ne riferisse ad individui più normali, come un bracciante sudanese o un mozzo di peschereccio di Mazar al'Wali, se ne otterrebbe uno stupito sgranar d'occhi e la considerazione che non è possible esista al mondo gente che passa la giornata in quel modo- e le sue guerre da viziato assertore del suprematismo "occidentale" andavano a rotta di collo com'era giusto e prevedibile che fosse, migliaia di persone non solite frequentare conferenze stampa, e nemmeno convention elettorali o cocktail letterari o salotti o quel che vi pare basta che non ci sia da piegare la schiena, stavano facendo la fila a migliaia per sette posti di netturbino a sei mesi.
Di questa umanità qui, quelli come questo grasso si occupano solo quando c'è da usarla contro qualcuno. Come della realtà in generale, del resto. Il contrasto sempre più stridente tra un "opinionismo" sedicentemente elitario e la vita quotidiana di un "occidente" in via di costante e probabilmente irreparabile impoverimento è smaccato, quotidiano, palpabile; sarebbe costruttivo che costringesse quest'individuo, che è grasso, a dimagrire un po'.
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