lunedì 5 luglio 2010

Restituire ad Izmir il mandato per Expo 2015



La città di Milano, nel nord della penisola italiana, si arrogò in epoche pregresse e dimenticate l'impegnativo titolo di "capitale morale".
Da allora è passato qualche decennio e gli avvenimenti che si sono succeduti hanno confermato l'appropriatezza del titolo.
Un fòmite di cemento selvaggio, corruzione, individualismo forsennato, prezzi folli, sprechi ossessivi, infrastrutture pazzesche nella realizzazione e nella gestione ed un'intera classe politica che deve posto e prebende alla criminalizzazione dei mustad'afin. Un musicista milanese conosciuto anni fa ebbe a confidarci che le persone che dormono nei tunnel della metropolitana andrebbero contate in termini di migliaia e che in un contesto in cui l'ingiustizia sociale è diventata la norma, il frutto mutante di quel concetto distorto e caricaturale dell'etica protestante rappresentato da un fare dane' che non funziona più, l'assistenza ai mustad'afin è compito pressoché esclusivo di un "privato sociale" che la politicanza "occidentalista" espressa dall'aggregato urbano tratta come una comparsa da salotto buono accordandole di malagrazia il minimo indispensabile, e minacciandola di sfracelli alla prima obiezione.
Anche le voci più convintamente "occidentaliste" hanno da tempo smesso di riferirne in positivo; a difendere propagandisticamente il forte del "modello milanese" sono rimasti pochi e prezzolati scribacchini.
Nel 2008 Milano ha ottenuto, a scapito di Izmir, di organizzare un qualcosa che chiamano Expo 2015; ennesimo pretesto per colate di cemento ed opere di regime fermamente voluta da un mondo politico la cui dissaldatura con il mondo reale va ormai considerata un fatto compiuto. Sulla questione il 5 luglio 2010 una gazzetta pubblica una specie di inchiesta che getta una luce interessante sui mustakbirin milanesi, rigidamente divisi in lobby, caste e conventicole intente a scannarsi su tutto con metodo, efficienza e discrezione. Trenta mesi e un mare di soldi buttati via in guerre di poltrone, dice la gazzetta. Intanto, a due passi dai centri del potere, la situazione era ed è questa.
Di cosa si occupano i più alti gradi del potere locale, per far fronte ad impoverimento crescente e all'apparenza senza freni, all'esodo della popolazione, alle orde di pendolari incattiviti e spennati con metodo? Di questo, si occupano. Non vogliono che un gioco di società che è la metafora neanche tanto velata del controllo mafioso di un territorio abbia per i suoi elementi nomi diversi da quelli milanesi. Quasi rivelatore, a pensarci un po' su.
Il clima sociale dominante, per arrivare al quale ci si è adoperati senza risparmio, è tale che un Maurizio Blondet difficilmente classificabile come "comunista" notava già in tempi meno sospetti come l'apparizione di un tank nemico ad un incrocio non avrebbe destato alcuna impressione nei sudditi milanesi, che al suo cospetto avrebbero fatto come se nulla fosse, andando a lauràr come ogni giorno.
Davanti ad una realtà socioeconomica e politica che sta declinando tranquillamente nella completa e meritatissima indifferenza generale, intanto che quattro politicanti si litigano il timone facendosi credere dei Magellano e dei Caboto, la cosa più costruttiva da fare sarebbe togliere a Milano il mandato per questa Expo 2015 e restituirlo ad Izmir.

Logo per Expo 2015, da Wikipedia


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