domenica 27 novembre 2011

"Occidentalismo" fiorentino, gazzette ed organizzazioni: un'aritmetica del fallimento

La foto mostra un politico "occidentalista" mentre maneggia un pallottoliere durante un discorso del presidente della camera bassa a Roma, il 14 dicembre 2010 (fonte: un portale rimasto, per una volta, stranamente a corto di ragazze svestite).
Sulle differenze che esistono tra individui come questo e quelli che agiscono in contesti meno sovvertiti abbiamo già avuto modo di esprimerci: visto che i mangiaspaghetti apprezzano tanto il pallottoliere (nella Repubblica Islamica dell'Iran invece si usano i computer portatili), cerchiamo di utilizzarlo anche noi, nelle righe che seguiranno.

Dal 22 novembre 2011 "Il Giornale della Toscana" manca dalle edicole per 3 (tre) giorni.
Le 25 (venticinque) o 28 (ventotto) persone che vi "lavorano" per produrre 8 (otto) pagine 6 (sei) volte la settimana asseriscono di non percepire compensi da 4 (quattro) mesi, quindi hanno scioperato.
Nel corso dei 13 (tredici) anni in cui si è ammassato invenduto in qualche edicola, "Il Giornale della Toscana" ha trattato ogni battaglia politica ed ogni rivendicazione sindacale di cui ha avuto contezza con quel distacco sprezzante e con quella sufficienza ridanciana che sono uno dei marchi di fabbrica dell'"occidentalismo" fiorentino: di qui la perfetta, logica e sommamente giusta solitudine in cui questi degustatori di casatielli si trovano a combattere la propria battaglia, ricorrendo con la solita coerenza ad uno degli strumenti tanto oggetto del loro abituale vituperio. Da parte sua la Società Toscana di Edizioni S.p.A. ha avuto anche la delicatezza di rampognarli in prima pagina sul primo numero tornato nelle edicole.
Totalmente refrattari anche all'apprendimento per tentativi ed errori, a "Il Giornale della Toscana" hanno proseguito senza cambiare registro: autoreferenzialità, pallone, pallonate, pallonieri e palloneggi. Più un'islamofobia d'accatto giusto per arrivare a sera, sulle cui ridicole e spregevoli basi ci siamo già soffermati.
Sul sito di Publikompass, che di lavoro fa in modo che delle 8 (otto) pagine suddette almeno 1,5 (una e mezza) presentino pubblicità con giovani donne sommariamente vestite e beni inutili e costosi, l'editore di cui sopra dichiara una tiratura di 10519 (diecimila cinquecento diciannove) copie, con 3 (tre) lettori in media per ciascuna.
Sempre Publikompass ci informa del fatto che un'altra gazzettina "occidentalista" in piena crisi, La Padania, tirerebbe 60000 (sessantamila) copie. Secondo un portale perfettamente in grado di starle a pari per obiettività e correttezza, a "lavorare" a La Padania, dove per lavorare si intende scrivere roba del tipo "se ne fregano della crisi e danno il voto agli immigrati" sarebbbero non 25 (venticinque) o 28 (ventotto), ma addirittura 30 (trenta) redattori. 15 (quindici) di loro sono già stati interessati "a un lungo periodo di cassa integrazione": 4 (quattro) anni, con scadenza 31 (trentuno) dicembre.

CALO DELLE VENDITE - La tiratura ufficiale è di 60mila copie, ma quelle acquistate sono molte di meno, e si parla di incentivi all'esodo, cassa integrazione a rotazione, contratti di solidarietà, insomma tutti tagli per alleggerire i costi.
Dallo stesso comunicato diffuso da questi "lavoratori" si evince che su 30 (trenta) persone che hanno scelto in piena consapevolezza di dedicarsi alla stampa, non se ne trova neppue una in grado di elaborare una grafica decente per l'issue cartaceo. Tanta professionalità merita un pubblico e sostanzioso riconoscimento.
LE PERDITE - Le perdite della Padania sono pari a un milione di euro all'anno, nonostante i quasi 4 milioni che riceve ogni anno grazie ai contributi previsti dalla legge sull'editoria per i fogli di partito.
Entrambe le gazzette sono accomunate da una linea editoriale ispirata ad un "occidentalismo" impermeabile ad ogni confutazione, in primo luogo a quelle che provengono dall'evidenza. Non sappiamo se in quelle redazioni si disponga di un vocabolario: quand'anche fosse, il significato del vocabolo coerenza è in esse lasciato all'arbitrio estroso di gente che riesce ad accedere ad una ciotola di maccheroni ogni giorno grazie a quei fondi pubblici che dovrebbe disprezzare e a quel sostegno statale che dovrebbe aborrire.
Negli stessi giorni altri segnali di avvenuto sbandamento arrivano dalle stesse azioni del politicame "occidentalista", ogni giorno capace di nuove prove di ridicolo.
Una schedatura sul Libro dei Ceffi omonima di Francesco Torselli, l'"occidentalista" fiorentino inventore di quella Casaggì cui il maggior partito "occidentalista" della penisola ha fatto il vuoto attorno -togliendo legittimità all'unica organizzazione territoriale che gli "occidentalisti" siano riusciti a mettere in piedi in una città dove sono abitualmente una specie minoritaria, dileggiata e coperta di disprezzo- presenta un'altra aritmetica, altrettanto rivelatrice.
...non posso non soffermarmi al 14 gennaio 2005. Quel giorno inaugurammo “Casaggì Firenze”. Eravamo in 7. Scrivemmo sul nostro blog che all’inaugurazione avevano partecipato decine di persone entusiaste dell’idea, poi ci guardammo in faccia e ci dicemmo che forse era davvero venuta l’ora di gettare la spugna.
La spugna non la gettammo per un semplice motivo: tanto non se ne sarebbe accorto nessuno...
Sui veri e propri casi umani schierati a Firenze e dintorni dalla formazione "occidentalista" di cui La Padania è il gazzettino ufficiale abbiamo più volte edotto i nostri lettori. Nel novembre 2011 la formazione politica che doveva "cambiare colore" alla città, portando anche in essa le nefandezze "occidentaliste" note a tutti, conosce una tale ondata di diserzioni da far dire ad uno dei suoi esponenti in rotta che "qui si chiude la storia della Lega Nord Toscana".
Possiamo concludere che neppure nelle più sfavorevoli delle condizioni l'"occidentalismo", fiorentino e non, rinuncia a restituire ogni giorno il proprio coerente quadro di miserie umane e di umani miserabili.
Non si metterà mai abbastanza in evidenza come sia a gente simile, nello stato che occupa la penisola italiana, che viene abitualmente affidata la responsabilità editoriale e politica di selezionare ed eleggere i singoli, le organizzazioni, gli stati sovrani bisognosi di accurate lezioni di civiltà e di "democrazia".
"Se essere civilizzati dipende dal bere whisky a dieci tuman la bottiglia o sedere in dososhkek dorate o su una sedia dorata, o spendere un tuman per la tovalet, o trenta tuman all'ora per una donna sifilitica, sperperare in scommesse mille sterline o essere irrispettosi verso i santi uomini che rompevano i loro digiuni soltanto per un giorno e che davano ai poveri ogni loro avere, beh, allora sono disgustato da questa civiltà".

Hassan Jaberi Ansari, 1923[*]


[*] Cit. in A. Gheissari, Iranian intellectuals in the 20th century, University of Texas Press, Austin 1998.

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