lunedì 30 novembre 2009

Minareti elvetici e marmaglia peninsulare


Abbiamo più volte insistito sul fatto che la galassia "occidentalista", nella politica e nei media, è rappresentata da un aggregato di bambini, guitti, sciacquette, maneggioni, corpivendole, casi umani, ignorantelli, pregiudicati, minus habentes, irresponsabili, bulli di periferia, tossicodipendenti, scarti di anticamera, puttanieri, yes men, incompetenti, buoni a nulla e zerbini dominato da individui la cui unica guida sono l'interesse privato e l'impunità. Lo stesso vale per un numero molto alto di formazioni politiche, sì che classificare l'una o l'altra come "peggiore" in base alle asserzioni ed ai comunicati stampa di questo o quel protagonista è impresa sì difficile, ma tutto sommato anche inutile.
Alla fine del novembre 2009 la Confederazione Elvetica tiene un referendum il cui risultato inibirebbe "la costruzione di nuovi minareti" oltre i quattro già presenti in tutto il paese. Eveline Widmer-Schlump, ministro per la Giustizia, specifica che il risultato "non significa il rifiuto della comunità dei musulmani, della loro religione e della loro cultura", di cui il governo federale si farebbe, al contrario, garante. Il mondo è cambiato anche per la Confederazione, in piena trasformazione dalla condizione di inviolabile cassaforte del mondo a quella di paese come un altro, cui una serie impressionante di rovesci economici e finanziari hanno attirato sospetti, malevolenze ed inchieste giudiziarie internazionali; i partiti populisti mietono milioni di voti tra scontenti ed impauriti che non riconoscono più il paese cui erano abituati e favoriscono, per ovvie ragioni di tornaconto, quella che in Ticino viene definita "una mentalità da Ridotto Nazionale".
Il punto interessante della questione è che, nello stato che occupa la penisola italiana, gli scaldapoltrone in forza alla Lega Nord hanno invece fatto di tutto per calcare i toni e per trarre il massimo utile da una vittoria non loro. Alcuni politicanti hanno avuto la spudoratezza di proporre in tutta serietà di inserire una croce all'interno di una certa bandiera verde, bianca e rossa a bande verticali di uguali dimensioni.
L'intento è spregevole da svariati punti di vista.
Disgustoso -e dunque profondamente gradito ad un parco sudditi che del fare schifo ha fatto ormai da anni un motivo d'orgoglio- è l'attaccamento ai simboli religiosi cristiani da parte di una formazione politica che riceve praticamente ogni giorno pesantissime critiche dalla gerarchia cattolica a causa della deliberata disumanità delle proprie concezioni di fondo; questo, anche in un periodo in cui essa gerarchia non appare certo orientata al progressismo.
E' bene ricordare, poi, che fino allo stabile (e ben remunerato) insediamento in quelle sedi istituzionali in cui i suoi esponenti sventolavano corde da impiccagione e che fanno capo ad uno stato che la Lega aveva millantato di voler distruggere, la bandiera in questione era qualcosa da appendere nel cesso, secondo il consiglio che Umberto Bossi in persona diede nel 1997 a Venezia, più che da modificare. Stante la forma mentis dei promotori dell'iniziativa, è probabile che il tipo di croce che meglio li rappresenta sia rappresentato da quella uncinata, appropriatamente definita da Achille Ratti come "croce nemica di quella di Cristo".
Il quadro è completo se ricordiamo come tutto questo avvenga all'interno di una società profondamente e rapidamente decristianizzata, acquistando vieppiù di assurdo perima ed ancora che di irritante e di ridicolo.
Niente di grave, comunque; per un "occidentalista" sono tutte questioni di dettaglio. Pelo sullo stomaco e necessità assoluta di un Nemico cui contrapporsi permettono di superare impasse anche più ardue e di mietere voti a valanga, stante la pari -se non peggiore- incompetenza e cattiveria stupida accuratamente coltivate nei sudditi. E' fondamentale distogliere con tutti i mezzi, leciti o meno non è il caso di sottilizzare, l'attenzione dei sudditi da un paese sempre più povero, stupido e cattivo in cui si vive più schifosamente ogni giorno che passa: ben venga qualunque diversivo!
A suo tempo ci pronunciammo in modo estremamente chiaro circa il ruolo e la dignità che moschea e minareti -non meno di quattro- dovrebbero avere nella città di Firenze: è l'occasione buona per ribadire gli stessi concetti.

sabato 28 novembre 2009

"Occidentalisti", radici cristiane ed altra propaganda


La politica "occidentalista" consente ad individui sufficientemente privi di rispetto per se stessi e per gli altri, generalmente cacciati da qualunque altro settore produttivo per incompetenza, malafede, idiozia pura e semplice, inettitudine o storie di vita molto oltre l'impresentabile, di vivere alle spalle altrui.
Il denaro necessario viene loro dai suffragi.
I suffragi vengono dalla propaganda.
La propaganda funziona sempre allo stesso modo: ripetizione stolida di pochi concetti di base, allagamento dei mass media secondo la mai dimenticata lezione di Goebbels, e presentazione delle istanze lobbystiche in voga al momento come se dalla loro soddisfazione dipendessero i destini di intere collettività. A volte l'effetto è quello di produrre sulle gazzette una realtà inesistente, come nel caso delle statuite "radici cristiane" dell'"Occidente" e della recente battaglia in favore di un simbolo religioso al quale nella vita quotidiana tiene una parte assolutamente minoritaria dei sudditi. Una parte assolutamente minoritaria capacissima di comportarsi in ogni atto della propria vita in modo diametralmente opposto a quello indicato dalle più elementari linee guida di qualunque monoteismo, senza avvertire in questo alcuna contraddizione.
Il testo che qui si recensisce è uscito una prima volta nel 1992, ed una seconda nel 2002 seguito da una postfazione dell'autore. Una lettura che consente di inquadrare le iniziative e le istanze "occidentaliste" nella cornice che è loro propria, che non è fatta soltanto di un'incompentenza malevola e cialtrona meritevole di disprezzo e di irrisione, ma anche e soprattutto di un lavorìo incessante, teso alla soddisfazione di interessi lobbystici e di parte solitamente intrisi di ben altro che di trascendenza.


Alain de Benoist, La "Nuova evangelizzazione" dell'Europa - La strategia di Giovanni Paolo II (Arianna, 2002)



Il libro di Alain de Benoist ricostruisce le mosse diplomatiche, religiose, politiche e propagandistiche del papato di Giovanni Paolo II, per arrivare a conclusioni piuttosto nette in merito al successo di quella che avrebbe dovuto essere la "nuova evangelizzazione" dell'Europa.
La nuova evangelizzazione e l'identità politica europea introduce i temi di base della strategia politica del papa slavo: statuire l'ineliminabilità delle "radici cristiane" dall'identità continentale in modo che nessun "mito fondante" possa essere rintracciato o costruito al di fuori di esse, riscoprire la dottrina sociale della Chiesa ed irrompere in forze nella società civile per colmare quanti più spazi possibile tra quelli lasciati vuoti dal (presunto) crollo delle "ideologie". Lo "spostamento al centro" dell'orientamento politico delle gerarchie ecclesiastiche nel loro complesso e l'azione del poderoso apparato economico dell'Opus Dei sono i principali strumenti, operanti a livello mondiale, della strategia perseguita.
La nuova evangelizzazione e l'identità spirituale europea illustra già i primi limiti dell'orientamento perseguito da Giovanni Paolo II. La fronda interna all'apparato, mossa da teologi, accusò sempre il pontefice di essere stato assai più rigoroso nei confronti dei cosiddetti "modernisti" che non nei confronti della loro controparte, stigmatizzata ed emarginata senza la sistematicità usata contro i sostenitori della "teologia della liberazione". Altri ostacoli sono rappresentati dal rapporto con la modernità e dalla pretesa della Chiesa di Roma di conservare un primato spirituale incontestabile: una posizione che rende di fatto impossibile un vero dialogo interconfessionale.
Ai tempi in cui il libro fu pubblicato nella sua prima edizione, la fine delle persecuzioni religiose nell'ex URSS permetteva agli uniati una certa ripresa, ma attirava loro le critiche di gerarchie ortodosse affatto disposte a farsi assimilare, e che accusavano le gerarchie cattoliche di un proselitismo condotto con sistemi da guerra coloniale. Altro ostacolo, i rapporti con il mondo ebraico, nel quale abbondavano -ed abbondano- le voci che vedono nell'atteggiamento cattolico un insieme di svalutazione e di tentativi di fagocitazione, nonostante eventi mediatici come la visita alla sinagoga di Roma avvenuta nel 1986. Un sostanziale non riconoscimento della reciprocità sembra minare nel profondo la strategia del pontefice.
L'ostacolo più grande viene però dalla scristianizzazione di fatto della società civile, un fenomeno apparentemente inarrestabile. Un bric à brac delle credenze, mosso dalla concezione di fondo di una religione cui si chiede felicità e non più salvezza, ha tolto ogni spazio alla dogmatica e svuotato di autorevolezza la gerarchia, che in molti ambienti (De Benoist esamina a fondo il caso francese) non ha più alcuna presa sui comportamenti individuali e ne ha sempre meno su quelli dei legislatori. La rivalutazione delle "radici cristiane" dell'Europa si scontra non soltanto con una realtà di fatto che vede i cattolici perdere terreno proprio in Europa, e di contro guadagnare influenza in America meridionale e in certi paesi asiatici, ma anche sulla necessità di amputare il passato precristiano del continente e di statuirne la nascita a seguito dell'adozione di una religione nata al di fuori dei suoi perimetri geografici.
Nella postfazione aggiunta nel 2002, Alain de Benoist conclude recisamente che la strategia di Giovanni Paolo II ha fallito i suoi obiettivi. Crollo della pratica, credenze individualizzate e sincretiche messe in piedi assemblando elementi eterodossi, delegittimazione del ruolo dei sacerdoti ed un'ignoranza sempre più diffusa dei dogmi anche tra i praticanti sono un fatto compiuto, insieme al successo esclusivamente mediatico di molte mosse della diplomazia pontificia. Le emanazioni che resistono bene, come la rete delle scuole private, devono il loro prosperare a motivi che non hanno nulla a che fare con l'osservanza delle pratiche religiose o con il magistero pontificio.
In mezzo alla modernità, l'istituzione ecclesiastica ha avuto successo nel diffondere i suoi valori ovunque, ma lo ha fatto in un mondo che può farvi riferimento senza di essa, se non addirittura contro di essa. La conservazione del religioso avviene oggi a prezzo della sostanziale privazione della possibilità di una vera influenza globale che in passato ha costituito la stessa ragion d'essere dell'istituzione ecclesiastica e la visibilità o l'ascesa di questo o quello integralismo non fa che confermare il sostanziale indifferentismo religioso che domina la scena.

venerdì 27 novembre 2009

Firenze: colpo di mano sciita a Campo di Marte


Uno che non sta con Oriana ha riferito per telefono di un'interessante presenza avvistata il 27 novembre 2009 nel quartiere fiorentino di Campo di Marte, imprecando al tempo stesso contro la malasorte che lo aveva fatto uscir di casa senza la fotocamera digitale d'ordinanza.
Attorno alle undici del mattino, per il quartiere si aggirava un Maggiolino Volkswagen di vecchissimo modello, con a traino un carrello portabagagli, fittamente decorato e dipinto.
La targa IDF400, Tabriz, Repubblica Islamica dell'Iran.
Ai sedili anteriori due signori barbuti e piuttosto divertiti.
Sul retro dell'automobile la scritta WORLD TUR.
Sul cofano, un enorme ritratto a tempera di Mahmoud Ahmadinejad.

Chi avesse visitato il palazzo di Reza Pahlavi a Tehran nord sa che una vista del genere non è troppo inusuale: una costruzione annessa al palazzo ospita la raccolta di oggetti curiosi e di fotografie raccolta da qualcuno che negli anni Sessanta partì da Tehran per un giro del mondo in fuoristrada. E' probabile che la tradizione continui, portata avanti da tipi avventurosi che l'Iran non smette di produrre, e con mezzi nemmeno troppo dissimili da quelli di allora.
L'episodio è sicuramente minimo, ma illustra un altro aspetto della realtà iraniana che va contro le ciarle gazzettiere e contro l'occidentalume d'accatto, smentendo tra l'altro in modo piuttosto esplicito la fama di assoluta impopolarità ascritta d'ufficio dal giornalame al dittatore iraniano.

mercoledì 25 novembre 2009

Ecco come la città di Prato difende le sue "radici cristiane"





Immediatamente dopo le elezioni amministrative del 2009 la città di Prato è diventata una specie di laboratorio -l'espressione think tank non è possibile usarla, perché quanto vi sta succedendo a tutto fa pensare meno che all'intervento di qualche thinker- del marketing politico "occidentalista" in Toscana. Le gazzette locali hanno insistito più volte sulle "radici cristiane" del cosiddetto "Occidente", capeggiate in questo da un "Giornale della Toscana" che nella prima pagina del 5 novembre scorso statuiva che "Prato difende il crocifisso" ed ha proseguito nei giorni successivi a pubblicizzare la nota -e qui derisa- iniziativa della Lega Nord. Il tema non merita certo di essere liquidato in due parole perché la malafede e la cialtroneria che vi vengono profuse meritano di essere additate al comune disprezzo in modo ben più documentato; avremo modo di tornare sulla questione.
Le immagini qui sopra -pornofiere, pornolocali- mostrano quale sia la reale e quotidiana offerta su cui i sudditi pratesi possano contare in materia di spiritualità e di trascendenza; praticamente le "radici cristiane" di Prato in tutta la loro concretezza. Si tenga presente che i camion pubblicitari raffigurati si trovavano il 25 novembre 2009 all'uscita del casello autostradale di Prato Est, in una posizione tale da collocarli tra le primissime cose che un visitatore automunito ha modo di notare al suo arrivo in città.

martedì 24 novembre 2009

Cinema: Harlan e Martinelli.






1940. Il regista tedesco Veit Harlan dirige Jud Süß. Jud Süß fu voluto dalla propaganda nazionalsocialista come distorsione di un personaggio storico, Joseph Süss Oppenheimer che da esattore e banchiere privato divenne una specie di consigliere finanziario per Carlo Alessandro, duca di Württemberg. La morte repentina del duca, nel 1737, lo fece cadere in disgrazia in modo tanto drastico che i molti nemici che si era procurato riuscirono a farlo condannare a morte. I propagandisti della Germania nazionalsocialista curarono con molta attenzione che Jud Süß distorcesse la vicenda fino a fare di Oppenheimer la rappresentazione dell'ebreo secondo il cliché antisemita del tempo: avido, traditore, nemico a tutto tondo dell'umanità che lo circonda.
2005. Il regista peninsulare Renzo Martinelli dirige Il mercante di pietre, l'immaginaria storia di un suddito peninsulare che da combattente antisovietico in Afghanistan finisce per abbracciare una raffazzonata causa combattente che si concretizza nell'attentato ad un traghetto. Il film fu più che altro il risultato di un'operazione commerciale volta ad attrarre un pubblico "occidentalista" amorevolmente curato da anni con manicaretti dello stesso tipo. Il film tenta di solleticare il timore "occidentalista", già demenziale per proprio conto, di attacchi imprevedibili da parte di "convertiti" insospettabili, quelli che vivono come loro, parlano come loro, ma li odiano. Al contrario di Jud Süß, il film durò in programmazione meno di una settimana e si schiantò contro il doppio muro del disprezzo espresso sia dalla critica che da molti degli stessi politicanti "occidentalisti" di cui il regista si augurava, con ogni probabilità, il sostegno.

Dalle locandine emerge un dato interessante, la straordinaria somiglianza anche fisica dei protagonisti in negativo, che sottende la malvagità inconciliabile degli ebrei di Harlan e degli "islamici" di Martinelli. Gli entusiasti di Jud Süß trascinarono tutta l'Europa contemporanea nella loro rovina; è il caso di augurarsi che i mangiatori di maccheroni entusiasti per Il mercante di pietre non trascinino l'Europa di oggi nella loro.

giovedì 19 novembre 2009

Discorso di Azam Farahi al convegno della FAO, Roma, 15 novembre 2009


Nella noncuranza delle superpotenze -vere o sedicenti tali- si è svolto a Roma un convegno della FAO sul problema dell'accesso al cibo a livello mondiale; come spesso succede l'assenza delle stelle di prima grandezza del firmamento mediatico lascia gazzettieri e televisionari ad accontentarsi di quello che c'è; il modo di ridurre tutto ad una comparsata di femmine poco vestite lo si trova comunque.
Il meeting novembrino di Roma non ha fatto eccezione, fornendo un Gheddafi in splendida forma le cui "hostess" hanno consentito alle ciarle gazzettaie di evitare di occuparsi anche stavolta di problemi veri.
In una riunione defilata rispetto agli incontri mediaticamente più esposti, la first lady della Repubblica Islamica dell'Iran Azam Farahi ha pronunciato il discorso che segue. Un monumento di concretezza ricco di proposte perfettamente eseguibili, ridotto dal gazzettaio ad un "discorso antisemita" a causa della citazione finale sulle vittime della "politica" sionista a Gaza.
(Traduzione da islamidavet.com).

Le first ladies del Movimento dei paesi non allineati si sono riunite a Roma per discutere le strategie per eliminare la povertà e la fame nel mondo.
La first lady iraniana Azam Farahi ha pronunciato il discorso seguente durante l'incontro, tenutosi a lato del convegno della FAO sulla sicurezza delle risorse alimentari.

Ringrazio l'Onnipotente per aver avuto l'opportunità di partecipare a questo incontro. Sono grata anche al Direttore Generale della FAO, signor Jacques Diouf, per aver proposto una giornata di digiuno in solidarietà con i popoli e la signora Susan Mobarak per aver avuto l'idea di organizzare questo incontro, con l'obiettivo di coinvolgere davvero le first ladies del Movimento dei paesi non allineati nella lotta contro la scarsità di cibo.
Al momento presente, sulla comunità internazionale gravano, in tutto il mondo, un miliardo di affamati e tre miliardi di persone che soffrono per la povertà. Lo squilibrio tra la quantità di cibo prodotta e quella consumata sta crescendo. Le storture del mercato alimentare così com'è oggi ha negato a queste persone l'accesso a risorse alimentari sufficienti alla necessità di un'alimentazione adeguata. Il perdurare di questa situazione si tradurrà senza dubbio nell'espansione della povertà e delle sue terribile conseguenze. La scarsità di risorse alimentari pone sulle spalle delle donne di famiglia un doppio fardello. Adesso dobbiamo chiederci quali siano le cause alla base di questo problema.

Al mondo non esiste cibo a sufficienza, questo è ovvio. Piuttosto, le storture nella distribuzione, gli atteggiamenti mercantilisti e lo sfruttamento delle risorse esistenti per l'occupazione e per la corsa agli armamenti sono responsabili di aver imposto la povertà ad estesi settori della popolazione mondiale, specialmente alle donne, e di aver prodotto una situazione in cui l'accesso al cibo non è garantito.

Abbiamo bisogno, oggi, di nuovi modelli di consumo; dovremmo promuovere modelli di consumo basati sulle necessità effettive, nonché uno spirito improntato alla collaborazione, alla beneficenza e all'altruismo.

Il promuovere tra gli uomini la cultura del lavoro e dell'assunzione delle responsabilità familiari ed il rendere effettivi i diritti di base per le donne, l'accesso al cibo, al vestiario, all'abitazione, insieme all'attenzione per il cibo sano e salutare che derivano da un punto di vista religioso sono tra le misure che aiutano a ridurre la portata di questi problemi. Vorrei qui esortare le first ladies del movimento dei paesi non allineati ad adottare modelli adeguati per il consumo del cibo, quale primo passo in questa direzione.
Questo aiuterà la promozione di uno spirito solidale tra la gente e a conferire nella società un avallo istituzionale a questi comportamenti.
Vorrei adesso riferire in merito ad un certo numero di pratiche sperimentate nella Repubblica Islamica dell'Iran; sono basate su quanto insegna la religione e si sono dimostrate effettivamente in grado di rendere maggiormente garantito l'accesso al cibo per le famiglie.

1 - Il governo si è impegnato per migliorare la qualità del cibo consumato dalle bambine e dalle donne.
2 - Le donne incinte e quelle che allattano al seno ricevono un sostegno dietetico, così da poter crescere una generazione sana.
3 - La promozione di prestiti senza interesse, come corretta soluzione alla fondazione di un nucleo familiare; i prestiti senza interesse concessi a cerchie familiari o a gruppi di persone, per promuovere e sostenere lo spirito di cooperazione e di servizio sociale, tutelando al tempo stesso la dignità degli esseri umani.
4 - Il sostegno alla diffusione di competenze a livello locale, attraverso la selezione e l'addestramento di facilitatori sociali della medesima origine.

Quelle che seguono sono alcune proposte che potrebbero essere incluse nel documento di fine conferenza.

1 - La fondazione di un organismo indipendente e forte, che coordini con piena libertà il mercato delle risorse alimentari.
2 - La destinazione di fondi, da parte del movimento dei paesi non allineati, per sostenere il lavoro e la sicurezza alimentare delle donne che lavorano in casa.
3 - La promozione di relazioni internazionali e la diffusione delle informazioni importanti per il campo dell'agricoltura e del cibo sano.
4 - L'incremento della consapevolezza del pubblico verso il problema, nei confronti del cibo sano e dei comportamenti di consumo adeguati.
5 - L'enfasi per i diritti delle donne, perché nelle famiglie gli uomini provvedano loro cibo, vestiario ed abitazione.
6 - Il rivolgere ogni sforzo per proteggere dall'inquinamento le risorse idriche e dei terreni agricoli.

In conclusione, devo prendere atto del fatto che purtroppo il nostro mondo si trova al momento davanti ad una situazione che è un chiaro esempio di accesso difficoltoso al cibo ed alle cure mediche, rappresentato dal caso degli assediati a Gaza. Persone innocenti afflitte da un blocco territoriale contrario a tutte le norme e a tutte le leggi internazionali. Ci attendiamo di vedere l'immediato cessare di questo caso di enorme oppressione. Chiedo alla chiarissima signora Mobarak, come rappresentante delle persone che qui si sono riunite, di impegnarsi a seguire la questione e a diffondere in tutto il mondo la voce del nostro consesso in favore delle donne e dei bambini che soffrono a Gaza.

Con l'auspicio che si realizzino le divine promesse per la diffusione della giustizia nel mondo.

martedì 17 novembre 2009

Firenze: un terrorista islamico in meno


Lo stato che occupa -non si sa bene a che titolo- la penisola italiana è, da una quindicina d'anni, governato da esecutivi che hanno lucrato suffragi e legittimazione ciarlando di tolleranzezzèro (contro i poveri) e di cettezzedellapena (per i poveri), i cui esponenti -ormai relcutati d'ufficio tra i soggetti rifiutati con sdegno da ogni altro settore produttivo, una sorta di parodia del concetto di élite- ogni giorno alluvionano gazzette e televisioncine cianciando d'i'ddegrado e d'i bbisogno di sihurezza.
Ecco un campione dei risultati cui porta questa "politica", da un flash di agenzia riportato tale e quale.
In galera da più di tre mesi.
Neanche furto.
Tentato furto.
Ma cosa importa: per i mangiatori di maccheroni è pur sempre un nemico in meno!


Minorenne si impicca in carcere a Firenze
Era detenuto per tentato furto, ha usato un lenzuolo
17 novembre, 22:50

FIRENZE - Si è ucciso alla vigilia del suo diciottesimo compleanno, schiacciato da una detenzione che non sopportava più. Un ragazzo marocchino si è impiccato nell' istituto penale minorile Meucci di Firenze. Era arrivato lì da poco tempo. Le forze dell' ordine lo avevano sorpreso a Lucca mentre cercava di rubare. Tentato furto era l'accusa per cui era detenuto: il processo era stato fissato per il 23 novembre prossimo. Una storia di solitudine e di disagio profondo quella del giovane venuto dal Magreb e finita in un penitenziario.

"Era solo ed aveva bisogno di un altro tipo di assistenza", rivela Franco Corleone, garante dei diritti dei detenuti del Comune di Firenze. Forse gli addetti non hanno capito il suo disagio, così come i suoi compagni di cella non hanno intuito che qualcosa di tragico si stava consumando a un metro da loro. E tra chi si occupa di giustizia minorile ora c'é sconforto e dolore. Sono le 18, è il momento della doccia. Tocca al giovane marocchino: poche parole con gli altri tre detenuti e l' ingresso nel bagno. Il ragazzo ha già deciso tutto: porta con sé un lenzuolo lo bagna, lo arrotola, lo lega stretto alle sbarre della finestra del bagno. Poi apre l' acqua della doccia, forse per coprire eventuali rumori: sale su una scarpiera, si lega il lenzuolo al collo, si lascia cadere e muore impiccato. Il giudice non lo vedrà, mentre della sua vicenda si sta già interessando il sostituto procuratore della repubblica di Firenze Tommaso Coletta. A scoprire il cadavere del giovane sono stati gli agenti della sorveglianza, chiamati dai compagni di cella che non vedendo uscire il magrebino dal bagno si sono allarmati. Lo hanno chiamato più volte. Dal bagno nessuna risposta, solo il rumore dell' acqua aperta nella doccia. Così sono intervenuti gli agenti che hanno scoperto il ragazzo con il lenzuolo al collo. C'é stato un tentativo per rianimarlo, ma subito i soccorritori si sono accorti che nulla era possibile fare per salvarlo.

E dopo la morte del ragazzo, Corleone lancia l' ennesimo allarme. "In questo anno i suicidi, gli episodi di autolesionismo e le morti in carcere sono stati troppi. E anche per quello minorile di Firenze si comincia a parlare di sovraffollamento. Una sezione è chiusa per carenza di personale e nell' altra abbiamo registrato anche fino a 28 presenze: troppe. Dobbiamo avere il coraggio di avviare un discorso nuovo. Serve più coraggio. Serve una struttura aperta e non il microcarcere che scimmiotta quello per adulti. Questo ragazzo non aveva bisogno del carcere, ma di altro".

Fonte: Ansa.it

domenica 15 novembre 2009

"Il Giornale della Toscana": I centri sociali cacciano il gazebo per il crocifisso


...Balle, come al solito. Come sempre.
Nessuno ha cacciato da Piazza della Repubblica la pattuglia di leghisti -anzi, la leghista sola- alle prese con la cialtronata del momento: passava di lì un corteo di gente più assennata, con istanze a confronto delle quali le rivendicazioni identitarie di "cattolici" incapaci di elencare le virtù cardinali o di ricordarsi chi ha scritto la Summa Theologica ma capacissimi di fare il tifo per i campi di concentramento, le guerre d'aggressione e i bombardamenti preventivi mostrano tutta la loro repellente e mestruale pochezza.
Inutile aspettarsi che casalingue, sciampiste e pasionarie da quattro soldi sappiano dire quale odore ha una ferita agli intestini: l'unica guerra che hanno fatto è stata contro gli inestetismi della cellulite e sono riuscite a perdere anche quella.
In considerazione dello n->infinito volte più numeroso corteo che sarebbe transitato da piazza della Repubblica, la gendarmeria ha dunque avvisato 'sti du' crociati che forse era il caso di togliersi da tre passi. L'attivismo politico fiorentino, da sempre, dà tali prove di maturità organizzativa che un numero altissimo di manifestazioni, anche le più accese, viene fatto transitare per tutti i salottini buoni del centro, ivi compresa la piazza Strozzi che ogni tanto serve come passerella agli indossatori di cravatte che prendono il voto "cattolico" e poi passano a fornicare tutto il tempo che non passano a giocherellare con i soldi e con la sorte dei loro sudditi.
Questa la realtà quotidiana in città, da decenni.
Chi invece volesse scorrere l'articoletto, pubblicato il 15 novembre 2009, faccia attenzione alle preoccupazioni del gazzettiere: non si trattava mica di un corteo contro l'occupazione di una terra dove i sionisti continuano ogni giorno il loro tiro al tacchino lontano dai riflettori: il corteo serviva a minacciare la giostrina di piazza della Repubblica e i bambini che la affollano.
Sarebbe interessante sapere in che modo si riesce ad asserire e a pubblicare roba del genere conservando allo stesso tempo il rispetto di se stessi.
Probabilmente, non avendone alcuno.

Il tema "radici cristiane" è ampiamente utilizzato dagli "occidentalisti" perché i sudditi vedano in un nemico-Altro quelle che sono ovviamente colpe, ignoranza, incompetenza, sporcizia morale, idiozia ed incoerenza esclusivamente loro.
Si tratta, in sostanza, di uno di quelle menzogne divenute verità grazie alla ripetizione propagandistica.
Per smentirlo con una risata, e disprezzarne come meritano gli assertori, sarebbe sufficiente campionare un quarto d'ora al massimo della vita quotidiana di chicchessia. Ma una realtà quotidiana in cui la vendita di qualunque bene o servizio passa per l'immagine di un pube femminile rappresenta soltanto l'aspetto maggiormente visibile della questione: un aspetto su cui gli "occidentalisti" non si soffermano mai, postulando ridicolmente la "cattolicità" della società civile in cui vegetano ciarlando, è invece la totale assenza di preparazione e di competenze, peraltro strutturale al suddito "occidentale" contemporaneo, in qualunque materia dello scibile, ivi comprese le materie religiose.
Un'assenza di preparazione e competenze che ha un indotto tanto considerevole da poter essere a buon diritto considerata una sorta di motore dell'economia mondiale; in quanto tale viene incoraggiata con ogni mezzo ed in tutto lo stato che occupa la penisola italiana esistono, fittissimi e numerosissimi, ambienti in cui è sufficiente mostrarsi con un libro in mano per essere guardati con curiosità sospettosa.
Su alcuni degli aspetti che il fenomeno assume a Firenze, è interessante l'articolo pubblicato, lo stesso 15 novembre, su Kelebek a beneficio di lettori che siano soliti riservare alle gazzette e ai pornopolitici l'odio ed il disprezzo che meritano.


Nello stesso giorno l'edizione on line de "La Nazione", una gazzetta in cui la difesa delle "radici cristiane dell'Occidente" convive abitualmente con decine di annunci economici di tutt'altro orientamento, riserva la homepage ad una iniziativa pubblicitaria demenziale messa in piedi in Francia, non potendola per ovvi motivi riservare ad una crisi economica che si sta mangiando viva la penisola o tanto meno ad una crisi sociale ed umana addirittura promossa e caldeggiata con ogni mezzo. L'immagine a corredo è uno scorcio della Francia contemporanea più vera ed autentica: è possibile apprezzare il profondo spirito cattolico degli organizzatori e della folla, ancorché delusa e un tantinello contrariata.
Jeanne d'Arc la Pucelle d'Orléans, Bernadette Soubirous, Sainte Geneviève, Charles Martel... les meilleurs esprits de la France catholique, toujour vivants!
Les racines chrétiennes de l'Europe!

venerdì 13 novembre 2009

Università di Firenze: ripristiniamo la legalità!


Firenze, Facoltà di Scienze della Formazione (non di Scienze Politiche, come ritenevamo). L'undici novembre 2009 una task force per la denigrazione mediatica composta da una troupe televisiva e da un Tommaso Villa qualunque (uno che scalda una poltrona, al momento non abbiamo ben presente quale) è stata disturbata nel suo intento, e con pieno successo, dalla contromossa di alcuni occupanti; stando alle gazzette, troupe e micropolitico al séguito sarebbero stati attirati in una delle aule occupate ed ivi accolti da una gragnuola di uova.
Dal punto di vista strettamente operativo, non è nulla che non si rimedi con un po' di detersivo e con un buon lavaggio in acqua fredda.
Dal punto di vista strategico è una mezza tragedia: abituati a trattare mustad'afin, minoranze, disperati e nemici designati come se fossero sparring partner, né il micropolitico né i telegazzettieri avevano messo in conto che un meccanismo tanto usato, tanto collaudato ed elettoralmente tanto produttivo fallisse così clamorosamente il suo scopo.
Insomma: a farsi linciare in televisione gli attivisti politici, gli occupanti, i non allineati, i lavoratori, in una parola i vivi, non ci stanno più. Ci hanno messo una decina d'anni a dir poco, ma alla fine almeno questo lo hanno imparato.
Dal giorno seguente comincia comunque la rivendita mediatica dell'accaduto: piagnistei sulle gazzette più accomodanti, interrogazioni in Consiglio comunale, eccetera: è chiaro che se i mestieranti della denigrazione cominciano a rischiare in proprio, le cose rischiano di complicarsi. Il "lavoro" quotidiano della politicanza "occidentalista" comincia a richiedere ai suoi praticanti un salto di qualità che comporta la cosciente assunzione di rischi più o meno palesi per l'incolumità personale: dai gilet schizzati di tuorlo di gallina alle camicine spiegazzate.
Un nostro confidente ci ha fatto sapere che in tempi più normali, e proprio dalle parti di via Laura, ostentare agli scrittori di tazebao il proprio look firmato significò per un malcapitato "occidentalista" ante litteram essere agguantato a sei mani, finire addossato alla parete ed essere firmato sul serio, sulla schiena con un grosso pennarello nero, venendo poi cacciato con l'esortazione "Vah, guarda un po' che bella camicia firmata hai adesso...!".
Dalle dichiarazioni di circostanza appare chiaro che gli "Studenti per la libertà", una ininfluente congrega probabilmente non estranea ad una certa pensata che denunciammo a suo tempo come esempio tipico della ributtante viltà delatoria con cui si fa carriera nella politica contemporanea, contano sui loro mèntori istituzionali per arrivare al "ripristino della legalità".
Bene. Mostriamola un po', questa "legalità".
La foto che riproduciamo qui si riferisce ad un caso che dovrebbe entusiasmare tutti i (pochi, ma sempre troppi) Tommaso Villa della città.
Nel luglio del 1999 a Tehran fu chiuso un giornale "riformista". Nulla di strano: Hitler soffocò l'opposizione in pochi mesi, Mussolini ci mise qualche anno, Stalin non dovette praticamente porsi il problema. Nella "dittatoriale" Repubblica Islamica dell'Iran sono trent'anni che si chiudono (e si riaprono) giornali, il che getterebbe anche una luce per lo meno interessante sulla vitalità politica di un paese caratterizzato da un sistema di governo che solo sulle gazzette "occidentaliste" viene chiamato regime. Ora, un politicante "occidentalista" chiede ai servi gazzettieri di procurargli nemici da schiacciare, non questioni da comprendere; lasciamo dunque la questione a questo punto, e proseguiamo.

Ahmad Batebi

La notte del nove luglio 1999 la protesta fu soffocata dai bassij e dagli ansar-e-hezbollah. Secondo le informazioni a disposizione, confermate anche da una testimonianza da noi raccolta nel 2006 da una testimone oculare, un dormitorio universitario di Tehran fu letteralmente espugnato ed alcuni studenti addirittura scagliati a sfracellarsi nei cortili dai piani alti dell'edificio.
Il risultato? Legalità ripristinata alla velocità della luce, con sistemi che sono musica per le orecchie di chi, telecomando alla mano e scodella dei maccheroni sotto il grugno, ha applaudito alla mattanza genovese del luglio di due anni più tardi; per chi ha creduto, sostenuto e diffuso l'insistente rumour secondo il quale il sangue sulle pareti della scuola Diaz era salsa di pomodoro.

Nella foto (fonte: fouman.com) si vede Ahmad Batebi con la maglia insanguinata di un compagno di studi. Catturato e condannato a morte, Batebi ebbe la pena ridotta a quindici anni. Evaso nel 2008 approfittando di un permesso per motivi di salute, da New York può adesso mandare a dire ai suoi persecutori che le loro mani non lo sfioreranno mai più.
Noi riteniamo gli "occidentalisti" fiorentini capacissimi di auspicare un Batebi anche in via Laura, a mezzo "ripristino della legalità" effettuato con la gendarmeria. Vi sarebbero, certo, delle differenze sostanziali: uno Ahmad nostrano verrebbe accusato di aver macchiato con la conserva la maglia che mostra: la sua vita verrebbe minuziosamente dragata per cercare qualche cosa di spendibile per demolirlo, gli studenti vittime dei gendarmi incrementerebbero in modo per lo meno sorpendente il numero di "cadute accidentali dalle scale" nell'androne della facoltà...

giovedì 12 novembre 2009

Di crisi, di odio e di uova


L'11 novembre 2009, a Firenze, alcune centinaia di studenti hanno occupato la sala dove si stava svolgendo la seduta del consiglio di amministrazione e del senato accademico.
Migliaia di agricoltori hanno tenuto un sit-in per denunciare lo stato di cose del loro settore, a detta di molti ai limiti del drammatico.
Poco lontano i seicento lavoratori di un'organizzazione che presta mano d'opera ai call center -sorta di filande del terzo millennio- non percepiscono un centesimo da mesi e sono tentati dal pietire la benevolenza di qualunque potentato -o presunto tale- che passi dalle loro parti.
A Roma le rimostranze dei "municipi" controllati dal piddì con la elle, stanchi di vedere troppe brutte facce in giro (la virtualizzazione dei rapporti interpersonali è arrivata al punto che mal si tollera chiunque non somigli alla scosciata in voga questa settimana), hanno indotto il borgomastro a troncare una faticosa mediazione prefettizia e a far deportare dalla gendarmeria centinaia di persone che vivevano in un campo nomadi.
In un paese dell'Abruzzo un trentasettenne viene ucciso in una rissa, sembra da un terzetto di nomadi zuppi di alcool. Manifestazione che diventa spedizione punitiva, fortunatamente solo a carico di cose e di oggetti. La pornografia travestita da "informazione" ci va a nozze: la stessa gazzetta che statuiva prima di ogni tribunale la colpevolezza dell'islamico Marzouk (colpevole in quanto islamico, nonostante che certi suoi trascorsi ne facessero invece un perfetto esempio di integrazione) strilla di rom killer e di rivolta. Contro i capri espiatori, si sa, è tutto lecito, e a cose fatte arriva anche la benedizione delle marmaglie redazionali.
La "politica" governativa che per qualsiasi criticità o problema fornisce pseudorisposte fatte di pseudoeccellenza, di pseudotrasparenza, di repressione, di tagli, di passerelle mediatiche e di marginalizzazione con le buone o (più spesso) con le cattive di ogni forma di un dissenso politico già privo da anni di referenti credibili nella politica di rappresentanza sta incontrando le prime vere difficoltà. La mancanza di qualunque controllo credibile della politica su un'economia di cui si postula la capacità di autoregolarsi è stata millantata per anni come la migliore delle conquiste dai cantori della dittatura liberista. Gli effetti collaterali rappresentati dall'ingiustizia sociale esplicitamente prevista (se non lodata) dall'ideologia imperante, dall'isolamento, dallo sradicamento di interi gruppi sociali considerati come non-enti dall'unica concezione del mondo presentata come accettabile per la quale i soli comportamenti leciti sono quelli dell'individualismo consumista sono ben conosciuti; non potendo -e non volendo- limitarne in alcun modo il verificarsi, la parodia di élite statale rappresentata da politicanti e detentori del potere mediatico non può far altro che manipolare l'informazione perché la gravità e l'onnipresenza della crisi in atto, che è sociale ed umana prima e ancora che economica, venga percepita dai sudditi con la maggiore difficoltà possibile. E che, in ogni caso, si possa incolparne qualcuno al di fuori del giro dorato.
Il meno che si possa far notare è che, per il cicaleccio gazzettiero, il governo attualmente in carica nello stato che occupa la penisola italiana non è mai colpevole di alcunché. All'esecutivo precedente si addossava abitualmente anche la diretta responsabilità di un'eruzione vulcanica in Nicaragua.
Per potere assolvere al loro ruolo i mass media non hanno alcuno scrupolo a truccare senza ritegno il loro rapporto con le fonti primarie: la raccolta delle informazioni e del materiale per la redazione di news denigratorie, parziali e distorte è sempre accompagnata da affannose dichiarazioni di imparzialità e neutralità: "stiamo facendo il nostro lavoro!".
I risultati del loro lavoro si vedono in prima serata e sulle gazzette, con buona pace di chi, stritolato e ridicolizzato in differita davanti a milioni di telesudditi in canottiera e col grugno immerso nella conca dei maccheroni, ha prestato il fianco a cameramen e gazzettieri ed è costretto a ringraziare la propria dabbenaggine, a tenere per sé l'indignazione e a tentare inefficaci correzioni con qualche smentita da settantesima pagina.
Nello stato che occupa la penisola italiana l'unico "lavoro" della sedicente "informazione" si concretizza nel linciaggio. Un lavoro che molti sanno imparando a tenere nella considerazione che merita, come testimonia un episodio sì marginale -solo "Il Giornale della Toscana" ne ha ovviamente fatto un caso- ma rivelatore di una disposizione d'animo ben più diffusa.
Prima di arrivare ai fatti, cerchiamo di darne una sommaria contestualizzazione.
Mentre le gazzette "occidentaliste" dànno risalto alla "vittoria elettorale" di liste studentesche di "centrodestra" per organismi elettivi nelle scuole superiori di cui la totalità dei sudditi ignora perfino l'esistenza, il resto del mondo si ostina ad ignorare certi doppioni elettronici e virtuali, e continua a funzionare esattamente come prima: il che significa facoltà occupate e sacrosante proteste per un anno accademico all'insegna di un'ebefrenia normalizzata e generale che non riuscirono ad ottenere neppure con la capillare diffusione dell'eroina alla fine degli anni Settanta.
Tanto per fare un esempio, il clima organizzativo universitario è passato in pochi anni da quello di un laboratorio culturale discutibile quanto si vuole, ma critico e vivace, a quello di un perfetto specchio del Nulla "occidentale", in cui agli studenti vengono richieste cifre da risata in faccia anche solo per proiettare un film in uno spazio comune. Il denaro, misura di tutto, metro di ogni cosa, percepito in questa funzione come tanto più insultante quanto più ne passa, secondo la consolidata tendenza in corso, dalle tasche di chi ne ha poco o punto a quelle di chi ne ha molto.
La legittimazione della responsabilità politica ed organizzativa di chi ha fermamente voluto questo stato di cose deve passare, come ormai prassi, non dal fornire e diffondere una giustificazione almeno passabile per le demenziali decisioni prese, ma dalla delegittimazione della controparte, attuata per tramite del mainstream compiacente.
E' così che il micropolitico Tommaso Villa si fa accompagnare dalla troupe di un "TgT" non meglio identificato a "documentare" -come dicono loro- le condizioni di un'occupazione universitaria nella facoltà di scienze politiche in via Laura.
Questa volta gli è andata buca. Intanto che riprendevano le cose veramente importanti per i loro scopi -presumibilmente i'ddegrado e le minacce alla sihurezza, incarnate in questo caso da qualche cartaccia fuori posto e da qualche scritta sul muro- pare siano stati attirati con una scusa all'interno di un'aula occupata ed ivi accolti con un fitto lancio di uova.
Fresche, speriamo.
Abbiamo motivo di credere, stante la caterva di casi passati in cui simili operazioni denigratorie sono giunte in porto assolutamente incontestate, che la disponibilità dei dissidenti politici capaci di esprimere ancora un'opposizione vera e non di facciata a prestare il fianco ai propri carnefici mediatici sia finalmente giunta al termine.
La cosa in sé non può che essere accolta con soddisfazione ed il piagnisteo "occidentalista" per il mancato scattare di una di quelle trappole alle quali si è fatto abituale ricorso per molto, troppo tempo al nobile fine di fornire pezze d'appoggio a legislatori da stato di polizia rafforza la nostra soddisfazione.
Dalle dichiarazioni rilasciate si capisce che autentici casi umani eretti a "coordinatori cittadini" di non si sa bene cosa vedrebbero volentieri un intervento della gendarmeria in stile cileno: occupare facoltà e ingaggiare scontri di piazza va bene a Tehran, a Firenze no.
Eccessivo ed irritante credito, sulle gazzette, viene dato in queste occasioni anche ad una certa associazione giovanile "occidentalista" dalla zero capacità di mobilitazione ma politicamente contigua all'esecutivo dello stato che occupa la penisola italiana.
Un'organizzazione che ha mutuato il nome da un'associazione sovversiva ottocentesca.
Il leader di quella associazione fu costretto giovanissimo all'esilio per le attività rivoluzionarie condotte: lontano dalla penisola italiana reclutò e convertì altri individui ed organizzò insurrezioni armate contro il potere costituito, secondo un modello comportamentale che per la marmaglia "occidentalista" lo ascriverebbe all'istante nel nòvero dei terroristi da bombardare, da estradare, su cui accanirsi con ogni metodo e con ogni scusa.
Siamo sicuri che Giuseppe Mazzini non avrebbe gradito affatto che gente del genere si fregiasse del nome della sua creatura.

lunedì 9 novembre 2009

Francesco Torselli e i relitti della storia


Francesco Torselli è un consigliere comunale fiorentino in quota piddì con la elle, noto ai nostri lettori per la passione che coltiva per Corneliu Zelea Codreanu. Il Capitano, a sentir lui, sarebbe un "punto di riferimento comunitario" di cui i giovani, in una Firenze contemporanea che nemmeno la più etilica delle fantasie potrebbe paragonare alla provincia rumena degli anni '30, non dovrebbero assolutamente fare a meno.
Codreanu è stato un attivista politico intriso del più forsennato antisemitismo e leader di un'organizzazione giovanile in cui si insegnava ai ragazzini ad andare a farsi ammazzare cantando inni nazionalisti.
In un contesto sociale normale, basi di partenza come queste consiglierebbero una certa circospezione nella scelta dei vocaboli con cui apostrofare gli avversari politici. Ma quello dello stato che occupa la penisola italiana, e soprattutto delle sue greppie e dei suoi baracconi travestiti da "istituzioni", tutto è tranne che un contesto sociale normale.
Sorvolando bellamente sui suoi ingombrantissimi referenti culturali e sulle sue più che opinabili competenze in campo storico e storiografico, Francesco Torselli lamenta, in un piagnucoloso comunicato, la scarsa attenzione che a suo dire le istituzioni fiorentine e i loro rappresentanti hanno avuto per il ventesimo anniversario di quell'abbattimento del muro di Berlino che segnò l'inizio della fine per la Repubblica Democratica Tedesca.
Da qualche anno il piddì con la elle ha la spudoratezza di commemorare la cosa in modo abbastanza coreografico, con l'abbattimento di muri in polistirolo realizzati da signore attempate ed altre manifestazioni del genere. Spudoratezza, e peggio che spudoratezza, perché simili "celebrazioni" vengono messe in atto da una forza politica che ha fatto proprie tutte le armi propagandistiche, dal linciaggio a mezzo stampa alla psichizzazione a tutte le forme conosciute di delegittimazione degli avversari politici, teoricamente patrimonio di quei regimi totalitari che a parole afferma di detestare tanto. Al muro di Berlino si sono sostituiti quello di Tijuana, quello sionista, le mille erigende mura di mille e mille lager e galere ovvio e predestinato ricettacolo dei troppi ardimentosi che avessero a prendere troppo sul serio il crollo delle frontiere. Ma le galere sono solo a Tehran: quelle peninsulari, quelle europee, l'arcipelago di gulag privati degli Stati Uniti d'AmeriKKKA sono "centri di identificazione", "centri di permanenza temporanea" , correctional centers e via ingannando. Le guerre "occidentaliste" non sono guerre: sono esportazioni di democrazia. Le carceri? "Hotel a cinque stelle", secondo una retorica da gazzettieri sifilitici che non spiega come mai, se davvero vi si conduce un'esistenza tanto dorata, i politicanti peninsulari incappati in storie di prugna e cocaina, in tresche bancarottiere e peggio, fanno letteralmente carte false pur di non passarvi neppure un'ora.
Celebrare la caduta del Muro in simili condizioni non significa certo celebrare una "libertà" riservata ad un ceto medio globalizzato sempre meno numeroso e sempre più a rischio di impoverimento, ma la fine di ogni ostacolo che si contrapponesse tra la logica del capitale ed il trionfo di ingiustizie sociali che ne hanno accompagnato lo scatenamento planetario. Una celebrazione che può stare a cuore soltanto a chi ha la presunzione, più che la certezza, di avere sempre e comunque il coltello dalla parte del manico.
Con la solita incoerenza che i politicanti "occidentalisti" riescono infallibilmente a trasformare in pane, Francesco Torselli ha saputo far convivere come se nulla fosse il suo interesse per il nazionalismo rumeno con la militanza in una formazione politica che in occasione delle elezioni del 2008 ha inscenato una mostruosa ed asfissiante campagna di denigrazione del popolo rumeno nella sua interezza, arrivata al punto tale da costringere la Repubblica di Romania a mettere in piedi una controcampagna che ponesse qualche limite a tanto scagnare.
Uno dei punti più interessanti del comunicato è quello in cui Francesco Torselli, "uomo d'azione" sui manifestini di Casaggì, "futurista" tutto d'un pezzo e via enunciando per tutta una serie di maschere sicuramente poco compatibili con firme, scartoffie e permessi (si può capirlo: lo stesso Codreanu della legge e dell'ordine aveva dei concetti tutti particolari), veste i panni del legalista d'accatto e statuisce la bontà delle sue "iniziative autorizzate" contro la malvagità metafisica di quelle messe in atto da una controparte politica -che non ha certo tempo da buttare per baloccarsi con muri di cartapesta-, della quale fa finta di non sapere assolutamente niente: una massa indistinta di Nemici del patrio bene. Peccato che essi nemici il Torselli li abbia copiati praticamente in tutto, perfino nella vieta imitazione di centro sociale sorta da qualche anno in via Maruffi, con quell'arte satanica di mimesi tipica da sempre dei fascisti di tutte le sottospecie.
In chiusura, Francesco stigmatizza "i disturbi e disagi creati ad hoc da qualche decina di attaccabrighe, relitti della storia, che non hanno altri modi più intelligenti e costruttivi per passare le proprie giornate".
Della schiera degli attaccabrighe suddetti facciamo parte da oltre quindici anni senza mai aver avuto la soddisfazione che qualche micropolitico venisse a dirci in faccia quello che affida -presumendo chissà quale impunità- alle penne della vastissima schiera di servi gazzettieri a disposizione; le giornate le passiamo lavorando dieci ore al giorno e cinque giorni su sette fuori dalla provincia di residenza, e da questa occupazione otteniamo emolumenti sensibilmente inferiori a quelli che lo scaldare una poltrona riserva a tutti i Torselli della penisola italiana. Sarebbe interessante sapere se, oltre ad un approccio alla categorizzazione del reale situato nel continuum che sta tra il fantasioso e il discutibile, la politica "occidentalista" richiede ai propri mestieranti anche qualche competenza degna di questo nome.
Abbiamo sincero motivo di dubitarne.

domenica 8 novembre 2009

Firenze, una sera di novembre n'i'ddegrado, senza sihurezza...



Una giornata di novembre com'è novembre a Firenze: il mese più fradicio, quello dell'alluvione del 1966.
Ne abbiamo approfittato per unirci ad una manifestazione messa in piedi -dicono- parecchio alla svelta e senza tanta voglia di scherzare o di ridere, perché il sei novembre la gendarmeria ha tirato giù dal letto una dozzina di attivisti politici, gli ha passato a pettine fitto casa e computer, e poi ne ha scaraventato uno in una cella d'isolamento. Pardon, ne ha associato uno alla locale casa circondariale, non certo a seguito di un mandato di cattura, ma ad un ordine di custodia cautelare. Potenza delle parole: si riscrive qualche cosa, e uno passa per magia da carcerato in isolamento a socio da custodire. Da custodire con cautela.
La macchina organizzativa della manifestazione era il Centro Popolare Autogestito di Firenze Sud, oggetto anche in quest'occasione di un tentativo "occidentalista" di linciaggio a mezzo stampa, peraltro meno insistito di altre volte, forse perché fondato su basi più labili del consueto, che andremo adesso a sviscerare.
Il numero del 7 novembre de "Il Giornale della Toscana" è l'unica gazzetta a dedicare molto spazio alla questione: il CPA va distrutto, su questo insistono tutti gli incravattati del piddì con la elle, e a fronte della sostanziale disumanità della linea politica da loro volentierissimo seguita non c'è da dubitare che gli piacerebbe ancora di più che la cosa avvenisse con copioso spargimento di sangue. Costretti ad esprimersi su qualcosa di reale e concreto e dunque molto lontano dalle loro preoccupazioni quotidiane fatte di alti redditi, schermaglie su Facebook, di bella vita e di bella gente (quella che ogni tanto viene associata anche lei, e non certo per i propri ideali), devono ripetere pari pari le linee guida del "partito", sul cui conto ci siamo già espressi più volte essendo l'esplicito disprezzo per l'ala "occidentalista" della politicanza peninsulare la ragion stessa di essere di questo blog.
Il CPA ha fatto bene a non prendere in minima considerazione proponimenti che sono la ripetizione ecoica di asserzioni sempre uguali, che tra l'altro non hanno portato al piddì con la elle neppure un voto in più. Ci sono dati esperienziali sufficientemente affidabili, piuttosto, per sostenere che il CPA gode a Firenze di una popolarità tale da danneggiare elettoralmente chi ne vuole l'esplicita distruzione: la distribuzione dei suffragi alle ultime elezioni amministrative può essere interpretata come una conferma in questo senso.
Un altro e più concreto motivo per additare al disprezzo la pochezza "occidentalista" e la spazzatura umana specializzata in linciaggi a mezzo stampa cui il piddì con la elle affida per intero la propria comunicazione politica è data in questo caso da un fatto concreto quanto pochi altri. Abbiamo avuto modo di leggere, per intero e con cura, l'ordine di carcerazione e gli ordini di perquisizione slegati dietro alle persone coinvolte nella vicenda. Il CPA non vi viene mai nominato.
Un dato piuttosto elementare che non viene riportato da nessuna gazzetta, ma che in qualche modo deve aver limitato l'accanimento con cui stavolta è stata eseguita la ripetizione di cliché linciatori. Cliché la cui efficacia sulla realtà fiorentina sta, sperabilmente, mostrando la corda.

Giovanni Donzelli, un diplomato qualunque arrivato a percepire quasi quarantamila euro all'anno sostanzialmente in virtù del suo assoluto sprezzo del ridicolo, lamenta in un comunicato stampa la sostanziale inutilità del lavorìo condotto, praticamente da lui da solo contro una città intera, affinché il CPA venga spazzato via.
Pare non si sia ancora reso conto che a forza di dare gratis del terrorista a chi terrorista non è (in un'altra occasione accusò pubblicamente il CPA di voler avvelenare l'acquedotto), il rischio di finire "associato" lo corre lui.

Il "Giornale della Toscana" del giorno successivo rendicontava sommariamente le ragioni dei manifestanti e lo svolgersi del corteo sottolineando, in disperante mancanza di meglio, le scritte sui muri inneggianti alla libertà per il prigioniero e gli "insulti contro i magistrati". Insultare e disprezzare la magistratura, nello stato che occupa la penisola italiana, è attività riservata ai principali esponenti dei partiti di governo: gli altri, guai se si azzardano.
Va rimarcato anche un altro fatto, di non secondaria importanza. Nel corso degli ultimi anni, molti esponenti della politicanza "occidentalista" hanno parlato di "scioperi fiscali" e di "disobbedienza fiscale" agevolando, con apposite leggi, la vita a chi all'evasione fiscale aveva fatto ampio ricorso. Se l'esempio che viene dall'alto è questo, coerenza vorrebbe che a chi fa saltare con un petardo un vetro dell'Agenzia delle Entrate fosse riservata non la galera, ma quantomeno un encomio solenne.
Lo stesso numero della stessa gazzetta celebra anche la "caduta del muro di Berlino" bellamente incurante dei tanti nuovi muri costruiti dopo di allora, dei quali anzi viene fermamente sostenuta la necessità a tutela, per esempio, della sihurezza degli Stati Uniti d'AmeriKKKa o degli interessi sionisti in Palestina. I nostri viaggi in Asia Centrale e nel Caucaso ci hanno portato a contatto con persone e con intere comunità per le quali la fine dell'equilibrio strategico in Europa ha significato guerra, povertà, deportazioni, emigrazione e disperazione, lasciando poco o punto posto alla gioia di essere benedetti da una "libertà" invariabilmente concretizzatasi in un consumismo fatto di pornografia e paccottiglia dozzinale.
"Adesso il pericolo è l'Islam", statuiscono i guitti di via Cittadella, rivelando un fatto interessante ed elementare. Il piddì con la elle ha la necessità vitale di legittimare a contrario la propria azione politica fatta di galera, incompetenza, avventatezza ed idiozia presentando sempre ai sudditi un nemico di malvagità metafisica, assoluta, completa. In questo modo ai sudditi non viene la tentazione di rivolgere ai governanti domande imbarazzanti sull'impoverimento generale, su un consumismo arrivato a livelli da manicomio, sullo sporco anche morale presentato come un vanto da una miriade di personaggi mediatici, sulla miseria umana e spirituale, prima ed ancora che economica, in cui lo stato che occupa la penisola italiana sta facendo precipitare i suoi sudditi.
In nome della necessità elettorale, che non ha certo a cuore il bene comune ma il bene privato degli eletti, si calpestano realtà elementarissime: lo stato che occupa la penisola italiana, ad esempio, è tra i primi partner commerciali della Repubblica Islamica dell'Iran. Questo non impedisce agli "occidentalisti" di sputare quotidianamente dove mangiano, dando della Repubblica Islamica e dei suoi leader -i cittadini sono presentabili solo se politicamente schierati con la cosiddetta "opposizione"- un ritratto continuamente e pesantemente denigratorio.
I nostri lettori sanno che non consideriamo né un pericolo né una cosa indesiderabile la paventata islamizzazione dell'Europa: nessun credente ci ha mai fatto il minimo torto, così come non ce l'hanno fatto gli "zingari", i rumeni, gli albanesi e tutti gli altri gruppi troppo occupati a strappare alle giornate di che vivere per pensare a difendersi dal fango che le gazzette "occidentaliste" scagliano loro addosso ogni giorno.
La nostra posizione, fondata non su quelle ciarle da pescheria che sono l'essenza della weltanschauung "occidentalista" ma su un minimo di letture approfondite e di documentazione, è convintamente e diametralmente opposta. Vedremmo molto volentieri i minareti di una moschea degna della città di Firenze stagliarsi nel panorama cittadino.

venerdì 6 novembre 2009

Giovanni Donzelli: un "occidentalista" costoso e maldestro


I nostri lettori avranno da tempo constatato come Giovanni Donzelli, consigliere comunale fiorentino del piddì con la elle, abbia fatto della sovraesposizione mediatica una sorta di dovere personale. Sito con dominio proprio, reti sociali, comunicati stampa, passaggi televisivi e gazzette da linciaggio mobilitate quotidianamente. La mole di materiali prodotti è tale da far pensare che la maggior parte della giornata del consigliere passi in questo modo anziché interessandosi sul serio del bene pubblico. Ma sui frutti peggiori di questo discutibilissimo impiego del tempo proprio e del denaro altrui, si dirà qualcosa più avanti.
Consultando il materiale reso pubblico da Donzelli stesso e disponibile in una moltitudine di fonti ampiamente disponibili, è possibile ricostruire non soltanto la spettacolosa e a tratti disumana bassezza degli intendimenti suoi e del suo partito, ma anche la maldestraggine con cui Donzelli gestisce infaticabile il suo personaggio mediatico.

Il curriculum di un politico "occidentalista" può evitare ogni riferimento ad esperienze lavorative.

Il sito dal dominio omonimo presenta una sorta di curriculum del Nostro dal quale manca qualsiasi riferimento alla minima attività lavorativa. In assenza di smentite si deve concludere di trovarsi davanti ad un politicante a tempo pieno, il quale, per ciarlare a giornate, scaldare una poltrona e divertirsi su internet, riceve più di trentanovemila euro l'anno, stando a quanto comunicato in una conferenza stampa nel corso della quale sono stati diffusi i dati sui redditi percepiti da tutti i consiglieri comunali fiorentini per l'anno 2008.
La cosa in sé non sarebbe molto grave: un micropolitico comporta essenzialmente dei microsprechi. A renderla costosa è la massa crescente che elementi di questo genere, sordi e ciechi a qualunque cosa non possa essere metabolizzata dal proprio bacino elettorale e convertita quindi in voti e reddito, esercitano sulle finanze pubbliche dello stato che occupa la penisola italiana.
Oltre a questo fenomeno ve n'è anche uno più evidente. Ai gradini superiori del cursus honorum la cosa si complica e si appesantisce. Un esempio? La missione militare in Afghanistan, che serve solo ad un certo Ignazio La Russa per pavoneggiarsi con la chiazzata nuova, ha fatto sparire qualcosa come novantotto milioni in due mesi.
Fin qui alcune considerazioni sui costi, o meglio gli sprechi, che la politicanza "occidentalista" comporta per i sudditi dello stato che occupa la penisola italiana.
La maldestraggine, al pari dell'incompetenza, pare una caratteristica essenziale degli "occidentalisti" in genere e di quelli dediti alla politica in particolare. Anche questo non sarebbe grave, se ad essa non facesse contrappunto, in individui rimasti a quote più normali -ed a redditi sostanzialmente inferiori, raggiunti in modi ben più faticosi che scaldando poltrone- un minimo di competenze mnestiche ed analitiche.
Esse competenze tornano utili in casi come questo: una rapidissima visita al sito di Giovanni Donzelli fa notare l'esistenza di due pagine risalenti al 2008 e molto interessanti per i successivi sviluppi fatti registrare da una certa questione.
All'inizio di aprile 2008 Giovanni Donzelli tenne due feste pre-elettorali al Colle Bereto ed allo Yab, localini trendy di Piazza Strozzi, uno slargo centralissimo che era ed è l'unico palco oscenico "occidentalista" esistente in città.
Nel giugno 2009 entrambi i locali, ed anche un altro paio, sollevavano il deciso interesse della gendarmeria. I trenta arresti effettuati e la chiusura a quadrupla mandata dei locali stessi fanno pensare che l'attività collaterale legata alla cocaina ivi svoltasi fino ad allora avesse carattere radicato ed abituale. Un carattere tanto radicato e tanto abituale da far ritenere assai difficile che lo Yab ed il Colle Bereto fossero frequentati soltanto per l'eccellenza del loro succo d'arancia.
E fin qui nulla da dire, se non che certi micropolitici dovrebbero essere abbastanza occhiuti da capire che la troppa disinvoltura nella scelta delle proprie frequentazioni può distruggere in un batter d'occhio una potenziale carriera. Non si vede cos'altro possa essere, se non una scoperta e patente maldestraggine, a far coesistere praticamente sulla stessa pagina web frequentazioni di certi ambientini e filippiche antidroga. Questo senza nulla togliere al fatto che i livelli infimi di coerenza abitualmente rintracciabili nel comportamento della classe politica peninsulare permetterebbero di fare inferenze anche peggiori.
Aggiungendo danno a beffa, nel pieno del fracasso mediatico legato alle vicende di piazza Strozzi Giovanni Donzelli pensò bene di attestare la propria contrarietà all'utilizzo di sostanze psicotrope non certo plaudendo all'operato dei gendarmi ed alla brillante operazione da essi conclusa, ma agendo come se dovesse distogliere, e con urgenza, l'attenzione dei mass media e dei sudditi dalla vicenda.
Giovanni Donzelli andò di persona, assieme a gazzettieri fidati, a tenere una concione sotto gli occhi esterrefatti di un negoziante di articoli in canapa nella zona di via Leopardi, il quale non gradì affatto e lo cacciò a schiaffi dal negozio, dimostrandogli che il mondo come lo dipingono le gazzette è una cosa con la quale la realtà concreta va, di solito, pochissimo d'accordo.
L'episodio finì immediatamente in rete e contribuì da una parte a tenere allegri un po' di utenti, dall'altra a mostrare in quali abissi di pochezza umiliante siano tenuti a cacciarsi gli scaldapoltrone peninsulari di piccolo ed infimo calibro, le cui sorti dipendono sostanzialmente dagli umori di qualche segretario di partito. La macchina elettorale che trasforma i loro suffragi in reddito rispecchia una parodistica concezione di "democrazia" puramente autoreferenziale, alla quale i sudditi sono talmente abituati da non farci più neppure caso.