sabato 28 novembre 2009

"Occidentalisti", radici cristiane ed altra propaganda


La politica "occidentalista" consente ad individui sufficientemente privi di rispetto per se stessi e per gli altri, generalmente cacciati da qualunque altro settore produttivo per incompetenza, malafede, idiozia pura e semplice, inettitudine o storie di vita molto oltre l'impresentabile, di vivere alle spalle altrui.
Il denaro necessario viene loro dai suffragi.
I suffragi vengono dalla propaganda.
La propaganda funziona sempre allo stesso modo: ripetizione stolida di pochi concetti di base, allagamento dei mass media secondo la mai dimenticata lezione di Goebbels, e presentazione delle istanze lobbystiche in voga al momento come se dalla loro soddisfazione dipendessero i destini di intere collettività. A volte l'effetto è quello di produrre sulle gazzette una realtà inesistente, come nel caso delle statuite "radici cristiane" dell'"Occidente" e della recente battaglia in favore di un simbolo religioso al quale nella vita quotidiana tiene una parte assolutamente minoritaria dei sudditi. Una parte assolutamente minoritaria capacissima di comportarsi in ogni atto della propria vita in modo diametralmente opposto a quello indicato dalle più elementari linee guida di qualunque monoteismo, senza avvertire in questo alcuna contraddizione.
Il testo che qui si recensisce è uscito una prima volta nel 1992, ed una seconda nel 2002 seguito da una postfazione dell'autore. Una lettura che consente di inquadrare le iniziative e le istanze "occidentaliste" nella cornice che è loro propria, che non è fatta soltanto di un'incompentenza malevola e cialtrona meritevole di disprezzo e di irrisione, ma anche e soprattutto di un lavorìo incessante, teso alla soddisfazione di interessi lobbystici e di parte solitamente intrisi di ben altro che di trascendenza.


Alain de Benoist, La "Nuova evangelizzazione" dell'Europa - La strategia di Giovanni Paolo II (Arianna, 2002)



Il libro di Alain de Benoist ricostruisce le mosse diplomatiche, religiose, politiche e propagandistiche del papato di Giovanni Paolo II, per arrivare a conclusioni piuttosto nette in merito al successo di quella che avrebbe dovuto essere la "nuova evangelizzazione" dell'Europa.
La nuova evangelizzazione e l'identità politica europea introduce i temi di base della strategia politica del papa slavo: statuire l'ineliminabilità delle "radici cristiane" dall'identità continentale in modo che nessun "mito fondante" possa essere rintracciato o costruito al di fuori di esse, riscoprire la dottrina sociale della Chiesa ed irrompere in forze nella società civile per colmare quanti più spazi possibile tra quelli lasciati vuoti dal (presunto) crollo delle "ideologie". Lo "spostamento al centro" dell'orientamento politico delle gerarchie ecclesiastiche nel loro complesso e l'azione del poderoso apparato economico dell'Opus Dei sono i principali strumenti, operanti a livello mondiale, della strategia perseguita.
La nuova evangelizzazione e l'identità spirituale europea illustra già i primi limiti dell'orientamento perseguito da Giovanni Paolo II. La fronda interna all'apparato, mossa da teologi, accusò sempre il pontefice di essere stato assai più rigoroso nei confronti dei cosiddetti "modernisti" che non nei confronti della loro controparte, stigmatizzata ed emarginata senza la sistematicità usata contro i sostenitori della "teologia della liberazione". Altri ostacoli sono rappresentati dal rapporto con la modernità e dalla pretesa della Chiesa di Roma di conservare un primato spirituale incontestabile: una posizione che rende di fatto impossibile un vero dialogo interconfessionale.
Ai tempi in cui il libro fu pubblicato nella sua prima edizione, la fine delle persecuzioni religiose nell'ex URSS permetteva agli uniati una certa ripresa, ma attirava loro le critiche di gerarchie ortodosse affatto disposte a farsi assimilare, e che accusavano le gerarchie cattoliche di un proselitismo condotto con sistemi da guerra coloniale. Altro ostacolo, i rapporti con il mondo ebraico, nel quale abbondavano -ed abbondano- le voci che vedono nell'atteggiamento cattolico un insieme di svalutazione e di tentativi di fagocitazione, nonostante eventi mediatici come la visita alla sinagoga di Roma avvenuta nel 1986. Un sostanziale non riconoscimento della reciprocità sembra minare nel profondo la strategia del pontefice.
L'ostacolo più grande viene però dalla scristianizzazione di fatto della società civile, un fenomeno apparentemente inarrestabile. Un bric à brac delle credenze, mosso dalla concezione di fondo di una religione cui si chiede felicità e non più salvezza, ha tolto ogni spazio alla dogmatica e svuotato di autorevolezza la gerarchia, che in molti ambienti (De Benoist esamina a fondo il caso francese) non ha più alcuna presa sui comportamenti individuali e ne ha sempre meno su quelli dei legislatori. La rivalutazione delle "radici cristiane" dell'Europa si scontra non soltanto con una realtà di fatto che vede i cattolici perdere terreno proprio in Europa, e di contro guadagnare influenza in America meridionale e in certi paesi asiatici, ma anche sulla necessità di amputare il passato precristiano del continente e di statuirne la nascita a seguito dell'adozione di una religione nata al di fuori dei suoi perimetri geografici.
Nella postfazione aggiunta nel 2002, Alain de Benoist conclude recisamente che la strategia di Giovanni Paolo II ha fallito i suoi obiettivi. Crollo della pratica, credenze individualizzate e sincretiche messe in piedi assemblando elementi eterodossi, delegittimazione del ruolo dei sacerdoti ed un'ignoranza sempre più diffusa dei dogmi anche tra i praticanti sono un fatto compiuto, insieme al successo esclusivamente mediatico di molte mosse della diplomazia pontificia. Le emanazioni che resistono bene, come la rete delle scuole private, devono il loro prosperare a motivi che non hanno nulla a che fare con l'osservanza delle pratiche religiose o con il magistero pontificio.
In mezzo alla modernità, l'istituzione ecclesiastica ha avuto successo nel diffondere i suoi valori ovunque, ma lo ha fatto in un mondo che può farvi riferimento senza di essa, se non addirittura contro di essa. La conservazione del religioso avviene oggi a prezzo della sostanziale privazione della possibilità di una vera influenza globale che in passato ha costituito la stessa ragion d'essere dell'istituzione ecclesiastica e la visibilità o l'ascesa di questo o quello integralismo non fa che confermare il sostanziale indifferentismo religioso che domina la scena.

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