Il 5 febbraio 2011 qualche rappresentante del politicame "occidentalista" dovrebbe alzare il grugno dal tavolo del ristorante -se non le terga dal divano di un'altra tipologia di locale sì pressoché pubblico, ma meno nominabile- per passare in rassegna la servitù fiorentina.
Questa servitù ha combattuto con il consueto -e a suo modo eroico- sprezzo del ridicolo per qualche giorno contro l'indifferenza generale e contro l'apertissima ostilità di frange neanche troppo estreme dell'attivismo politico fiorentino: l'adunata annuale in cui si commemorano le vittime e i vittimi di una sconfitta militare prevedibile e cercata con ogni mezzo (e se la cavarono anche con poco: altrove c'era chi doveva affrontare la prospettiva del Piano Morgenthau) rappresenta l'unica possibilità, per quella irrilevante congrega, di serrare i ranghi e mostrare ai committenti quanti individui è in grado di disincrostare per qualche ora dai videogiochi e dallo streaming porno per motivi che non siano le pallonate, i pallonaggi, i pallonieri ed il pallone.
L'attivismo politico fiorentino nel suo complesso agisce sul territorio in modo incisivo e costruttivo, evitando per lo più di far capo a partiti istituzionalmente rappresentati. Nel corso degli anni è riuscito a costruire reti sociali pervasive e grosso modo funzionanti che gli riscuotono la silenziosa approvazione di molte persone, anche nei contesti sociali meno sospettabili. Non avendo da preoccuparsi di tornaconti elettorali e non dovendo servire nessuno, può fare a meno di produrre e diffondere propaganda ciarliera, menzognera e perentoria, irta di quelle pessime grafiche di cui le produzioni "occidentaliste" dànno spesso prova. Se ne vedano esempi qui, qui e qui.
La mancanza di comprensione dell'"occidentalismo" verso questo tipo di contesto è totale ed assoluta e porta a mettere in atto comportamenti opposti, con risultati che in genere si rivelano logicamente disastrosi.
Nel caso specifico, la chiamata alle armi (colla da manifesti e pennellesse) di metà gennaio che abbiamo già indicato al disprezzo di chi legge ha fruttato innanzitutto ai suoi ideatori una reprimenda dai toni paternalistici ed umilianti. Alle fermate dell'autobus c'è posto solo per quelli che pagano. E quelli che pagano ci mettono di solito ragazze poco vestite, altro che manifestazioni. Sicché qualcuno si è sentito chiamato in causa e gli è toccato difendersi: una difesa impacciata ed inefficace preludio ad una vera e propria fuga.
Poi, si viene a sapere che qualcun altro l'ha presa ancora meno bene, e che ha denunciato per affissione abusiva -o roba simile- i pennellatori "occidentalisti". Risalire ai responsabili, indicati a piè del materiale diffuso, non dovrebbe essere impresa troppo difficile nemmeno per il più pasticcione dei gendarmi.
Constatare quanto successo non significa approvare lo stato di cose presente e la foia legalitaria sistematicamente diretta sempre e solo contro i mustad'afin che ha prodotto metastasi in ogni àmbito della vita sociale. Significa solo sottolineare che alcuni rappresentanti della categoria a cui è dovuto tutto questo, ossia dei mangiaspaghetti che per anni hanno insistito con cattiveria piccina e con meschinità quotidiana su certezzedellapena tolleranzezzèro giridivite degradensihurézza eccetera eccetera in simbiosi con la racaglia giornalaia con cui si alternano a darsi la volata e le imbeccate, proveranno prima o poi una dose industriale della loro stessa medicina.
La normativa sulla materia, anch'essa inasprita come tutte le altre da questa marmaglia in cravatta messa ai comandi di uno "stato" che crede a tal punto nel proprio "democratismo" da farsene addirittura esportatore, prevede ammende che vanno più o meno dai duecento ai mille euro. Abbiamo ipotizzato che Casaggì abbia affisso in una notte circa duemila manifesti. Nel caso procedessero in merito tutti coloro che hanno titolo per farlo, e nel caso si dovesse intendere ogni affissione come un'infrazione a sé stante, cosa di cui è capacissima la giurisprudenza da carogne tanto incensata da questi mangiatori di maccheroni, su una certa scrivania planerebbe alla fine un conto che va dai quattrocentomila ai due milioni di euro.
La faccia con cui i responsabili di Casaggì andrebbero in un simile caso a pietire benevolenza dai loro padroni è più facile immaginarla che descriverla.
Casaggì ha fino ad ora dato prova di una conoscenza del territorio pari a zero e di una cialtroneria raffazzonata che ha pochi eguali a livello locale. Non propriamente il massimo per compiacere la ciurma a cui deve obbedienza, e meno che mai il gazzettame tenuto a rivendere nel miglior modo possibile l'autoreferenziale piazzata di febbraio.
Meno male che l'attivismo politico fiorentino di cui tracciavamo per sommi capi il ritratto ha fatto in modo di prendersi carico della questione. "Il Giornale della Toscana" ha così potuto limitare i danni, e relegare tutta la vicenda ad un trafiletto in coda ad un articolo in cui si strepita per una scritta murale.
Non occorrono "mobilitazioni in trincea" o manipoli di eroi della carta da parati per fare una scritta sul muro. Bastano due minuti di tranquillità ed una bomboletta: e la visibilità mediatica ottenuta è stata in questo caso molto superiore a quella del nemico, di cui pure ha contribuito ad alleviare l'impaccio.
"Il Giornale della Toscana" prende otto paginette: una e mezzo per le pubblicità, ed almeno due di quotidiani rovelli palloneggianti e pallonistici su dei tizi vestiti di viola e in pantaloncini corti. Il resto fa da megafono all'"occidentalismo" più pedestre.
Nelle grandi occasioni, per esempio quando qualche palloniere viziato e vestito di viola pesta a sangue chi lavora onestamente, la "chiusura" del numero non costa troppa fatica. Altrimenti sono problemi. Ed è qui che, qualche volta, arrivano soccorrevoli sia le verità più ovvie che la mano dell'attivista che si fa un piacere di dar loro incarnazione.
Questa servitù ha combattuto con il consueto -e a suo modo eroico- sprezzo del ridicolo per qualche giorno contro l'indifferenza generale e contro l'apertissima ostilità di frange neanche troppo estreme dell'attivismo politico fiorentino: l'adunata annuale in cui si commemorano le vittime e i vittimi di una sconfitta militare prevedibile e cercata con ogni mezzo (e se la cavarono anche con poco: altrove c'era chi doveva affrontare la prospettiva del Piano Morgenthau) rappresenta l'unica possibilità, per quella irrilevante congrega, di serrare i ranghi e mostrare ai committenti quanti individui è in grado di disincrostare per qualche ora dai videogiochi e dallo streaming porno per motivi che non siano le pallonate, i pallonaggi, i pallonieri ed il pallone.
L'attivismo politico fiorentino nel suo complesso agisce sul territorio in modo incisivo e costruttivo, evitando per lo più di far capo a partiti istituzionalmente rappresentati. Nel corso degli anni è riuscito a costruire reti sociali pervasive e grosso modo funzionanti che gli riscuotono la silenziosa approvazione di molte persone, anche nei contesti sociali meno sospettabili. Non avendo da preoccuparsi di tornaconti elettorali e non dovendo servire nessuno, può fare a meno di produrre e diffondere propaganda ciarliera, menzognera e perentoria, irta di quelle pessime grafiche di cui le produzioni "occidentaliste" dànno spesso prova. Se ne vedano esempi qui, qui e qui.
La mancanza di comprensione dell'"occidentalismo" verso questo tipo di contesto è totale ed assoluta e porta a mettere in atto comportamenti opposti, con risultati che in genere si rivelano logicamente disastrosi.
Nel caso specifico, la chiamata alle armi (colla da manifesti e pennellesse) di metà gennaio che abbiamo già indicato al disprezzo di chi legge ha fruttato innanzitutto ai suoi ideatori una reprimenda dai toni paternalistici ed umilianti. Alle fermate dell'autobus c'è posto solo per quelli che pagano. E quelli che pagano ci mettono di solito ragazze poco vestite, altro che manifestazioni. Sicché qualcuno si è sentito chiamato in causa e gli è toccato difendersi: una difesa impacciata ed inefficace preludio ad una vera e propria fuga.
Poi, si viene a sapere che qualcun altro l'ha presa ancora meno bene, e che ha denunciato per affissione abusiva -o roba simile- i pennellatori "occidentalisti". Risalire ai responsabili, indicati a piè del materiale diffuso, non dovrebbe essere impresa troppo difficile nemmeno per il più pasticcione dei gendarmi.
Constatare quanto successo non significa approvare lo stato di cose presente e la foia legalitaria sistematicamente diretta sempre e solo contro i mustad'afin che ha prodotto metastasi in ogni àmbito della vita sociale. Significa solo sottolineare che alcuni rappresentanti della categoria a cui è dovuto tutto questo, ossia dei mangiaspaghetti che per anni hanno insistito con cattiveria piccina e con meschinità quotidiana su certezzedellapena tolleranzezzèro giridivite degradensihurézza eccetera eccetera in simbiosi con la racaglia giornalaia con cui si alternano a darsi la volata e le imbeccate, proveranno prima o poi una dose industriale della loro stessa medicina.
La normativa sulla materia, anch'essa inasprita come tutte le altre da questa marmaglia in cravatta messa ai comandi di uno "stato" che crede a tal punto nel proprio "democratismo" da farsene addirittura esportatore, prevede ammende che vanno più o meno dai duecento ai mille euro. Abbiamo ipotizzato che Casaggì abbia affisso in una notte circa duemila manifesti. Nel caso procedessero in merito tutti coloro che hanno titolo per farlo, e nel caso si dovesse intendere ogni affissione come un'infrazione a sé stante, cosa di cui è capacissima la giurisprudenza da carogne tanto incensata da questi mangiatori di maccheroni, su una certa scrivania planerebbe alla fine un conto che va dai quattrocentomila ai due milioni di euro.
La faccia con cui i responsabili di Casaggì andrebbero in un simile caso a pietire benevolenza dai loro padroni è più facile immaginarla che descriverla.
Casaggì ha fino ad ora dato prova di una conoscenza del territorio pari a zero e di una cialtroneria raffazzonata che ha pochi eguali a livello locale. Non propriamente il massimo per compiacere la ciurma a cui deve obbedienza, e meno che mai il gazzettame tenuto a rivendere nel miglior modo possibile l'autoreferenziale piazzata di febbraio.
Meno male che l'attivismo politico fiorentino di cui tracciavamo per sommi capi il ritratto ha fatto in modo di prendersi carico della questione. "Il Giornale della Toscana" ha così potuto limitare i danni, e relegare tutta la vicenda ad un trafiletto in coda ad un articolo in cui si strepita per una scritta murale.
Non occorrono "mobilitazioni in trincea" o manipoli di eroi della carta da parati per fare una scritta sul muro. Bastano due minuti di tranquillità ed una bomboletta: e la visibilità mediatica ottenuta è stata in questo caso molto superiore a quella del nemico, di cui pure ha contribuito ad alleviare l'impaccio.
"Il Giornale della Toscana" prende otto paginette: una e mezzo per le pubblicità, ed almeno due di quotidiani rovelli palloneggianti e pallonistici su dei tizi vestiti di viola e in pantaloncini corti. Il resto fa da megafono all'"occidentalismo" più pedestre.
Nelle grandi occasioni, per esempio quando qualche palloniere viziato e vestito di viola pesta a sangue chi lavora onestamente, la "chiusura" del numero non costa troppa fatica. Altrimenti sono problemi. Ed è qui che, qualche volta, arrivano soccorrevoli sia le verità più ovvie che la mano dell'attivista che si fa un piacere di dar loro incarnazione.
Si noti il titolo, con un pro di cui è più che lecito dubitare che il titolista conosca l'origine latina; la manifestazione geologica che lo segue viene trattata come gli "occidentalisti" trattano qualunque argomento, ovvero come qualcosa per cui si deve pronunciarsi con un reciso favore o con una recisa contrarietà. Come al pallonaio, in tutte le circostanze gli "occidentalisti" non tollerano dubbi o mezze misure, tanto meno se motivate dalla curiosità intellettuale o -peggio che mai- dalla competenza.
Il testo della scritta è semplicissimo e conciso e non fa altro che ricordare al politicame "occidentalista" la poca presa che la sua propaganda ha, ha avuto ed avrà nella città di Firenze. La conclamata mediocrità dimostrata quotidiamente dalla servitù indigena, oggetto quotidiano di un dileggio che si ferma solo davanti alle porte delle redazioni, non costituisce, non ha costituito e non costituirà certo un aiuto in questo senso.
Il testo della scritta è semplicissimo e conciso e non fa altro che ricordare al politicame "occidentalista" la poca presa che la sua propaganda ha, ha avuto ed avrà nella città di Firenze. La conclamata mediocrità dimostrata quotidiamente dalla servitù indigena, oggetto quotidiano di un dileggio che si ferma solo davanti alle porte delle redazioni, non costituisce, non ha costituito e non costituirà certo un aiuto in questo senso.
Lasciamo un momento Casaggì nelle secche in cui è andata finalmente ad incagliarsi per proprio esclusivo demerito, e passiamo invece a ricordare un esempio di comunicazione politica basata sulla discrezione, sull'argomentazione efficace e su affissioni poco invasive e poco fracassone, di cui avemmo modo di trattare nell'aprile del 2010.
Il centro storico di Firenze presenta ancora volantini e manifesti di cui è autrice l'indomabile e fantasiosa scena anarchica locale. Dai manifesti rossi affissi in solidarietà ad alcuni imputati in un processo, gli anarchici chiedevano:
Il centro storico di Firenze presenta ancora volantini e manifesti di cui è autrice l'indomabile e fantasiosa scena anarchica locale. Dai manifesti rossi affissi in solidarietà ad alcuni imputati in un processo, gli anarchici chiedevano:
Di cosa hai terrore?
Di perdere il lavoro col mutuo casa da pagare? O che la casa te la confischino per farci passare sopra l'autostrada, il tav o il ponte sullo Stretto? Di ammalarti e di non riuscire a curarti? Eppure prima dell'inceneritore non ti ammalavi mai... E l'ansia emergenziale e forcaiola dei giornali e dei politici, non ti terrorizza?
No, forse no. Forse hai il terrore delle scritte sui muri, di un concerto in piazza ma senza i permessi, di un volantino o di un corteo. Di uno stabile vuoto se lo occupano illegalmente, della gente che non vuole inceneritori, autostrade, galere; forse hai il terrore dello sberleffo all'autorità, dell'irrisione della politica, di chi sabota lo sfruttamento.
...A Firenze vanno a processo 19 anarchici accusati di "terrorismo" per una serie di azioni dimostrative, cortei non autorizzati, occupazioni. Intanto, politici, sbirri e giornalisti alimentano una campagna ossessiva che trasforma ogni diversità in minaccia, ogni telecamera in un'amica, ogni sovversivo in terrorista.
Chi ti terrorizza davvero?
Per noi terrorista è chi usa il terrore per controllare, reprimere, imporre a tutti i propri meschini interessi.
Terrorista è lo Stato.
In considerazione di tutto questo, auspichiamo nuovamente che Casaggì dichiari chiusa la propria esperienza politica, i cui risultati, irritanti, molesti, bambineschi e sostanzialmente offensivi sono sotto gli occhi di chiunque voglia vederli.
L'aspetto controproducente dell'attività di quei frequentatori di sottoscala dovrebbe da tempo essere finito all'attenzione del "partito" cui Casaggì non si vergogna di fare capo, e che da sempre è, logicamente, rappresentato a Firenze da servitorame capace di exploit anche più avvilenti di questo.
Stanti le consolidate prassi ivi adottate e la discreta sensibilità ai conti da pagare che è lecito attendersi in quello che ha tenuto molto a presentarsi come "partito azienda", non è neppure da escludere che le vicende di Casaggì non si chiudano in modo ancora più vergognoso, a mezzo di qualche perentorio intervento dall'alto.
I responsabili di Casaggì impieghino dunque in maniera costruttiva le loro risorse ed il loro tempo: radunino quanto prima i simpatizzanti e li conducano senza indugio alla Forca.
Intesa come la pizzeria di piazza Alberti.
L'aspetto controproducente dell'attività di quei frequentatori di sottoscala dovrebbe da tempo essere finito all'attenzione del "partito" cui Casaggì non si vergogna di fare capo, e che da sempre è, logicamente, rappresentato a Firenze da servitorame capace di exploit anche più avvilenti di questo.
Stanti le consolidate prassi ivi adottate e la discreta sensibilità ai conti da pagare che è lecito attendersi in quello che ha tenuto molto a presentarsi come "partito azienda", non è neppure da escludere che le vicende di Casaggì non si chiudano in modo ancora più vergognoso, a mezzo di qualche perentorio intervento dall'alto.
I responsabili di Casaggì impieghino dunque in maniera costruttiva le loro risorse ed il loro tempo: radunino quanto prima i simpatizzanti e li conducano senza indugio alla Forca.
Intesa come la pizzeria di piazza Alberti.
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