sabato 28 gennaio 2012

Firenze: molti clienti insoddisfatti degli hotel a quattro stelle



A uno che si chiama Roberto Castelli viene da diversi anni genericamente attribuito uno spiccio paragone tra le strutture repressive dello stato che occupa la penisola italiana ed alberghi di lusso di varia tipologia e classificazione.
Ovviamente, quanti conservano il minimo di discernimento necessario a considerare feccia con la cravatta la feccia con la cravatta, hanno un buon numero di motivi per pensare che la realtà sia leggermente diversa.
Non si hanno motivi, invece, per accanirsi contro i roberto castelli: il loro rappresentare gli interessi, le competenze ed i "valori" della maggioranza dell'elettorato attivo è di una tale fedeltà da meritare di andare esente da ogni critica.

venerdì 27 gennaio 2012

La Giornata della Memoria


Auschwitz (1945?).
Corpi di donne ammassati sul pavimento del Block 11.
Fonte: Holocaust Research Project.

La Giornata della Memoria ricorda essenzialmente la distruzione della judentum europea ed è solitamente occasione per esibizioni retoriche che fanno in più di un caso pensare alla Industria dell'Olocausto teorizzata anni fa da Norman Finkelstein.
In una industria tutto è subordinato a produzione e vendita e ad esse è finalizzato un marketing che nelle campagne pubblicitarie deve ridurre gli aspetti sgradevoli o contraddittori di ogni questione fino a farli diventare invisibili.
Nel caso in esame, questo consiste tra le moltissime altre cose nell'omettere abitualmente di ricordare che ad entrare nel complesso concentrazionario di Auschwitz il 27 gennaio 1945, trovandovi circa settemila prigionieri ancora in vita, furono i soldati dell'Armata Rossa.



Gaza, 2008.
Cinque bambini vittime di un attacco aereo sionista sul campo profughi di Jabalia.
Fonte: Indymedia.

“Prendi dei gattini, dei teneri micetti e mettili dentro una scatola” mi dice Jamal, chirurgo dell’ospedale Al Shifa, il principale di Gaza, mentre un infermiere pone per terra dinnanzi a noi proprio un paio di scatoloni di cartone, coperti di chiazze di sangue. “Sigilla la scatola, quindi con tutto il tuo peso e la tua forza saltaci sopra sino a quando senti scricchiolare gli ossicini, e l’ultimo miagolio soffocato.” Fisso gli scatoloni attonito, il dottore continua “Cerca ora di immaginare cosa accadrebbe subito dopo la diffusione di una scena del genere, la reazione giustamente sdegnata dell’opinione pubblica mondiale, le denunce delle organizzazioni animaliste…” il dottore continua il suo racconto e io non riesco a spostare un attimo gli occhi da quelle scatole poggiate dinnanzi ai miei piedi. “Israele ha rinchiuso centinaia di civili in una scuola come in una scatola, decine di bambini, e poi la schiacciata con tutto il peso delle sue bombe. E quale sono state le reazioni nel mondo? Quasi nulla. Tanto valeva nascere animali, piuttosto che palestinesi, saremmo stati più tutelati.”A questo punto il dottore si china verso una scatola, e me la scoperchia dinnanzi. Dentro ci sono contenuti gli arti mutilati, braccia e gambe, dal ginocchio in giù o interi femori, amputati ai feriti provenienti dalla scuola delle Nazioni Unite Al Fakhura di Jabalia, più di cinquanta finora le vittime. Fingo una telefonata urgente, mi congedo da Jamal, in realtà mi dirigo verso i servizi igienici, mi piego in due e vomito.”

Vittorio Arrigoni, Gaza, 8 gennaio 2011.


A MinimiTermini.

giovedì 26 gennaio 2012

Firenze: le iniziative di Casaggì non piacciono neppure ai cani


Propaganda elettorale "occidentalista", Firenze, primavera 2009.

Firenze. Bianca Maria Giocoli è quella dei mariti delle foibe celebrati dall'annuale passeggiata in compagnia della gioventù "occidentalista".
Ai tempi delle elezioni locali del 2009, scrivevamo a commento della propaganda qui riprodotta:
I casi sono due.
Il primo è che Bianca Maria Giocoli abbia fatto una autovalutazione delle proprie competenze politiche lucidissima e impietosa, il che la renderebbe una rara avis nella schiera vociante e spudorata dell'"occidentalismo" in generale.
Il secondo è che qualche copywriter abbia voluto divertirsi alle sue spalle.
All'inizio del 2012, nonostante i molti stracci volati ed una quotidianità fatta di coltellate alle spalle, risse di anticamera e maldicenze di corridoio -tutte attività in cui gli "occidentalisti" fiorentini trascorrono il tempo che non passano ad allagare di menzogne e di incompetenza tutti gli uffici stampa su cui riescono a mettere le mani- questa autonominata rappresentante della popolazione canina della città di Firenze riveste ancora la sua carica elettiva.
E da questa carica elettiva sottoscrive un comunicato tra i tanti in cui ripercorre la storia delle vicende che ha portato all'intitolazione di uno squallidissimo e trafficato slargo ai su ricordati mariti delle foibe: un'intitolazione che è più un dileggio che un omaggio, avvenuta secondo gli stessi criteri seguiti per ricordare Jan Palach.
Nel comunicato si leggono varie cose, ovviamente tutt'altro che condivisibili; vi si legge anche che
per primi il buon esempio lo devono dare gli organizzatori del corteo di sabato: pulendo i muri della città che hanno deturpato come tutti gli anni con migliaia di manifesti e manifestini che ricordano l’evento.
Bianca Maria Giocoli, a meno che qualcuno non si sia voluto divertire alle sue spalle, si è presentata come elettorato passivo di riferimento dei cani di Firenze.
Quindi possiamo pensare che persino i cani di Firenze gradirebbero che Casaggì pulisse dove Casaggì ha sporcato.
Se consideriamo che la responsabilità delle deiezioni canine ricade solitamente sui padroni, la cosa si presta ad un esercizio satirico dalle potenzialità piuttosto ampie.

domenica 22 gennaio 2012

"...Chi paga? Eh? Ma chi paga? Chi paga? Chi paga...?"



L'aver toccato un tema ricorrente nella propaganda "occidentalista" come la passeggiatina in compagnia che ogni febbraio è a Firenze occasione per serrare i ranghi e per distribuire ai camerazzi cittadini una macedonia di mezze promesse e di sportulae miserabili invita ad accanirsi su qualcun altro dei pochi e repellenti pilastri su cui gli "occidentalisti" basano la loro comunicazione politica.
L'"occidentalismo" propugna istanze sovvertite, abiette e sataniche in cui la volontà cosciente di perseguire il Male è onnipresente ed ha la menzogna come principale orpello. Nella sovversione "occidentalista" uno dei punti ricorrenti è rappresentato dalla deificazione della merce e dei beni materiali, che nella comunicazione politica fanno capolino all'indomani di ogni manifestazione politica di segno non gradito, comunque siano andate le cose. In termini operazionali, le gazzette "occidentaliste" -e presumibilmente il loro pubblico- considerano un vetro rotto come una questione senza paragoni più grave rispetto alla vita di qualcuno, ed il refrain ordinario nella comunicazione politica dei buoni a nulla dell'elettorato passivo è quella dileggiata nel titolo del post.
Si ha solitamente la sensazione che distruggere l'avversario sotto il peso demenziale di una causa civile milionaria sia la massima aspirazione di questa feccia con la cravatta e che rappresenti, in un certo modo di intendere le cose, il vertice dell'azione politica e l'essenza stessa delle competenze del buon amministratore. Il tutto è coerente con la concezione "occidentalista" del denaro come misura di tutto l'esistente, con l'ottica comune che impone di conoscere il prezzo di ogni cosa ed il valore di nessuna. Istanze come queste, si noti, vengono espresse da ben vestiti che dicono di tenere molto alle "radici cristiane" della loro "civiltà".
Il "chi paga" fa parte della propaganda "occidentalista" da tempo immemorabile, ma non sempre la perentorietà dei toni con cui vengono avanzate certe istanze trova un pubblico condiscendente, supino, muto e rassegnato. Prima che l'attuale involuzione riducesse la consapevolezza politica dei sudditi peninsulari a livelli scimmieschi, le disavventure in cui rischiava di incappare chi battesse con eccessiva insistenza su certi tasti erano molto più frequenti e prendevano la forma di risposte spiacevoli -o addirittura dolorose- sotto ogni aspetto.
Il libro Cuori rossi scritto da Cristiano Armati, riporta questo esempio. L'11 marzo 1977 nella bolognese via Mascarella un gendarme di nome Tramontani, poi velocemente assolto e fatto sparire, sparò contro uno studente di medicina che restò ucciso sul colpo.
Al termine della manifestazione le lacrime versate per Francesco Lorusso non impediscono ai commercianti bolognesi di contabilizzare i danni subìti e di inoltrare al comune -che si fa garante della spesa- una richiesta di risarcimento pari a due miliardi di lire. Colpiti dall'entità della somma, alcuni militanti provano a contabilizzare il costo della devastazione. Calcolatrice alla mano, vengono presi in considerazione tutti gli esercizi danneggiati (per un totale che sfiora le trecento vetrine). Per computare la spesa finale, i materiali vengono valutati prendendo in considerazione i prezzi di mercato e alla mano d'opera vengono applicate tariffe sindacali. Il risultato dell'addizione, clamorosamente, non riesce ad andare oltre i venticinque milioni di lire!
I compagni irridono l'ingordigia dei bottegai finendo per sottovalutare la vera forza di una borghesia capace di speculare su ogni cosa, anche sulla morte.

sabato 21 gennaio 2012

I Mariti delle Foibe: un titolo stabile alla Borsa di Firenze


Firenze. I giovani "occidentalisti" perseverano nella maschia battaglia
in difesa della propria
identità
e delle
radici cristiane della "civiltà occidentale".


Alla politica "occidentalista" va riconosciuto un merito enorme: quello di aver rappresentato nel più fedele dei modi lo stato che occupa la penisola italiana e quanti sono orgogliosi di riconoscervisi.
Ai sudditi dello stato che occupa la penisola italiana si adatterebbero bene gli epiteti che i Cosacchi dello Zaporož'e spedirono a Mehmet IV: da molto tempo gli sguatteri di Babilonia, i carrettieri di Macedonia, i birrai di Gerusalemme, i fottitori di capre di Alessandria, i guardiani di porci dell'Alto e Basso Egitto, i maiali d'Armenia, i ladri infami di Podolia, i tartari, i boia di Kam'janec', i più grandi sciocchi di tutto il mondo e degli inferi, gli idioti davanti al nostro Dio, i nipoti del Serpente e piaghe nel nostro pene, i musi di porco, i fondoschiena di giumenta e i cani di macellaio non potevano contare su formazioni politiche che ne rispecchiassero in modo tanto puntuale i "valori" e la visione del mondo. Di questo, agli "occidentalisti" (specie se giovani) va riconosciuto l'indubitabile merito.
Ogni anno alcuni propagandisti dell'"occidentalismo", cui spettano le generose credenziali che abbiamo riassunto in poche righe, organizzano una passeggiata in compagnia nella città di Firenze, attorno ad un caposaldo della propaganda "occidentalista" di cui abbiamo già avuto modo di occuparci, e non certo per dirne bene: su iononstoconoriana.com e iononstoconoriana.blogspot.com abbiamo raccolto molto materiale in proposito, in cui abbiamo dissotterato in parte le radici abiette e menzognere alla base di questa reiterata operazione propagandistica. Ad esso rimandiamo i nostri lettori, che reputiamo ampiamente in grado di capire anche da soli cosa possa succedere a chi aggredisce manu militari un paese confinante: segnaliamo comunque quanto scrivemmo sulla passeggiata in compagnia dello scorso anno, e sui suoi risultati miserabili e rivelatori.
Nel giro di un anno gli "occidentalisti" fiorentini non sono stati in grado neppure di racimolare "ospiti" dal peso specifico maggiore di quelli presenti nel 2011. In materia di peso specifico non va comunque scartata l'ipotesi che Achille Totaro -ospite fisso a queste rassegne della servitù- non sia riuscito ad ingrassare ulteriormente: il fatto rappresenterebbe l'unico elemento inedito di tutta l'operazione.
Dal momento che nella propaganda "occidentalista" non c'è alcun elemento che non abbiamo già segnalato da anni al disprezzo di chi legge, possiamo evidenziarne col dovuto sarcasmo alcune costanti.
Una di queste costanti possiamo evincerla dai comunicati stampa pubblicati sul comune.fi.it: allagare i mass media è la prima delle best practices insegnate agli "occidentalisti" nelle scuolette di partitello: quello che non viene loro insegnato è che si tratta di una practice dotata di qualche effetto collaterale.
Ed uno di questi effetti collaterali è l'ottima memoria dei nuovi media.
Nel 2000 Achille Totaro, che oltre ad essere grasso è anche di Scandicci, invocava l'intitolazione di una strada ai "martiri delle foibe". E' stato accontentato e l'immagine -di fonte "occidentalista"- che pubblicammo a suo tempo testimonia lo squallore sordido e scostante dell'offa che gli è stata riservata.
Arrivata dopo anni di attesa, anch'essi documentati dai piagnistei a mezzo stampa nella cui produzione gli "occidentalisti" hanno maturato intere professionalità.
Ora, l'intero "Occidente" si dibatte in una crisi economica di cui non si vede la fine e della quale si patiscono le conseguenze da molti anni. Un contesto in cui le certezze rimaste sono pochissime, spesso gelosamente custodite.
Una delle certezze potenzialmente in grado di resistere alla crisi possiamo evincerla proprio scorrendo i comunicati stampa dell'"occidentalismo" fiorentino. Almeno dal 2008, ossia da quattro anni, le quotazioni di quelli che Bianca Maria Giocoli chiamò i Mariti delle Foibe sono stabili: quotato genericamente in migliaia, il titolo si è stabilizzato negli ultimi anni a quota trentamila: una cifra che viene ripetuta a cadenze pressoché regolari da piccolissimi mangiaspaghetti di cui intenerisce soprattutto la perentoria pretesa di venir accolti con serietà e compostezza. E chi sghignazza è un terrorista.
A questo punto è evidente che su questa cifra si spuntano non soltanto le armi di ogni confutazione argomentata -la propaganda è sorda per definizione a questo genere di cose- ma perfino gli strali della crisi economica. Quella di quotare in borsa i Mariti delle Foibe rappresenta dunque una possibilità che gli "occidentalisti" dovrebbero prendere in seria considerazione.

venerdì 20 gennaio 2012

A lu vinti di innaru



A lu vinti di innaru na matina,
na curnetta che allegra sona.
Ma d'unni chiuvìu tanta ruvina?
Si vitti na timpesta senza trona,
e gridavanu cu vuci libertina
"A morti tutti li capuriuna!
A morti li capuriuna!"

Franco Battiato, 1993.

giovedì 19 gennaio 2012

Firenze - Progetto Conciatori, sgombero in corso. Addio uso sociale, benvenuta speculazione.


Si riporta da Altracittà, giornale on line della periferia fiorentina.



Progetto Conciatori, sgombero in corso. Addio uso sociale, benvenuta speculazione.

Da questa mattina è in corso lo sgombero dello stabile occupato in via dei Conciatori. Ci sono state cariche e manganellate, mentre alcune persone sono salite sul tetto per tentare una estrema resistenza.
Lo sgombero dà seguito all’ordinanza firmata dal Sindaco Renzi, dopo che mesi fa c’era stata la vendita dell’immobile, al prezzo irrisorio per il centro storico di 1150€ a metro quadrato.
La proposta di autorecupero dell’edificio da parte del ‘Progetto Conciatori’, che da anni svolgeva lì dentro attività culturali e sociali a beneficio del quartiere di Santa Croce, non è mai stata presa in considerazione da parte dell’Amministrazione Comunale.
“Oggi un altro pezzo della Città passa dalla proprietà pubblica a speculazione privata”, hanno detto i Consiglieri comunali Ornella De Zordo e Tommaso Grassi insieme al Consigliere provinciale Andrea Calò, e al Consigliere del Quartiere 1 Marco Sodi, che stamani mattina era presenti allo sgombero.
“Si è avallata un’operazione di speculazione urbanistica senza mai incontrare i soggetti che hanno animato le attività nell’immobile e che a più riprese avevano richiesto almeno un confronto con l’Amministrazione comunale.”
“Con questa operazione la Città perde due volte, si impoverisce di una esperienza di autogestione importante per il tessuto sociale fiorentino e vede una accelerazione verso lo svuotamento del centro storico di funzioni sociali e aggregative fuori dalle vie dello shopping e del consumo.”

mercoledì 18 gennaio 2012

Aisling Byrne - Errori compiuti nella campagna per il rovesciamento del governo in Siria



Aisling Byrne da Asia Times del 5 gennaio 2012, riportato in Conflicts Forum.

"La guerra con l'Iran è già cominciata", ha scritto un importante editorialista israeliano poco tempo fa, descrivendo "l'insieme di operazioni sotto copertura e di pressioni internazionali" messo in atto contro l'Iran.
Nell'articolo non se ne faceva menzione, ma il "vantaggio strategico" della prima mossa in questa guerra contro l'Iran è rappresentato dalla Siria; quella di Siria è la prima campagna nel contesto di un più ampio conflitto per il potere a carattere settario. "Più del collasso della Repubblica Islamica come tale", sembra abbia detto quest'estate il re saudita Abdullah, "nulla indebolirebbe l'Iran più della perdita della Siria"[1].
A dicembre alcuni ufficiali superiori degli Stati Uniti hanno fatto espliciti riferimenti alla loro agenda per un rovesciamento del governo siriano: Tom Donilon, consigliere per la sicurezza nazionale del presidente degli Stati uniti, ha spiegato che "la fine del governo del [presidente Bashar al] Assad rappresenterebbe il peggior scacco per l'Iran in tutta la regione; una sconfitta strategica che renderebbe il bilancio dei poteri nella regione ancora più sfavorevole all'Iran".
Poco prima una figura fondamentale nella traduzione operativa di questi intenti politici, il sottosegretario di stato per il Medio Oriente Jeffrey Feltman, aveva affermato durante un'audizione al congresso che gli Stati Uniti avrebbero "proseguito senza rallentamenti sulla doppia strategia del sostenere l'opposizione e dello strangolare diplomaticamente e finanziariamente il regime [siriano] fino a quando il risultato non sarà raggiunto" [2].
In Siria stiamo assistendo ad una deliberata e pianificata campagna il cui obiettivo è quello di abbattere il governo di Assad e di sostituirlo con uno "più compatibile" con gli interessi statunitensi in Medio oriente.
La traccia seguita per l'iniziativa è rappresentata essenzialmente da una relazione prodotta dal Brookings Institute, un'organizzazione di orientamento neoconservatore, per il rovesciamento del governo iraniano nel 2009. La relazione si intitola Quale strada per la Persia? [3] ed è a tutt'oggi quella che guida l'approccio strategico generale delle iniziative di rovesciamento di governi mediorientali capeggiate dagli Stati uniti.
Rileggerla oggi, insieme alla più recente "Verso una Siria del dopo Assad" [4] -che adotta lo stesso linguaggio e la stessa prospettiva ma è centrata sulla Siria, ed è stata recentemente redatta da due think thank neoconservatori statunitensi- si nota che essa mostra in che modo gli avvenimenti in sira sono stati modellati proprio secondo l'approccio per passi successivi definito in "Quale strada per la Persia?", e con lo stesso obiettivo essenziale che è rappresentato dal rovesciamento del governo.
Tra gli autori di queste relazioni figurano tra gli altri John Hannah e Martin Indyk, entrambi ex funzionari neoconservatori dell'esecutivo Bush-Cheney ed entrambi fautori del rovesciamento del governo siriano [5a] [5b]. Non è questo il primo caso in cui è dato assistere ad una stretta alleanza tra neoconservatori britannici o statunitensi da una parte ed islamici dall'altra (tra i quali, secondo alcune fonti [6], figurerebbero alcuni personaggi legati ad AlQaeda) con l'intento di cooperare per rovesciare il governo di uno stato "nemico".
Ci sono ottime possibilità che la componente più importante in questa lotta per la conquista del "vantaggio strategico" sia stata la deliberata costruzione di una narrativa in larga parte menzognera, che raffigura dimostranti democratici disarmati mentre vengono ammazzati a centinaia e a migliaia mentre protestano pacificamente contro un regime oppressivo e violento, una "macchina per ammazzare" [7] guidata dal "mostro" [8] Assad.
In Libia la NATO ha affermato di non disporre di "attestazioni confermate in merito alla morte di civili" perché, come scritto di recente dal New York Times, "la NATO utilizzava una definizione tutta particolare di 'conferma': veniva intesa come confermata solo una morte sul cui conto le indagini erano svolte dalla NATO stessa, così come la raccolta delle prove". "Dal momento che la NATO ha rifiutato di svolgere indagini su quanto le veniva contestato", ha scritto il Times, "il numero di vittime corrispondente alla definizione adottata non poteva essere diverso da uno zero spaccato" [9].
Nel caso della Siria invece assistiamo a qualcosa di esattamente opposto: la maggioranza delle produzioni mediatiche del mainstream occidentale, insieme a quelle dei mass media che fanno capo agli alleati mediorientali degli Stati Uniti con particolare riferimento ad AlJazeera e al canale televisivo AlArabiya che è di proprietà saudita, stanno fattivamente collaborando alla narrativa favorevole al "regime change" e alla relativa agenda, riportando senza alcun comento e senza alcuna verifica statistiche ed informazioni fornite da organizzazioni e mass media che sono finanziati o detenuti dagli Stati Uniti, dagli europei o dai loro alleati nel Golfo Persico: gli stessi paesi che sono in prima fila nell'istigare i progetti che contemplano il rovesciamento del governo siriano.
Le asserzioni che parlano di "massacri", di "campagne mirate di stupri contro donne e ragazze nelle città a predominanza sunnita" [10] "torture" e perfino "violenze sessuali su bambini" [11] vengono riportate da una stampa internazionale che si basa essenzialmente su due fonti -l'Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, basato nel Regno Unito, ed i Comitati Locali di Coordinamento (LCCs)- e che opera su di esse controlli e verifiche assolutamente minimi.
Invariabilmente nascosta dietro il refrain del "non siamo in grado di verificare questi dati", la mancanza di obiettività nel resoconto dei fatti che caratterizza i mass media del mainstream occidentale è risultata macroscopicamente evidente sin dal primo verificarsi di disordini in Siria. A dieci anni di distanza dalla guerra in Iraq, pare che nessuna delle lezioni del 2003 -dalla demonizzazione di Saddam Hussein alle armi di distruzione di massa che non c'erano- sia stata imparata.
Tutte e tre le principali fonti di tutti i dati sul numero dei manifestanti uccisi e sul numero di partecipanti alle manifestazioni, che sono i pilastri della narrativa sui fatti siriani- sono a vario titolo partecipi dell'alleanza che preme per il rovesciamento del governo.
l'Osservatorio Siriano per i Diritti Umani in particolare sarebbe finanziato attraverso un fondo con sede a Dubai, in cui confluisce denaro dalla varia e dunque dalla negabile provenienza, sia da paesi occidentali che del Golfo. Secondo Elliot Abrams [12] la sola Arabia Saudita avrebbe stanziato centotrenta miliardi di dollari per "calmare le masse" della "primavera araba".
L'Osservatorio Siriano per i Diritti Umani sembra essere un'oscura organizzazione basata nel Regno Unito, ma in realtà ha avuto un ruolo guida nel fornire sostegno alla narrativa dei massacri di migliaia di manifestanti pacifici ad opera di infiltrati, di "fatti appurati" e di altre ed esagerate attestazioni di "massacri" che sono arrivate negli ultimi tempi a parlare di "genocidio".
Nonostante affermi di avere sede nell'abitazione del proprio presidente [13] l'Osservatorio viene descritto come la vetrina di un grosso macchinario propagandistico messo in piedi dall'opposizione siriana e dai suoi sostenitori. Il ministro degli esteri russo si è espresso in modo assai acuto: [14]
"L'agenda del consiglio di transizione [siriano] [viene] definita a Londra dall'Osservatorio Siriano per i Diritti Umani... E' lo stesso luogo in cui vengono realizzate le immagini degli "orrori" siriani destinate a far crescere l'odio contro il governo di Assad".
L'Osservatorio non risulta legamente registrato né come impresa né come opera non lucrativa di utilità sociale nel Regno Unito; esso opera in modo informale. Non ha alcun ufficio, non ha alcuno staff e pare che il suo presidente sia letteralmente sommerso dai finanziamenti.
L'Osservatorio dice di ricevere informazioni da una rete di "attivisti" che operano in Siria; il suo sito web in lingua inglese è costituito in tutto e per tutto da una sola pagina; è invece AlJazeera ad ospitare una pagina con un blog dal vivo che segue minuto per minuto le vicende riferite dall'Osservatorio fin dall'inizio delle proteste [15].
La seconda di queste organizzazioni, i Comitati Locali di Coordinamento (LCCs), rappresenta una parte del complesso mediatico dell'opposizione relativamente più visibile; le figure che mostrano ed i fatti che riferiscono si inseriscono comunque alla steessa maniera nel contesto della suddetta narrativa [16]: passando in rassegna i contenuti diffusi quotidianamente dai Comitati, non si trova il minimo riferimento all'uccisione di insorti armati. A morire sono tutti "martiri", "disertori", persone uccise nel corso di "manifestazioni pacifiche" e via discendo, secondo descrizioni dello stesso genere.
Il terzo elemento è rappresentato da AlJazeera, la cui tendenziosità nel trattare l'argomento "risveglio arabo" è da tempo ben documentata. Secondo la descrizione di un esperto analizzatore dei mass media [17], AlJazeera è "il sofisticato megafono dello stato del Qatar e del suo ambizioso emiro" e che è organica alle "aspirazioni del Qatar in materia di politica estera".
AlJazeera ha fornito [18], e continua a fornire, sostegno tecnico, attrezzature, spazio e "credibilità" agli attivisti ed alle organizzazioni dell'opposizione siriana. Esistono testimonianze che affermano che fin dal marzo 2011 AlJazeera ha cominciato a fornire sostegno tecnico e strumenti per la messaggistica ad attivisti in esilio dell'opposizione siriana [19], che fin da gennaio 2010 stavano coordinando le loro attività di messaggistica da Doha.
Nel corso degli ultimi dieci mesi, e nonostante il battage mediatico pressochè quotidiano, il progetto non è propriamente vicino a raggiungere i propri scopi: un sondaggio di YouGov commissionato dalla Qatar Foundation la scorsa settimana [20] ha mostrato che il 55% dei siriani non vuole che Assad lasci, e che il 68% dei siriani disapprova le sanzioni della Lega Araba da cui è colpito il paese.
Secondo il sondaggio, il sostegno ad Assad è anzi cresciuto rispetto al momento in cui tutto è cominciato: il 46% dei siriani pensa chje Assad sia stato un "buon presidente" per la Siria prima della crisi in corso; un dato che non si adatta davvero alla falsa narrativa che viene ostentata.
Come riecheggiando il successo della stessa campagna propagandistica in cui è inserito il sondaggio, le conclusioni allegate recitano alla fine che
La maggioranza degli arabi crede che il presidente Bashar alAssad dovrebbe dare le dimissioni a causa del brutale trattamento che il regime ha inflitto ai manifestanti... l'81% degli arabi [vuole] che il presidente Assad faccia un passo indietro. Pensano che in Siria le cose andrebbero meglio se vi si tenessero elezioni democratiche sotto la supervisione di un governo di transizione [21].
Si rimane a chiedersi a chi Assad debba rispondere delle proprie azioni: al pubblico siriano o a quello arabo? E' probabile che si tratti di un deliberato confondere le acque, che potrebbe tornare utile perché due dei principali gruppi dell'opposizione siriana hanno affermato [22] che mentre rimangono contrari ad un intervento militare straniero, non considererebbero straniero un intervento militare compiuto da arabi.
Il fatto che nessuno dei quotidiani di primo piano del mainstreame e nessun notiziario televisivo abbiano riportato i risultati del sondaggio di YouGov non è strano: non si adattavano alla loro narrativa.
Nel Regno Unito soltanto Muslim News, un quotidiano mandato avanti da volontari [23], ha pubblicato i risultati del sondaggio. Meno di due settimane prima, immediatamente dopo le esplosioni suicide a Damasco, il Guardian [24] ed altri mass media avevano pubblicato asserzioni sensazionali e non corredate da prove prodotte da bloggers, uno dei quali si diceva "sicuro che alcuni dei corpi... appartenevano a dei manifestanti".
"Hanno messo i corpi prima", affermava il blogger. "Hanno preso i morti da Dera'a [nel sud del paese] e li hanno mostrati ai media a Jisr AlShughour [vicino alla frontiera turca]".
Resconti diventati disponibili negli ultimi tempi hanno posto pesanti dubbi sulla veridicità della falsa narrativa che la stampa internazionale di livello mainstream riporta quotidianamente. Questi dubbi riguardano in modo particolare proprio le informazioni diffuse dall'Osservatorio Siriano per i Diritti Umani e i Comitati.
A dicembre, l'importante gruppo dei servizi segreti statunitensi Stratfor ha avvertito:
"La maggior parte delle asserzioni più serie fatte dall'opposizione [siriana] si sono rivelate esagerazioni grossolane o menzogne pure e semplici... rivelando più l'inconsistenza dell'opposizione che non l'instabilità del regime siriano [25]".
A nove mesi dall'inizio dei disordini, Stratfor ha raccomandato di fare attenzione all'obiettività della narrativa del mainstream sulle vicende siriane: a settembre scorso, esso affermava infatti che "in ogni guerra esistono due parti... la guerra mediatica sul come vengono percepiti i fatti di Siria non costituisce un'eccezione" [26].
Quello che viene riferito dall'Osservatorio Siriano per i Diritti Umani e dai Comitati, "così come quello che viene riferito dal regime siriano, andrebbe considerato con un certo scetticismo", afferma Stratfor; "l'opposizione è consapevole del fatto che le serve un aiuto esterno, in modo particolare dal punto di vista finanziario, se vuole diventare un movimento più forte di quanto non sia adesso. Per arrivare a questo, essa ha ogni interesse a presentare gli avvenimenti sul terreno in modo che essi possano essere utilizzati per ottenere sostegno dall'estero.
Come notato dal ministro degli esteri russo Sergej Lavrov, "E' chiaro che l'obiettivo è quello di provocare una catastrofe umanitaria, in modo da avere il pretesto per pretendere un'intromissione da parte di paesi esteri" [27].
Lo American Conservative scriveva a metà dicembre che
Gli analisti della CIA non nascondono il loro scetticismo nei confronti di questa marcia di avvicinamento alla guerra. Il rapporto alle Nazioni Unite di cui si parla spesso, ed in cui si riferisce di tremilacinquecento civili uccisi dai soldati di Assad, è basato in larga parte su fonti che stanno coi ribelli e non è suffragato da prove. La CIA ha rifiutato di sottoscriverne l'appello.
Allo stesso modo, i racconti di defezioni di massa dall'esercito siriano e quelli che parlano di battaglie tra disertori e lealisti paiono essere dei falsi belli e buoni, perché sono state pochi i casi di defezione che hanno avuto delle conferme da parte di fonti indipendenti. Nelle asserzioni del governo siriano, secondo le quali esso è vittima di attacchi condotti da ribelli armati, addestrati e finanziati da governi stranieri c'è più di vero che di falso [28].
A novembre 2011 l'Esercito per una Siria Libera ha affermato che il numero dei disertori sarebbe più alto ma che, come sono andati spiegando ad un analista, stanno "avvertendo i simpatizzanti di rimandare la diserzione" fino a quando le condizioni generali della situazione non miglioreranno [29].

Una guida pratica per il rovesciamento dei governi
Il terzo capitolo di "Una via per la Persia" tratta della Siria: si tratta di pagine molto rilevanti perché sono praticamente una guida che spiega passo dopo passo come istigare ed appoggiare una sollevazione popolare, come ispirare un'insurrezione e/o istigare un colpo di stato. Del testo fa parte anche una sezione che passa in rassegna i pro ed i contro:
Una insurrezione è spesso più facile da fomentare e da sostenere dall'estero... Fomentare un'insurrezione, notoriamente, richiede un impegno economico poco oneroso... sostenere di nascosto l'insurrezione consentirebbe agli Stati Uniti di poter negare in modo plausibile di averlo fatto, riducendo i contraccolpi sul piano diplomatico e politico... a differenza di quanto avverrebbe se gli Stati uniti si adoperassero per organizzare un'azione militare diretta... Dopo che il governo sarà per alcune volte finito sotto scacco, ci sarà anche il pretesto per agire.
Secondo questa relazione l'intervento militare dovrebbe essere intrapreso solo dopo il fallimento di ogni altra opzione: davanti a questi fallimenti la "comunità internazionale" messa davanti al fatto compiuto riterrebbe che è stato il governo a "tirarsi addosso l'attacco militare" dopo aver rifiutato ogni miglior via d'uscita.
Le questioni fondamentali nell'istigazione di una sollevazione popolare e nella costruzione di una "insurrezione a tutti gli effetti" balzano agli occhi, se si considera l'evolversi degli eventi in Siria.
Questi punti chiave contemplano:
- "Finanziare ed aiutare l'organizzazione dei gruppi interni al paese contrari al governo": per questo si dovranno utilizzare anche i gruppi etnici in cui sia presente "lo scontento".
- "Incrementare le capacità d'azione di opposizioni effettive con le quali lavorare" per "mettere in piedi una leadership alternativa che possa aspirare alla presa del potere".
- Fornire equipaggiamenti e sostegno coperto a questi gruppi, armi comprese, direttamente o indirettamente; fornire ad essi anche "apparati per i fax... per l'accesso ad internet, denaro" (nel caso dell'Iran la relazione affeermava che "la CIA potrebbe occuparsi della maggior parte delle forniture necessarie e dell'addestramento di questi gruppi, come ha fatto per decenni in tutto il mondo").
- Stabilire e rafforzare i canali di comunicazione esistenti tra gli attivisti dell'opposizione.
- Mettere in piedi una narrativa "con il sostegno dei mass media sostenuti dagli Stati Uniti potrebbe mettere in evidenza le sconfitte patite dal regime e - mettere in maggior evidenza voci critiche altrimenti destinate a rimanere in ombra". "Riuscire a screditare il regime agli occhi di personaggi chiave in grado di "fare opinione" è essenziale per la sua caduta".
- Lo stanziamento di grosse cifre per finanziare una costellazione di iniziative guidate dalla società civile (un simile "fondo da settantacinque milioni di dollari", creato quando Condoleeza Rice era segretario di stato, ha finanziato gruppi che agiscono nella società civile, compreso "un gruppo di think tank e di istituzioni di area [che] hanno annunciato nuovi tavoli decisionali per l'Iran" [30].
- La necessità di un corridoio sul terreno, in un paese confinante, per "sostenere lo sviluppo di una infrastruttura a sostegno delle operazioni".
"Al di là di tutto questo", continua la relazione, "la pressione esercitata dagli Stati Uniti a livello economico (e forse anche a livello militare) può screditare il governo, rendendo la popolazione ben disposta nei confronti di una leadership opposta ad esso".
Gli Stati Uniti ed i loro alleati, in particolare la Gran Bretagna [31] e la Francia, hanno finanziato e letteralmente dato forma all'opposizione fin dal principio, basandosi sia sui tentativi intrapresi fin dal 2006 dagli USA per costruire un fronte unitario contro il governo Assad, sia da quello che viene considerato il "successo" del caso del Consiglio Nazionale di Transizione in Libia [32].
Nonostante mesi di tentativi -essenzialmente opera dell'Occidente- passati a cercare di unificare i vari gruppi in un movimento di opposizione unito e capace, esso rimane "un gruppo composito, che rappresenta le divisioni ideologiche, settarie e generazionali del paese".
"Non c'è mai stata, né c'è adesso, alcuna tendenza naturale all'unificazione tra questri gruppi, perché essi appartengono a retroterra ideologici del tutto differenti ed hanno visioni politiche in aperto contrasto tra di loro", ha concluso un analista [33].
Durante un recente incontro con il ministro degli esteri del Regno Unito, i diversi gruppi dell'opposizione non sono riusciti nemmeno a combinare un incontro congiunto con William Hague: i vari gruppi lo hanno incontrato separatamente [34].
Nonostante le manchino coesione, credibilità sul piano interno e legittimazione, l'opposizione, che per la maggior parte si trova sotto l'ombrello del Consiglio Nazionale Siriano (SNC), viene in ogni caso preparata a rivestire cariche pubbliche. Questa preparazione comprende anche il miglioramento delle competenze, come riferito dall'ex ambasciatorie siriano negli Stati uniti Rafiq Juajati, che adesso è passato all'opposizione.
Durante un'incontro riservato a Washington tenutosi a metà dicembre del 2011, Juajati ha confermato che il Dipartimento di Stato americano e lo SWP, l'Istituto Tedesco per gli Affari Internazionali e per la Sicurezza (un think tank che fornisce al governo tedesco analisi su materie di politica estera) stanno finanziando un progetto controllato dall'americano Institute for Peace e dallo SWP tedesco, che stanno lavorando di concerto con il Consiglio Nazionale Siriano per prepararlo ad assumere il potere e a governare la Siria.
In un'intervista recente il leader del Consiglio Nazionale Siriano Burhan Ghaliyoun ha rivelato (come per "velocizzare" la caduta di Assad) [35] quello che ci si aspetta da lui: "Non ci sarà alcuna relazione privilegiata con l'Iran: rompere la relazione privilegiata che attualmente esiste significa rompere l'alleanza militare e strategica" ed ha aggiunto che "dopo la caduta del governo siriano [Hezbollah] non sarà più lo stesso" [36].
Descritta nella rivista Slate come "la più orientata in senso liberale e la più filooccidentale delle sollevazioni che hanno fatto la Primavera Araba" [37], quella dei gruppi siriani di opposizione sembra essere una compagine che corrisponde bene, proprio come i suoi omologhi libici prima della caduta di Gheddafi, a quello che il New York Times ha definito come "un insieme di individui dotati di competenze professionali e di mentalità laica -avvocati, accademici, uomini d'affari- che parlano di democrazia, trasparenza, diritti umani e legalità" [38]. Una cosa che era vera, per la Libia, fino a quando i riflettori del principio di realtà non hanno inquadrato l'ex leader del Gruppo Islamico Combattente di Libia Abdulhakim Belhaj ed i suoi compagni jihadisti.
L'importazione di armi, equipaggiamento e mano d'opera (per lo più dalla Libia) [39] e l'addestramento di cui si sono occupati i governi ed altri gruppi non governativi legati agli Stati Uniti, alla NATO e ai loro alleati nella zona sono cominciati ad aprile-maggio del 2011 [40], stando a quanto affermano varie testimonianze [41], e vengono coordinati dalla base aerea statunitense di Incirlik, nella Turchia meridionale. Da Incirlik un distaccamento specializzato in guerra dell'informazione controlla le comunicazioni con la Siria tramite il Libero Esercito Siriano. Quest'attività di sostegno e copertura continua a tutt'oggi, come ha rivelato un articolo dell'American Conservative di metà dicembre:
Aerei da combattimento della NATO privi di contrassegni stanno arrivando nelle basi militari turche vicine a Iskenderun lungo la frontiera siriana, trasportando armi... e volontari del Consiglio Nazionale di Transizione libico... Ad Iskenderun c'è anche la sede del Libero Esercito Siriano, che è il braccio armato del Consiglio Nazionale. Istruttori delle forze speciali francesi ed inglesi operano sul terreno nell'assistenza ai ribelli, mentre la CIA e gruppi di intervento speciale statunitensi forniscono strumenti di comiunicazione ed opera di intelligence in sostegno della causa dei ribelli, permettendo ai combattenti di evitare i punti in cui più fitta è la presenza di soldati siriani [42].
Lo Washington Post ha scritto nell'aprile 2011 che i materiali rivelati da WikiLeaks in quello stesso periodo mostravano che il Dipartimento di Stato americano aveva finanziato con milioni di dollari vari gruppi siriani in esilio -compreso il Movimento per la Giustizia e per lo Sviluppo con sede a Londra, un'organizzazione vicina ai Fratelli Musulmani- e vari individui singoli fin dal 2006, tramite una "Middle East Partnership Initiative" amministrata da una fondazione statunitense, il Democracy Council [43].
I materiali resi pubblici da WikiLeaks confermano che questi finanziamenti continuavano ancora nel 2010, secondo una tendenza che non soltanto resta in essere a tutt'oggi ma che ha preso ancora maggior campo, nell'ottica di un passaggio all'opzione "morbida" per arrivare all'obiettivo di rovesciare il governo siriano.
Guidata dai neoconservatori, l'istanza favorevole ad un rovesciamento del governo in Siria acquisisce maggior forza presso l'amministrazione statunitense [44] e viene man mano considerata all'ordine del giorno dai principali think tank statunitensi specializzati in politica estera; molti di questi possiedono "tavoli siriani" o "gruppi di lavoro sulla Siria" che cooperano in stretto contatto con i gruppi di opposizione siriana e con singoli individui. Esempi sono l'USIP [45] e la Foundation for the Defence of Democracy [46]. I vari think tank hanno elaborato una vasta gamma di documenti che hanno per tema il rovesciamento del governo siriano.
Nel Regno Unito la Henry Jackson Society, anch'essa di orientamento neoconservatore (che "sostiene sia necessario che gli Stati Uniti, i paesi dell'Unione Europea e le altre potenze democratiche mantengano un esercito forte, capace di intervenire in qualunque parte del mondo" e che ritiene che soltanto "i moderni stati di orientamento liberaldemocratico devono godere di vera legittimazione") sta esercitando pressioni affinché il rovesciamento del governo siriano sia ritenuto una priorità all'ordine del giorno [47].
A questo collaborano personaggi dell'opposizione siriana come Ausama Monajed [48], un tempo leader di un gruppo di oppositori in esilio, e il Movimento per la Giustizia e per lo Sviluppo, collegato ai Fratelli Musulmani, che WikiLeaks afferma essere finanziato dal Dipartimento di Stato statunitense a partire dal 2006.
Monajed fa adesso parte del SNC, manda avanti un'impresa specializzata in pubbliche relazioni [49] da poco fondata a Londra, ed è stato il primo ad utilizzare il vocabolo "genocidio" per definire quello che sta succedendo in Siria, nel corso di un comunicato stampa che il SNC ha emesso poco tempo fa [50].
Fin da quando tutto è cominciato sono state esercitate pressioni significative affinché la Turchia realizzasse un "corridoio umanitario" lungo la sua frontiera meridionale con la Siria. Lo scopo principale, come indicato in "una via per la Persia", è quello di fornire una base cui possano appoggiarsi gli insorti sostenuti dall'estero e da cui essi possano lanciare i loro attacchi.
L'obiettivo di un simile "corridoio umanitario" è umanitario come le quattro settimane di bombardamenti aerei su Sirte che la NATO ha messo a segno esercitando il proprio "dovere di proteggere la popolazione", secondo il mandato approvato al Consiglio di Sicurezza dell'ONU.
Tutto questo non significa che in Siria non esista un'autentica richiesta popolare di cambiamenti, diretta contro un apparato statale repressivo ed ossessionato dalla sicurezza che finisce per dominare ogni aspetto della vita delle persone, né che non siano state commesse in Siria massicce violazioni dei diritti umani, sia da parte delle forze di sicurezza che da parte degli insortì, così come da parte di una misteriosa terza forza che agisce fin dal primo esplodere della crisi, e che comprende insorti [51] che sono per lo più jihadisti, provenienti tra l'altro dall'Iraq e dal Libano ed in epoca più recente anche dalla Libia. Nei conflitti a bassa intensità questi abusi sono inevitabili. Le principali voci critiche nei confronti di questo piano per il rovesciamento del governo promosso da Stati Uniti, Francia, Regno Unito e paesi del Golfo hanno fin da subito invocato comunque la piena responsabilità e la punibilità di quanti abbiano commesso abusi di qualsiasi genere in materia di diritti umani, non importa quanto alti di grado siano gli accusati delle violazioni.
Ibrahim al Amine scrive che alcune persone interne al governo hanno ammesso che "l'intervento delle forze di sicurezza in molti casi ed in molti luoghi ha fatto più danni che altro [e] che alle proteste popolari sono state date le risposte sbagliate... sarebbe stato possibile arginare la situazione mediante misure pratiche chiare e perentorie, per esempio arrestando i responsabili delle torture inflitte a dei bambini di Deraa". Al-Amine sostiene che il pluralismo politico e la fine alla repressione indiscriminata sono questioni vitali ed improcrastinabili [53].
Solo che ad un certo puntole proteste popolari, inizialmente centrate su questioni e su incidenti di livello locale (compreso tra questi il caso dei ragazzi torturati a Deraa dalle forze di sicurezza) sono state rapidamente dirottate da questo progetto strategico di ampia portata per il rovesciamento del governo. Cinque anni fa ero al lavoro nel nord della Siria per conto delle Nazioni Unite, a sovrintendere ad un grosso progetto di sviluppo per le comunità locali.
Dopo gli incontri pomeridiani con le varie comunità succedeva spesso di trovare il mukhabarat (lo spionaggio militare) in attesa che ce ne andassimo dalle stanze, in modo da poter copiare i fogli di appunti che erano rimasti appesi alle pareti. Praticamente tutti gli aspetti della vita quotidiana erano regolati dalla burocrazia del partito Baath e delle forze di sicurezza, sclerotica ed elefantiaca, priva di qualunque caratteristica ideologica che non fossero l'inevitabile corruzione ed il nepotismo che accompagnano i poteri autoritari, e presente praticamente in ogni circostanza della vita delle persone.
Il giorno 20 dicembre 2011 è stato definito "il giorno più sanguinoso dei nove mesi della insurrezione [siriana]". Il 20 dicembre sarebbe avvenuto a Idlib nel nord della Siria, secondo gli esaurienti resoconti della stampa internazionale, il "massacro organizzato" di disertori dell'esercito colpevoli di "defezione in massa".
Il SNC, affermando che vaste aree del paese sarebbero adesso "esposte ad un genocidio su larga scala", ha lamentato "duecentocinquanta eroi, caduti in quarantotto ore", citando testimonianze fornite dall'Osservatorio Siriano per i Diritti Umani [54].
Citando la stessa fonte, The Guardian affermava che l'esercito siriano stava
...Dando la caccia ai disertori dopo che i soldati... aevavano ucciso qualcosa come centocinquanta uomini che avevano abbandonato la loro base". E' saltata fuori la fotografia... di una defezione in massa... per cui le cose sono andate molto male... i soldati lealisti si erano messi nelle posizioni adatte a falciare un gran numero di disertori tra quelli che avevano appena lasciato una base militare. Secondo molte testimonianze, coloro che sono comunque riusciti a fuggire sono stati uccisi più tardi nei rifugi che avevano trovato sulle vicine montagne. L'Osservatorio Siriano per i Diritti Umani pensa che circa cento disertori siano stati messi sotto assedio, e quindi uccisi o feriti. E' verosimile che le truppe regolari abbiano anche ucciso gli appartenenti alla popolazione locale che avevano offerto rifugio ai disertori [55].
Il blog in aggiornamento continuo del Guardian ha citato AVAAZ, un gruppo di difesa civile e di pubbliche relazioni, che "ha affermato che negli scontri erano state uccise 269persone" ed ha citato una conta precisa delle vittime, fornita dallo stesso AVAAZ: "163 rivoluzionari armati, 97 soldati governativi e 9 civili" [56]. Il blog riportava però che l'AVAAZ "non ha fornito nessuna prova a sostegno di quanto affermato".
Lo Washington Post si è limitato a riferire di aver conferito con "un attivista del gruppo AVAAZ [che] sosteneva di avr parlato ad attivisti locali ed a gruppi di intervento medico, che avevano fissato in 269 i morti nella zona per quel martedì [57].
Il problema che il giorno successivo alle prime indicazioni di un massacro verificatosi a spese di disertori in fuga, la storia aveva già iniziato a cambiare. Il 23 dicembre il Telegraph scriveva:
Dapprincipio sono stati ritenuti disertori dell'esercito, che cercavano di oltrepassare il confine con la Turchia per unirsi allo FSA [Libero Esercito Siriano]; oda si dice che fossero civili disarmati ed attivisti politici che stavano cercando di eludere i tentativi dell'esercito di riprendere il controllo della provincia. Secondo i resoconti a disposizione, essi sono stati circondati da soldati e carri armati ed uccisi a colpi di arma da fuoco dal primo all'ultimo [58].
Il Telegraph citava il presidente dell'Osservatorio, che ha descritto la cosa come "un massacro organizzato" e detto che quanto da lui riferito andava a rafforzare le testimonianze giunte da Kfar Obaid: "Le forze di sicurezza avevano i nomi di coloro che hanno organizzato le grandi proteste antigovernative... i soldati poi hanno sparato con i carri, con i razzi e con le mitragliatrici pesanti [e] bombe riempite di chiodi per accrescere il numero delle vittime [59].
Il LA Times ha invece citato un attivista la cui testimonianza era arrivata via satellite e che "dalla sua posizione nascosta nei boschi" aveva detto "La parola massacro è riduttiva, rispetto a quello che è successo". Da parte sua, il governo siriano ha affermato che tra il 19 ed il 20 dicembre erano state uccise "decine" di appartenenti a "bande armate terroristiche" sia a Homs che ad Idlib, e che molte persone ricercate erano state arrestate [60].
Probabilmente non si riuscirà mai a sapere cosa sia successo davvero in queste due "sanguinose" giornate: le cifre citate (tra i dieci ed i centosessantatré insorti armati, tra i nove e i centoundici civili disarmati, da nessuna a novantasette perdite tra i militari lealisti) presentano differenze tanto sostanziali sia nel numero delle persone uccise sia nella loro appartenenza dei campo, che è impossibile stabilire quale sia la verità.
In relazione ad un precedente e presunto "massacro" che sarebbe avvenuto a Homs, un'indagine condotta da Stratfor non ha trovato "alcun segno che un massacro sia avvenuto", ed è giunta alla conclusione che "le forze dell'opposizione hanno interesse a dare ad intendere che sia in atto un massacro, sperando di ripetere le stesse condizioni che hanno aperto la strada ad un intervento militare straniero in Libia"[61].
Nonostante tutto questo, il "massacro" del 19 e del 20 dicembre del 2011 a Idlib è stato riferito come se si trattasse di un fatto accertato, ed è stato ascritto alla narrativa in costruzione sul conto della "macchina da massacro" di Assad.
Sia una recente relazione del Commissario per i Diritti Umani dell'ONU sia una relazione riportata il 13 dicembre 2011 da un blog del Guardian [62] sulle vittime della "sanguinosa insurrezione siriana" (due esempidei tentativi compiuti per stabilire la verità sul numero delle vittime del conflitto siriano) si basano quasi esclusivamente sui dati forniti dall'opposizione: interviste con 233 persone presentate come "disertori dell'esercito" nel caso della relazione dell'ONU, e materiali riferiti dall'Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, dai Comitati e da AlJazeera nel caso dei dati presentati dal Guardian.
Il Guardian riferisce di un totale di 1414,5 persone [sic] uccise, compresi 144 appartenenti alle forze di sicurezza siriane, tra il gennaio ed il novembre del 2011. Basato esclusivamente su fonti giornalistiche, questo prospetto presenta un certo numero di palesi inesattezze (per esempio, fonti in cui il numero di persone uccise in un dato luogo non corrisponde a quello citato nelle fonti originali) ed il totale che esso riferisce comprende anche i 23 siriani uccisi dall'esercito dello stato sionista sulle alture del Golan lo scorso giugno: venticinque persone indicate come "ferite" vengono incluse nel totrale delle persone uccise, dal momento che molte persone figurano come colpite da armi da fuoco.
Il resoconto del Guardian non fa alcuna differenza tra le uccisioni di insorti armati nel corso dei dieci mesi presi in esame: tutte le vittime sono indicate come "manifestanti", "civili" o "persone" in generale, con l'eccezione dei 144 appartenenti alle forze di sicurezza.
Il settanta per cento delle fonti utilizzate per il resoconto viene dall'Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, dai Comitati e da "attivisti" in generale; il trentotto per cento del materiale stampato proviene da AlJazeera, il tre per cento da Amnesty International e l'uno e mezzo per cento da fonti ufficiali del governo siriano.
In risposta al resoconto redatto dal Commissario dell'ONU, l'ambasciatore della Siria alle Nazioni Unite ha detto: "E come potrebbero dei disertori fornire una qualche testimonianza positiva sul conto del governo siriano? E' ovvio che essi si esprimano negativamente: sono dei disertori".
Nel tentativo di gonfiare i dati sulle vittime, il gruppo di attivisti specializzato in pubbliche relazioin AVAAZ è riuscito a superare -e di molto- le stesse nazioni Unite. AVAAZ ha pubblicamente affermato di essere coinvolto nel "portare clandestinamente gli attivisti... fuori dal paese" gestendo "case segrete che possono fungere da rifugi sicuri... per gli attivisti più importanti ricercati dagli sgherri del regime"; un "giornalista-cittadino appartenente ad AVAAZ" invece "[ha] scoperto una fossa comune" [63].
AVAAZ afferma con orgoglio che la BBC e la CNN hanno detto che i dati forniti da AVAAZ costituiscono circa il trenta per cento delle notizie che essi trasmettono sugli avvenimenti in Siria. Il Guardian ha riferito l'ultima asserzione di AVAAZ, quella di essere in possesso delle "prove" dell'uccisione di qualcosa come seimiladuecento persone, compresi soldati delle forze di sicurezza e quattrocento bambini, e che seicentodiciassette di queste vittime sarebbero morte per tortura [64].
La pretesa di AVAAZ di aver verificato ogni singola morte con la conferma di tre persone "tra le quali un parente ed un religioso che si è occupato del corpo" è del tutto improbabile.
L'uccisione di un generale di brigata e dei suoi bambini nell'aprile del 2011 a Homs mostra quanto sia praticamente impossibile, soprattutto quando è in corso un conflitto di tipo settario, fare riscontri sulle vittime una per una. In questo caso si trattava di un uomo e dei suoi bambini.
Il generale, probabilmente Abdu Tallawi, è stato ucciso con i figli e con un nipote mentre passava attraverso un quartiere in cui erano in corso dei disordini.
Esistono due versioni dei fatti su quello che può essere successo a lui ed alla sua famiglia, che divergono circa l'appartenenza settaria delle vittime.
I lealisti dicono che il genrale è stato ucciso da takfiri, islamisti intransigenti che accusano di apostasia tutti gli altri musulmani, perché apparteneva alla setta alawita. I contestatori invece dicono che apparteneva alla famiglia Tallawi di Homs e che è stato ucciso dalle stesse forze di sicurezza, per accusare del fatto gli oppositori e distruggere la loro reputazione. C'è anche chi sostiene che sia stato ucciso perché si era rifiutato di sparare sui manifestanti.
Questa terza versione dei fatti è passata sotto silenzio a causa della polarizzazione estrema delle opinioni che esiste in città [a Homs]. il generale di brigata è stato ucciso perché si trovava in un veicolo militare, nonostante avesse i propri figli con sé. A chiunque lo abbia ucciso non interessava la sua confessione religiosa, ma assestare un colpo al governo peggiorando ulteriormente la situazione, cosa che avrebbe condotto il movimento di protesta a scontrarsi violentemente con lo stato [65].

domenica 15 gennaio 2012

Una lettrice ci scrive



Da: xxxx@xxxx.xx
A: info@iononstoconoriana.com
Oggetto: Ossesione turca/G. Ricci

Dal momento che debbo dedicarmi a questo volume,ho deciso di curiosare in rete,
cercando informazioni riguardo il medesimo,e trovandovi cio' che supponevo vi
fosse-.Ma,perche' difendere coloro i quali,allorquando passa loro di fronte
una donna o una giovanetta di aspetto piacevole e vestita in maniera provocante,
non si limitano a guardarla e a puntarla come setter-da cui il nome della razza-
ma la giudicano pure ,scusate,come fosse una mignotta?Perche' tirare in ballo
fatti antichi-tutti conosciamo quanto,per cultura e civilta' d' usi,ci hanno
dato gli arabi-quando,attualmente,ci troviamo di fronte alla barbarie e ad un'
accettazione,difficile da tollerare per me,che sono di sinistra,da parte
proprio di donne di sinistra,di "civilta''" oramai retrograde,razziste?Eh,si',
poiche' bisogna dirlo,se la Fallaci era una conservatrice del cavolo,non e' che
gli arabi e i musulmani siano,in tal senso,delle eccezioni.Se poi mi chiedeste
dell' aborto,io non saprei che dire , a parte il fatto che ognuno di noi e'
differente,e non tutti possono permettersi di averli,un figlio.No,non e'
eugenetica :voi avete visto queste persone le quali vengono in Italia,le avete
guardate bene?Fra di esse NON CI SONO;CHE RARAMENTE;DISABILI : logico poi,che
vengono assunti prima di noi.No,non dite che ci sono lavori che un italiano non
farebbe...ci sono lavori che un italiano-magari solo,magari cagionevole di
salute,potrebbe svolgere solo con minor resa,e anche se fosse un olimpionico,
con una paga miserrima.Intendiamoci,il fascino di quei luoghi,percepirlo non e'
raro: la opere d' arte site in Turchia sono bellissime,le moschee mirabili per
architettura nonche' per il fatto di essere ,appunto,arabescate, senza l' uso
di alcuna figura ne' d' animale ne' d 'uomo.Con risultati eccezionali.Peccato,
pero',che dalla bellezza dei luoghi come di tutti i monumenti sacri,le donne
siano escluse...certo,non nella moderna Turchia,o in Tunisia,o in Egitto
(laddove,ora,misa hanno altro a cui pensare tutti,maschi e femmine),ma,in
genere,nei Paesi Arabi non e' che una esce e se ne va' libera di recarsi dove
vuole .Con questo non voglio elogiare sperticatamente la mia Italia e le sue
usanze...ma e' proprio perche' questa ultime sono,talora retrive.E allora,
vedete,non ho paura dei musulmani o di tutte le razze dalle idee antiquate,no.
Le eliminerei proprio.Invece,cari miei,siamo noi europei-tante razze mescolate
ma una sola Cultura-a dover soccombere.E',soprattutto.la nostra Italia con i
suoi pregi,la cultura che e' amore per il bello,per la letteratura,la musica,a
dover scomparire.Fagocitata dal mondo Protestanta-utilitaristico.Sino a che
saremo fregati tutti.A meno di non ridiventere nazisti,ricominciare a
selezionare,abbattere,cacciare...ma forse e' meglio di no.Non credete?Meglio
evitare di andare incontro alle culture diverse,o,meglio,altre.Soccorrere la
persona,bisogna,non avallare la sua religione,i suoi modi di vita.E non
offendere i bambini,mai...ma controllare pure se,su di essi,all' interno di
queste nuove,belle etnie,si compiano atroci soprusi.Osservando,soprattutto,le
bambine.Perche',se non si agira' in maniera oculata,ad essere infibulate,
trattate come esseri inferiori,saranno le nostre nipoti.


sabato 14 gennaio 2012

La Repubblica Islamica dell'Iran: un "isolamento diplomatico" che esiste solo sui mass media "occidentali"


L'arrivo della delegazione iraniana in Venezuela.

Il presidente della Repubblica Islamica dell'Iran Mahmoud Ahmadinejad si è recato nel gennaio 2012 in visita ufficiale in vari paesi dell'America del Sud, visitando il Venezuela, Cuba, l'Ecuador ed il Nicaragua ricevuto da compagini governative e da leader mondiali della lotta all'imperialismo. Nel corso delle visite ufficiali sono stati stretti o rinnovato accordi economici e politici: "i vostri paesi non saranno più il cortile di casa dell'imperialismo nordamericano", ha detto Ahmadinejad a Quito pochi giorni dopo aver trattato con un pizzico di scherno i mass media "occidentali".
Come tutte le attività presidenziali, anche questa serie di visite diplomatiche ai massimi livelli è rendicontata sul sito della Presidenza della Repubblica, dal quale abbiamo tratto tutte le immagini.
Le immagini sono poco appetibili per le gazzette "occidentali" per due motivi, il più importante dei quali è che tutte le donne ritratte vi compaiono compostamente vestite.
L'altro motivo è che le stesse gazzette sono in blocco occupate a statuire che la Repubblica Islamica dell'Iran, un paese che esporta tecnologie e know how in mezzo mondo, si trova in condizioni di assoluto isolamento diplomatico.
E' essenzialmente il loro servire da confutazione alla mendacia cialtrona ed abituale delle gazzette a rendere interessanti le attività della Presidenza della Repubblica Islamica dell'Iran, che non si discosterebbero altrimenti in nessun particolare dagli usi e dalla routine della diplomazia.
Resta ancora una volta da chiedersi fino a quando sarà concesso ai mass media "occidentali" di autodefinirsi liberi ed imparziali (e magari anche obiettivi, documentati e professionali) senza che la pubblica attestazione di questa pretesa inizi ad essere accolta con un disprezzo esplicito, gelido e scostante.

Con la comunità iraniana in Venezuela.

Conferenza stampa con Rafael Correa.

Mahmoud Ahmadinejad con Daniel Ortega.

L'arrivo a Cuba.

Con Fidel Castro.

giovedì 12 gennaio 2012

Seyyed Mohamed Marandi - Un giro d'orizzonte. Un punto di vista iraniano sul futuro del Medio Oriente


Paesaggio nella regione di Uramanat, Kordestan, Repubblica Islamica dell'Iran.


Seyyed Mohamed Marandi per Conflicts Forum, dicembre 2011.

Quasi un anno fa, il 4 febbraio 2011, in un sermone alla preghiera del venerdì che ha lasciato il segno, l'Ayatollah Khamenei ha parlato a lungo in lingua araba sulle insurrezioni in Tunisia ed in Egitto. All'epoca il popolo egiziano si era riversato nelle piazze tentando di rovesciare Hosni Mubarak, il dittatore sostenuto dall'Occidente. Nel suo discorso, dopo aver espresso apprezzamento per il popolo tunisino, l'Ayatollah Khamenei parlò di come Mubarak avesse umiliato l'Egitto comportandosi da servo degli americani e da alleato dei sionisti. Ricordò anche l'acuto dolore provato dagli egiziani quando Mubarak aiutò a mettere in atto l'inumano assedio di Gaza imposto dagli occidentali, e di come il suo governo avesse operato in perfetto accordo con Israele e con gli Stati Uniti nel corso dei ventidue giorni di massacri contro le donne, gli uomini e i bambini alla fine del 2008.
L'Ayatollah Khamenei continuò il suo discorso ricordando la storia e le tradizioni intellettuali dell'Egitto, che hanno conferito al paese un'importanza senza paragoni all'interno del mondo arabo. Dopo averlo inquadrato in questo contesto, descrisse il movimento popolare che si stava sviluppando in Egitto come qualcosa che era sia islamico sia rivendicatore di libertà, qualcosa che aveva le potenzialità per esercitare un impatto significativo sulla realtà mediorientale. Sottolineando il fatto che le insurrezioni in Tunisia ed in Egitto mostravano tratti paralleli alla rivoluzione iraniana avvenuta oltre trent'anni fa, evidenziò anche il fatto che i contesti in cui questo è successo non sono perfettamente identici; ciascuno è unico perché determinato da condizioni geografiche, storiche, politiche e culturali differenti. Asserire che l'Iran stesse tentando di esportare la propria ideologia o il proprio modello di governo in Egitto, disse, significa tentare disonestamente di mantenere divisi i popoli del Medio Oriente. Khamenei proseguì poi ricordando che gli Stati uniti avevano riconosciuto l'impossibilità di mantenere al potere i loro fantocci, e che avrebbero tentato di "far saltare il banco" per mantenere la loro egemonia; un motivo per non fidarsene [1].
L'Occidente e parte dei media arabi risposero al discorso dell'Ayatollah Khamenei con aspre critiche. I commentatori attaccarono l'idea che i movimenti popolari in atto rappresentassero un "risveglio islamico", affermando che essi non avevano nulla a che vedere con la religione. Tutti in coro statuirono che si trattava di una "primavera araba": i rivoluzionari stavano cercando di imporre delle democrazie liberali di tipo laico, non di far proprio un ordinamento "teocratico". Eppure il passare del tempo ha reso chiaro che i politici occidentali, i media occidentali e la maggior parte degli "esperti" in Occidente, che già non erano riusciti a prevedere lo scatenarsi delle rivoluzioni, non erano stati in grado neppure di comporendere nei termini corretti la situazione in Egitto, o di interpretare correttamente le realtà della regione circostante.
Eccoli adesso arricciare il naso davanti al risultato della prima tornata delle elezioni parlamentari in Egitto, con la coalizione Libertà e Giustizia dei Fratelli Musulmani e con il Nour dei salafiti che messe insieme hanno totalizzato più dei due terzi dei voti nonostante il voto avesse riguardato località che non vengono per lo più considerate delle roccaforti dei religiosi [2]. E' già chiaro quale orientamento la compagine elettiva che emergerà da queste consultazioni darà al processo di elaborazione di una bozza costituzionale per l'Egitto, se appena le sarà consentito di farlo da parte dei militari del paese che sono sostenuti dagli Stati Uniti.
Gli "esperti" di Medio Oriente occidentali o filooccidentali che si erano detti tanto sicuri che le insurrezioni avessero un carattere laico, adesso stanno annaspando tentando di trovare una chiave di lettura per gli eventi che man mano si verificano. Alcuni ostentano sicurezza, esprimendo la propria speranza che nel giro di pochi anni i partiti islamici cadranno e che gli elettori si rivolgeranno ai partiti liberali di tipo occidentale: come se in Medio Oriente non si sapesse bene chi è stato a sostenere -e chi continua a sostenere- le dittature arabe. Pare non siano capaci di riconoscere che la crisi sociale ed economica che sta travolgendo l'Europa e gli Stati Uniti ha già levato seri interrogativi sulla natura e sul futuro del capitalismo liberale, soprattutto in Medio Oriente ed in altre regioni non occidentali del mondo.
La difficoltà che le élites occidentali incontrano nel comprendere la realtà mediorientale si inaspriscono perché i loro punti di riferimento nella regione sono di norma le locali élites laiche: gente ricca e di cultura occidentale, oppure intellettuali musulmani filooccidentali. Gli occidentali nel loro insieme non riescono a capire che gente del genere non è affatto rappresentativa della società in cui vive. La maggior parte degli egiziani è religiosa, così come la maggior parte degli iraniani. Se quanto successo in Iran può costituire un buon predittore, è probabile che ad un certo punto i Fratelli Musulmani si dividano in due o più partiti, ognuno dei quali elaborerà una propria idea su come la società dovrebbe essere plasmata in competizione con le idee elaborate dagli altri. I partiti di ispirazione religiosa saranno probabilmente le forze dominanti nella politica egiziana per molti anni a venire, non solo per una o due tornate elettorali.
Se i Fratelli Musulmani non riusciranno a venire incontro alle aspettative espresse dal popolo nei prossimi mesi e nei prossimi anni saranno i salafiti a trarne vantaggio e ad estendere la loro influenza in Egitto, non certo i liberali laici di ispirazione occidentale. Il buon risultato elettorale dei salafiti ed i generosi aiuti che provengono loro dall'estero li metteranno in condizioni di sostenere, in un futuro non troppo lontano, che è giunta l'ora che il "vero Islam" venga in soccorso del paese. Ecco una cosa per cui i paesi occidentali dovrebbero provare seria preoccupazione, perché l'ideologia dei gruppi salafiti ha molto in comune con quella dei talebani e di AlQaeda. Ovviamente americani ed europei non possono lamentarsi dell'intolleranza religiosa mostrata dai salafiti o del fatto che la loro ascesa al potere sia sostenuta dall'estero, perché i salafiti vengono finanziati generosamente dai più stretti alleati di cui l'Occidente disponga nella regione. Per motivi strettamente connessi alla loro stessa sopravvivenza, l'Arabia Saudita ed altre dittature arabe nei paesi del Golfo stanno finanziando gruppi estremisti di questo tipo in tutto il mondo arabo ed anche al di fuori di esso. Negli ultimi trent'anni questi gruppi hanno minato alla base la società in estese zone del Pakistan e dell'Afghanistan, stabilendo un clima di intolleranza ed alterando in modo sostanziale le culture locali.
In altre parole, con buona pace degli strali diretti contro le osservazioni che l'Ayatollah Khamenei espresse un anno fa, pare proprio che ci si trovi al cospetto di quelle che sono le manifestazioni di un Risveglio Islamico. Agli ultimi avvenimenti hanno portato il loro contributo numerosi fattori come l'ingiustizia, le disparità sociali, il dispotismo e la dominazione occidentale, ma questo non contraddice affatto l'idea di un risveglio di questo genere. Tutti coloro che non hanno chiuso gli occhi davanti alle realtà hanno colto chiari segni di un risveglio islamico nel prevalere degli slogan islamici e nel ruolo che hanno assunto le moschee e la preghiera del venerdì. E' significativo che l'espressione "Risveglio Islamico" sia stata usata circa duecento volte dall'Ayatollah Khamenei nei discorsi che ha tenuto in qualità di guida suprema nel corso degli ultimi due decenni [3]. Khamenei ha più volte affermato che i movimenti islamici sono in pieno rigoglio e che il Medio Oriente sta andando incontro a grandi cambiamenti che sono, per la maggior parte, in stridente contrasto con gli interessi occidentali.
A differenza dell'Occidente, la leadership iraniana come altre nella stessa regione avevano previsto eventi simili da molti anni e si sono trovate in condizioni di preparazione migliori di quelle degli europei e degli statunitensi quando è venuto il momento di fare i conti con queste realtà [4].
La Repubblica Islamica sta rafforzando con rapidità le proprie relazioni con le realtà politiche in ascesa in tutto il Medio Oriente. Recentemente ha organizzato la Prima Conferenza Internazionale sul Risveglio Islamico, cui hanno preso parte più di settecento partecipanti in rappresentanza di una rosa di movimenti mediorientali di primaria importanza. Nel discorso di introduzione alla conferenza, l'Ayatollah Khamenei ha presentato ai partecipanti quelli che pensa siano i principi e gli slogan delle rivoluzioni in atto: indipendenza, libertà, giustizia sociale, opposizione al dispotismo ed al colonialismo, il rifiuto delle discriminazioni etniche, razziali o religiose, ed il rifiuto esplicito del sionismo. Ha detto che si tratta di valori islamici, basati sul Corano [5].
Agli occhi di molti iraniani questi straordinari mutamenti in Medio Oriente ed in Nord Africa, uniti al ritiro forzato dell'America dall'Iraq, alla sua inevitabile sconfitta in Afghanistan, al sensibile declino sociale ed economico dell'Occidente e all'emergere di nuovi paesi in grado di giocare un ruolo sul piano internazionale come la Cina, l'India, il Brasile, la Russia ed il Sud Africa, condurranno alla fine ad un rapido declino dell'influenza americana ed europea sia a lilvello regionale che a livello mondiale.
Dal punto di vista iraniano, questo fatto costituisce una spiegazione almeno parziale del perché gli Stati uniti e l'Unione Europea compiono adesso tentativi tanto espliciti quanto infruttuosi di infliggere gravi danni alla popolazione comune, che dovrebbe venir "stritolata" dalle loro sanzioni [6]. Mentre in passato era chiaro che l'obiettivo delle sanzioni era quello di infliggere sofferenza all'iraniano medio, cosa documentata anche dai documenti di Wikileaks [7], pur mettendo in atto un ipocrita tentativo di presentare azioni del genere come dettate da senso di umanità e dirette in realtà contro il governo. Adesso, il continuo e palese invito ad assassinare ed uccidere gli scienziati, gli ufficiali ed i politici iraniani e a lanciare attacchi militari contro il paese rivela il persistere di una mentalità disturbata in molti esponenti della élite politica occidentale in genere e statunitense in particolare. Il recente rigurgito di accuse assurde rivolte all'Iran dagli Stati uniti, come il presunto complotto contro l'ambasciatore saudita a Washington [8], la relazione della AIEA riesumata e presentata nuovamente da un suo direttore generale estremamente tendenzioso [9], gli attacchi informatici, il tentativo di imporre sanzioni alla banca centrale iraniana che politici come Ron Paul considerano atti di guerra veri e propri [10], stanno facendo sì che molte persone in Iran siano arrivate alla conclusione che gli Stati uniti si stiano comportando in modo troppo irrazionale perchè con essi si possa intavolare una qualche forma di dialogo significativo.
Il ministro degli esteri russo ha affermato che la relazione della AIEA "aveva l'esplicito obiettivo di condurre in ogni caso ad un verdetto di colpevolezza" [11], nonostante il fatto che -come peraltro specificato altrove dal viceministro degli esteri dello stesso paese- non esista alcuna prova di alcun genere che dimostri che il programma nucleare iraniano è diretto a scopi che non siano pacifici [12]. Ecco per quale motivo, contrariamente alla versione dei fatti che impera sui mass media occidentali, la maggior parte della "comunità internazionale" [13] come i centoventi paesi che fanno parte del Movimento dei Paesi non Allineati, hanno tangibilmente sostenuto la presa di posizione della Repubblica Islamica in merito al proprio programma nucleare [14].
Gli iraniani ricordano bene la doppiezza del governo americano quando il presidente Lula tentò di trovare una soluzione diplomatica al problema del rifornimento del reattore a scopi scientifici di Tehran. Questo reattore produce ogni anno isotopi ad uso medico per centinaia di migliaia di pazienti che stanno morendo di cancro e stava per esaurire il combustibile nucleare. I governi occidentali impedivano che venisse rifornito per esercitare pressioni sull'Iran, ma di fatto prendendosi gioco della vita di persone innocenti [15]. Nell'aprile del 2010 Obama inviò delle lettere ufficiali al presidente brasiliano e al Primo Ministro turco, con le quali stabiliva le condizioni che avrebbero dovuto essere rispettate perché gli Stati Uniti si dichiarassero favorevoli all'accordo. Quando le condizioni furono soddisfatte e Lula, Ahmadinejad ed Erdogan firmarono la Dichiarazione di Tehran, Obama li gelò respingendo la dichiarazione e premendo perché il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite inasprisse le sanzioni contro Tehran. Obama non soltanto mentì al leader brasiliano e a quello turco umiliandoli pubblicamente, ma più tardi venne fuori anche che le lettere ufficiali che aveva inviato loro erano state redatte con la precisa intenzione di ingannare sia il Brasile sia la Turchia [16].
Alla storia non c'è voluto molto per ripetersi. Già nel luglio 2001 i russi avevano avanzato una nuova proposta "passo dopo passo" per risolvere la questione del nucleare. Ufficiali superiori russi informarono i loro colleghi iraniani del fatto che la proposta godeva del sostegno degli Stati uniti e nonostante tutte le riserve gli iraniani si dichiararono in linea di principio d'accordo con il piano [17]. Tempo dopo divenne chiaro agli iraniani che gli americani avevano ingannato anche i russi e che non avevano davvero accettato la proposta avanzata da loro [18]. E' il comportamento concreto degli americani che autorizza gli iraniani a pensare che il vero obiettivo degli Stati Uniti sia quello di non risolvere la questione nucleare, e che il problema vero che gli Stati Uniti hanno con l'Iran sta nell'opposizione e nella resistenza che l'Iran esercita contro l'egemonia americana. Al contrario di quanto si va asserendo in Occidente, Obama non ha mai seriamente tentato di rapportarsi con gli iraniani sulla base del reciproco rispetto [19].
Agli iraniani non sfugge l'ironia del fatto che tocca loro di sopportare tornate intere di sanzioni, nonostante non abbiano mai prodotto armi di distruzione di massa. I paesi che hanno fatto pressione per le sanzioni, ossia gli Stati Uniti, il Regno Unito, la Francia e la Germania, hanno invece concretamente aiutato Saddam Hussein a munirsi di armi di questo genere, da usare contro i civili e contro i combattenti iraniani, così come contro lo stesso popolo iracheno. In altre parole, questi stessi paesi sono profondamente coinvolti in crimini contro l'umanità; hanno reso la loro complicità ancora più grave impedendo che il Consiglio di Sicurezza si azzardasse anche solo ad affermare che l'Iraq aveva usato armi del genere, figuriamoci poi esprimere una condanna. Al contrario l'Iran, nonostante ne fosse capace, ha sempre rifiutato di produrre o di utilizzare armi del genere. A tutt'oggi la Repubblica Islamica dell'Iran non ha mai prodotto armi chimiche, perché le considera disumane. I veterani di guerra ed i civili in Iran continuano ancora oggi a morire a causa delle armi di distruzione di massa che l'Occidente ha fornito a quello che era il governo iracheno, il minimo che si possa dire è che gli iraniani accolgono con rabbia i continui tentativi compiuti dagli stessi governi di strangolare l'economia del loro paese.
Più di recente la straordinaria cattura del drone stealth americano effettuata dalle forze armate iraniane non soltanto ha rivelato fino a che punto arrivino le capacità militari iraniane, ma ha anche mostrato fino a che punto arrivi l'ostilità statunitense contro l'Iran e l'aperto disprezzo con cui gli Stati Uniti considerano il diritto internazionale, compresa la stessa sovranità nazionale dell'Afghanistan [20]. Gli iraniani si chiedono a cosa serva dialogare con gli Stati Uniti, quando gli Stati uniti si dimostrano così scopertamente ostili e non devono rendere conto a nessuno potendo agire nella più totale impunità.
In Iran molti sono convinti che in buona misura anche la popolazione siriana sia diventata obiettivo di sanzioni e di intromissioni straniere a causa dell'eccezionale odio che l'Occidente prova nei confronti della Repubblica Islamica. In altre parole, i siriani dovrebbero smettere di tirare avanti con la loro vita perchè il loro governo, così come quello iraniano, si oppone alle politiche di apartheid perseguite dal governo dello stato sionista. Fin quasi dall'inizio dei disordini in Siria in Iran si sapeva che in essi erano coinvolti degli attori esterni nonostante tutti giurassero il contrario, dai governi dei paesi arabi del Golfo alla Turchia ai paesi occidentali. Col passare del tempo la cosa è divenuta anche più chiara, nonostante la propaganda massmediatica incessante [21] che sosteneva che si trattava semplicemente della lotta tra manifestanti disarmati da una parte e l'esercito e i servizi segreti siriani dall'altra [22]. Adesso i despoti della Lega Araba hanno perfino difficoltà a costringere i loro stessi osservatori in Siria ad attenersi alla linea ufficiale mentre un sondaggio finanziato dal Qatar, i cui risultati sono stati messi sottotraccia e completamente ignorati dai mass media occidentali, ha rivelato che la maggioranza dei siriani sostiene davvero il presidente Bashar Assad [23].
Non c'è alcun dubbio sul fatto che un'alleanza antisiriana composta da paesi stranieri abbia organizzato delle formazioni armate, i devastanti attacchi suicidi e con le autobomba e sia in sostanza responsabile delle molte morti -compresi i molti omicidi settari che i mass media occidentali ignorano- che sono il risultato di tutto questo. Quando gli americani e i mass media occidentali parlano di brutalità del regime siriano e sciorinano i dati sulle morti privi di qualsiasi riscontro presentati dalle organizzazioni non governative siriane finanziate dagli stessi occidentali [24], farebbero piuttosto meglio a ricordare quante decine, se non centinaia di migliaia di innocenti in Iraq sono stati uccisi durante la rivolta contro l'occupazione americana. L'uccisione di civili in Afghanistan è all'ordine del giorno, esattamente come gli attacchi compiuti con i droni in altri paesi, primo tra tutti l'Afghanistan; ma ovviamente se ne parla come se fossero delle tragiche fatalità.
Gli iraniani credono che il presidente siriano dovrebbe avere almeno una possibilità di portare in fondo le riforme promesse, se non fosse che fin da subito i governi occidentali ed i paesi arabi dispotici sono stati chiarissimi sul fatto che finché Bashar Assad sarà presidente nessun tentativo riformatore dovrà essere coronato da successo. E' per questo che hanno cercato di surclassare l'opposizione interna, legittima, con una esterna che sostiene l'intervento militare occidentale [25]. La Repubblica Islamica dell'Iran ha espresso le proprie critiche in merito ai maltrattamenti inflitti dalle forze di sicurezza siriane ai manifestanti pacifici e che protestavano legittimamente; gli iraniani sapevano che a differenza di altri regimi arabi il presidente Assad aveva e continua ad avere un sostegno popolare significativo. La sua fermezza contro il regime sionista, il suo sostegno ai gruppi resistenti e il fatto che a differenza di altri leader arabi Assad mantenga un tenore di vita relativamente normale gli conferisce molta più credibilità per l'uomo della strada di quanto non succeda per i governanti sauditi, giordani, del Bahrein, yemeniti o egiziani [26]. In più occasioni negli ultimi mesi folle enormi hanno invaso le piazze in dimostrazioni simultanee filo-Assad nelle più grandi città siriane; al contrario, nessuno dei despoti arabi -compresi coloro che si presentano come diretti antagonisti di Assad- è mai stato in grado di accattivarsi pubbliche attestazioni di sostegno di questa portata. In Iran si è anche convinti del fatto che la principale ragione del fatto che alla Siria siano state imposte sanzioni tanto aspre sia proprio questa: le sanzioni non hanno altro scopo che quello di colpire la popolazione in generale e di spargervi il malcontento. Gli avversari esteri del presidente Assad ammettono il fatto che egli gode di un significativo sostegno popolare: allora, occorre punire il popolo siriano affinché questo sostegno diminuisca.
La stessa cosa succede a Gaza ed in Iran: l'obiettivo è quello di punire il popolo, colpevole di sostenere forze politiche che sono critiche nei confronti dell'Occidente. Nel corso degli anni Ottanta gli Stati Uniti hanno messo in pratica questa strategia con successo, perché riuscirono ad allontanare i sandinisti dal potere in Nicaragua rendendo insopportabile la vita alle persone comuni attraverso l'uso delle sanzioni e di una sanguinosa insurrezione armata. Gli iraniani affermano che il diritto internazionale è stato congegnato per favorire le potenze occidentali, mentre il crescente disprezzo che gli occidentali, i turchi, i sauditi e i qatariani dimostrano per la sovranità siriana -e pure per quella risoluzione sulla Libia emessa da un Consiglio di Sicurezza dell'ONU che sta comunque dalla loro parte- sta facendo crescere il senso di anomia e di caos. A questo vanno ovviamente aggiunte le abituali ed arroganti violazioni della sovranità iraniana compiute dai droni e dalla "morsa delle sanzioni", nonché dal sostegno attivo alle organizzazioni terroristiche anti-iraniane.
In una eccezionale intervista al Wall Street Journal il portavoce del filooccidentale Consiglio Nazionale Siriano Burhan Ghalioun ha rivelato con chiarezza come stanno le cose. Ha detto che se lo stato siriano verrà rovesciato, il nuovo governo abbandonerà la Resistenza contro lo stato sionista e si orienterà politicamente verso "le principali potenze arabe", ovvero i governi arabi dispotici attualmente in carica [27]. Nonostante il governo siriano soffra di gravi manchevolezze e nonostante l'esercito ed i servizi di sicurezza abbiano ecceduto nell'uso della forza finendo col causare la morte di persone innocenti, gli iraniani non credono affatto che i tentativi di regime change a Damasco portati avanti dagli Stati Uniti, dall'Unione Europea, dal Qatar e dall'Arabia Saudita siano stati compiuti in nome della libertà o della democrazia. Anche soltanto per preservare loro stesse, le monarchie assolute con l'aiuto dei loro sostenitori occidentali tenteranno se mai di scoraggiare qualsiasi movimento democratico si verifichi vicino alle loro frontiere, ad ogni costo. Ecco il perché dell'immutato sostegno statunitense al re di Giordania, ai militari in Egitto [28], al governo yemenita, all'occupazione saudita del Bahrein e alla dittatura di Al-Khalifa [29]. La politica statunitense consiste nello scoraggiare i fenomeni democratici in Medio Oriente; perché mai qualcuno dovrebbe credere che sono sinceramente interessati alla libertà dei siriani?
Esistono prove che indicano che gli Stati Uniti già da tempo considerano il settarismo come uno strumento potenzialmente utile all'indebolimento dei loro avversari [30]. Un concetto che si adatta bene all'attuale situazione in Siria. Il fatto che la Turchia, che sembra mostrare oggi tendenze neo-ottomane, abbia permesso ad Abdulhakim Belhadj (un individuo contiguo sia alla leadership di AlQaeda sia ai talebani) di incontrarsi con appartenenti al cosiddetto"Libero Esercito Siriano" sia ad Istanbul che nei pressi del confine siriano è oltremodo illuminante [31]. I religiosi salafiti che sostengono l'insurrezione hanno incitato più volte alla violenza religiosa, razziale e settaria; è il caso del ben noto religioso saudita Saleh al-Luhaidan, che ha detto che bisognerebbe ammazzare un terzo della popolazione siriana in modo che gli altri due terzi possano sopravvvivere [32]. Gli estremisti appoggiati dall'estero sono arrivati ad uccidere il figlio del Gran Mufti sunnita di Siria [33], allo stesso modo in cui i loro alleati hanno ucciso molti religiosi sunniti e molti sceicchi nella provincia irachena di Anbar.
Il punto fondamentale non è se il governo siriano sopravviverà così com'è, se attraverserà una fase di riforme o se cadrà puramente e semplicemente: in Iran si pensa comunemente che il presidente Assad riuscirà a superare la crisi e che conserverà probabilmente il potere. Quello che colpisce è il fatto che gli americani e gli europei non imparano niente dalla storia. Si sarebbe portati a pensare che dopo gli attacchi dell'Undici settembre americani ed europei avessero imparato quali possono essere le conseguenze di certe azioni. Se le ideologie estremiste che hanno attecchito in Afghanistan ed in Pakistan grazie ai sauditi e ad altre monarchie del petrolio sono riuscite a creare difficoltà tanto grandi ai paesi occidentali, si pensi a quali potranno essere le conseguenze quando la loro influenza raggiungerà il nord Africa, l'India, la Nigeria, l'Asia centrale e la Turchia.
In ogni caso, con buona pace dei tentativi americani di conservare il vecchio ordine, le cose in Medio Oriente stanno cambiando rapidamente. Una cosa che ha implicazioni enormi per la Repubblica Islamica dell'Iran, per gli Stati Uniti e per lo stato sionista. Non c'è alcun dubbio che l'ordinamento politico che nel prossimo futuro verrà stabilito in Egitto e in Tunisia sarà per lo meno molto critico nei confronti del sionismo. Possiamo perfino spingerci ad immaginare il sorgere di ordinamenti politici radicalmente diversi rispetto al presente anche in paesi come la Giordania. L'Iran non sarà più una voce isolata ad opporsi all'apartheid praticato dallo stato sionista. Già questo rappresenterà un grosso successo per la Repubblica Islamica perché comporterà una significativa attenuazione della pressione occidentale sul paese. Quanto sta succedendo nello Yemen potrebbe contribuire a sensibili mutamenti della situazione nel Golfo Persico, specialmente in considerazione del fatto che gli Stati Uniti, l'Arabia Saudita, il Qatar ed altri paesi hanno giocato un ruolo importante nel mantenimento dell'attuale governo. Come se tutto questo non bastasse, i paesi petroliferi a nord della Repubblica Islamica hanno anch'essi cominciato a dare segni di instabilità politica.
E' importante notare che contrariamente a quello che afferma la propaganda occidentale, nessun leader iraniano ha mai invocato la distruzione dello stato sionista attraverso il suo annientamento militare. Nonostante le spesso deliberate distorsioni cui sono sottoposte le parole del presidente iraniano da parte dei mass media occidentali, la Repubblica Islamica dell'Iran ha sempre ritenuto che lo stato sionista, come il Sud Africa dei tempi dell'apartheid, sia una costruzione coloniale che conferisce ad un determinato gruppo di "persone scelte" diritti eccezionali, negando gli stessi diritti alla maggior parte della popolazione autoctona, cosa che lascia la forma di governo dello stato sionista priva di qualsiasi legittimazione. La posizione iraniana nei confronti dello stato sionista si basa su quello che si presenta come un importante principio morale [34]. Si tratta dello stesso principio cui la Repubblica Islamica dell'Iran ha fatto riferimento quando si è opposta al Sud Africa dell'apartheid negli anni in cui i paesi occidentali sostenevano quella forma di governo. Dal punto di vista iraniano l'unico modo per risolvere la questione palestinese è quello di abbandonare l'ideologia sionista, cosicché musulmani, cristiani ed ebrei possano vivere da uguali nella terra di Palestina. Se il popolo palestinese inteso nella sua interezza, contando in esso anche i profughi, riuscisse a raggiungere un accordo con lo stato sionista, la Repubblica Islamica dell'Iran rispetterebbe la decisione dei palestinesi e si asterrebbe da qualsiasi intromissione. In ogni caso, su un terreno morale essa non riconoscerà mai la forma di governo dello stato sionista come legittima. Le ideologie estremiste promosse dai ricchi despoti arabi hanno una concezione molto differente della diversità religiosa e della coesistenza.
La pretesa di considerare la Repubblica Islamica come una minaccia militare non è soltanto qualcosa di disonesto. E' qualcosa che va in senso diametralmente opposto alla realtà delle cose. Gli Stati Uniti e lo stato sionista, insieme ad altri paesi occidentali, hanno più volte portato minacce militari contro il popolo iraniano, mentre gli iraniani non hanno mai fatto nulla di simile di propria iniziativa. Gli iraniani ritengono comunque che l'eventualità di un attacco contro l'Iran sia inverosimile perché perfino i più esperti tra i politici americani ammettono che le conseguenze di una cosa simile sarebbero deleterie per gli Stati Uniti e per i loro interessi [35]. Anche le mere minacce di un'aggressione militare vengono tuttavia considerate irrazionali ed inumane; a fronte di simili comportamenti esibiti da parte degli americani, l'Iran si è preparato ad affrontare qualsiasi potenziale errore di calcolo gli americani possano commettere. L'Ayatollah Khamenei ha recentemente affermato che l'Iran non aggredirà mai nessuno di propria iniziativa, ma reagirà d'ora in avanti alle minacce con altre minacce [36]. In Iran vige la forte convinzione che la stabilità o l'instabilità in un'area che va dal Mediterraneo alle frontiere con l'India sia inestricabilmente legata alla pace ed alla stabilità della regione del Golfo Persico. E' sufficiente un'occhiata ad una cartina per notare che l'Iran è nelle condizioni di rispondere a qualsiasi minaccia gli venga mossa da quest'area geografica, e anche dal di fuori di essa. Nella prospettiva iraniana se non è garantita la sicurerzza per gli iraniani o per le esportazioni di petrolio dall'Iran, non sarà garantita la sicurezza neppure per i contendenti dell'Iran all'interno della regione [37]. Al verificarsi di queste condizioni, gli Stati Uniti e i loro alleati non potrebbero contare sul fatto che il petrolio o il gas continuino a fluire fuori dal Golfo, dall'Iraq settentrionale o dall'Asia centrale. Sottovalutare il potenziale militare della Repubblica Islamica e la sua determinazione sarebbero degli errori gravi, così come il sottovalutare la reazione popolare ad un'ulteriore aggressione occidentale in una regione tanto instabile.
E' nell'interesse delle declinanti potenze occidentali assumere un atteggiamento più razionale nei confronti delle questioni mediorientali, ed intraprendere approcci più razionali nei confronti della Repubblica Islamica. Il tentativo di ferire o di umiliare gli iraniani non farà che rafforzarne le istanze e tradursi nell'effetto opposto a quello cercato, mentre la ragionevolezza ed il rispetto potranno condurre a soluzioni accettabili per entrambe le parti. Se le cose restano come sono, la Repubblica Islamica non ha altra scelta che creare ulteriori difficoltà per gli Stati Uniti e per i loro alleati nella regione del Golfo.
E' nell'interesse dei cosiddetti "esperti di questioni iraniane" dei paesi occidentali, che distorcono sistematicamente la realtà iraniana, inziare a comportarsi in maniera maggiormente responsabile [38]. La sistematica caricaturalizzazione che essi fanno della società iraniana, così come il loro infondato gridare ai brogli in occasione delle elezioni presidenziali del 2009 [39], hanno portato acqua alla causa di avventati difensori del confronto militare all'interno degli Stati Uniti, gente che ha bisogno di delegittimare la Repubblica Islamica agli occhi del pubblico americano. Gli iraniani sono abbastanza consapevoli del fatto che un paese coinvolto in una guerra senza fine, dove perfino rappresentanti dello establishment come Helen Thomas, Rick Sanchez e Octavai Nasr vengono in pratica costretti al silenzio, dove rappresentanti del mondo accademico si vedono negata la credibilità a causa delle loro idee politiche [40], dove persone sono finite in carcere per aver mostrato in pubblico le immagini di canali televisivi come Al Manar [41] e dove cittadini innocenti vengono puntualmente angariati dall'FBI o dall'IRS o vengono arrestati per accuse inverosimili solo perché sono contro la guerra, contro Wall Street o perché sostengono la causa dei palestinesi, dei libanesi o degli iraniani [42], ha poco diritto di criticare l'Iran. Quelli che insistono a farlo comunque, dovrebbero almeno avere la decenza di attendere fino a quando sarà morta l'ultima vittima iraniana dei loro gas.


Seyyed Mohammed Marandi è professore associato all'Università di Tehran: sta trascorrendo un anno sabbatico a Beirut. Compare regolarmente come commentatori in vari canali internazionali dedicati all'informazione.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono al loro autore e non riflettono necessariamente quelle di Conflicts Forum.


1 http://farsi.khamenei.ir/speech-content?id=10955
2 http://www.nytimes.com/2011/12/01/world/middleeast/voting-in-egypt-shows-mandate-for-islamists.html
3 http://farsi.khamenei.ir/speech-topic
4 http://www.raceforiran.com/the-islamic-republic-of-iran-the-united-states-and-the-balance-of-power-in-the-middle-east
5 http://farsi.khamenei.ir/speech-content?id=17269
6 http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2011/nov/22/iran-sanctions-economy-government and
http://djavad.wordpress.com/2012/01/03/the-fall-of-the-iranian-rial-too-much-of-a-good-thing/
7 http://www.wikileaks.de/cable/2009/01/09LONDON50.html
8 http://www.presstv.com/detail/204299.html
9 http://www.guardian.co.uk/world/julian-borger-global-security-blog/2010/nov/30/iaea-wikileaks
10 http://articles.latimes.com/2011/dec/29/news/la-pn-ron-paul-sanctions-act-of-war20111229
11 http://rt.com/news/russia-iran-watchdog-nuclear-953/
12 http://en.rian.ru/world/20111209/169515956.html
13 http://www.zarcommedia.com/index.php/research-documents/6691.html
14 http://irna.ir/ENNewsShow.aspx?NID=30669329
15 http://www.raceforiran.com/is-the-u-s-%E2%80%98offer%E2%80%99-to-iran-on-medical-isotopes-a-pretext-for-more-coerciveaction
16 http://www.raceforiran.com/why-should-iran-trust-president-obama
17 http://rt.com/politics/iran-approves-russian-nuclear/
18 http://irannuc.ir/fa/index.php?option=com_content&view=article&id= -در-ار-هیسور-حرط-امابوا-یلم-تینما-رواشم: 1721
درک &catid= برغ-یمسر-عضاوم-هعومجم: 105 &Itemid=512
19 http://www.raceforiran.com/giving-%E2%80%9Cengagement%E2%80%9D-a-bad-name-obama%E2%80%99s-iran-policy-at-oneyear
20 http://www.news24.com/World/News/US-spy-operations-will-continue-20111214
21 http://www.atimes.com/atimes/Middle_East/NA05Ak03.html and http://www.huffingtonpost.com/sharmine-narwani/stratforchallenges-
narra_b_1158710.html
22 http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2011/nov/04/syria-iran-great-game
23 http://www.presstv.ir/detail/218712.html and http://www.gulftimes.
com/site/topics/article.asp?cu_no=2&item_no=478192&version=1&template_id=36&parent_id=16
24 http://www.atimes.com/atimes/Middle_East/NA05Ak03.html e http://rt.com/news/syrian-ngo-western-support-755/
25 http://english.al-akhbar.com/content/time-rethink-syria
26 http://www.telegraph.co.uk/news/worldnews/middleeast/8857883/Syrias-President-Assad-I-live-a-normal-life-its-why-Impopular.
html
27 http://english.al-akhbar.com/content/revolution-against-resistance
28 http://blogs.rediff.com/mkbhadrakumar/2011/11/21/tahrir-square-unnerves-us-turkey/
29 http://www.raceforiran.com/american-misreading-of-iran-and-the-changing-reality-of-the-middle-east
30 http://www.salon.com/writer/sharmine_narwani/
31 http://www.telegraph.co.uk/news/worldnews/africaandindianocean/libya/8919057/Leading-Libyan-Islamist-met-Free-Syrian-
Army-opposition-group.html
32 http://www.atimes.com/atimes/Middle_East/MG15Ak02.html
33 http://english.peopledaily.com.cn/90777/90854/7609900.html
34 http://conflictsforum.org/2011/ayatollah-khamenei-and-a-principled-foreign-policy/
35 http://www.defense.gov/transcripts/transcript.aspx?transcriptid=4937
36 http://farsi.khamenei.ir/speech-content?id=17868
37 http://www.tabnak.ir/fa/news/ ھشدار-ایران-بھاي-نفت-را-افزایش-داد/ 214501
38 http://www.raceforiran.com/american-misreading-of-iran-and-the-changing-reality-of-the-middle-east
39 http://www.campaigniran.org/casmii/index.php?q=node/9757 e http://www.middle-east-online.com/english/?id=33663 e
http://www.worldpublicopinion.org/pipa/articles/brmiddleeastnafricara/652.php
40 http://www.normanfinkelstein.com/the-chronicle-of-higher-ed-a-reliable-source/
41 http://middleeast.about.com/b/2009/04/25/absurd-prison-sentence-for-new-yorker-over-hezbollah-tv.htm
42 http://www.freeseyedmousavi.com/