13 aprile 2025

Firenze: chi manifesta contro i'ddegràdo ai bottegoni Esselunga merita di essere deriso


Firenze, aprile 2025. La propaganda del governo di Roma circa quarant'anni fa magnificava risultati economici da quinta potenza economica mondiale. Oggi magnifica la costruzione di campi di concentramento. Nonostante l'impegno la situazione deve essere davvero invivibile se un gruppo di ultracinquantenni si schioda dalla televisione per invocare ancora più repressione.

Nella penisola italiana sono almeno trent'anni che in agenda politica trovano posto solo degrado e insicurezza.
Sempre da trent'anni, le persone serie e la politica di base sfuggita all'annientamento fanno presente ogni giorno con tranquillità e costanza che l'unico ruolo accordato dal potere ai sudditi sarebbe stato quello di consumatori. E nemmeno sempre.
Il centro commerciale si è evoluto splendidamente; nato come bottegone, è diventato agorà, cattedrale, tempio. Per gli stessi trent'anni è stato visto di buon occhio dal democratismo rappresentativo perché secondo l'opinione prevalente -cioè l'unica, essendo qualsiasi dubbio pubblicamente derubricato a nostalgia del gulag- avrebbe potuto e dovuto sostituire ogni altra sede fisica di socializzazione togliendo motivo di esistere a un sacco di posti che si avrebbe avuto l'agio di definanziare, denigrare, trascurare e infine chiudere con la prima scusa buona. Per poi metterne a reddito gli spazi.
Anzi, per "restituirli alla città", come dicono loro.
A Firenze una delle più recenti e riuscite restituzioni è consistita nel trasformare una scuola privata in un posto dove per dormire si possono spendere diecimila euro a notte, ma dove per mangiare possono bastarne un centinaio. Quelli che fanno cuocere roba e vorrebbero venderla a quel prezzo hanno chiamato la rivendita "La gamella"; il giro dovrebbe essere quello delle osterie da cinquanta euro a bicchiere e degli empori da trecento euro a calzino. Persino sulla gazzetta che pubblicava la roba di Oriana Fallaci hanno fatto del sarcasmo.
Comunque: per queste restituzioni si procede innanzitutto mondando edifici e dintorni di quella insicurezza e di quel degrado che si combattono facilmente e semplicemente colpendo le condotte e le persone che non piacciono -a prescindere dal loro spessore criminale- perché percepite come d'intralcio per la messa a reddito su accennata.
Il problema è che ancora mancano, malauguratamente, vere politiche di deportazione e di sterminio sistematico. Per cui si ostinano a rimanere in vita persone e gruppi che intralciano la messa a reddito. E che non vivono al di sopra della legge, come affermano i soliti ben vestiti col ristorante in nota spese e la faccia da vicepreside che ti ha beccato a fumare in bagno.
Vivono al di sotto.
Nel senso che hanno una quotidianità talmente infima -redditi ridicoli, solvibilità sotto i piedi, domicilio precario sempre che ce ne sia uno e così via- che le sanzioni li lasciano spesso indifferenti. Anche le più ingegnose, pare. E di questa quotidianità i bottegoni promossi ad agorà e cattedrali sono una delle scene più importanti, visto che ad agorà e a cattedrali si sono voluti promuovere e che sarebbe poco realistico pretendere che qualcuno non li tratti come piazze. A dire il vero anche questa realtà comincia a perdere seriamente attrattiva, sotto i colpi del commercio per via telematica e della generale e inarrestabile contrazione dei redditi.
Insomma, pare che attorno a certi bottegoni graviti una piccola ma consistente umanità che sfida la fantasia sanzionatoria del legislatore e che fornisce un mucchio di materiale a quella "libera informazione" che ogni giorno presenta qualche bagatellfall come se fosse il sacco di Alarico. Le vendite delle gazzette vanno a rotta di collo comunque, chissà che non ci sia un motivo.
I bottegoni non sono luoghi pubblici. Sono luoghi privati, tanto per fare un esempio, dove qualche padrone cui non piace avere in giro troppi ragazzini dal ridotto potere d'acquisto avrebbe anche fatto installare luci che mettono in evidenza acne e altri problemi della pelle in modo da metterli in imbarazzo; si cerchino un altro agorà, un'altra cattedrale. Quale, non è affar suo.
Accedere ai bottegoni significa tollerare di essere videoripresi in ogni movimento, scansionati, parametrati, censiti, valutati, osservati, campionati e sottoposti a una specie di forca caudina se appena si osa uscirne senza aver acquistato niente. Occorrerebbe dimostrare di essersi separati da del denaro anche per andare in bagno[*]. Sullo shelf marketing e sulle molte pratiche che servono a drenare fondi dalla clientela per riversarli nelle tasche del padrone vengono scritti ogni anno scaffali di volumi, per cui è inutile indugiarvi qui.
Il padrone dei bottegoni Esselunga non si peritava certo di presentare la propria libertà di intraprendere e di guadagnare come se fosse la libertà di tutti. Il padrone dei bottegoni Esselunga faceva un grosso vanto del proprio rigore antisindacale; negli anni successivi al "trentennio glorioso" la cosa gli è riuscita bene, i sudditi che stavano cedendo armi politiche e sindacali pagate col sangue in cambio di qualche fettina di salmone potevano anche essere indotti a credere che per loro una ciotola di maccheroni ci sarebbe sempre e comunque stata. Più recentemente i bottegoni Esselunga a Firenze sono incappati in qualche incidente non proprio di percorso. Nel clima sociale inscalfibile in cui esercitare una coscienza politica da scarafaggi è da tanti anni persino motivo di vanto, non stupisce che siano comunque riusciti ad attirare qualche manifestazioncina contro i'ddegràdo e l'insihurézza. La miserabile difesa dei bottegoni come massima espressione dell'impegno civile merita senz'altro di essere accolta con una risata di scherno.



[*] Al bottegone fiorentino di via del Gignoro sono state automatizzate le porte dei bagni, adesso obbedienti solo a un lecito scontrino. Il fantasma del signor Caprotti, che molti ricordano (e deridono) come protagonista di una ridicola battaglia a colpi di gazzetta in cui accusava la concorrenza di filocomunismo, non si scomoda certo per apparire ai dannati della poliuria per dirgli che il bottegone è suo e che quindi fa come gli pare; c'è invece un cartellino con le istruzioni, che accampa scuse su decoro e sicurezza.

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