lunedì 28 gennaio 2019

Alastair Crooke - Una guerra non soltanto commerciale e non soltanto contro la Cina, ma anche contro la Russia



Traduzione da Strategic Culture, 24 dicembre 2018.

Non è solo una guerra commerciale; dietro c'è una guerra tecnologica. E dietro la guerra tecnologica ci sono i progetti per una corsa agli armamenti a tutto campo, dalle armi spaziali a quelle per il cyberspazio. Uno dei comandanti militari in carica negli USA afferma: "La guerra moderna si fa su un campo di battaglia fatto di dati e di informazioni... Che genere di missioni portiamo a termine oggi nello spazio? Forniamo informazioni, forniamo percorsi per le informazioni, e in una guerra neghiamo agli avversari accesso ad esse". La nuova corsa agli armamenti dunque riguarda tanto il mantenimento e la conferma della leadership tecnologica statunitense nello sviluppo dei circuiti integrati, nei computer quantistici, nel big data e nell'intelligenza artificiale per utilizzo bellico quanto la supremazia tecnologica nella sfera economica, ovvero il dominio degli standard nell'industria dei beni di consumo per la prossima generazione dei gadget tecnologici intelligenti che tutti acquistiamo.
Cosa sta succedendo, allora? Il complesso militare statunitense ha preso la cosa sul serio. Si stanno facendo i preparativi per un prossimo confronto militare con la Cina.L'insistenza nell'affermare che la Cina sta rubando tecnologie, know how e dati agli USA e statuire che i cinesi si sono intromessi nel processo elettorale ameriKKKano e che vi hanno interferito (cosa che richiama il Russiagate) serve essenzialmente -ma non completamente- a mettere in piedi un casus belli contro la Cina. Il fatto puro e semplice è che i militari statunitensi sono rimasti scioccati quando hanno scoperto quanto stanno rimanendo indietro rispetto alla Russia e alla Cina nel campo degli armamenti ad alta tecnologia.
Un resoconto di esperti del Ministero della Difesa sia democratici che repubblicani, inviato al Congresso nel novembre 2018, avvertiva:
Il vantaggio dell'AmeriKKKa in campo militare è diminuito e in qualche caso è venuto meno perché i paesi avversari stanno diventando piùà esperti, più forti e più aggressivi... L'AmeriKKKa potrebbe perdere la prossima guerra... Una guerra contro la Cina o contro la Russia potrebbe vincerla con difficoltà o addirittura perderla. Se gli USA dovessero combattere contro i russi nel Baltico o contro i cinesi per Taiwan, l'AmeriKKKa potrebbe andare incontro a una sconfitta militare senza mezzi termini...
Gli avversari hanno studiato la strategia militare statunitense e hanno imparato come contrastarla", ha detto il copresidente della commissione Eric Edelman. "Hanno imparato dai nostri successi e mentre noi eravamo impegnati a combattere guerre di altro genere si sono preparati per uno scontro ai massimi livelli, un tipo di guerra che non ci ha riguardato per molto tempo".
L'ameriKKKano della strada non è abituato a considerare la Cina come una minaccia. Magari la considera una minaccia commerciale, ma non un contendente sul piano militare. Solo che la marea di affermazioni su come la Cina stia rubando all'AmeriKKKa ricchezza e posti di lavoro serve proprio a cambiare questo stato di cose; si sta coltivando l'opinione pubblica in vista di un confronto militare.
Tutto qui quello che c'è da dire sulla rivalità degli USA nei confronti della Cina nel campo della tecnologia? Purtroppo no. C'è la Russia, e in questo caso non serve neppure un casus belli. La Russia è talmente al suo posto come avversario per antonomasia e ha talmente le mani in pasta negli affari interni degli USA che lavorarsi l'opinione pubblica non serve. Che la Russia sia un nemico si dà per scontato, oggi. I falchi in politica estera dell'amministrazione Trump come John Bolton e Mike Pompeo hanno nel mirino la Russia tanto quanto la Cina. Il rapporto della Difesa diretto al Congresso lo dice chiaramente: si tratta della Cina e della Russia. I falchi tuttavia non sottolineano più che tanto la malvagità dei russi, perché è delle malvagità cinese che l'opinione pubblica deve essere convinta.
La tattica da seguire per questa guerra fredda tecnologica è stata espressa con una certa chiarezza dai funzionari dell'amministrazione: proibire l'esportazione di tecnologie "fondamentali" in via di affermazione, porre limiti all'accesso alle tecnologia sia ai singoli che alle imprese, varare sanzioni che interessino la gamma delle tecnologie fondamentali e del knowhow inerente le produzioni tecnologiche, impedire alla Cina di intrattenere rapporti con chi fabbrica componenti indispensabili alla catena di rifornimento e insistere con gli europei perché boicottino le tecnologie cinesi.
E la Russia, sarà forse esclusa dalle ostilità? Il caso russo è ovviamente diverso. Sul piano delle tecnologie non ha la stessa compenetrazione con gli USA, le competenze del settore in materia di difesa e di avionica le ha in larga parte sviluppate in proprio anche se soffre di qualche limitata vulnerabilità per il reperimento di certa componentistica.
L'AmeriKKKa tuttavia possiede un altro knowhow nelle tecnologie fondamentali, e il principio cardine della guerra tecnologica che impone di negarne l'accesso ai cinesi può essere senza indugio applicato anche alla Russia, sia pure in un modo leggermente diverso. Trump ha detto esplicitamente che gli USA intendono acquisire il predominio nel mercato mondiale dell'energia. E il Ministro dell'Interno statunitense ha di concerto collegato la supremazia ameriKKKana in questo campo alla possibilità di bloccare fisicamente le esportazioni petrolifere russe. Ryan Zinke ha detto lo scorso settembre allo Washington Examiner che la marina statunitense è in grado di bloccare i porti, per impedire alla Russia di controllare le fonti energetiche: "l'opzione economica per il caso dell'Iran e per la Russia è, più o meno, quella di esercitare pressioni e di sostituire le fonti di combustibili. Possiamo permettercelo perché... gli USA sono il più grande produttore di petrolio e di gas."
Nella pratica un'iniziativa del genere non è probabile. Si tratta di fanfaronate: gli USA vogliono che il prezzo del greggio scenda, non che salga. L'essenziale, piuttosto, sta nel fatto che gli USA hanno preso di mira il settore energetico russo. Le considerazioni di Zinke sono indicative della mentalità di Washington: "I russi sanno fare solo una cosa," ha detto, rimarcando il fatto che la capacità della Russia di vendere energia è indispensabile per la sua sopravvivenza economica.
Il caso della guerra tecnologica contro la Cina, in termini di negato accesso alla componentistica e di adozione di sanzioni per impedire il passaggio di tecnologie, non è solo di verosimile applicazione alla Russia, ma è di fatto già in essere; ne sono esempiuo le minacce sul NordStream 2, un riflesso delle intimidazioni che i paesi europei stanno subendo perché desistano dall'acquisto delle infrastrutture 5G prodotte dalla Huawei. Anche in questo caso, come per la Cina, gli USA stanno esercitando pressione sulla Russia su vari punti geopoliticamente sensibili e allo stesso tempo stanno cercando di stroncarla sul piano economico ricorrendo alle sanzioni. L'anno prossimo quasi sicuramente (sono legalmente tenuti a farlo) gli USA rovesceranno sulla Russia un'altra grandinata di sanzioni, a motivo dell'affare Skripal.
Questo tintinnare di sciabole serve solo a tenere desto lo spirito imperialista ameriKKKano? Dobbiamo prendere seriamente l'idea di un governo statunitense che innesca apposta dei terremoti geopolitici tali da mandare in pezzi quanto resta del "sistema mondiale"? Io penso che sia piuttosto probabile. Il Presidente Trump passerà il 2019 cercando da una parte di proteggere se stesso, la sua famiglia e i suoi interessi da una torma di indagini e dall'altra combattendo i democratici al Congresso; se per i mercati le cose si metteranno al peggio, il credito di cui gode presso i senatori repubblicani verrà meno. Ci sono abbastanza repubblicani che sono tali soltanto di nome pronti a ben accogliere un Bruto purchessia, se i tempi lo vorranno.
Al di là degli USA, si notano vari punti a rischio di deflagrazione. Il Golfo è intimorito; l'Arabia Saudita è in preda a una crisi interna e Poroshenko sta cercando di salvare la pelle, politicamente parlando. In Siria gli USA hanno cercato fino a ieri di giocare la carta di un'occupazione militare a lungo termine, a cui la Turchia si oppone armata mano. Lo stato sionista mostra i muscoli sotto casa di Hezbollah. L'Europa è sull'orlo di un possibile rovescio economico ed è probabile che in risposta ad esso esploderà una varietà di fenomeni come quello dei gilet gialli. La Brexit, lo stato che occupa la penisola italiana, lo spread nel deboto sovrano, le banche: tutte parole che evocano rischi, si vedrà se affrontabili o no.
E il punto è questo: intanto che Trump resta attaccato alla televisione a tenere d'occhio ogni sussulto e ogni giravolta della campagna politica volta a colpire la sua sensibile autostima, i suoi due guerrieri prendono il voolo: i falchi nei confronti della Cina e quelli specializzati in Medio Oriente avranno in mano i comandi del Consiglio per la Sicurezza Nazionale, a capo del quale c'è il signor John Bolton.
Esistono rischi di un qualche grave errore nella linea politica, di cattiva amministrazione, di una paralisi interna degli USA, di sofferenze dei mercati se un Presidente disattento permette ai suoi falchi ideologici di attivare qualche innesco?
Esistono. Esistono e sono alti.  

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