mercoledì 25 novembre 2015

Omar al Ward - Viaggio nel califfato. L'oppressiva giustizia dello Stato Islamico


Traduzione dal blog di Joshua Landis su imbeccata del blog kelebekler.
Da quanto al Wardi riferisce viene da pensare che lo Stato Islamico sia finalmente la distopia realizzata che la feccia delle gazzette "occidentali" e i quattro quinti dell'elettorato vagheggiano ogni giorno: nessuno che fuma, strade impeccabili, tutti a lavorare, legge, ordine, disciplina, rispetto assoluto della religione e dei suoi simboli.
Tutto tutelato con la forza delle armi, che ammettono un solo grado di giudizio (così si farebbe piazza pulita anche del buonismo cattocomunista delle toghe rosse e del loro garantismo) e sono arrivate a troncare persino i rapporti informali che sono l'essenza di ogni relazione sociale, contribuendo così alla realizzazione di quelle "pari condizioni di partenza" in cui la mano invisibile del mercato può agire regolatrice e indisturbata: nessun liberista potrebbe chiedere di meglio.


Omar al Wardi è lo pseudonimo di un cittadino siriano cresciuto nella regione siriana di Jazira. Al Wardi vi si è recato più volte dopo che lo Stato Islamico ne ha preso il controllo.
Tradotto in inglese da Richard Hanania, studente di scienze politiche alla UCLA.

Molti credono che i sudditi dello Stato Islamico vivano in una incessante condizione di terrore. Qualcuno penserebbe impossibile che in queste zone esista un qualche cosa che si possa definire "vita normale". Io stesso ho scritto molto sui crimini e sulle azioni disumane compiute dallo Stato Islamico nei territori che controlla nella Siria orientale, soprattutto a Raqqa e a Deir ez Zor, e la maggior parte di quello che è stato scritto sulla questione corrisponde a verità. Solo che la maggior parte di coloro che se ne sono occupati l'hanno fatto adottando un punto di vista ristretto e guardando con un occhio solo. Parecchi di loro non si sono mai recati in zona, parlano di una realtà che hanno solo immaginato. Accettano stereotipi che i mass media hanno ripetuto fino alla nausea. Io invece sono cresciuto da quelle parti [la Jazira corrisponde pressappoco al governatorato di Al Hasakah, all'estremo est del paese. N.d.r.] e ci sono andato varie volte dopo che lo Stato Islamico ne ha preso il controllo. Mi sono intrattenuto in varie cittadine per farmi un'idea dell'atteggiamento di parenti, conoscenti e simili.
Quando sono stato la priuma volta ad al Bukamal dopo la conquista da parte dello Stato Islamico nell'estate del 2014, ho pensato di essere in viaggio sulla strada dell'inferno: ero terrorizzato. Ad ogni momento mi aspettavo di essere cacciato fuori dalla macchina, ammanettato e torturato. Pensavo che non sarei mai tornato vivo dai territori controllati dallo Stato Islamico. Avevo interiorizzato il concetto che lo Stato Islamico governa solo col terrore. Ad ogni posto di blocco lungo la strada sono praticamente morto di paura. Solo che a parte l'ovvia imponenza degli sbarramenti e dei posti di blocco non ho mai visto una scena che si accordasse con i luoghi comuni sullo Stato Islamico che avevo fatto miei e che i mass media hanno diffuso.
Arrivato ad al Bukamal ho notato che la cittadina era sorprendentemente tanquilla: nessuno può aggredire gli altri, imbrogliare la gente al mercato o inghirlandare le strade di mozziconi di sigaretta. Non avevo mai visto al Bukamal più pulita o meglio tenuta. L'uso di fumare pareva del tutto scomparso e non si vedeva più neanche l'ombra di tutta quella gente che era solita starsene seduta in giro a perdere tempo nei caffè. Rispetto a come la ricordavo quando è esplosa la crisi siriana la cittadina era completamente diversa. Sul governo dello Stato Islamico i quattrocentomila abitanti tra città e periferia hanno raggiunto un qualche accordo, e la prova più forte a sostegno di questo fatto è forse il fatto che le zone controllate dallo Stato Islamico sono tra le regioni del paese da cui i giovani sono meno propensi a fuggire in Europa: una cosa che a molti pare essere sfuggita. Se la vita fosse stata davvero infernale, ad al Bukamal e dintorni, tutti sarebbero emigrati in Germania, in Austria o anche soltanto in Turchia. Invece la maggior parte della gente è rimasta e non ha abbandonato il proprio paese e la propria terra.
Ho evitato di porre la domanda solita, che è "Odiate lo Stato Islamico?". So già perché alcuni odiano questa formazione, e la domanda cui volevo dare risposta io era il perché invece altri possano apprezzare un'organizzazione sanguinaria e criminale come questa, che taglia teste e scarica per le strade corpi di gente uccisa e decapitata. Ho ricevuto risposte coerenti e improntate al realismo, tutte focalizzate su un solo concetto: lo Stato Islamico aveva portato in città una sorta di giustizia.
Ho visto con i miei occhi che la popolazione di al Bukamal non è affatto oppressa come lo è stata in passato. Ad al Bukamal la maggior parte di quanti sono stati messi in carcere dallo Stato Islamico è costituita da appartenenti allo Stato Islamico stesso. Il governo dello Stato Islamico non esita a reprimere i suoi stessi appartenenti quando infrangono la legge. Anche un emiro dello Stato Islamico è stato processato e gettato in prigione dal governatore locale, quando è venuto fuori che aveva abusato del suo potere ed aveva aggredito gente innocente.
Il modello di giustizia che lo Stato Islamico si sta impegnando ad assicurare a chi vive ad al Bukamal e a Raqqa è questo. Le città della zona si sono date allo Stato Islamico e gli hanno accordato il monopolio della violenza per punire quanti commettono crimini o commettono dei torti. Tutti hanno volontariamente cessato di ricorrere alla violenza pur di vivere in condizioni di maggiore giustizia e uguaglianza. Non si permette al forte di spadroneggiare sul debole, al ricco di sfruttare il povero, ai capi clan di angariare i sottoposti. Sotto la legge dello Stato Islamico sono tutti uguali: non ci sono "amici degli amici" o eccezioni che tengano.
Il più importante fattore ad aver da solo convinto la gente ad accettare il "califfato" è il fatto che adesso i cittadini possono uscire di casa ad ogni ora del giorno e della notte senza essere vessati dal "Libero" Esercito Siriano o essere rapinati a caso da gente che dice di essere di Jabhat an Nusra. E questo è vero soprattutto nelle aree tribali della provincia.
Più di una persona mi ha detto che l'onore delle donne non viene mai violato. Questa è una cosa che anche i nemici locali dello Stato Islamico sono disposti a riconoscere: da quando lo Stato Islamico ha assunto il controllo della situazione, non si è dato un solo caso di violenza ai danni di una donna o di una ragazza. L'esatto contrario di quanto succedeva nel contesto sociale in via di dissoluzione che c'era quando ad al Bukamal governava Jabhat an Nusra. All'epoca i bordelli funzionavano in bella vista. Oggi si può essere sicuri che andando da Deir ez Zor fino alla provincia irachena di al Anbar, a trecentocinquanta chilometri di distanza, nessuno procurerà noie finché si mostra ossequio alla legge.
Uno dei più importanti motivi per cui lo Stato Islamico è stato accettato ad ampia maggioranza è che nei primi anni della sollevazione contro Assad la corruttela imperversava dappertutto. All'inizio comandavano milizie che si definivano "Libero" Esercito Siriano. Il loro comportamento non differiva in nulla da quello dei ladri e dei banditi. La popolazione civile viveva in condizioni di perenne timore che i beni posseduti potessero esserle sottratti uno dopo l'altro e temendo di poter essere angariata e magari anche uccisa. Poi è stata la volta di an Nusra, cui interessava solo il potere e poco o nulla si curava della giustizia o del buon governo. Tra "Libero" Esercito Siriano e an Nusra, per la società civile è stata la rovina. Nessuno osava rivolgersi alle autorità per risolvere una qualche disputa. Dopo che il Califfato ha preso il controllo della zona, la gente ha inziato a tirare il fiato e si è sentita meno oppressa.
In concreto, i cittadini di al Bukamal non hanno motivo di odiare i membri dell'organizazione e chi coopera con loro dal momento che li vedono cercare di far arrivare acqua ed elettricità alla gente, e a prezzi accessibili. E neppure possono odiare un'organizzazione che mantiene i prezzi a livelli ragionevoli. I combattenti dello Stato Islamico sovrintendono alle loro necessità e fino a notte su adoperano per farvi fronte. Questo stato di cose reale annichilisce l'odio e anche se esiste qualcuno che non vuole che lo Stato Islamico resti al potere, i più deboli vogliono che vi rimanga, e lo vogliono i poveri che non hanno nessuno che prenda le loro parti. Certo, alcuni combattenti godono di particolari privilegi, ma si tratta di una minoranza e comunque non sono cose paragonabili a quelle di cui godevano gli ufficiali prima alleati del governo, o i combattenti del "Libero" Esercito Siriano o di an Nusra.
Lo Stato Islamico ha le risorse morali e materiali che gli servono per ricostruire i centri urbani che controlla. Cosa ancora più importante, ha la volontà di far sì che la gente abbia migliori condizioni di vita. Non è ancora in grado di adottare le moderne tecnologie necessarie a migliorare la qualità della vita come promette di fare, ma sta facendo ogni sforzo per avervi accesso.
Gli aerei che sorvolano i territori controllati dallo Stato Islamico hanno conseguito un'unica vittoria vera e propria. Non è l'aver ucciso combattenti o aver ostacolato i movimenti dell'organizzazione: è invece l'avergli impedito di assicurare servizi alle comunità. Questo è stato l'unico obiettivo raggiunto dalla coalizione che combatte lo Stato Islamico.
Sto cercando di ritrarre lo Stato Islamico in modo realistico, in un quadro che possa essere paragonato e opposto alla sua immagine di organizzazione sanguinaria. E'impossibile, per un governo dedito all'assassinio sanguinario, governare senza stabilire sicurezza fisica e sociale; solo che questo aspetto viene ricordato poche volte, per macchiare l'immagine di un'organizzazione che invece per reggersi non ha bisogno altro che della verità.
Il problema è questo: lo Stato Islamico ha sviluppato una propria società? L'organizzazione è riuscita ad integrarsi in una comunità più ampia? Oggi come oggi il gruppo non può concretamente parlare di una "società dello Stato Islamico" perché sono ancora la paura ed il terrore a tenere in pugno la comunità. Col passare del tempo però, se questo governo rimarrà al potere per altri tre anni almeno, mi aspetto che nasca una vera e propria società dello Stato Islamico: per quanto riguarda l'est della Siria il timore più grande è questo. Dalla società dello Stato Islamico nasceranno estremisti e ideazioni terroriste.

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