mercoledì 24 settembre 2014

Alastair Crooke - Secondo i governanti statunitensi lo Stato Islamico non è "islamico" e non è "stato". Invece è sia l'una che l'altra cosa.



Traduzione da Huffington Post.

"Siamo in guerra contro un'ideologia, non contro un governo."

John  Kerry, Segretario di Stato, Stati Uniti.

"Ora mettiamo in chiaro un paio di cose: lo Stato Islamico non è 'islamico'. Nessuna religione lascia correre sull'uccisione di innocenti, e la grande maggioranza delle vittime dello Stato Islamico erano musulmane. Inoltre, lo Stato Islamico non è uno stato. All'inizio era il braccio di Al Qaeda in Iraq; poi ha approfittato delle divisioni settarie e della guerra civilie siriana per guadagnare terreno su tutti e due i lati del confine tra Iraq e Siria. Nessun governo lo riconosce, e non lo riconoscono le genti che da esso sono state soggiogate. lo Stato Islamico è un'organizzazione terroristica, pura e semplice. E non ha altra visione che non il massacro di chiunque si metta sulla sua strada".

Barack Obama, Presidente degli Stati Uniti.

Siamo chiari: la premessa elementare di Obama e di Kerry è che l'AmeriKKKa e i suoi alleati sono in guerra contro un'ideologia deviata e non islamica da delegittimare, e che si può delegittimare mettendo insieme il mondo arabo sunnita affinché esso stesso la dichiari "non islamica". Tutto questo non fa che confermare quanto poco essi sappiano dello Stato Islamico contro il quale sono in guerra.
Non esiste alcun "vero Islam", nell'Islam. Non è mai esistita nell'Islam alcuna "autorità centrale" che potesse definire un simile concetto. L'Islam, per fortuna e purtroppo (più che altro per fortuna) ha parecchi volti. Paradossalmente, esiste oggi un orientamento che asserisce di essere "il vero Islam"; si chiama wahabismo.
Come nota il professor As'ad Abu Khalil,
"Muhammad Ibn Abdul Wahhab ha sottolineato un fatto che i suoi seguaci ancora oggi hanno ben presente: gli uomini con la spada sono giudici per conto di Dio in questo mondo e su tutte le questioni, piccole o grandi che siano. Su questo punto sono d'accordo sia il regno dell'Arabia Saudita che lo Stato Islamico. Entrambi sono fuori dagli argini delle correnti maggioritarie dell'Islam; su questo concetto essi rifiutano persino di riconoscere il fatto che parlano come rappresentanti di un gruppo settario (lo wahabismo, n.d.t.).
Gli wahabiti di tutte le tendenze rifiutano persino di essere definiti wahabiti; "noi siamo i soli veri musulmani", dicono. Questo significa che loro soltanto sono veri musulmani; tutti gli altri sono miscredenti passibili di essere combattuti come i pagani dei tempi antichi, dell'epoca di Muhammad. Gli wahabiti affermano di rappresentare il "vero Islam", ma la forza dell'Islam in ogni epoca è sempre stata nel fatto che non è mai esistito un qualcosa come "il vero Islam".
Quindi sono i sauditi soltanto, e con loro lo Stato Islamico, a proclamarsi rappresentanti del "vero Islam". Una pretesa condivisa che deriva dal fatto che entrambi condividono lo stesso fondamento dottrinale, rappresentato da quel Libro del Monoteismo che è l'opera fondamentale di Abd al Wahhab.
Lo Stato Islamico è wahabita quanto il re Abullah d'Arabia, se non di più. E' salacemente ironico il fatto che Obama e Kerry si siano assunti il compito di cercare la delegittimizzazione della dottrina cui la Casa dei Saud deve la legittimità della propria corona.
Sicché, gli unici detentori del "vero Islam", i custodi della Mecca, si sono trovati a condividere lo stesso Islam dello Stato Islamico. Come può re Abdullah mettersi contro lo stesso Stato Islamico? E come potrebbe un qualsiasi musulmano che avesse dimestichezza con queste materie prendere sul serio questa presa di posizione, caso mai essa arrivasse?

John Kerry avrebbe ragione se dicesse che Al Qaeda è un'ideologia e non un governo. Ma se dice la stessa cosa dello Stato Islamico, ha torto. Al Qaeda disponeva soltanto di una "idea"; lo Stato Islamico invece esiste per uno scopo preciso, quello di statuire il primato di Dio, qui e ora. Lo Stato Islamico ha una dottrina propria sul come concretizzare questo stato di cose, che deriva dalle vicende guerresche che portarono alla fondazione del primo stato islamico; controlla un territorio più grande del Regno Unito; dispone di ingenti risorse finanziarie; conta su un esercito ben equipaggiato per gentile concessione degli Stati Uniti, del Regno Unito e di altri paesi e comandato da elementi competenti; infine ha un capo che a detta di molti ha parlato bene, nell'unica occasione in cui è apparso in pubblico.
In poche parole, questa evoluzione delle cose che ha portato allo Stato Islamico potebbe essere una faccenda molto più seria, avere molta maggiore concretezza e avere una capacità di attrattiva assai più ampia di quanto contemplerebbero le ciance occidentali infarcite di strangolatori e di assassini forsennati.
Tra stati arabi e paesi del Golfo, in molti si sono uniti a Washington nella guerra contro lo Stato Islamico; lo hanno fatto soltanto perché hanno in programma di ficcare il loro cavallo di Troia nell'agenda bellica.
I loro soldati sono nascosti nel ventre di legno del cavallo; non devono combattere lo Stato Islamico, ma una guerra piuttosto diversa. La loro idea è quella di trasformare la guerra in una nuova offensiva contro il Presidente Assad e la Repubblica Araba di Siria. Durante un incontro preliminare a Gedda, i paesi coinvolti hanno espresso il loro accordo per un nuovo assetto per la sicurezza che stravolgerebbe la guerra contro lo Stato Islamico, che diventerebbe una guerra anche contro Assad e contro tutti i movimenti islamici. La speranza, chiaramente, è quella di coinvolgere l'Occidente in una guerra di più ampia portata contro i Fratelli Musulmani, Hamas, Hezbollah eccetera. Un accreditato commentatore saudita, Jamal Khashoggi, ha spiegato con chiarezza i piani dell'Arabia Saudita in una recente conferenza stampa.
"Possiamo dunque dire che l'eliminazione dello Stato Islamico richiede anche l'eliminazione di Assad... L'operazione deve avere come obiettivo l'alleato di Mosca a Damasco, deve rovesciarlo o preparare il terreno al suo rovesciamento. Forse è questa la spiegazione logica al perché l'Arabia Saudita sia stata favorevole ad organizzare campi di addestramento per l'opposizione siriana moderata. In pratica è stato come dichiarare indirettamente guerra al governo siriano.. L'alleanza di Gedda rappresenta per tutti l'opportunità di cominciar da capo. Non vale solo per l'immediata questione che è l'eliminazione dello Stato Islamico, ma comprende anche la possibilità di espandere le operazioni fino a plasmare la situazione in Iraq ed in Siria."
La posizione ameriKKKana è nebulosa: Kerry ha detto che non ci sarà alcun coordinamento con Damasco, ma che i rischi di un conflitto col governo siriano diminuiranno.
L'efficacia delle forze armate siriane sul piano pratico è cosa dimostrata, e l'AmeriKKKa lo sa. L'unica altra partita in corso sul terreno, finché dura, è quella con lo Stato Islamico. Sembra che l'AmeriKKKa abbia fatto qualche concessione, come contentino per poter contare sull'impegno dei paesi del Golfo, al piano saudita di far diventare la guerra contro lo Stato Islamico una guerra per lo spodestamento del Presidente Assad.
Ridefinire in questo modo gli obiettivi delle operazioni si accorda con la narrativa discolpante in voga nel Golfo Persico: lo Stato Islamico non rappresenta un'avanguardia armata neo wahabita, ma la naturale reazione dei sunniti causata dalle politiche settarie di Assad e dell'ex Primo Ministro iracheno Al Maliki.
Così, come contributo alla sconfitta dello Stato Islamico, l'Arabia Saudita addestrerà ed armerà cinquemila "moderati" dell'opposizione siriana e li manderà poi di nuovo in Siria. Gli Stati Uniti sanno molto bene che l'obiettivo di questa compagine, nonché quello del suo mèntore, è rappresentato dalla caduta di Assad e non dalla guerra contro lo Stato Islamico. Con lo Stato Islamico pare che i "moderati" siriani abbiano combattuto in maniera coordinata ed abbiano stilato un patto di non aggressione.
L'esercito arabo siriano conta centotrentamila uomini, cui si devono aggiungere altri centomila ausiliari. E' poco probabile che le brigate siriane messe in piedi dall'Arabia Saudita, che fino ad ora hanno dato prove scoraggianti, riusciranno ad abbattere Assad; sicuramente riusciranno a rendere incoerente la politica degli Stati Uniti e a peggiorare il bagno di sangue in corso nel paese.
Se in Siria esistono due attori principali, l'esercito arabo siriano e lo Stato Islamico, agli statunitensi non resta altra scelta che schierarsi con Assad, e questo non possono farlo senza offendere l'Arabia Saudita. L'AmeriKKKa deve così entrare in guerra con un braccio solo. L'altro, glielo hanno legato dietro la schiena i suoi alleati nel Golfo Persico.
In Siria, il terreno dello Stato Islamico è strategicamente importante; l'AmeriKKKa non dispone in esso di alcun interlocutore evidente e diretto. Come ex ambasciatore in Iraq ed in Siria, Ryan Crocker ha detto: "Dobbiamo fare tutto quello che possiamo per capire chi è che fa parte dell'opposizione siriana a parte lo Stato Islamico. Francamente, ora come ora non ne abbiamo idea". Gli Stati Uniti, dunque, possono solo collaborare con Assad in maniera indiretta e facendo in modo da poterlo negare. Ed è quello che stanno facendo.
Gli Stati Uniti non possono nemmeno sperare seriamente di sconfiggere lo Stato Islamico seguendo una prassi così contorta, per giunta mentre i loro alleati nel Golfo e parecchi think tank statunitensi (come si può leggere qui, qui e qui) stanno intorbidando le acque infilando nel mazzo il loro esercito "moderato" e messo in piedi dai sauditi per indebolire Assad proprio mentre l'AmeriKKKa sta raffreddando i propositi bellicosi nei suoi confronti.
Anche in Iraq i limiti della coalizione contraria allo Stato Islamico diventeranno presto più evidenti. Gli attacchi aerei saranno intesi non come attacchi contro lo Stato Islamico, ma come attacchi alle comunità sunnite nella loro interezza, con le quali lo Stato Islamico si è fuso e confuso. Il governo iracheno ha già dovuto fermare questi attacchi proprio per questa ragione. 
Gli sciiti iracheni difenderanno i loro territori con vigore estremo, ma possono benissimo scegliere di non entrare nella valle dell'Eufrate, che ha una lunga storia come cuore vivo del sunnismo militante. Baghdad non mostrerà alcun entusiasmo di combattere una guerra destinata a diventare un conflitto settario in piena regola, mentre i peshmerga curdi non hanno né la capacità né la volontà di fare qualcosa di più che non proteggere i propri stessi centri abitati.
In conclusione, lo Stato Islamico potrebbe rendersi conto del fatto che in verità non c'è molta voglia da parte di nessuno, in tutto il Medio Oriente, di sanare le fratture in Iraq e che al contrario domina ovunque l'intenzione di fare in modo che l'Iraq rimanga così com'è.

Lo Stato Islamico rappresenta dunque una minaccia? E' bene ricordare che al contrario di Al Qaeda lo Stato Islamico non ha come obiettivo principale quello di provocare l'AmeriKKKa affinché essa si abbandoni a reazioni smodate fino ad implodere, così come Bin Laden pensava avesse fatto la guerra in Afghanistan per quanto riguardava l'Unione Sovietica.
Lo Stato Islamico ovviamente non guarda all'AmeriKKKa con indifferenza. Ma il suo obiettivo principale è quello di stabilire il primato di Dio sulla terra e di mettere in vigore la legge sacra. Nessuna sorpresa se i funzionari statunitensi affermano che esso non rappresenta una minaccia per il territorio degli Stati Uniti.
Lo Stato Islamico punta a conquistare militarmente territori, a stabilire frontiere definite, ad eliminare l'idolatria e l'eresia e a fondare concretamente un califfato.

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