sabato 22 marzo 2014

Sakineh Mohammadi Ashtiani. Allora, ci muoviamo o no con questa lapidazione?! (Seconda parte)


- ...Pietre, signori?
- Nàh, ce ne sono già tante per terra!
- Mica come queste, guardi qua, senta che qualità! Tutte rifinite a mano!
- ...Mi hai convinto, dammene due a punta e una grossa piatta!
- La voglio anch'io, mamma....
- Eh?!
- Ah, sì... papà!
- Sì... va bene; due a punta, due piatte e un cartoccio di ghiaia per il mio bambino!
- ...Un sacchetto di ghiaia! Grande lapidazione, oggi!
- Ah, chi è?
- Una del posto, buon divertimento!

(Monty Python, Life of Brian, 1979)

A volte tocca ripetersi.
I boiscàut dei diritti umani e le erinni della distopia ginocratica avevano finito per dimenticarsene molto in fretta. D'altronde il tempo passa e il Libro dei Ceffi di buone cause per indignarsi pigiando bottoncini cinguettanti ne sforna almeno una quarantina alla settimana, nel solito gioco di specchi con il gazzettaio che propaganda ogni giorno le aggressioni armate "occidentali", muscolare politica di marketing con cui si esporta la democrazia direttamente a casa della clientela più diffidente.
Ora, le stesse gazzette scribacchiano che Sakineh Mohammadi Ashtiani non ha subìto alcuna esecuzione capitale, tantomeno sottoforma di lapidazione. Naturalmente ci sarebbe stato da stupirsi del contrario, ma guai ad andarlo a spiegare a chi si comporta sistematicamente come se la compostezza e la competenza fossero dei nemici giurati.
Pino Cabras ha liquidato ogni cosa in un trafiletto abbastanza velenoso.
Oltre ad essere invise ad erinni e boiscàut, compostezza e competenza non hanno cittadinanza alcuna sulle gazzette, che hanno tutte affrontato la questione con lo stesso sprezzo del ridicolo con cui affrontano tutto l'agenda setting.
"E' finito il calvario di Sakineh la donna accusata di adulterio che gli ayatollah volevano lapidare", statuisce "La Repubblica" il 20 marzo 2014.
Prima menzogna. La Ashtiani era stata accusata e condannata per assassinio.
Seconda menzogna. L'esecuzione delle sentenze capitali nella Repubblica Islamica dell'Iran avviene per impiccagione.
Terza menzogna. Uno ayatollah è uno studioso di discipline giuridiche e religiose che riceve questo titolo onorifico perché gode della stima dei suoi pari, dei suoi superiori e dei discepoli che ne apprezzano la competenza e la rettitudine di vita. De minimis non curat praetor.
Quarta menzogna. Nella Repubblica Islamica dell'Iran la lapidazione era sotto moratoria da otto anni e l'iter giuridico per la sua cancellazione dall'ordinamento era in corso da almeno altri due quando sono cominciate le ciance dei gazzettieri.
Una menzogna ogni tre parole, fatte salve congiunzioni ed articoli.
L'influenza del battage gazzettiero sul caso specifico è stata in buona parte controproducente ed è ovviamente finita per diventare parte del problema invece che della soluzione. Nei seri e competenti ambienti della Repubblica Islamica dell'Iran le farneticazioni chiassose ed impiccione su cui si basa la sistematica denigrazione della Repubblica Islamica sono state molto giustamente e molto logicamente accolte con la sufficienza infastidita con cui gli ambienti seri e competenti accolgono le farneticazioni chiassose ed impiccione.
Qualcuno ne avrebbe anche approfittato per chiamare le cose con il loro nome e per ricordare con un certo understatement che roba fossero i piazzisti del democratismo.
E qualcun altro per procedere in proprio, senza stare a scomodare i tribunali.     
  



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