domenica 22 agosto 2010

Massimo Pieri, Alberto Locchi e la moschea a Firenze


Quello di una moschea a Firenze sembra essere una specie di refrain agostano, quest'anno propagandisticamente più utile che mai come diversivo stanti le repellenti -e rivelatrici- condizioni in cui versa il "governo centrale" dello stato che occupa la penisola italiana, per intero controllato dagli "occidentalisti".
Massimo Pieri ed Alberto Locchi sono due "occidentalisti" del Consiglio Comunale della città di Firenze. Nell'agosto 2010 hanno emesso un comunicato stampa ad uso dei fiancheggiatori redazionali che è un piccolo capolavoro di pochezza inutile, cui va comunque ascritto, come va ascritto a qualunque asserzione "occidentalista" su qualsivoglia campo dello scibile, un merito considerevole: quello di mettere una volta di più in luce il miscuglio di malafede, incompetenza e cialtroneria che della pratica politica "occidentalista" costituisce il fondamento.
Eccone dunque la confutazione, riga per riga.

“Sì alla moschea a patto però che sia soltanto un luogo dove si prega e non diventi un centro di indottrinamento dove potrebbero attecchire frange dell’Islam più integralista”.

Si potrebbe cominciare col chiedere a Massimo Pieri e ad Alberto Locchi che cosa intendano per "Islam più integralista", dal momento che non ci risulta esista una "scala dell'integralismo" operazionalmente traducibile. La fonte delle preoccupazioni "occidentaliste" è, come sempre, incoffessabile ma non verte certo su questo punto, come avremo modo di spiegare in breve più avanti.

“Da tempo si discute dell’ipotesi di aprire un luogo di culto per i musulmani in città e non siamo contrari per principio. Non è infatti più accettabile che, nel 2010, i fedeli dell’Islam siano costretti a pregare in scantinati o garage. Si tratta di una situazione incivile e per questo è giusto individuare uno spazio adeguato dove i musulmani possano riunirsi per pregare. Uno spazio che però non deve essere necessariamente a Firenze. Anzi il ragionamento su una possibile localizzazione dovrebbe allargarsi anche al territorio dei comuni limitrofi e della provincia in generale”.

Traduzione: complice lo stesso ciarlare propagandistico al quale dobbiamo la poltrona che stiamo scaldando, gli scantinati ed i garage frequentati da persone che non mangiano carne di maiale, non bevono vino e si riuniscono il venerdì al tramonto fanno decrescere il valore degli immobili e le rendite della torma di parassiti che rappresenta uno dei target della comunicazione politica "occidentalista". Non ci interessa dunque il più o meno alto grado di "civiltà" legato a questa o quella pratica religiosa, quanto il fatto che questa gente si tolga di torno il prima possibile. Se poi la questione si spostasse in qualche negletto comune di campagna, tanto meglio: basterebbero tre o quattro fannulloni ripresi dalla televisione un mercoledì pomeriggio qualsiasi per attestare la contrarietà dei sudditi del comune di Chissaddove Valdisieve o di Vattelappesca in Chianti alla presenza di una moschea, e ci risparmieremmo anche la fatica di indire manifestazioni e raccolte di firme per avere il ritorno di immagine che ci è necessario se non vogliamo tornare a fare la fila all'ufficio di collocamento.

“la moschea deve rimanere un luogo di culto, uno spazio dove i fedeli dell’Islam vanno a pregare come accade per i cattolici nelle chiese. Non deve diventare un centro di indottrinamento dove potrebbe prosperare l’odio predicato dalle frange più radicali ed estremiste dell’Islam. È questo che dobbiamo evitare”.

Se qualcuno pensava davvero che l'esperienza di Locchi e Pieri in materia di Islam andasse oltre la lettura di qualche pamphlet fallacianesco, si consideri servito. La nostra visita alla moschea di Shiraz che ospita la tomba di Sayed Amir Ahmad, compiuta un venerdì pomeriggio all'inizio del 2005, ci mostrò un imam che stava sviscerando con calma chissà quale argomento -rimpiangiamo amaramente di non conoscere il farsi, al contrario di molti "occidentalisti" che trovano vanto e giustificativo perfino nell'ignoranza di quella che dovrebbe essere la loro lingua madre- davanti ad un gruppo di una decina di giovani seduti sui tappeti, mentre un undicesimo girava con un vassoio su cui stavano datteri e bicchieri di tè forte. Il tutto in un ambiente che un "occidentalista", ammesso e non concesso che sappia dove si trova Shiraz, considererebbe sicuramente come un deposito delle bombe nucleari del dittatore Ahmadinejad.

“I senesi non hanno abdicato all’arrivo degli stranieri, come è accaduto invece ai fiorentini o ai pratesi che, nel tempo, hanno ceduto locali e attività commerciali e adesso si lamentano della situazione. L’identità di una città, la coesione della società sono valori importanti che devono essere mantenuti e consolidati”.

La coerenza "occidentalista" non è qualcosa che ogni tanto tocca il fondo. E' qualcosa che sul fondo -su tutti i fondi- striscia stabilmente, abitualmente e sempre. Ecco dunque gli esponenti di una formazione politica che del libero mercato aveva fatto un dogma ritornare precipitosamente sui loro passi, nonostante essa formazione debba alla distruzione del residuo tessuto sociale pratese, voluta e sistematicamente perseguita da tutti in nome del tornaconto, gli ultimi successi elettorali a livello locale. E' intressante notare che "l'identità di una città" come Siena, sbrigativamente condensata dagli "occidentalisti" nella tradizione inventata del palio che vi si svolge due volte l'anno, è stata considerata minacciata fino a ieri proprio dall'islàmme. Sul palio del due luglio 2010 dipinto dall'architetto Ali Hassoun, e sulle forsennate reazioni "occidentaliste" in proposito, abbiamo già avuto modo di soffermarci.

“Come è giusto che in Italia ci siano luoghi di culto per i musulmani, sarebbe altrettanto giusto che nei paesi di fede islamica i fedeli di altre religioni, come per esempio i cattolici, possano avere a disposizione uno spazio dove poter pregare. Possiamo essere noi a dare il buon esempio, nella speranza che poi venga seguito anche dai paesi islamici”

La crestomazia di pochezze che precede le righe qui sopra avrebbe già costituito di per sé un'ulteriore ed ennesima testimonianza della profondissima incompetenza che caratterizza pressoché per intero l'elettorato passivo "occidentalista", le cui fortune elettorali continuano a dipendere dal clima monolitico di terrore instaurato da anni dalla loro propaganda e dalla perenne individuazione di nemici esterni contro cui dirigere le paure di sudditi altrimenti tentati dall'andare a chieder loro conto di anni di un declino economico, culturale, sociale ed etico palpabile e forse irreversibile. Un declino di cui gli "occidentalisti" più involuti e consapevoli del proprio ruolo non cessano di bearsi come di una conquista della civiltà, avallandone a getto continuo le manifestazioni più abiette.
Locchi e Pieri non fanno torto alla loro incompetenza, almeno questo va loro riconosciuto: eccoli considerare "i paesi di fede islamica" come un monolitico hic sunt leones che corrisponde sicuramente al ritratto di un nemico metafisicamente malvagio indispensabile alla loro propaganda ed alle loro miserabili fortune elettorali, ma che è ovviamente privo di qualunque rapporto con una realtà pressoché opposta. Una realtà sulla quale non intendiamo ritornare per non abusare della pazienza e della competenza dei nostri lettori.

Il timore "occidentalista" dell'Islam nasce in realtà da motivi di tutt'altro genere, tra i quali potremmo identificare, in un'elencazione sicuramente incompleta e senza alcuna pretesa di approfondimento, quelli che seguono.
Le istanze di giustizia sociale che alcune correnti del pensiero islamico, sopratttutto quelle legate allo sciismo duodecimano interpretato in senso non quietista, intendono perseguire sono veleno puro per gente che dell'ingiustizia sociale e della morale da campo di sterminio che vi sovrintende ("mangia il tuo pane, e se puoi anche quello del tuo vicino") ha fatto una specie di dogma.
In secondo luogo, è interessante un esame anche rapido delle differenze che esistono tra la comunicazione politica "occidentalista" e quella delle organizzazioni sociali e statali che essa identifica con il Male metafisico. Mentre gli "occidentalisti" affidano tutto ad una continua narrazione da società dello spettacolo che magnifica le tresche, gli sprechi da vomito, gli sciali e la prevaricazione sistematica e quotidiana dei propri rappresentanti politici, la comunicazione politica della Repubblica Islamica dell'Iran presenta i successi dell'intero paese nei campi della tecnologia, della prosperità sociale, della cultura e della lotta al colonialismo. Gli organi di "governo" controllati dagli "occidentalisti" rigurgitano di scarti, guitti, buoni a nulla e femmine da trivio laddove in Iran si impone, almeno in linea di principio, che l'elettorato passivo sia scelto per la propria competenza e per la propria adesione ai principi fondanti della Repubblica Islamica.
La comunicazione politica indica dunque come condivisibili due differenti sistemi di valori: dalla parte "occidentalista" quelli legati all'ostentazione di consumi sempre più insultanti e di comportamenti sempre più ebeti, triviali, repellenti e distruttivi; quella della Repubblica Islamica quelli legati alla competenza, al lavoro ed allo studio.
In terzo luogo, l'Islam è temuto anche -e forse soprattutto- per la morigeratezza di costumi richiesta ai credenti. In una "civiltà dei consumi" peraltro arrivata al parossismo da molti anni in cui gli "occidentalisti" identificano l'unico sistema di vita degno di esistere (per tutti gli altri ci sono le "esportazioni di democrazia" e le bombe intelligenti) un principio simile è inammissibile, e forse il più autenticamente rivoluzionario di tutti.
Queste sono soltanto alcune delle motivazioni per cui auspichiamo, e non da oggi, che a Firenze sorga una moschea degna della città. Il nostro auspicio è che venga realizzata con fondi pubblici esplicitamente distolti dalle spese per la sihurezza e per la lotta a i' ddegrado, dalle spese militari e da quelle per la gendarmeria e che venga realizzata in pieno centro, magari abbattendo i brutti edifici che stanno sul lato orientale di Piazza Ghiberti e dentro i quali si svolgono quotidianamente attività autenticamente minatorie della pace e della giustizia. Il modello architettonico da noi prospettato lo scorso anno, quello della Behram paşa di Diyarbakir, resta più valido che mai.

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