Anni fa riportammo un passo di Incontri con uomini straordinari in cui George Ivanovic Gurdjieff faceva tracciare ad un narratore persiano un ritratto niente male dei gazzettieri della sua epoca e delle sue latitudini.
Il testo che segue attiene allo stesso argomento e viene da un volumetto memorialistico su Gurdjieff redatto da Tchesslav Tchechovitch. Il Prieuré citato nel testo è il Prieuré d'Avon, dove Gurdjieff si era stabilito nel 1922 con i suoi allievi.
I corsivi sono nostri.
A partire dal 1923, quando la Study House fu terminata, Gurdjieff intensificò gli esercizi di movimenti. Da allora, ogni sabato sera ci furono dimostrazioni pubbliche dei nostri esercizi [...] All’estero come in Francia, i giornali parlavano dei nostri saggi pubblici, e questo scatenò una vera e propria invasione di giornalisti al Prieuré. Gurdjieff li accolse molto amichevolmente e fu sempre disponibile a fornire loro informazioni supplementari.
Una volta, a pranzo, parlando con un gruppo di quegli informatori fedeli dell’attualità mondiale, disse:
“Voglio mostrarvi i movimenti che hanno lo scopo di sviluppare diverse facoltà nell’uomo e dargli nuove capacità”.
I signori giornalisti si fecero attenti ed estrassero i loro taccuini.
Presero nota di ciò che volevano, quindi si rifecero attenti.
“E se non deformerete il senso delle mie parole, vi darò informazioni molto interessanti per voi, in quanto giornalisti”.
Dopo pranzo, molti di noi si cambiarono e si esibirono in una dimostrazione di danze e preghiere di diversi popoli nei loro costumi nazionali, subito fotografati dai signori giornalisti. L’inondazione giornalistica durò qualche settimana. Vedendo tutti quei giornalisti non eravamo in grado di dire per quale giornale lavorasse ciascuno di loro, così come leggendo su un giornale un articolo sull’Istituto non sapevamo quale di quei giornalisti ne fosse l’autore. Già molti giornali pubblicavano articoli e foto su Gurdjieff, il suo insegnamento e i nostri esercizi di movimenti. Ma in nessun articolo c’erano le spiegazioni fornite. Uno descriveva le nostre dimostrazioni come degni di figurare in un numero da circo, un altro prevedeva che sarebbe nato uno scandalo, un terzo parlava di un nuovo sistema filosofico e lo giudicava con la competenza di un asino calzato e vestito. A credere a tutto ciò, si sarebbe detto che l’opera di Gurdjieff era la più grande mistificazione dell’epoca. Lo stesso Gurdjieff vi appariva come un ciarlatano o un Cagliostro del ventesimo secolo. Invece di informare il pubblico, questo genere di giornalisti lo sfruttano, e presentano l’attualità deformata a tal punto da renderla irriconoscibile a quelle stesse persone che l’hanno vissuta.
Uno dei giornalisti a cui Gurdjieff aveva promesso informazioni supplementari, e per i quali avevamo posato nelle danze sacre e di preghiera di diversi popoli nei loro costumi nazionali, accompagnò le foto con un testo che dava a quelle pose un senso immorale. Quel giorno Gurdjieff apparve davvero indignato, cacciò via tutti i giornalisti e noi fummo ben felici di rifiutare loro l’ingresso. Molti di coloro che furono mandati via scrissero articoli con un linguaggio paragonabile a quello rivolto dalla volpe al caprone nel pozzo o al corvo sotto l’albero [*]. Essendo sensibile, confesso di aver pensato che Gurdjieff fosse stato ingiusto verso di loro.
Il tempo passò, ed ebbi occasione di venire in contatto con i signori giornalisti. E un giorno lessi come due persone a pranzo in un ristorante udirono un gran clamore che veniva da fuori. Due individui ne stavano picchiando un terzo. I due avventori ne furono indignati e non potendo restare passivi di fronte a una simile vigliaccheria uscirono per difendere la vittima da una tale brutalità. Mentre si avvicinavano, sentirono dire dalla folla intorno:
“E un giornalista quello che stanno picchiando”.
“Ah, un giornalista...”, e tornarono tranquillamente a finire il loro pranzo.
La cosa accadde ai tempi di Turgenev, ed lui che racconta questa storia. La tipologia del giornalista, dunque, non cambia nel corso di un’intera epoca, anche di millenni. La mia compassione verso quelle buone volpi sparì, e capii perché Gurdjieff non concesse mai più interviste.
[*] Allusione a due favole di La Fontaine sui profittatori dell'ingenuità altrui. (N.d.T.)
Tchesslav Tchechovitch, Tu l'amerai - Ricordi di G.I. Gurdjieff, Roma 2004.
Il testo che segue attiene allo stesso argomento e viene da un volumetto memorialistico su Gurdjieff redatto da Tchesslav Tchechovitch. Il Prieuré citato nel testo è il Prieuré d'Avon, dove Gurdjieff si era stabilito nel 1922 con i suoi allievi.
I corsivi sono nostri.
A partire dal 1923, quando la Study House fu terminata, Gurdjieff intensificò gli esercizi di movimenti. Da allora, ogni sabato sera ci furono dimostrazioni pubbliche dei nostri esercizi [...] All’estero come in Francia, i giornali parlavano dei nostri saggi pubblici, e questo scatenò una vera e propria invasione di giornalisti al Prieuré. Gurdjieff li accolse molto amichevolmente e fu sempre disponibile a fornire loro informazioni supplementari.
Una volta, a pranzo, parlando con un gruppo di quegli informatori fedeli dell’attualità mondiale, disse:
“Voglio mostrarvi i movimenti che hanno lo scopo di sviluppare diverse facoltà nell’uomo e dargli nuove capacità”.
I signori giornalisti si fecero attenti ed estrassero i loro taccuini.
Presero nota di ciò che volevano, quindi si rifecero attenti.
“E se non deformerete il senso delle mie parole, vi darò informazioni molto interessanti per voi, in quanto giornalisti”.
Dopo pranzo, molti di noi si cambiarono e si esibirono in una dimostrazione di danze e preghiere di diversi popoli nei loro costumi nazionali, subito fotografati dai signori giornalisti. L’inondazione giornalistica durò qualche settimana. Vedendo tutti quei giornalisti non eravamo in grado di dire per quale giornale lavorasse ciascuno di loro, così come leggendo su un giornale un articolo sull’Istituto non sapevamo quale di quei giornalisti ne fosse l’autore. Già molti giornali pubblicavano articoli e foto su Gurdjieff, il suo insegnamento e i nostri esercizi di movimenti. Ma in nessun articolo c’erano le spiegazioni fornite. Uno descriveva le nostre dimostrazioni come degni di figurare in un numero da circo, un altro prevedeva che sarebbe nato uno scandalo, un terzo parlava di un nuovo sistema filosofico e lo giudicava con la competenza di un asino calzato e vestito. A credere a tutto ciò, si sarebbe detto che l’opera di Gurdjieff era la più grande mistificazione dell’epoca. Lo stesso Gurdjieff vi appariva come un ciarlatano o un Cagliostro del ventesimo secolo. Invece di informare il pubblico, questo genere di giornalisti lo sfruttano, e presentano l’attualità deformata a tal punto da renderla irriconoscibile a quelle stesse persone che l’hanno vissuta.
Uno dei giornalisti a cui Gurdjieff aveva promesso informazioni supplementari, e per i quali avevamo posato nelle danze sacre e di preghiera di diversi popoli nei loro costumi nazionali, accompagnò le foto con un testo che dava a quelle pose un senso immorale. Quel giorno Gurdjieff apparve davvero indignato, cacciò via tutti i giornalisti e noi fummo ben felici di rifiutare loro l’ingresso. Molti di coloro che furono mandati via scrissero articoli con un linguaggio paragonabile a quello rivolto dalla volpe al caprone nel pozzo o al corvo sotto l’albero [*]. Essendo sensibile, confesso di aver pensato che Gurdjieff fosse stato ingiusto verso di loro.
Il tempo passò, ed ebbi occasione di venire in contatto con i signori giornalisti. E un giorno lessi come due persone a pranzo in un ristorante udirono un gran clamore che veniva da fuori. Due individui ne stavano picchiando un terzo. I due avventori ne furono indignati e non potendo restare passivi di fronte a una simile vigliaccheria uscirono per difendere la vittima da una tale brutalità. Mentre si avvicinavano, sentirono dire dalla folla intorno:
“E un giornalista quello che stanno picchiando”.
“Ah, un giornalista...”, e tornarono tranquillamente a finire il loro pranzo.
La cosa accadde ai tempi di Turgenev, ed lui che racconta questa storia. La tipologia del giornalista, dunque, non cambia nel corso di un’intera epoca, anche di millenni. La mia compassione verso quelle buone volpi sparì, e capii perché Gurdjieff non concesse mai più interviste.
[*] Allusione a due favole di La Fontaine sui profittatori dell'ingenuità altrui. (N.d.T.)
Tchesslav Tchechovitch, Tu l'amerai - Ricordi di G.I. Gurdjieff, Roma 2004.
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