giovedì 1 ottobre 2009

Il Quotidiano "Nazionale" e il nessun senso del ridicolo


In questa sede -la cosa è chiara da sempre ai nostri lettori, anche quelli meno assidui- i mass media di riferimento corrente non godono in genere di alcuna autorevolezza e di alcuna considerazione, fatti salvi i casi (frequentissimi) in cui vengono trattati con aperto e sereno disprezzo.
Il "Quotidiano" sedicente "Nazionale", di cui "La Nazione" è l'incarnazione fiorentina, "Il Giorno" quella milanese, "Il Resto del Carlino" quella di Bologna, rientra nel centotré per cento dei casi nella seconda categoria.
Nel corso della mattinata del primo ottobre 2009, l'edizione on line del giornaletto su specificato presentava il titolo di testa presentato qui sotto, senza rendersi minimamente conto di quanto titolo e foto insieme travalicassero, come abitualmente fanno tutte le produzioni mediatiche di quella testata, il limite che separa l'irritante dall'inutile e dal ridicolo.

La foto mostra uno schieramento di gendarmi perfettamente equipaggiati intento ad affrontare un gruppo di manifestanti a mani basse, armati solo di un megafono. Il titolo strilla di "rivolta", come in altre occasioni ciarla di "caos" o di "insurrezione". Tutta roba che in contesti ed in tempi più normali -la situazione della società che bivacca nella penisola italiana, ed i valori da essa condivisi in ogni modo possono essere etichettati meno che con la parola "normalità"- espressioni del genere sarebbero riservate alle circostanze appropriate. In altre parole, le forze armate sono in rivolta quando è in atto un colpo di stato, il caos si verifica in assenza di un'autorità centrale in grado di far rispettare il monopolio della forza che essa stessa si arroga, una insurrezione si verifica quando il tacito contratto sociale che lega autorità e sudditi viene finalmente -e giustamente- a mancare. Adesso invece, in un contesto che normale non è, è sufficiente una peraltro garbata nota di protesta, comparsa sul sito di un sindacato di categoria, per tirare in ballo parolucce come rivolta.
Un po' di rivolte, di insurrezioni e di caos autentici non farebbero male a volte, specie se fosse possibile offrirne prova di prima mano a certi imbrattafogli di assoluta incompetenza e di ancor più evidente malafede.
L'immagine non potrebbe sottolineare meglio la pochezza della questione e la doppiezza spregevole insita nell'operazioncina mediatica perché mostra soltanto gendarmi perfettamente equipaggiati al cospetto di una folla inerme. Uno sta alzando un manganello senza difficoltà. Cosa c'è che non gli torna, a lui e soprattutto agli impudenti in sovrappeso di tante redazioni, il non poter usare l'AR70 direttamente?
Fino all'altro ieri la gendarmeria ha avuto vita assai più dura nei pressi del pallonaio domenicale: per trenta e passa anni, su gendarmi fatti bersaglio di slogan irripetibili ed oggetto di un odio deliberato e condiviso, è piovuto di tutto: dalle mele marce agli spiccioli ai lavandini sradicati dai cessi del pallonaio. Questo, prima che lo stato che occupa la penisola italiana chinasse la testa al volere della razza dei Murdoch, veri padroni della faccenda cui certi contrattempi fanno solo perdere quattrini, e con la scusa dell'omicidio di un gendarme avvenuta in circostanze ancora poco chiare in quel di Catania cogliesse il destro per blindare pallonai, pallonieri e curve varie.
Nei trent'anni in cui i frequentatori del pallonaio hanno potuto scambiarsi cortesie di ogni tipo, dal razzo di segnalazione che agghiacciò Vincenzo Paparelli alla coltellata che uccise Vincenzo Spagnuolo, e dedicarsi a coscienziose ed estese opere di vandalismo e di devastazione (celeberrime le battaglie a colpi di prosciutti negli autogrill espugnati) non ricordiamo di aver mai sentito lamentele di questo genere. Il pallonaio, gallina dalle uova d'oro, guai a chi lo tocca. Contro i mustad'afin della lotta politica, invece, va bene tutto ed il contrario di tutto.

4 commenti:

  1. Sì, per essere coerenti col titolo, avrebbero dovuto pubblicare una fotografia di poliziotti che uscivano dal Pronto Soccorso (come causa/effetto)...o sarà che si voleva proprio mettere l'accento sulla contraddizione? Fatto sta che, il segretario provinciale della Uil Ps autore della lettera aperta, si era già rivolto in altre occasioni al "Carlino"; quello che mi preoccupa, anche se fuoriesco dal punto che fai sul tuo post, sono le sue affermazioni: "...stanchi di subire insulti, umiliazioni, mortificazioni e danni fisici. Chiediamo rispetto per la nostra dignità, siamo stufi e demotivati di operare in queste condizioni: forse è il caso, Signor Questore, di rivedere la politica dell'ordine pubblico a Bologna. Non si può permettere - aggiunge - a manifestanti non pacifici di arrivare a contatto con gli operatori e lasciare che questi subiscano impassibili vili e violente aggressioni." E a chi si riferirà, quando invoca di impiegare in ordine pubblico altri reparti? quelli della "San Marco"?

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  2. E perché no?
    Se poi ci scappa il morto, "uno a zero per loro", come ebbe a dire, non sapendo di essere intercettata, una della gendarmeria genovese il venti luglio 2001.

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  3. Se i risultati della seconda consultazione, in Irlanda sul Trattato di Lisbona, saranno per il sì, anzichè per il no della prima, quali potrebbero essere le novità (rimane ancora la decisione della Polonia, mentre la Gran Bretagna ha fatto ricorso all'opting out per evitare che la UE imponga revisioni sull'aborto - scusa, mi sto perdendo) in tema di sicurezza e/o libertà?
    Viene previsto che le forze dell'ordine possano legalmente uccidere un cittadino europeo, al di fuori di ogni regolare giudizio, in condizioni eccezionali la cui definizione è affidata a organi di Stato al di fuori di ogni possibile verifica giurisdizionale, e cioè: "nel corso di un'azione legale intrapresa per sedare una rivolta o una insurrezione"...et voilà, riabilitata la pena di morte!

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  4. Ammesso che le cose stiano in questo modo, più che la pena di morte, si dovrebbe parlare di "esecuzione extragiudiziale". Un'arte in cui anche nei passati decenni alcune realtà europee hanno raggiunto un certo livello. Anche perché certe cose a Tehran si possono -e si devono- fare; a Genova no.

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