Per la stampa ammanicata (tutta) l'evento clou del 7 maggio doveva essere il comizio elettorale del palloniere Giovanni Galli, tenutosi al Piazzale Michelangelo ed al quale ci siamo ben guardati dal partecipare.
A giudicare dalle poche foto a disposizione, che lo ritraggono da solo davanti ad una gigantografia con il suo slogan ed evitano accuratamente di mostrare il pubblico (cui non si fa cenno neppure nei pochi articoli che abbiamo scorso) la partecipazione popolare non deve essere stata di portata oceanica.
E' arrivato invece un evento inaspettato e tragico, a scombinare impaginazioni già pronte da un bel pezzo.
Un extracomunitario mezzo nudo, ubriaco e drogato ha ammazzato un pensionato dentro casa sua. Questa, molto in sintesi, la maniera con cui le gazzette hanno presentato i fatti.
Accidenti, roba da andarci a nozze, roba da riempire un mese di cartacce con di piagnistei su i'ddegrado, di invettive sulla sihurezza, di savi pareri di fancazzisti strapagati e mangioni fatti piombare in città a dar prova della loro facondia nell'insultare e della loro incompetenza su problemi di qualunque genere.
Ma non si può fare, maledizione.
L'extracomunitario è statunitense.
Intoccabile.
Le attribuzioni causali dei giornalai si concentrano quindi sulle condizioni psicofisiche di Robert Jonathan Hindenach,ventiquattro anni, del Michigan, che potrebbe aver agito nel corso di un episodio maniacale, delle cui manifestazioni psicotiche le gazzette danno sommario conto.
Nessuno a chiedersi se fosse o meno "in regola con il permesso di soggiorno", l'assenza del quale viene intesa dalle gazzette come un via libera per incrudelire gratuitamente ed a man salva.
Adesso proviamo ad immaginare cosa sarebbe successo se l'extracomunitario non fosse stato nordamericano. Esiste una fitta letteratura ampiamente disponibile e rintracciabile dalla quale si può concludere che in casi analoghi le attribuzioni causali si concentrano invece sulla provenienza etnica del protagonista e sulla demonizzazione del suo gruppo sociale di provenienza.
Il vocabolo extracomunitario ha una connotazione pesantemente negativa: così negativa che in occasione di fatti di sangue particolarmente efferati alcuni giornaletti come "La Nazione", i cui centocinquant'anni di sopravvivenza in barba alla bassezza che trasuda da ogni pagina rappresentano effettivamente un fenomeno sorprendente, in più di un caso hanno recentemente promosso ad extracomunitari onorari dei cittadini della Repubblica di Romania, che dell'Unione Europea è membro da anni.
E per gli extracomunitari, intesi come i gazzettieri li intendono, nessuno scomoda la psichiatria. Si attiva al contrario il circo becero dei politicanti, che hanno gioco facile contro individui marginalizzati di default e costretti il più delle volte a vivere in un vuoto pneumatico sociale grazie al clima di terrore permanente che i mass media hanno imposto alla penisola e dal quale una cricca di scaldatori di poltrone trae di che rinviare sine die la propria frequentazione dell'ufficio circoscrizionale per l'impiego.
L'"Occidente" è dissennato e coltiva questa dissennatezza come si fa con tutte le buone fonti di reddito, senza curarsi di fare letteralmente strame di migliaia di esistenze abituate a contesti sociali più normali, rimasti a tempi in cui, per esempio, era normale salutarsi per strada senza essere guardati con sospettosa curiosità dagli interlocutori.
La gente di Beit Al Faqih. Si facciano tutti i paragoni che si vogliono con l'ambiente psicopatogeno della "grande distr(ib)uzione".
Il principale e più velenoso frutto dell'individualismo dogmatico e demente spinto dal mercato e dalla feccia che incrosta le redazioni e le stanze dei bottoni è rappresentato dalla criminalizzazione di ogni relazione sociale che non comporti la forsennata ottimizzazione delle transazioni economiche.
In questa situazione c'è se mai da stupirsi che la distruttività estrema cui possono condurre certi disturbi del comportamento non si presenti più spesso di quanto non faccia.
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