martedì 9 novembre 2010

"Il Giornale della Toscana" chiude? Era ora. E speriamo non sia l'unico.



Il 2010 è stato segnato nella penisola italiana da una crisi generalizzata dell'editoria. In particolare ha trovato meritata fine la gazzettina gratuita E-Polis, di cui "IlFirenze" era l'incarnazione più fruibile a livello locale, specializzatasi molto velocemente nel mantenimento del clima sociale qui tante volte descritto e nel quale affondano le loro radici i successi elettorali "occidentalisti". In molti casi, che i contenuti de "ilFirenze" si compendiassero di pubblicità politica "occidentalista" punt'affatto mascherata si è rivelata più una certezza che una sensazione.
L'impresa E-Polis è arrivata alla fine oberata da debiti per ben oltre i cento milioni di euro: presentare come oro colato le ciance "occidentaliste" in materia di sihurezzeddegràdo si è rivelata una scelta editoriale delle peggiori e non si può altro che esprimere la propria soddisfazione davanti ad un tracollo meritatissimo e cercato, auspicando di non rivedere mai più in giro nulla di simile.
Da qualche anno insiste a Firenze, dov'è nota per le sue locandine giallastre, un'edizione locale de "Il Giornale".
"Il Giornale della Toscana" serve anch'esso abitualmente quale pezza d'appoggio per comunicati stampa, interrogazioni, mozioni eccetera eccetera, la produzione dei quali costituisce fino al novantasette per cento dell'attività quotidiana del politicame "occidentalista".
I piagnistei "occidentalisti" prodotti dagli scaldapoltrone fiorentini vanno di solito a finire nelle pagine dell'ufficio stampa. Scorrendo una parte anche piccola del grosso repertorio a disposizione si notano alcune invarianti. Una di queste è il fatto che in moltissimi dei testi ivi raccolti l'autore afferma con chiarezza di aver saputo questo o quello, ovvero i motivi alla base di un documento solitamente improntato alla lamentela, alla maldicenza o all'allarmismo ebefrenico alla base di tante fortune, "da un quotidiano", "dai giornali" o "dalla stampa". La cosa fa naturalmente pensare che tra politici e gazzette esista un rapporto tutt'altro che fortuito o casuale.
La cosa va avanti in questo modo da anni e segue pattern comportamentali praticamente privi di varianti, per cui non è difficile per chi abbia competenze anche minime nel campo della comunicazione mediatica ricostruirne o addirittura prevederne l'andamento senza troppe difficoltà.
Ora, siccome la cosa va avanti in questo modo da anni e segue linee prevedibili, un giorno di novembre un certo Giuliano da Empoli, giustamente stanco di perdere tempo in un pubblico consesso per confutare intraprese gazzettiere, ha risposto ad un certo Mario Tenerani che sciorinava come pezza d'appoggio i soliti "articoli" de "Il Giornale della Toscana" «Come farà quando questi giornali chiuderanno?».
Volano gli stracci.
Il giorno dopo, non avendo alcunché di serio cui pensare al di fuori della propria pochezza, i gazzettisti di via Cittadella dedicano praticamente metà delle pagine a disposizione a tentar di linciare un individuo che ha semplicemente fatto notare (1) l'essenza dell'azione politica "occidentalista", pressoché unicamente dedita alla distruzione morale dell'avversario del giorno a mezzo gazzettine compiacenti (se l'avversario vive in Afghanistan o in Iraq se ne auspica anche quella fisica) e (2) che nonostante tanto impegno le gazzette "occidentaliste" navigano in pessime acque.
Si scorra innanzitutto il comunicato stampa prodotto dal piddì con la elle: al centro dell'indignazione, "il sovrano disprezzo sia per la libertà di stampa che per la dignità e la salvaguardia dei lavoratori di questo settore, delicato e fondamentale per la vita democratica del nostro Paese".
L'intero gazzettame "occidentalista" tanto a cuore di questi indignati ha toccato nel corso degli anni autentiche vette di abiezione. Nel linguaggio "occidentalista", essa abiezione viene definita "libertà"; cosa che può sembrare strana a chi provenga da esperienze maturate in contesti più normali, ma che nella visione sovvertita del mondo che gli "occidentalisti" impongono ogni giorno è il minimo che possa capitare.
Chi proviene da contesti più normali, dunque, non può che ridere sprezzantemente davanti alle preoccupazioni di "democrazia" provenienti da gente del genere, il cui impegno altrove perché fossero tagliati i fondi all'editoria (c'è da mantenere l'occupazione dell'Afghanistan) fa ovviamente a pugni con qualunque preoccupazione per i "lavoratori del settore".
Notiamo ora che tra i "lavoratori del settore" ci sarebbe anche quel Mario Tenerani cui sono state fatte con tanta perentorietà notare le basi e i sostanziali limiti del proprio operato.
Come tutti gli "occidentalisti" di nostra conoscenza, Tenerani ha pensato bene di autoschedarsi.


La sua autoschedatura, ovviamente, è dominata da palloni, pallonieri, palloneria e pallonaggi. Il fatto che questa gente non concepisca altro invoglia veramente a chiamare in causa la genetica.
Come nel caso de "ilFirenze" è probabile che, contributi o no, chi è causa dei propri mali debba incolpare innanzitutto se stesso. Dei livelli cui è capace di arrivare "La Nazione", altro foglietto "occidentalista" che irruma Firenze da oltre centocinquant'anni, abbiamo già reso conto a suo tempo.
"Il Giornale della Toscana" presenta ogni giorno pagine e pagine di pallonaggi, pallonerie, pallonate e pallonieri contornate da pubblicità di locali dalla -più che dubbia- certissima fama, e riempie il resto di contenuti in corrispondenza biunivoca con l'operato del giorno avanti dei propri referenti politici. In complesso nulla che invogli ad interessarsi alla lettura chi disprezzi sia le greppie della politica istituzionale che il pallone nel suo complesso, il che provoca una drastica riduzione di un target potenziale già assediato da offerte perfettamente sovrapponibili a quella di via Cittadella.
Ci si domanda dunque quali meriti e quale profondità di analisi della realtà contemporanea intenderebbe ostentare, "Il Giornale della Toscana", per sfuggire ad un destino che a nostro avviso ha tardato anche troppo.
Chi volesse un riscontro obiettivo a quanto sosteniamo consulti il numero del 9 novembre 2010, lo stesso in cui compaiono i rutilanti titoli su riportati. In prima pagina un certo Sandro Addario presenta come Motu Proprio pel Bon Governo un incolore scritto di un certo Paolo Padoin su un processo di cui abbiamo già riferito -ed il cui esito non dev'esser stato propriamente quello auspicato dagli "occidentalisti"- insieme al testo di un appello pubblicato in proposito da Altracittà.
Riportare due fonti già note. Un faticoso, vero, sfibrante lavoro, quello di questo Sandro Addario, di cui il piddì con la elle fiorentino ha dato segno di preoccuparsi molto. Anzi, di averne fatta la propria prima preoccupazione, in questo inizio di novembre.
Quelli delle infrastrutture.
Quelli della cultura.

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